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Compenso del sindaco: inadempimento e onere prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4309/2024, ha stabilito che in caso di fallimento, la curatela può legittimamente rifiutare il pagamento del compenso del sindaco sollevando l’eccezione di inadempimento. In questo scenario, l’onere di provare l’esatto e corretto svolgimento delle proprie funzioni ricade sul sindaco che richiede il compenso, e non sulla curatela. Il ricorso dell’ex sindaco, che non aveva fornito prove adeguate della sua attività, è stato quindi respinto.

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Compenso del Sindaco: Chi Prova l’Adempimento in caso di Fallimento?

L’ordinanza n. 4309/2024 della Corte di Cassazione affronta una questione cruciale nel diritto fallimentare e societario: la sorte del compenso del sindaco quando la società fallisce e la curatela contesta il suo operato. La decisione chiarisce in modo netto la ripartizione dell’onere della prova quando viene sollevata l’eccezione di inadempimento, ponendo l’accento sulle responsabilità dell’organo di controllo.

I Fatti di Causa

Un ex sindaco di una società a responsabilità limitata, successivamente fallita, presentava domanda di ammissione al passivo fallimentare per un credito di oltre 44.000 euro, a titolo di compenso per l’attività svolta dal 2008 al 2012. Il Giudice Delegato rigettava la domanda. L’ex sindaco proponeva opposizione al Tribunale, ma anche quest’ultimo respingeva la richiesta. La motivazione del Tribunale era chiara: l’opponente non aveva fornito alcuna prova idonea a dimostrare l’effettivo svolgimento delle funzioni sindacali, la loro durata e la loro corretta esecuzione. La curatela fallimentare, infatti, aveva sollevato un’eccezione di inadempimento, sostenendo che la mancata o inesatta esecuzione delle mansioni di vigilanza giustificava il mancato pagamento del compenso. Contro questa decisione, l’ex sindaco ha proposto ricorso in Cassazione.

La Controversia sul Compenso del Sindaco e l’Inadempimento

Il cuore della controversia ruota attorno a due principi giuridici: il rapporto tra società e sindaco e l’applicazione dell’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.). Il ricorrente sosteneva che il rapporto società-sindaco non fosse caratterizzato da una vera e propria corrispettività delle prestazioni, ma da una comunione di scopo, rendendo inapplicabile l’eccezione. La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi. Citando un precedente (Cass. n. 6027/2021), ha ribadito che tra il sindaco e la società di capitali intercorre un rapporto di corrispettività. A fronte del pagamento del compenso da parte della società, il sindaco è tenuto a svolgere le sue funzioni di vigilanza e controllo. Pertanto, in caso di fallimento, la curatela è pienamente legittimata a sollevare l’eccezione di inadempimento per paralizzare la pretesa al compenso.

L’Onere della Prova: una Regola Invertita

Il secondo punto fondamentale riguarda l’onere della prova (art. 2697 c.c.). Generalmente, il creditore deve solo provare l’esistenza del suo diritto (il contratto), mentre spetta al debitore dimostrare di aver adempiuto. Tuttavia, quando il debitore solleva l’eccezione di inadempimento, i ruoli si invertono. In questo caso, il debitore (la curatela) deve semplicemente allegare l’inadempimento altrui, mentre spetta al creditore (il sindaco) dimostrare di aver eseguito la propria prestazione in modo esatto e corretto. Questo principio, consolidato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (sent. n. 13533/2001), vale anche quando si contesta non un inadempimento totale, ma un adempimento inesatto. La mera allegazione dell’inesattezza da parte della curatela fa scattare in capo al sindaco l’onere di fornire la prova positiva del suo corretto operato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i motivi del ricorso infondati e inammissibili. In primo luogo, ha confermato che il Tribunale ha correttamente applicato i principi sull’onere della prova. Di fronte all’eccezione sollevata dalla curatela, l’ex sindaco avrebbe dovuto dimostrare con prove concrete l’effettivo e regolare svolgimento delle sue funzioni, come la partecipazione ai consigli di amministrazione, i controlli sui bilanci e le verifiche trimestrali. Al contrario, egli si era limitato a produrre la delibera di nomina e quella relativa al compenso, elementi insufficienti a provare l’adempimento sostanziale dei suoi doveri. La Corte ha inoltre sottolineato che l’eccezione di inadempimento può essere sollevata dalla curatela per la prima volta anche nel giudizio di opposizione allo stato passivo, poiché tale giudizio consente un riesame a cognizione piena dei crediti, senza le preclusioni tipiche dell’appello.

Conclusioni

Questa ordinanza invia un messaggio chiaro agli organi di controllo societario: il diritto al compenso non è automatico, ma è strettamente legato all’effettivo e diligente svolgimento delle proprie funzioni. In caso di crisi d’impresa e successivo fallimento, i sindaci che intendono far valere i propri crediti devono essere pronti a documentare minuziosamente la propria attività. La semplice nomina non basta. La curatela fallimentare ha il potere di contestare il pagamento, e in tal caso sarà il professionista a dover fornire la prova rigorosa del proprio corretto adempimento, pena la perdita del compenso maturato.

Un sindaco di una società poi fallita ha sempre diritto al suo compenso?
No, il diritto al compenso non è automatico. La curatela fallimentare può rifiutare il pagamento sollevando un’eccezione di inadempimento totale, parziale o inesatto se ritiene che il sindaco non abbia svolto correttamente le sue funzioni di vigilanza.

Se la curatela contesta il lavoro del sindaco, chi deve provare cosa?
L’onere della prova si inverte. Non è la curatela a dover dimostrare l’inadempimento del sindaco, ma è il sindaco che, per ottenere il pagamento, deve provare di aver svolto in modo esatto e completo tutte le sue mansioni, come i controlli periodici e la vigilanza sull’amministrazione.

Il rapporto tra una società e il suo sindaco è considerato un contratto con prestazioni corrispettive?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che tra sindaco e società intercorre un rapporto di corrispettività. La società paga un compenso e, in cambio, il sindaco fornisce una prestazione consistente nell’attività di controllo e vigilanza prevista dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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