Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5299 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5299 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18271-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4536/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/12/2018 R.G.N. 4724/2014;
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/01/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
1. con sentenza 10 dicembre 2018, la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado, di reiezione RAGIONE_SOCIALE sue domande di accertamento del diritto al compenso per l’RAGIONE_SOCIALE di Presidente del Consiglio di amministrazione e di AVV_NOTAIO delegato svolta in favore di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, ora) RAGIONE_SOCIALE (costituita 10 febbraio 2011 dalla socia unica RAGIONE_SOCIALE, interamente partecipata da RAGIONE_SOCIALE, che l’aveva costitui ta ai sensi dell’art. 12, comma 8 bis legge n. 80/2005) e di condanna della medesima al relativo pagamento, in proprio favore;
2. in esito ad analitica ricostruzione del quadro normativo d’interesse, la Corte territoriale ha negato, come già il Tribunale, il diritto al compenso dell’appellante, sull’essenziale rilievo della sua assunzione, con contratto (istitutivo di un rapporto di lavoro a tempo pieno, a norma dell’art. 7 d.p.r. 207/2006) decorrente dal 21 settembre 2009. In particolare, tale contratto prevedeva esplicitamente (all’art. 1) l’inclusione nel detto incarico ‘all’occorrenza, anche’ di ‘eventuali funzioni e compiti di amministratore nelle società costituite ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 6 aprile 2006, n. 207’ , come appunto (anche se indirettamente, tramite RAGIONE_SOCIALE) RAGIONE_SOCIALE; di questa era stato nominato Presidente del Consiglio di amministrazione e AVV_NOTAIO delegato dalla socia unica, su indicazione di RAGIONE_SOCIALE (la prima nomina) e del RAGIONE_SOCIALE
(la seconda), per la realizzazione di compiti rientranti nello scopo sociale di RAGIONE_SOCIALE;
premessa l’inapplicabilità immediata e diretta alle società in house , quale RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE regole civilistiche, la Corte capitolina ha escluso che la non spettanza di un compenso contrastasse con l’art. 1709 c.c. (di presunzione di onerosità del mandato), per essere la sua RAGIONE_SOCIALE di amministratore retribuita con il trattamento omnicomprensivo previsto per l’incarico di Direttore Generale di RAGIONE_SOCIALE; e neppure con gli artt. 2364 e 2389 c.c., in assenza di una deliberazione assembleare (necessaria quando un emolumento non sia determinato nello statuto, essendo stata sospesa la nota del Capo di Gabinetto del Ministro del RAGIONE_SOCIALE del 4 agosto 2011 di indicazione dell’ammontare dei compensi, siccome ritenuta illegittima dalla Corte dei conti e non sostituita da altro provvedimento), non implicitamente ravvisabile in quella di approvazione del bilancio sociale contenente la posta di compenso degli amministratori, salvo che un’assemblea, convocata solo per l’approvazione del bilancio, totalitaria abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori;
con atto notificato il 10 giugno 2019, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c., cui la società ha resistito con controricorso;
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
il ricorrente ha dedotto:
a ) violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 7, 11, 12 d.p.r. 207/2006, in combinato disposto con l’art. 12 d.l.
35/2005, in relazione all’art. 12 disp. prel. c.c., per avere la Corte d’appello erroneamente interpretato le norme denunciate nel senso di annoverare RAGIONE_SOCIALE tra le società costituite o partecipate (sia pure indirettamente tramite RAGIONE_SOCIALE) da RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 11 d.p.r. 207/2006, per non essere la prima società né costituita, né partecipata direttamente da RAGIONE_SOCIALE, in difetto di una previsione che consenta un controllo indiretto ovvero la costituzione di una società tramite un’altra entità giuridica. In tale prospettiva, egli ha pure censurato l’interpretazione, da parte della Corte, dell’art. 11, secondo comma d.p.r. cit. -secondo cui, alle predette società ‘può essere trasferito o temporaneamente distaccato, previa opzione e fermo restando il diritto alla conservazione del posto, personale in servizio presso l’RAGIONE_SOCIALE‘ , in riferimento all’assunzione da parte di tale personale di incarichi gestori o rappresentativi, affatto diversi dalle ipotesi previste dalla norma: così conseguendo dalla non inclusione di RAGIONE_SOCIALE tra le società costituite o partecipate da RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 11 d.p.r. 207/2006, la preclusione della possibilità di remunerare l’RAGIONE_SOCIALE di amministrazione svolta dal ricorrente, in favore della suddetta società odierna controricorrente, con il trattamento economico omnicomprensivo, percepito quale Direttore Generale di RAGIONE_SOCIALE, siccome non rientrante in esso (primo motivo);
b ) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c., in relazione all’art. 1 del contratto di assunzione del ricorrente del 18 gennaio 2010, con la conseguente erronea applicazione dell’art. 11 d.p.r. 207/2006, per il riferimento -al di là dell’as sorbente censura, oggetto del precedente motivo, di istituzione di un rapporto gestorio del ricorrente con un soggetto terzo e non con una società
direttamente costituita né partecipata da RAGIONE_SOCIALE -dell’inclusione nell’incarico di Direttore Generale di eventuali funzioni e compiti di amministratore nelle società costituite ai sensi dell’art. 11 d.p.r. 207/2006 e non, in evidente violazione del criterio ermeneutico di letteralità, in società, come appunto RAGIONE_SOCIALE, ancora non costituite all’epoca di sottoscrizione del contratto di assunzione (secondo motivo);
c ) violazione e falsa applicazione degli artt. 1709, 2364, 2389 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente negato la natura di diritto soggettivo perfetto degli amministratori di società al compenso, secondo le regole civilistiche denunciate, ben applicabili alle società in house , secondo l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità (terzo motivo);
essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati;
giova avviare l’esame dal dato normativo, per cui l’RAGIONE_SOCIALE, per il raggiungimento degli scopi sociali e previa comunicazione al Ministro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, può, secondo le modalità stabilite dallo Statuto di cui all’articolo 12 e con autorizzazione del Ministero RAGIONE_SOCIALE, costituire società e partecipare, anche con quote di minoranza, ad enti, a consorzi e a società aventi scopi analoghi o affini ai propri. E le società così costituite devono presentare annualmente al Ministro una relazione sull’RAGIONE_SOCIALE svolta.
Nel caso di partecipazioni, tale compito spetta all’RAGIONE_SOCIALE, a norma dell’art. 11, primo comma d.p.r. 207/2006 ( ‘Regolamento recante organizzazione e disciplina dell’RAGIONE_SOCIALE turismo, a norma dell’ art. 12, settimo comma d.l. 35/2005 conv. con modd. da legge n. 80/2005′);
3.1. è indiscussa la costituzione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE (dalla prima interamente partecipata quale unica socia) e, da parte della seconda, di RAGIONE_SOCIALE (interamente partecipata da RAGIONE_SOCIALE quale unica socia): sicché, indirettamente (tramite RAGIONE_SOCIALE) partecipata da RAGIONE_SOCIALE;
3.2. l’ordinamento societario riconosce la rilevanza giuridica della partecipazione indiretta, con particolare riferimento al divieto posto dall’art. 2357 c.c., sia pure non assoluto, di acquistare o di detenere azioni proprie oltre il limite della decima parte del capitale sociale, che, a tal fine considerando anche le azioni possedute da società controllate, si riferisce non solo al controllo diretto, ma anche alle ipotesi di controllo di secondo grado o indiretto, realizzato per il tramite della partecipazione a catena di più società (Cass. 13 marzo 2003, n. 3722, che, sulla base del principio di cui in massima, ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva dichiarato la nullità della delibera dell’assemblea di una società per azioni volta ad acquisire una posizione di controllo su una società che, per il tramite di una partecipata totalitaria, già deteneva azioni, oltre il limite consentito, della prima). Ed esso riconosce, più in generale, la rilevanza, ai fini di valutazione della strumentalità, diretta o indiretta, dell’atto rispetto all’oggetto sociale (in particolare riferimento alla pertinenza ad esso di un atto degli amministratori di una società di capitali), non solo in base alla generica appartenenza dell’atto ad un tipo espressamente indicato tra le operazioni strumentali, ma anche sulla base dell’interesse della società (Cass. 30 aprile 2014, n. 9475, che, nella specie, ha ritenuto che la fideiussione rilasciata da una società a garanzia di un debito di altra società appartenente al medesimo gruppo rientrasse tra le
operazioni strumentali utili o necessarie al conseguimento dell’oggetto sociale, anche in ragione dell’interesse della società garante a salvaguardare la partecipazione nella società garantita e, quindi, il patrimonio della partecipante e del gruppo cui entrambe le società appartenevano);
4. tanto premesso, occorre sottolineare come l’incarico specificamente previsto dall’art. 1 del contratto di assunzione del ricorrente a tempo determinato in qualità di Direttore Generale di RAGIONE_SOCIALE, decorrente dal 21 settembre 2009 (trascritto a pgg. 15 e 16 del ricorso), istitutivo di un rapporto di lavoro a tempo pieno, a norma dell’art. 7, terzo comma d.p.r. 207/2006 -includa ‘all’occorrenza, anche’ l’assunzione di ‘eventuali funzioni e compiti di amministratore nelle società costituite ai sensi dell’ar t. 11 del D.P.R. 6 aprile 2006, n. 207’ ;
4.1. tale clausola contrattuale deve essere letta secondo il dato letterale, ai sensi dell’art. 1362 c.c., in combinata disposizione con il dato sistematico, previsto dall’art. 1363 c.c. Infatti, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale di legittimità (ribadito anche da: Cass. 18 novembre 2019, n. 29893, in motivazione sub p.to 3), il primo criterio (letterale) costituisce il punto di avvio per una corretta interpretazione di ogni clausola contrattuale, mentre il criterio logico – sistematico dell’art. 1363 c.c. assume, in ragione RAGIONE_SOCIALE particolari caratteristiche connotanti la contrattazione collettiva, un particolare rilievo, ben più accentuato rispetto a quanto accade per i restanti contratti di diritto comune (Cass. 9 marzo 2005, n. 5140). Sicché, sebbene la ricerca della comune intenzione RAGIONE_SOCIALE parti debba essere operata innanzitutto sulla base del criterio di interpretazione letterale RAGIONE_SOCIALE clausole, si impone il ricorso anche al criterio logico sistematico stabilito dall’art. 1363 c.c., per desumere la
volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo RAGIONE_SOCIALE diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, dovendosi altresì tenere conto del comportamento, anche successivo, RAGIONE_SOCIALE parti (Cass. 14 aprile 2006, n. 8876; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2267); non potendo allora il giudice, nell’interpretazione dei contratti arrestarsi ad una considerazione atomistica RAGIONE_SOCIALE singole clausole, neppure quando la loro interpretazione possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del “senso letterale RAGIONE_SOCIALE parole”, poiché anche questo va necessariamente riferito all’intero testo della dichiarazione negoziale, onde le varie espressioni che in essa figurano vanno coordinate fra loro e ricondotte ad armonica unità e concordanza (Cass. 14 aprile 2006, n. 8876; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2267).
D’altro canto, l’interpretazione degli atti di autonomia privata e del contratto costituisce indagine di fatto. Sicché, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione degli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. 9 aprile 2021, n. 9461), poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una RAGIONE_SOCIALE interpretazioni plausibili; e pertanto, quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla
parte che abbia proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 15 novembre 2013, n. 25728; Cass. 28 novembre 2017, n. 28319);
4.2. alla luce dei suenunciati principi di diritto, il riferimento dell’incarico in questione anche a società ‘non ancora’ costituite, per la chiarezza del dato letterale, coerente con il dato sistematico previsto dall’art. 1363 c.c., deve essere letto, in relazione ad eventuali funzioni e compiti di amministratore nelle ‘società costituite ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 6 aprile 2006, n. 207’ : e pertanto, funzioni e compiti relativi a soggetti giuridici individuati, non già dal dato cronologico (di costituzione tout court in epoca non posteriore alla data di stipulazione del contratto di assunzione lavorativa), bensì dal dato tipologico della natura e della funzione RAGIONE_SOCIALE società, di certa determinazione del suo oggetto, ai sensi dell’art. 1346 c.c. (anche secondo la corretta interpretazione della Corte territoriale: dal quarto al sesto capoverso di pg. 8 della sentenza);
4.3. d’altro canto, l’esplicita inclusione nell’incarico lavorativo -si ribadisce, a tempo pieno, a norma dell’art. 7, terzo comma d.p.r. 207/2006 -‘all’occorrenza, anche’ dell’assunzione di ‘eventuali funzioni e compiti di amministratore nelle società costituite ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 6 aprile 2006, n. 207’ comporta che essi siano retribuiti dal ‘trattamento economico annuo omnicomprensivo’ stabilito dall’art. 2 (trascritto a pg. 16 del ricorso) del citato contratto di lavoro tra le parti. Ed è questa l’autonoma ed esclusiva ratio decidendi sul punto (al terzo capoverso di pg. 7 e dal terzo al quinto alinea di pg. 9 della sentenza).
Una tale natura decisoria, ma neppure argomentativa, certamente non ha la mera enunciazione (al primo capoverso di pg. 6 del ricorso) del dettato dell’art. 11, secondo comma d.p.r. cit., secondo cui alle predette società ‘può essere trasferito o temporaneamente distaccato, previa opzione e fermo restando il diritto alla conservazione del posto, personale in servizio presso l’RAGIONE_SOCIALE‘ ;
detta ratio decidendi assorbe la denuncia di violazione:
a ) tanto della presunzione di gratuità del mandato (art. 1709 c.c.), per la illustrata non gratuità dell’incarico amministrativo, in quanto convenutane tra le parti la remunerazione per l’omnicomprensività del trattamento economico suddetto ( ‘all’occorrenza, anche’ di ‘eventuali funzioni e compiti di amministratore nelle società costituite ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 6 aprile 2006, n. 207’ : art. 1 del contratto di lavoro tra le parti); b ) tanto la censura di violazione dell’art. 2389 c.c., non essendo necessaria pure in assenza (a causa della documentata sospensione dell’efficacia della direttiva del Capo di Gabinetto del Ministro del RAGIONE_SOCIALE del 4 agosto 2011 -di indicazione dell’ammontare dei compensi degli amministratori di RAGIONE_SOCIALE -siccome ritenuta illegittima dalla Corte dei conti, né seguita da altro analogo provvedimento) una deliberazione assembleare di retribuzione dell’RAGIONE_SOCIALE di amministratore (necessaria, nel caso in cui la misura del suo compenso non sia stata stabilita nell’atto costitutivo, o eventualmente, in mancanza di essa, potendo esserne chiesta al giudice la determinazione: Cass. 16 aprile 2014, n. 8897) -per essere la suddetta previsione contrattuale (di inclusione nell’incarico di Direttore Generale degli illustrati compiti e funzioni di amministrazione: art. 1 del contratto citato)
esaustiva anche della misura di ogni compenso per essi, in ragione dell’omnicomprensività del trattamento economico (art. 2 del contratto citato);
6. il ricorrente ha, infine, dedotto nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per erronea percezione del dato informativo tratto, in particolare, dalla Direttiva del Ministro del RAGIONE_SOCIALE del 12 luglio 2010 e dalla conseguente Direttiva Tecnica del RAGIONE_SOCIALE per lo RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE del 22 marzo 2011, dalla nota del 3 maggio 2011 dello stesso RAGIONE_SOCIALE e dalla Relazione della Corte dei conti per l’esercizio 2012 di RAGIONE_SOCIALE: documentazione dalla quale emerge, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale per detta percezione erronea, non essere stata RAGIONE_SOCIALE costituita da RAGIONE_SOCIALE ai sensi del d.p.r. 207/2003, né con risorse sue, ma del RAGIONE_SOCIALE, neppure soggetta al cd. ‘controllo analogo’ di RAGIONE_SOCIALE (quarto motivo);
7. esso è inammissibile;
8. non si configura la violazione denunciata né dell’art. 115 c.p.c., sotto il profilo (sia pure discusso nella sua censurabilità alla stregua di error in procedendo ) dell’errore percettivo, in ogni caso non di esso trattandosi, quanto piuttosto di deduzione di un errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito -e che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa (o meno) del fatto che si intende provare -mai sindacabile nel giudizio di legittimità (Cass. 24 ottobre 2018, n. 27033; Cass. 4 marzo 2022, n. 7187). Ma neppure dell’art. 116 c.p.c., censurabile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa
indicazione normativa -secondo il suo ‘prudente apprezzamento’, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutarla secondo il suo prudente apprezzamento; mentre, ove si deduca (come appunto nel caso di specie) che il giudice abbia solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione ( Cass. s.u. 30 settembre 2020, n. 20867; Cass. 9 giugno 2021, n. 16016);
pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna il lavoratore ricorrente, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 7.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 17 gennaio 2024