Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20919 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20919 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29757/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) con procura speciale in calce al ricorso;
-ricorrente-
contro
CONGREGAZIONE DELLE SUORE MISSIONARIE DI GESÙ LAVORATORE;
-intimata-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n.4463/2019 depositata il 2.7.2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.5.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1) L’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME veniva nominato CTU dal Tribunale di Velletri per la stima del compendio pignorato nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare n. 201/2008 RGE, promossa dal creditore procedente COGNOME NOME mediante pignoramento in danno della RAGIONE_SOCIALE, effettuato sul presupposto della condanna esecutiva di cui alla sentenza n. 397/2003 emessa dal Tribunale di Teramo a carico dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, soggetto distinto dalla RAGIONE_SOCIALE.
Nell’ambito della suddetta procedura esecutiva veniva emesso dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Velletri il decreto del 26.5/10.6.2011, col quale liquidava in favore del CTU AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME ed a carico del solo creditore procedente, COGNOME NOME, il compenso di € 9.765,24 oltre oneri fiscali e previdenziali, che però, malgrado le azioni esecutive di recupero intraprese dall’AVV_NOTAIO. COGNOME, non veniva onorato dal COGNOME.
La procedura esecutiva immobiliare n. 201/2008 RGE del Tribunale di Velletri veniva, poi, dichiarata estinta per rinuncia del creditore procedente per erronea individuazione del legittimato passivo che aveva subito il pignoramento, che per similitudine del nominativo era stato individuato nella RAGIONE_SOCIALE, anziché nell’RAGIONE_SOCIALE, che aveva subito la condanna esecutiva a favore di COGNOME NOME con la sentenza n. 397/2003 del Tribunale di Teramo.
Essendo rimasto insoddisfatto il credito dell’ausiliare, nel 2014 l’AVV_NOTAIO, assumendo che la CTU era stata espletata nell’ambito della procedura esecutiva n.201/2008 RGE del Tribunale di Velletri nell’interesse comune RAGIONE_SOCIALE parti, ed invocando il principio di solidarietà tra condebitori prevista dall’art. 1294 cod. civ., chiedeva ed otteneva dal Tribunale di Velletri il decreto ingiuntivo n.2068/2014 provvisoriamente esecutivo, col quale veniva intimato alla RAGIONE_SOCIALE il pagamento in favore dell’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME del compenso a suo tempo liquidato al CTU nella procedura esecutiva immobiliare dal Giudice dell’esecuzione, di € 9.765,24 oltre interessi legali dalla domanda e spese.
Avverso il suddetto decreto ingiuntivo proponeva tempestiva opposizione la RAGIONE_SOCIALE con un unico motivo, deducendo che non poteva essere chiamata a rispondere in solido col creditore procedente, COGNOME NOME, del debito per il compenso verso il CTU nominato nella procedura esecutiva immobiliare in ordine alla quale era stata coinvolta per mero errore del creditore, per essere la debitrice individuata dalla sentenza del Tribunale di Teramo n. 397/2003 un diverso soggetto, ossia l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, come riconosciuto dallo stesso COGNOME, che aveva infatti rinunciato alla procedura esecutiva determinandone l’estinzione, e concludeva quindi per la revoca del decreto ingiuntivo opposto e per l’accertamento che nulla era da essa dovuto all’AVV_NOTAIO, non essendo la giusta parte della procedura esecutiva immobiliare.
Si costituiva nel giudizio di primo grado NOME COGNOME, che chiedeva il rigetto dell’opposizione, sostenendo che comunque la RAGIONE_SOCIALE era stata sottoposta alla procedura esecutiva immobiliare promossa da NOME COGNOME presso il Tribunale di Velletri ed in quanto parte della stessa, doveva rispondere in solido col creditore procedente RAGIONE_SOCIALE relative spese ex art. 1294 cod. civ.
Il Tribunale di Velletri, con sentenza n. 1294/2018 del 28.5.2018 rigettava l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo emesso a carico della RAGIONE_SOCIALE e condannando quest’ultima alle spese processuali.
Avverso tale sentenza proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE, che col primo motivo ribadiva che non poteva essere considerata parte di un giudizio esecutivo immobiliare, promosso nei suoi confronti, per mero errore nell’individuazione del debitore da sottoporre ad esecuzione forzata in base al titolo esecutivo giudiziale formatosi in precedenza, cui resisteva l’appellato COGNOME, precisando che già a pagina 5 della comparsa di costituzione del giudizio di primo grado aveva espressamente contestato ” i fatti e le circostanze in merito al rapporto sostanziale dedotti da parte opponente, in uno coi documenti depositati” ed ” anche perché non provato il preteso riconoscimento dell’errore da parte del COGNOME che avrebbe condotto all’estinzione della procedura “, e sottolineava che non risultava in alcun documento che il COGNOME avesse riconosciuto il preteso errore e rinunciato alla procedura esecutiva e che la RAGIONE_SOCIALE avesse proposto opposizione di terzo avverso tale procedura, circostanza dedotta per la prima volta dalla controparte nel giudizio di appello.
All’udienza di discussione del 2.7.2019, depositata dalla difesa del COGNOME l’attestazione del funzionario responsabile del Tribunale di Velletri dell’1.7.2019, relativa allo smarrimento del fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado, asseritamente contenente anche il fascicolo monitorio ed il fascicolo di parte di primo grado del COGNOME, la causa veniva comunque trattenuta in decisione dalla Corte d’Appello di Roma, che pronunciava ex art. 281 sexies c.p.c. sentenza n. 4463/2019 del 2.7.2019, nonostante la mancanza del fascicolo di primo grado, con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, veniva revocato il decreto ingiuntivo e respinta la domanda di pagamento del compenso del COGNOME, con
condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del doppio grado. La sentenza rilevava, infatti, che la RAGIONE_SOCIALE non era stata individuata quale giusta parte del procedimento esecutivo e non poteva essere quindi applicato nei suoi confronti il principio di solidarietà tra condebitori, come previsto dall’art. 1294 cod. civ., comunemente applicato nelle cause civili ordinarie.
Avverso tale sentenza, notificata l’8.7.2019, ha proposto ricorso alla Suprema Corte il COGNOME, notificato il 7.10.2019, affidato a cinque motivi.
La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e 5) c.p.c., la violazione degli articoli 347 e 168 c.p.c. e dell’art. 36 disp. att. c.p.c.
Si duole il COGNOME che la Corte d’Appello di Roma, dopo la rituale richiesta del cancelliere della Corte del 3.1.2019 al Tribunale di Velletri di trasmissione del fascicolo d’ufficio cartaceo di primo grado n. NUMERO_DOCUMENTO, e nonostante la mancanza di tale fascicolo, emergente dall’indice del fascicolo d’ufficio di secondo grado redatto dal cancelliere e dall’attestazione del funzionario responsabile del Tribunale di Velletri dell’1.7.2019, relativa allo smarrimento del fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado, prodotta all’udienza di discussione del 2.7.2019, abbia trattenuto la causa in decisione pur in assenza del fascicolo d’ufficio di primo grado, senza disporre ulteriori ricerche di tale fascicolo e senza ordinarne la ricostruzione.
Deduce il ricorrente che i documenti decisivi che la Corte d’Appello di Roma avrebbe dovuto trarre dal fascicolo di primo grado, contenente anche il fascicolo monitorio, erano il decreto di liquidazione del compenso emesso dal Giudice dell’esecuzione immobiliare a favore del COGNOME ed a carico del COGNOME, l’atto di
pignoramento immobiliare eseguito dal COGNOME a carico della RAGIONE_SOCIALE che aveva segnato l’inizio della procedura esecutiva immobiliare n. 201/2008 RGE del Tribunale di Velletri, e l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo della RAGIONE_SOCIALE, che avrebbero dimostrato che la RAGIONE_SOCIALE era stata parte formale della suddetta procedura esecutiva immobiliare, e quindi responsabile in solido col creditore procedente COGNOME per il pagamento del compenso spettante al CTU ai sensi dell’art. 1294 cod. civ.
Lamenta il ricorrente che, al contrario, la Corte d’Appello aveva accolto il primo motivo di appello della RAGIONE_SOCIALE sulla pretesa erronea attribuzione alla stessa della qualifica di giusta parte della procedura esecutiva immobiliare n. 201/2008 RGE del Tribunale di Velletri, proprio sulla base della documentazione relativa a tale procedura e nella quale il COGNOME aveva svolto il suo incarico, benché tali documenti non risultassero inclusi nel fascicolo d’ufficio di secondo grado. Da ciò il ricorrente fa discendere che la Corte d’Appello avrebbe dovuto rigettare l’appello per difetto di prova ex art. 2697 cod. civ., essendo onere della parte appellante produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali si fondava il suo gravame, o comunque attivarsi affinché tali documenti potessero essere sottoposti all’esame del giudice di appello (Cass. ord. n. 23568/2017).
Col secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione degli articoli 2697 cod. civ., 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte d’Appello di Roma deciso il merito della controversia in assenza del deposito del fascicolo di parte appellante.
Col terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c. ( rectius n. 4 c.p.c.), la violazione degli articoli 132 comma 2° n. 4) c.p.c., dell’art. 161 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per difetto assoluto di motivazione.
Ad avviso del COGNOME l’impugnata sentenza ricalca pedissequamente il contenuto dell’atto di appello e la motivazione della sentenza n. 17802 del 30.8.2011 della Corte di Cassazione, inerente in realtà una fattispecie di opposizione a precetto rientrante tra le opposizioni all’esecuzione (alle quali è assimilata l’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.), e non ad una fattispecie di opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 645 c.p.c. quale quella esaminata, fornendo quindi una motivazione meramente apparente, appiattita sulle tesi della parte appellante.
13) Col quarto motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione degli articoli 329, 342, 346 e 112 c.p.c. per avere l’impugnata sentenza, a pagina 5 con la motivazione sopra indicata, relativa alla sorte RAGIONE_SOCIALE spese processuali (e quindi anche quelle di CTU) nel giudizio di esecuzione, dato al rapporto una qualificazione giuridica nuova, non sollecitata da alcun motivo d’impugnazione, dopo che si era formato il giudicato interno sull’applicabilità del principio di solidarietà passiva tra condebitori dell’art. 1294 cod. civ. nel processo esecutivo tra creditore procedente ed esecutato.
14) Col quinto motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione degli articoli 1294 cod. civ., 68 e 569 c.p.c. e degli articoli 632, 310 e 95 c.p.c., per non essere le norme richiamate dalla Corte d’Appello (articoli 632, 310 e 95 c.p.c.) applicabili nel caso in esame, in cui, così come in qualsiasi altro giudizio civile, doveva valere il principio di solidarietà passiva dei condebitori dell’art. 1294 cod. civ., applicabile a tutte le parti processuali e quindi anche alla RAGIONE_SOCIALE, che della procedura esecutiva immobiliare n. 201/2008 RGE del Tribunale di Velletri era comunque stata parte, risultando ininfluenti le vicende del rapporto sostanziale rispetto al diritto dell’ausiliario del giudice al pagamento del compenso.
I cinque motivi di ricorso, attinenti a questioni comunque connesse alla mancata acquisizione del fascicolo di primo grado e di parte appellante, vanno esaminati congiuntamente e tutti respinti per manifesta infondatezza.
Anzitutto, va osservato che per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, l’acquisizione del fascicolo di ufficio di primo grado, ai sensi dell’art. 347 c.p.c., è affidata all’apprezzamento discrezionale del giudice dell’impugnazione, con la conseguenza che l’omessa acquisizione, cui non consegue un vizio del procedimento di secondo grado né della relativa sentenza, può essere dedotta come motivo di ricorso per cassazione solo ove si adduca che il giudice di appello avrebbe potuto o dovuto trarre dal fascicolo stesso elementi decisivi su uno o più punti controversi della causa, non rilevabili ” aliunde “, e specificamente indicati dalla parte interessata (Cass. 21.11.2017 n.27691; Cass. 29.1.2016 n. 1678; Cass. 14.2.2006 n. 3181).
La parte ricorrente, come sopra riportato, ha provveduto ad indicare i documenti del fascicolo di primo grado (il decreto di liquidazione del compenso emesso dal Giudice dell’esecuzione immobiliare a favore del COGNOME ed a carico del COGNOME; l’atto di pignoramento immobiliare eseguito dal COGNOME a carico della RAGIONE_SOCIALE che aveva segnato l’inizio della procedura esecutiva immobiliare n. 201/2008 RGE avanti il Tribunale di Velletri; l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo della RAGIONE_SOCIALE; la sentenza del Tribunale di Teramo n. 397/2003 costituente il titolo del credito vantato dal COGNOME) che a suo avviso sarebbe stato decisivo acquisire per dimostrare che la RAGIONE_SOCIALE era stata parte formale della procedura esecutiva immobiliare n. 201/2008 RGE del Tribunale di Velletri, e quindi responsabile in solido col creditore procedente COGNOME per il pagamento del compenso spettante al CTU ai sensi dell’art. 1294 cod. civ..
In realtà non è mai stato in contestazione che il pignoramento immobiliare sia stato eseguito dal creditore procedente, NOME COGNOME, a carico della RAGIONE_SOCIALE, e che da esso sia scaturita la procedura esecutiva immobiliare n. 201/2008 RGE, dinanzi al Tribunale di Velletri e a carico della RAGIONE_SOCIALE, nel corso della quale è stata espletata, prima dell’estinzione della procedura, la CTU dell’AVV_NOTAIO, per cui è pacifico che la RAGIONE_SOCIALE formalmente è stata parte esecutata e destinataria del decreto ingiuntivo opposto.
La questione sulla quale la RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la riforma della sentenza di primo grado (che si era limitata a basare la condanna sulla veste di parte formale della stessa RAGIONE_SOCIALE oltre al creditore procedente nella procedura esecutiva immobiliare estinta e sull’applicazione ritenuta conseguente del principio di solidarietà passiva tra condebitori dell’art. 1294 cod. civ.) atteneva alla circostanza che non potesse essere considerata la giusta parte della procedura esecutiva immobiliare attivata dal creditore in quanto erroneamente sottoposta al pignoramento immobiliare dal COGNOME, che aveva dato luogo alla procedura esecutiva poi estinta.
Su tale questione l’impugnata sentenza, alle lettere a), b) e c) RAGIONE_SOCIALE pagine 2 e 3, pur richiamando la documentazione della procedura esecutiva immobiliare n. 201/2008 RGE del Tribunale di Velletri e la sentenza del Tribunale di Teramo n.397/2003 (documento 2 del fascicolo di primo grado della RAGIONE_SOCIALE), che non era materialmente agli atti, si è basata sul principio di non contestazione ed ha ritenuto che il punto essenziale fosse l’avvio della procedura esecutiva immobiliare -nell’ambito della quale era stato conferito l’incarico al CTU – da parte del creditore procedente contro un soggetto (la RAGIONE_SOCIALE) diverso dall’effettivo debitore, come risultante da pregresso titolo giudiziale dalla stessa procedura esecutiva rinunciata dal creditore procedente proprio per
siffatta ragione, per cui correttamente ha ritenuto superflua l’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado.
Per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, l’apprezzamento della sussistenza o dell’insussistenza della non contestazione va compiuto dal giudice di merito, perché tale apprezzamento esige l’interpretazione della domanda e RAGIONE_SOCIALE deduzioni RAGIONE_SOCIALE parti riservata al giudice di merito, essendo sindacabile in cassazione solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa (vedi Cass. 28.10.2019 n. 27490; Cass. 7.2.2019 n. 3680; Cass. sez. lav. 3.5.2007 n.10182; Cass. sez. lav. 16.12.2005 n. 27833), che nella specie non sono ravvisabili.
