Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32374 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32374 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12872/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso il prop lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di TRIBUNALE TREVISO n. 7315/2019 depositata il 26/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ammessa al Patrocinio a spese dello Stato per costituirsi parte civile in un giudizio penale, propose con l’assistenza dell’Avv. NOME COGNOME opposizione avverso il successivo provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio, revoca disposta per il superamento dei limiti di reddito su segnalazione dell’Agenzia delle Entrate.
La COGNOME impugnò il provvedimento innanzi alla Corte di Cassazione, Sezione Penale e, nelle more del giudizio di legittimità, l’Agenzia delle Entrate rettificò la propria richiesta di revoca del beneficio riconoscendo che l’istante non superava i limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione si concluse con la sentenza n. 18216/2016 che dichiarò l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse in quanto la parte era stata riammessa al patrocinio.
Definito il giudizio innanzi al giudice di legittimità, l’Avv. COGNOME chiese al Tribunale di Treviso la liquidazione del compenso per la fase di legittimità, ma la domanda venne rigettata, ai sensi dell’art. 106 DPR 115/2002 perché il procedimento innanzi alla Corte Suprema si era concluso con la declaratoria di inammissibilità.
L’avv. COGNOME propose opposizione sul rilievo che il ricorso per cassazione era stato proposto in seguito ad un errore dell’Agenzia delle Entrate e che la revoca della revoca dell’ammissione al
patrocinio a spese dello Stato era stata disposta solo in seguito alla correzione dell’errore da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Il Tribunale di Treviso rigettò l’opposizione.
L’Avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale sulla base di un unico motivo.
Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e/o errata applicazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 82, 83 e 106, comma 1 del Dpr. n. 115/2002, per avere il Tribunale rigettato l’istanza di liquidazione del compenso del difensore per l’attività svolta nel giudizio di cassazione in favore di NOME COGNOME perché la Corte aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse. Il Tribunale non avrebbe considerato -osserva il ricorrente – che la revoca era stata disposta per il supposto superamento dei limiti di reddito da parte della COGNOME, su segnalazione dell’Agenzia delle Entrate e l’impugnazione del provvedimento di revoca era antecedente alla rettifica da parte dell’Agenzia delle Entrate nel senso che i redditi dell’istante non superavano i limiti di reddito per l’ammissione al patrocinio. L’impugnazione del provvedimento di revoca era, pertanto, volto ad impedire la scadenza dei termini di impugnazione. Il Tribunale, accedendo ad un’interpretazione letterale e restrittiva dell’art.106 DPR 115/2002 non avrebbe tenuto conto della pronuncia della Corte
Costituzionale N. 16 del 30.1.2018, che distingue le cause di inammissibilità originaria da quelle sopravvenute.
Il motivo è fondato.
L’art.106 del DPR n.115 del 2002 prevede che il compenso per le impugnazioni coltivate dalla parte non è liquidato se le stesse sono dichiarate inammissibili.
La ratio della norma è, in generale, quella del contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia e, in particolare, quella di evitare che i costi di attività difensive superflue (come, nel caso di specie, le impugnazioni la cui declaratoria di inammissibilità risulti ex ante prevedibile) siano posti a carico della collettività.
La Corte Costituzionale, con sentenza del 30.1.2018, n.16, nel rigettare la questione di legittimità costituzionale dell’art.106, comma 1 del DPR 30.5.2012, n. 115, ha ritenuto che il tenore letterale della norma consente di distinguere tra le cause di inammissibilità dell’impugnazione originarie e quelle sopravvenute per ragioni del tutto imprevedibili al momento della proposizione del ricorso.
La corretta interpretazione dell’art.106, comma 1 del DPR 30.5.2012, n. 115, basata sulla ratio legis di detta disposizione, conduce alla conclusione che essa non ricomprende i casi in cui la ragione dell’inammissibilità risiede in una carenza d’interesse a ricorrere, sopravvenuta per ragioni del tutto imprevedibili al momento della proposizione del ricorso, permettendo di dare della disposizione una lettura non in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.
In tal senso si è espressa anche la Prima Sezione della Cassazione penale, con sentenza sez. I, 14/03/2018, n.14032, secondo cui, in materia di patrocinio a spese dello Stato, l’art.106 del DPR 30.5.2002, n.115, secondo cui “il compenso per le impugnazioni coltivate dalla parte non è liquidato se le stesse sono dichiarate
inammissibili”, comporta l’impossibilità di procedere alla liquidazione del compenso in favore del difensore solo per le impugnazioni “ab origine” inammissibili e non anche per quelle dichiarate tali in conseguenza di una causa sopravvenuta di cui l’impugnante non sia responsabile.
Nel caso di specie, la rettifica da parte dell’Agenzia delle Entrate della richiesta di revoca del beneficio dell’ammissione al patrocinio di NOME COGNOME intervenne in epoca successiva al ricorso proposto per cassazione avverso il decreto di revoca.
In altre parole, NOME COGNOME aveva proposto ricorso ex art. 113 Dpr. n. 115/2002 il giorno di scadenza del termine per il ricorso per cassazione e prima che pervenisse al Tribunale la rettifica da parte dell’Agenzia delle Entrate e fosse emesso il decreto di revoca del provvedimento di rigetto dell’istanza di liquidazione.
Ne consegue che, alla luce dell’interpretazione della Corte Costituzionale con sentenza del 30.1.2018, n.16, l’impugnazione non era originariamente inammissibile ma, al contrario, era fondata; la dichiarazione di inammissibilità da parte della Corte di Cassazione trovava fondamento sulla rettifica delle condizioni di reddito di NOME COGNOME da parte dell’Agenzia delle Entrate, ovvero in una circostanza sopravvenuta che rendeva il ricorso inammissibile per carenza di interesse.
Del resto, la stessa Corte di Cassazione penale, con la sentenza n 18216/2016, aveva rimesso per l’eventuale valutazione dell’istanza anche in relazione al giudizio di legittimità (precisazione che deve pure avere un senso logico, altrimenti non sarebbe stata fatta in motivazione).
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto.
L’ordinanza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Treviso in persona di altro magistrato.
Il giudice di rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Treviso in persona di altro magistrato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione