Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2396 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2396 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16415/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA N 4/2015 RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di BOLOGNA n. 9480/2019 depositato il 01/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
NOME COGNOME, dottore commercialista, ha chiesto di essere ammesso al passivo della RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria per un credito professionale.
Ha dedotto di essere stato nominato consigliere e presidente del c.d.a. della società in questione e delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e di aver ricevuto un incarico aggiuntivo per lo svolgimento di attività di supporto e di consulenza professionale al c.d.a. di tutte le citate società (nonché al management del gruppo RAGIONE_SOCIALE), quanto al progetto di ristrutturazione del debito e industriale al momento in corso e quanto alle procedure fino allora adottate e adottabili in futuro.
Il credito è stato escluso sul rilievo che non vi fosse prova che le prestazioni dedotte era no state svolte in esecuzione dell’incarico anziché in adempimento della carica sociale.
L’opposizione del COGNOME allo stato passivo è stata respinta dal tribunale di Bologna, il quale ha così argomentato (per la parte che in effetti rileva):
la nomina del COGNOME era stata fatta in discontinuità col management precedente che aveva portato il gruppo al collasso;
la ristrutturazione del debito era compresa nella competenza gestoria ordinaria, e dunque nelle attribuzioni, del nuovo c.d.a.;
-era stato d’altronde nominato un consulente esterno di alto livello (RAGIONE_SOCIALE) al fine di mettere in atto le più opportune azioni necessarie a
tutelare la continuità aziendale e di supportare e accompagnare il nuovo management delle società nel percorso di ristrutturazione;
-dunque ‘certamente l’attività di consulenza e assist enza dal dr. COGNOME per la ristrutturazione del debito e industriale (..) assorbita dalla carica gestoria assunta in tempo di grave e conclamata crisi dell’impresa’, ovvero era rientrata ‘nella competenza di RAGIONE_SOCIALE‘.
Il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione in quattro motivi.
La procedura ha replicato con controricorso e memoria.
Il procuratore generale, nella persona del AVV_NOTAIO, ha depositato una requisitoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
– Col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione delle norme in materia di ermeneutica contrattuale (artt. 1362, 1363, 1366, 1367 cod. civ.) e l’ omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione del decreto quanto al profilo sottostante relativo all’incarico professionale sottoscritto dalle parti il 7-4-2014, posto a fondamento della domanda.
Col secondo motivo censura la decisione per violazione o falsa applicazione degli artt. 2380-bis, 2381, 2389, 2475, 2222, 2229, 2233 cod. civ., e per omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione quanto (ancora) al profilo sottostante, perché a suo dire le competenze gestorie degli amministratori di società non comportano affatto che la società non possa decidere di conferire a un professionista, che già rivesta la carica amministrativa, anche un separato incarico professionale. Per cui ragionando come fatto dal tribunale di Bologna ne deriverebbe la nullità per difetto di causa di tutti gli incarichi conferiti a professionisti esterni per la consulenza e la gestione della crisi d’impresa, visto che si tratterebbe sempre di attività rientrante fra i compiti propri dell’organo amministrativo.
Col terzo mezzo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 132 cod. AVV_NOTAIO civ. e 118 att. cod. AVV_NOTAIO civ., per avere il provvedimento dapprima riconosciuto che talune delle attività descritte
dall’opponente esulavano dall’ordinaria attività gestoria e poi ritenuto che le stesse dovessero essere ricomprese nel mandato gestorio, così finendo per rendere illogica e incomprensibile la decisione.
Col quarto motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., 115 cod. AVV_NOTAIO civ., nonché l’ omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione del decreto quanto al profilo sottostante, per avere il tribunale posto a fondamento della decisione fatti non provati, quale la già avvenuta assunzione (in verità solo presunta) di un congruo compenso per il mandato gestorio.
II. – Il primo motivo è inammissibile perché estraneo alla ratio decidendi .
Il tribunale di Bologna non ha deciso sul presupposto di una diversa esegesi del contratto inter partes , come invece obiettato dal ricorrente. Il tribunale ha ragionato sul versante della prova.
Non a caso ha sottolineato che ‘estrema mente ardua è la distinzione tra l’attività svolta dal COGNOME quale componente dell’organo amministrativo (..) e l’attività svolta dal medesimo quale professionista , perché il mandato gestorio al nuovo c.d.a. (..) aveva proprio il significato di affrontare la grave crisi in cui versava il gruppo e di tentare la soluzione con l’ausilio delle competenze professionali specifiche dei suoi componenti e in primis del suo presidente’.
In definitiva il tribunale ha preso atto della avvenuta stipulazione del contratto, ma nella parte che in effetti rileva ha ritenuto che -in concreto l’attività della quale era stata chiesta, con l’insinuazione, la remunerazione aggiuntiva rientrava all’interno del perimetro del mandato gestorio dell’amministratore .
La (vera) ratio decidendi è dunque questa: che non era stata fornita la prova dello svolgimento di un’ attività ulteriore (remunerabile separatamente) rispetto a quella compresa nel mandato.
III. – Il secondo motivo è inammissibile per la stessa ragione.
Il tribunale non ha disconosciuto affatto la possibilità che una società affidi a uno dei componenti del c.d.a. anche un separato incarico professionale.
Questo tema è però inessenziale, in quanto il giudice a quo si è determinato attraverso una valutazione di merito a proposito del fatto che era
stata chiesta la remunerazione di un’attività nel concreto ricompresa nelle attribuzioni proprie della carica sociale, e non dell’incarico aggiuntivo.
-Il terzo motivo è inammissibile, atteso che l’incongruenza motivazionale è stata riferita (peraltro genericamente) a un rilievo in sé non integrante la ratio decidendi .
– Il quarto motivo è inammissibile perché rivolto a sindacare direttamente il merito della valutazione probatoria.
VI. -In conclusione, l’intero ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 8.200,00 EUR. di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, addì