La sentenza impugnata ha specificamente rilevato alla lettera b) di pagina 3, che non era stato contestato che il COGNOME avesse agito esecutivamente nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per errore, in quanto il suo effettivo debitore era l’RAGIONE_SOCIALE, giusta sentenza del Tribunale di Teramo n. 397/2003, e non vi era stata neppure contestazione sulla diversa entità di tale ultimo soggetto giuridico rispetto all’esecutata RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza impugnata ha, poi, ulteriormente chiarito alla lettera c) di pagina 3, che non vi era contestazione neppure circa l’avvenuta estinzione della suddetta procedura esecutiva per intervenuta rinuncia del creditore procedente, unico destinatario del decreto di liquidazione del compenso del CTU emesso dal Giudice dell’esecuzione, per errore nell’indicazione del soggetto passivamente legittimato, come riconosciuto anche dalla RAGIONE_SOCIALE nell’atto di appello e dal Tribunale di Velletri nella sentenza di primo grado.
Il ricorrente, evidentemente consapevole dell’importanza della questione, col secondo motivo ha lamentato, oltre alla violazione del principio dell’onere probatorio dell’art. 2697 cod. civ., che
avrebbe imposto alla RAGIONE_SOCIALE di riprodurre in appello i documenti posti a sostegno dei propri motivi di gravame, la non conformità della decisione della Corte d’Appello ai principi dell’art. 115 comma 1° c.p.c. e dell’art. 116 c.p.c. In proposito il ricorrente sostiene di avere contestato in quella sede ” i fatti e le circostanze in merito al rapporto sostanziale dedotti da parte opponente, in uno coi documenti depositati” ed ha ribadito la contestazione ” anche perché non provato il preteso riconoscimento dell’errore da parte del COGNOME che avrebbe condotto all’estinzione della procedura “, ma la lettura di questi rilievi dimostra come non vi sia stata una contestazione specifica da parte del COGNOME dei fatti affermati dalla RAGIONE_SOCIALE nei termini richiesti dall’art. 115 comma 2° c.p.c., ma solo una contestazione generica basata sulla mancata documentazione dei fatti ad opera della RAGIONE_SOCIALE e non sulla conoscenza acquisita dell’effettivo svolgimento di quei fatti.
In realtà nel giudizio di primo grado il COGNOME si era limitato a fare discendere in via automatica l’applicabilità del principio di solidarietà passiva tra condebitori dell’art. 1294 cod. civ. dalla qualifica di parte formale esecutata della RAGIONE_SOCIALE, senza contestare specificamente la diversità esistente tra la RAGIONE_SOCIALE destinataria della procedura esecutiva immobiliare n. 201/2008 RGE del Tribunale di Velletri e l’RAGIONE_SOCIALE destinataria della condanna esecutiva a favore del creditore procedente in base alla sentenza del Tribunale di Teramo n. 397/2003, e senza contestare specificamente che l’indicata procedura esecutiva era stata rinunciata dal COGNOME e dichiarata estinta proprio perché intrapresa attraverso il pignoramento nei confronti di un soggetto diverso dal vero debitore. Soltanto nel giudizio di secondo grado, dato il tenore dell’avversa impugnazione, che ribadiva il contenuto dell’opposizione con richiami alla giurisprudenza della Suprema
Corte in materia di opposizione di terzo, e quindi tardivamente, il COGNOME ha cercato di attribuire alle proprie generiche controdeduzioni pregresse, un contenuto di specificità del tutto mancante.
La sentenza impugnata, pur attraverso una tecnica di ripresa di alcuni passi testuali dell’atto di appello e della motivazione della sentenza n. 17802/2011 della Corte di Cassazione, è fondata non su una semplice versione di parte dei fatti di causa, ma sui fatti non specificamente contestati e come sopra descritti.
Quanto alla motivazione in diritto, la sentenza impugnata ha sì utilizzato un precedente della Suprema Corte (Cass. n. 17802/2011) che seppure si riferiva ad un’opposizione di terzo, con l’ultimo periodo di pagina 4 ha ritenuto che le argomentazioni richiamate fossero valide anche ai fini dell’accoglimento del primo motivo di appello della RAGIONE_SOCIALE, che in una fattispecie di opposizione a decreto ingiuntivo poneva la stessa questione di distinzione tra l’esecutato destinatario del pignoramento (nella specie la RAGIONE_SOCIALE) ed il vero debitore contro il quale si era formato il titolo giudiziale posto a base dell’esecuzione (nella specie l’RAGIONE_SOCIALE), consentendo quindi all’opponente di far valere la propria estraneità rispetto al titolo esecutivo giudiziale formatosi contro altro soggetto, senza dovere necessariamente ricorrere ad un’opposizione all’esecuzione, o ad un’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. avverso un’esecuzione che si era comunque estinta per rinuncia del creditore procedente.
