Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25273 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25273 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26612/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in Macerata, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso il Decreto del Tribunale di Macerata di cui al proc. n. 8/2019 R.C.P. depositato il 29/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto del 29/3/2022 il Tribunale di Macerata liquidava in favore di Rossi Paola il compenso finale per l’attività di commissario giudiziale nella procedura di concordato preventivo RAGIONE_SOCIALE, dichiarato improcedibile in considerazione del mancato raggiungimento delle maggioranze necessarie, determinandolo in complessive € 214.614,08, oltre accessori di legge.
Il Collegio di merito, per quanto di interesse in questa sede, calcolava il compenso tenendo conto del criterio dell’attivo risultante dall’inventario , in quanto il piano concordatario prevedeva l’adempimento della proposta sia mediante la continuazione diretta dell’attività aziendale che mediante la cessione dell’azienda, dei mezzi e del capannone industriale.
Il compenso veniva determinato nei valori corrispondenti ai minimi dei parametri di cui al D.M. 30/2012, avuto riguardo all’arresto della procedura concordataria antecedentemente all’omologa.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione formulando due motivi. Il commissario ha svolto difese mediante controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del D.M. 30/2012, in relazione all’art. 360, comma 1° n.3, c.p.c.; si sostiene che il Tribunale abbia errato nel considerare, ai fini della determinazione del compenso, il parametro dell’attivo inventariato anziché dell’attivo realizzato , in quanto nella proposta concordataria erano previste attività di tipo liquidatorio.
1.1 Il secondo motivo lamenta l’ «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio di cui all’art. 360 comma primo n. 5);
omessa valutazione della ‘prevalenza liquidatoria’ del concordato in oggetto; continuità aziendale limitata e funzionale alla cessione dell’azienda».
I due mezzi di impugnazione, suscettibili di congiunto scrutinio stante la loro intima connessione, sono infondati.
2.1 Va preliminarmente precisato che entrambi i motivi investono esclusivamente il criterio di liquidazione del compenso e non censurano la quantificazione dello stesso rispetto all’attività effettivamente prestata.
2.2 Ciò premesso, al di là della circostanza che il Tribunale di Macerata ha correttamente utilizzato il parametro dell’attivo inventariato previsto dall’ art. 5 D.M. n. 30/2012, sul presupposto della ritenuta natura del piano in continuità aziendale, va rilevato il criterio di cui sopra vale anche per il concordato liquidatorio.
2.3 Infatti, secondo il più recente orientamento di questa Corte (cfr. Cass. 15790/2023 e 21959/2023), la distinzione, ai fini della determinazione dei compensi del commissario giudiziale, operata dall’art. 5 D.M. citato tra attivo inventariato e attivo realizzato a seconda della diversa tipologia di concordato proposto (con continuità o in liquidazione) presenta insormontabili incongruenze e profili di irragionevolezza, in quanto: i) genera una disparità di valori anche notevoli (come nel caso di specie in cui il concordato si è interrotto prima dell’omologa per rinuncia e non è stato realizzato alcun attivo) nella liquidazione dei compensi del commissario, a seconda, della vocazione del concordato, per una attività professionale ed un impegno che ante omologazione del concordato presenta una base comune per ogni tipo di concordato; ii) non tiene conto del fatto che la complessità della procedura concordataria varia piuttosto in relazione al caso concreto che non alla forma prescelta; iii) vengono equiparati i criteri di determinazione del compenso tra il commissario giudiziale di un concordato preventivo liquidatorio e il liquidatore del medesimo
concordato, nonostante le loro attività siano oggettivamente diverse, posto che l’attività espletata dal primo prende avvio già dal decreto di ammissione alla procedura ex art. 163 l. fall. e si protrae anche dopo l’omologa del concordato, dovendo egli sorvegliarne l’adempimento ex art. 185 l. fall., mentre il ruolo del liquidatore è necessariamente ristretto alla sola fase esecutiva del concordato, successiva rispetto all’omologa della proposta. Si impone, pertanto, onde porre rimedio ai suindicati aspetti di irragionevolezza e disparità di trattamento rinvenuti nel D.M. n. 30 del 2012, art. 5, nella parte in cui fissa, nei primi due commi, due diversi criteri per la liquidazione del compenso del commissario giudiziale, a seconda della tipologia di concordato preventivo, una operazione di disapplicazione delle disposizioni in questione – perché inficiate da eccesso di potere e violazione di legge per contrasto col principio di ragionevolezza e di uguaglianza.
Appare, infatti, corretto ed equo seguire, in loro vece, il criterio unitario dell’attivo inventariato temperato dalla determinazione in concreto della misura del compenso nell’ambito della forbice tra la percentuale minima e massima prevista dall’art. 1, D.M. cit., cui l’art. 5 rinvia avuto riguardo all’impegno profuso, con possibilità di accertamento della qualità e quantità di attività impiegata dal commissario e di scendere anche al di sotto del cd. “minimo assoluto’ nell’ipotesi di anticipato arresto della procedura.
3 Il ricorso va, quindi, rigettato.
4 Il Collegio ritiene di disporre l’integrale compensazione delle spese di questo giudizio di legittimità, in quanto l’indirizzo giurisprudenziale sopra riportato si è venuto a formare nelle more del presente giudizio.
PQM
la Corte rigetta il ricorso.
Dispone l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 9 luglio 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME