Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7375 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7375 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5890/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE NOME E COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MESSINA n. 834/2019 depositata il 18/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- Il ricorso riguarda la sentenza in data 18.11.2019 della Corte d’appello di Messina che ha riformato sentenza emessa il 13.11.2006 con cui il locale Tribunale revocava il decreto ingiuntivo in data 17.7.1991 che ingiungeva a NOME COGNOME, debitore principale, e a NOME COGNOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME nella qualità di fideiussori, il pagamento della somma di lire 1.342.311.554, oltre interessi, in favore del Banco di Sicilia, credito relativo al saldo debitore al 31.3.1991 di due conti correnti intestati a COGNOME NOME e dall’addebito dell’importo di 271 effetti cambiari, rimasti insoluti, scontati dal COGNOME presso l’istituto medesimo; e – dichiarato che NOME COGNOME non aveva sottoscritto la fideiussione – condannava solidalmente NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento della minor somma di € 274.209,36, oltre interessi legali, dopo avere epurato il saldo della illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi.
2. Avverso la predetta decisione proponeva appello NOME COGNOME, nella qualità di erede di NOME COGNOME, deceduto, cui resisteva RAGIONE_SOCIALE, successore a titolo particolare del Banco di Sicilia s.p.a., che eccepiva la inammissibilità dell’appello e, in via incidentale, riproponeva le eccezioni di estinzione del giudizio per tardiva riassunzione, già sollevate in primo grado. Si costituiva in giudizio NOME COGNOME anche in proprio, proponendo appello incidentale con il quale – oltre ai motivi di appello già sollevati con l’atto di impugnazione proposto nella qualità di erede di COGNOME NOME – deduceva di non avere sottoscritto alcun contratto di fideiussione e che da parte della banca vi era stato un abusivo riempimento di un foglio da lui firmato in bianco per l’apertura di un proprio conto corrente. Anche NOME COGNOME si costituiva proponendo appello incidentale fondato sui motivi di impugnazione proposti da NOME COGNOME nella qualità di erede di NOME COGNOME.
3.- La Corte con sentenza non definitiva rigettava le eccezioni preliminari sollevate dalla RAGIONE_SOCIALE relative alla inammissibilità dell’appello principale e di quello incidentale proposto da NOME COGNOME e da NOME COGNOME nonché il motivo di appello incidentale proposto, sempre dalla RAGIONE_SOCIALE in ordine all’estinzione del giudizio di primo grado.
Il giudizio veniva dichiarato interrotto per il fallimento di NOME COGNOME, e riassunto su iniziativa della curatela fallimentare che si costituiva in relazione a tre diverse posizioni processuali, tutte riconducibili al fallito: i) appellante principale nella qualità di erede del padre, NOME COGNOME; ii) appellato e appellante incidentale, in proprio (quale fideiussore di NOME COGNOME); iii) appellato e appellante incidentale, nella qualità di erede della madre NOME COGNOME nel frattempo deceduta.
Disposta CTU, la Corte d’appello ha:
respinto il motivo d’appello incidentale con cui la curatela del fallimento di NOME COGNOME aveva dedotto di non avere sottoscritto alcun contratto di fideiussione e che da parte della banca vi era stato un abusivo riempimento di un foglio da lui firmato in bianco;
ritenuto fondato il motivo d’appello relativo alla nullità della clausola del contratto di conto corrente relativa al tasso di interesse debitore di volta in volta determinato in base alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza, e per l’effetto ha applicato il saggio legale di interesse in forza del meccanismo sostitutivo di cui all’art. 1419 comma 2 c.c.;
ritenuto fondato il motivo d’appello relativo alla capitalizzazione annuale degli interessi nonostante l’accertata nullità della clausola relativa all’anatocismo praticato dalla banca su base trimestrale, e statuito che, quale conseguenza della nullità predetta, gli interessi a debito del correntista dovevano essere calcolati senza operare alcuna capitalizzazione;
ritenuto fondato il motivo d’appello relativo alla ritenuta illegittima applicazione della c.m.s. per difetto della sua determinabilità poiché la relativa clausola indicava solo il valore percentuale della commissione rispetto allo scoperto e la periodicità di calcolo, senza alcuna specificazione sul concreto meccanismo di funzionamento della commissione, ovvero alla base di calcolo;
ritenuto fondato il motivo d’appello relativo all’applicazione di spese e competenze varie dal momento che non risultava una puntuale pattuizione scritta delle condizioni economiche relative all’addebito di tali voci; mentre ha ritenuto generico il motivo con riferimento all’applicazione di valute;
ritenuto fondato il motivo di appello principale riferito alla prova del mancato incasso delle somme portate dai titoli scontati e addebitate al correntista, osservando che la banca non aveva assolto il relativo onere probatorio, avendo prodotto le distinte di presentazioni dei titoli ma nessun documento che comprovasse l’inadempimento del debitore ceduto; ha, di conseguenza, respinto il motivo d’appello incidentale proposto sul medesimo punto dalla RAGIONE_SOCIALE.
3.1Ha quindi accertato, sulla base dell’integrazione della CT disposta, un saldo a debito del conto corrente n. 1855.410.1987.90 epurato da capitalizzazione, c.m.s., spese e competenze, per euro 52.123,54, e che, invece, il conto corrente n. 1855.410.2157.66m epurato dalle stesse voci ed escluse le operazioni di sconto, presentava un saldo a credito del correntista.
Quindi in riforma della sentenza di primo grado ha accertato nei confronti della curatela del fallimento NOME COGNOME un credito della di 52.123,54 €, oltre interessi, ha compensato integralmente le spese del giudizio di appello e respinto il motivo di gravame sollevato dalla RAGIONE_SOCIALE con riguardo alla compensazione in primo grado dei soli due terzi delle spese di giudizio.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il Fallimento della RAGIONE_SOCIALE di NOME e NOME COGNOME, nonché del socio accomandatario NOME COGNOME. La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo di ricorso denuncia ex art. 360 I comma n. 3 e 5 c.p.c., la violazione dell’art. 1853 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio; reputa il ricorrente che la sentenza sia errata perché la Corte d’appello ha operato l’accertamento del credito nei confronti della curatela ma non ha operato la compensazione legale ai sensi dell’art. 1853 c.c. tra il saldo negativo del conto corrente n. 1855.410.1987.90 per euro 52.123,54 e il saldo positivo del conto corrente n. n. 1855.410.2157.66 per euro 56.119,06 che risultava dalla CTU espressamente richiesto dalla ricorrente nella comparsa conclusionale – laddove detta compensazione avrebbe comportato un saldo a credito del correntista pari ad euro 3995,52; afferma che ove tra la banca e il correntista esistano più rapporti o più conti, i saldi attivi e passivi si compensano reciprocamente, salvo patto contrario, in virtù della predeterminazione codicistica della sostanziale unitarietà dei rapporti contrattuali che legano banca e correntisti.
1.1- Il motivo è inammissibile.
Va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’art. 1853 c.c. prevede, si, un’ipotesi di compensazione cd. tecnica e legale tra più saldi attivi e passivi, ma come osservato da Cass. n.7142/2018 (con richiamo anche a Cass. n. 12953/2016, a Cass. n. 10335/2014 e a Cass. n. 22324/2014) e ribadito da Cass. n. 17914/2019, detta compensazione non può essere rilevata d’ufficio (secondo il principio generale di cui all’art. 1242, 1° co c.c.), « soggiacendo il suo effetto estintivo ad uno specifico onere di
dichiarazione di colui che voglia giovarsene », ancorché senza necessità di uso di formule sacramentali.
Nel caso di specie il ricorrente deduce -benché di ciò non vi sia cenno nella sentenza impugnata – di aver espressamente richiesto detta compensazione -in comparsa conclusionale, il che, quand’anche fosse, sarebbe irrilevante agli effetti dell’esito del giudizio di cui il ricorrente si duole, poiché si tratterebbe di una richiesta (per via d’eccezione) del tutto intempestiva; senza contare che la deduzione del vizio di omesso esame è del tutto carente di autosufficienza poiché, come noto, nel rispetto delle previsioni degli artt. 366, 1° co., n. 6, e 369, 2° co., n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività» (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053 cit.).
2.- Il secondo motivo denuncia l’errata statuizione sulle spese di primo e secondo grado. Afferma il ricorrente che questa Corte dovrà condannare la RAGIONE_SOCIALE al pagamento per intero delle spese, compensi e CTU del giudizio di primo e secondo grado.
2.1- Il motivo è evidentemente inammissibile, dal momento che non contiene una censura di legittimità della sentenza gravata circa la statuizione sulle spese, bensì deduce quale regolamentazione delle spese sarebbe, a suo dire, corretta nell’ipotesi in cui la Corte cassasse la sentenza senza rinvio.
3.- In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Nessuna statuizione va assunta sulle spese poiché la resistente è rimasta intimata
Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sez. Civile