La sentenza impugnata, a pagina 5, ha poi aggiunto, per giustificare l’accoglimento del primo motivo di appello, alla motivazione che il CTU nominato nella procedura esecutiva immobiliare, AVV_NOTAIO, non poteva pretendere il pagamento del suo compenso oltre che dal creditore procedente anche dalla RAGIONE_SOCIALE, per essere stata parte solo formale di quella
procedura, che le spese vanno poste a carico dell’esecutato ex art. 95 c.p.c., tuttavia in caso di estinzione possono essere poste a carico del debitore esecutato solo in base ad un accordo in tal senso tra creditore procedente e debitore esecutato, restando altrimenti a carico del solo creditore procedente in base agli articoli 632 e 310 c.p.c.
Il ricorrente insiste ancora nel richiedere l’applicazione della solidarietà passiva tra condebitori prevista dall’art. 1294 cod. civ., che è in genere applicata per il pagamento del compenso al CTU nominato nelle cause civili, nelle quali il professionista svolge la sua prestazione nell’interesse di tutte le parti in causa, che per tale ragione rispondono in solido dell’obbligazione di pagamento del suo compenso, senza tenere in alcun conto che nel processo esecutivo la stima del bene è compiuta dal CTU nominato dal giudice dell’esecuzione nell’interesse del creditore procedente, che per questo motivo sopporta in via provvisoria l’onere relativo, e solo nel caso in cui l’esecuzione giunga a buon fine, le spese processuali dell’esecuzione, e tra esse quelle di CTU, vengono a gravare sull’esecutato ex art. 95 c.p.c., e per questo non vi è spazio, in un’ipotesi in cui l’esecuzione non ha portato alla vendita forzata del bene, per l’applicazione dell’art. 1294 cod. civ..
Né, infine, può ritenersi formato alcun giudicato circa l’applicabilità nella specie dell’art. 1294 cod. civ., in quanto il primo motivo di appello della RAGIONE_SOCIALE, relativo all’impropriamente detto ” difetto di legittimazione passiva “, costituiva palese contestazione della ritenuta applicabilità del principio di solidarietà passiva tra condebitori dell’art. 1294 cod. civ., essendo volto ad ottenere il riconoscimento dell’assenza della qualità di giusta parte della procedura esecutiva e quindi della connessa responsabilità per le spese processuali di quella procedura, pacificamente rinunciata dal creditore procedente ed estinta.
La sentenza impugnata ha, dunque, logicamente esposto le ragioni della decisione adottata e non risulta affetta da mancanza o da mera apparenza della motivazione.
Confermata la motivazione di rigetto della domanda del COGNOME di pagamento del suo compenso da parte della RAGIONE_SOCIALE, per non essere quest’ultima l’effettiva debitrice del creditore procedente, e quindi la giusta parte, risultano inammissibili, per difetto di interesse, le ulteriori doglianze del ricorrente che attengono alla ulteriore ratio decidendi addotta dalla Corte d’Appello a sostegno della decisione adottata (basata sulla diversa posizione assunta dalle parti nel processo esecutivo rispetto a quella RAGIONE_SOCIALE parti del giudizio civile ordinario), perché se anche tali doglianze risultassero meritevoli di accoglimento, non potrebbero comunque portare alla riforma dell’impugnata sentenza, che resterebbe sorretta dalla prima ratio .
Nulla va disposto per le spese processuali del giudizio di legittimità, in quanto la RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
In base all’art. 13, comma 1 -quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione respinge il ricorso.
Visto l’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2002 n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto.
sì deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile in data 16.5.2024.
Il Presidente NOME COGNOME