Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4309 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 4309  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23440/2016 R.G. proposto da: COGNOME  NOME,  elettivamente  domiciliato    in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  COGNOME  NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
 contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso DECRETO di TRIBUNALE NAPOLI n. 1551/2016 depositata il 15/09/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con decreto depositato il 15.9.2016 il Tribunale di Napoli ha rigettato l’opposizione ex art. 98 legge fall. proposta da NOME COGNOME avverso il decreto con cui il G.D. del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione aveva rigettato la sua domanda di insinuazione in privilegio ex art. 2751 bis n. 2 cod. civ. del credito dell’importo di € 44.027,21 richiesto a titolo di compenso maturato per lo svolgimento dell’attività di sindaco effettivo (prima) e di sindaco unico (dopo) svolto in favore della società fallita dall’anno 2008 all’anno 2012.
Il  Tribunale  di  Napoli  ha  evidenziato  che  l’opponente  non  aveva fornito  alcuna  prova  idonea  a  dimostrare  l’effettivo  svolgimento delle  funzioni  sindacali,  la  loro  durata  ed  entità,  onere  probatorio che  doveva  ritenersi  ancor  più  stringente  tenuto  conto  che  la curatela aveva sollevato l’eccezione di inadempimento o di inesatto adempimento.
Inoltre, il richiamo all’azione di responsabilità da parte degli organi fallimentari era stato effettuato soltanto per relationem , per rimarcare che l’inadempimento eccepito in sede di verifica era tale da  aver  obbligato  gli  organi  fallimentari  a  promuovere  anche l’azione di responsabilità.
Avverso  il  predetto  decreto  ha  proposto  ricorso  per  cassazione NOME COGNOME affidandolo a due motivi.
La curatela ha resistito in giudizio con controricorso ed ha, altresì, depositato la memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta l’errata e falsa applicazione dell’art. 1460 cod. civ..
Lamenta  il  ricorrente  che  il  Tribunale  di  Napoli  ha  erroneamente interpretato  l’art.  1460  cod.  civ.,  ponendo  sullo  stesso  piano l’inadempimento ed il parziale o non corretto adempimento.
Inoltre,  posto  che  il  rapporto  di  corrispettività  delle  prestazioni  è posto a fondamento  dell’art. 1460  cod. civ., ad avviso del ricorrente, il  rapporto società-sindaco non può essere regolato da tale  norma,  non  essendo  caratterizzato  dalla  corrispettività  delle prestazioni, bensì dalla comunione di scopo.
Con il secondo motivo è stata dedotta l’errata e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in tema di onere della prova.
Deduce il ricorrente che il fallimento, nella comparsa di costituzione e risposta, contraddice sé stesso nel sostenere, da un lato, che lo stesso sarebbe stato escluso dal passivo per assenza di documentazione diretta a supportarne il credito e, dall’altro, che il rifiuto  ad  ammettere  al  passivo  il  credito  è  riconducibile  alle sollevate  gravi  violazioni  di  doveri  e  obblighi  posti  dalla  legge  a carico del COGNOME.
Il ricorrente, inoltre, contesta di non aver fornito la prova dell’effettivo espletamento del proprio incarico, essendo tale prova documentale  presente  negli  atti  di  causa  nonché  nel  fascicolo fallimentare (per via degli allegati alla domanda di ammissione al passivo, attinenti sia alla nomina dei membri quanto all’approvazione  dei  bilanci).  Il  COGNOME  ha,  infatti,  dimostrato  di essere  stato  sindaco  e  per  tale  attività  ha  chiesto  il  compenso,
tanto è vero che gli addebiti sulla supposta responsabilità nascono dal ‘non corretto’ svolgimento di tale funzione.
In  ogni  caso,  ad  avviso  del  ricorrente,  lo  stesso  fallimento  ha individuato nel giudice ordinario l’unico soggetto deputato a valutare  e  decidere  nel  merito  la  questione  attinente  alle  gravi violazioni  di  legge  realizzate dallo  stesso  nell’espletamento  delle sue mansioni.
Infine,  lamenta  il  ricorrente  che  il  giudice  di  primo  grado  non  ha attentamente esaminato la documentazione dallo stesso prodotta, essendo stati depositati verbali assembleari con nomina del sindaco, partecipazione al CDA, approvazione dei bilanci.
Entrambi i motivi, da esaminarsi unitariamente in relazione alla stretta  connessione  delle  questioni  trattate,  presentato  profili  di infondatezza e inammissibilità.
Va,  preliminarmente,  osservato  che  questa  Corte  (cfr.  Cass.  n. 6027/2021)  ha  già  ritenuto  che  tra  il  sindaco  e  una  società  di capitale intercorra un rapporto di corrispettività, abilitando pertanto la curatela , in caso di fallimento, a sollevare l’eccezione di inadempimento,  a  norma  dell’art.  14 60  cod.  civ.,  allo  scopo  di paralizzare  la  pretesa  della  controparte  alla  controprestazione  (il diritto al compenso spettante al sindaco).
Il  ricorrente  non  ha  avuto  cura  neppure  di  illustrare  le  ragioni giuridiche  sulla  base  delle  quali  sarebbe  escluso  tra  società  e sindaco il rapporto di corrispettività, limitandosi ad un’affermazione apodittica.
Ciò  premesso,  è  costante  orientamento  di  questa  Corte  quello secondo cui è pur vero che, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del  suo  diritto  ed  il  relativo  termine  di  scadenza,  limitandosi  alla
mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Tuttavia, eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ., risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione.
Tali principi valgono anche nel caso in cui sia dedotto non solo l’inadempimento dell’obbligazione, ma anche l’inesatto adempimento, essendo sufficiente per il creditore istante -o per il debitore che ha sollevato l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ. -la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento, gravando ancora una volta sulla controparte l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto, adempimento (Sez. U, n. 13533/2001; n. 8615/2006, n. 15659/2011, n. 826/2015, n. 98/2019).
Ne consegue che, ove il preteso creditore (come il sindaco della società fallita) proponga opposizione allo stato passivo, dolendosi dell’esclusione di un credito (al compenso maturato) del quale aveva chiesto l’ammissione, il Fallimento, dinanzi alla pretesa creditoria azionata nei suoi confronti, può sollevare, per paralizzarne l’accoglimento in tutto o in parte, l’eccezione di totale o parziale inadempimento o d’inesatto adempimento da parte dello stesso ai propri obblighi contrattuali.
Nel  caso  di  specie,  il  decreto  impugnato  ha  fatto  buon  uso  dei principi di diritto elaborati da questa Corte.
In  particolare,  il  Tribunale  di  Napoli,  al  cospetto  dell’eccezione sollevata dalla curatela, in sede di opposizione allo stato passivo, di
totale  inadempimento,  ha  evidenziato  che  l’opponente  non  aveva fornito  alcuna  prova  idonea  a  dimostrare  l’effettivo  svolgimento delle  funzioni  sindacali,  la  loro  durata  ed  entità,  venendo  quindi meno all’onere probatorio sulla stessa incombente.
Né può ritenersi che la curatela sia incorsa in alcuna contraddizione per  avere,  nella  comparsa  di  costituzione  e  risposta,  da  un  lato, eccepito l’assenza di documentazione diretta a supportare il credito vantato  dal COGNOME, e dall’altro,  affermato  che  la  mancata ammissione  al  passivo  del  credito  dovesse  comunque  essere ricondotta  alle gravi violazioni di doveri e obblighi posti dalla legge imputate al sindaco.
Anche ammettendo che il curatore, in sede di ammissione al passivo, non avesse eccepito il mancato effettivo espletamento dell’attività di sindaco, e che tale eccezione sia stata formulata per la prima volta in sede di opposizione allo stato passivo, in ogni caso è orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 19003/2017; conf. 21490/2020; n. 27902/2020) quello secondo cui, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, non opera, nonostante la sua natura impugnatoria, la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c. in materia di ” ius novorum “, con riguardo alle nuove eccezioni proponibili dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell’opposizione, se esclude l’immutazione del ” thema disputandum ” e non ammette l’introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all’esame del giudice delegato.
Le censure del ricorrente sono, inoltre, inammissibili, in  quanto  a fronte dell’accertamento in fatto svolto dal Tribunale, ovvero che il ricorrente non aveva depositato alcun documento che dimostrasse l’effettivo e regolare svolgimento delle sue funzioni di sindaco, e in particolare,  che  avesse  provveduto  alle  verifiche  trimestrali,  ai
contro
lli sui bilanci ed avesse partecipato ai CdA ed alle riunioni assembleari (aveva, infatti, prodotto solo la nomina e la delibera sul compenso), il COGNOME ha svolto mere censure di merito (affermando che tale prova la aveva fornita), sollecitando quindi una diversa ricostruzione dei fatti ed una differente valutazione del materiale probatorio rispetto a quella operata dal Tribunale di Napoli, attività, che, tuttavia, non è consentita in sede di legittimità.
Infine, neppure persuasivo è il rilievo del ricorrente secondo cui l’accertamento delle gravi violazioni di legge addebitate al sindaco potrebbe essere valutato solo dal giudice chiamato ad esaminare l’azione di responsabilità. Il Tribunale ha già evidenziato che il richiamo all’azione di responsabilità è stato effettuato dal G.D. (solo) ad abundantiam , per rimarcare la gravità delle violazioni imputate al COGNOME, fermo restando che l’eccezione di inadempimento poteva essere efficacemente sollevata in sede di ammissione al passivo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 4.500, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto  della  sussistenza  dei  presupposti  per  il  versamento  da  parte del  ricorrente  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 16.1.2024