Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1014 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1014 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2025
Oggetto: mediazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19406/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritti nel REGINDE dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso con procura speciale in atti;
-RICORRENTE –
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE con procura speciale in atti;
-CONTRORICORRENTE – avverso la sentenza di Corte d’appello di Genova n. 163/2023 depositata il 21/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
La Corte di appello di Genova, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE ha condannato detta società al pagamento di € 21.200,00 a titolo di corrispettivo dei lavori eseguiti dal Messina, importo risultante dalla previa compensazione con il danno provocato dai plurimi difetti degli immobili che l’appaltatore aveva anche ricon osciuto, denunciandoli al proprio assicuratore ed ottenendo il pagamento di un indennizzo.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso in due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. per manifesta infondatezza del ricorso.
Su opposizione del ricorrente, che ha chiesto la decisione, è stata fissata l ‘ adunanza in camera di consiglio.
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver il giudice di appello condannato il ricorrente al risarcimento del danno per i difetti delle opere in assenza di specifica domanda.
Il motivo è infondato.
Sin dal primo grado la committente aveva chiesto di respingere la domanda a causa dei plurimi difetti delle opere, descritti in atti, sollevando un’eccezion e di inadempimento che il giudice ha ritenuto fondata.
Ravvisati specifici profili di responsabilità dell’appaltatore ed apprezzatene le conseguenze sul piano risarcitorio, la Corte di appello, nel detrarre dal prezzo dell’appalto l’importo necessario ad eliminare il danno, ha condannato l’appaltatore al pagamento della differenza all’esito di una mera operazione contabile tra le rispettive ragioni di credito e di debito che legittimamente ha effettuato di ufficio, non rilevando che la pronuncia abbia dichiarato di accogliere
la domanda di risarcimento, essendosi comunque in presenza di una mera compensazione.
Detta compensazione impropria (o atecnica) riguarda crediti e debiti che hanno origine da uno stesso rapporto e risolvendosi in una verifica delle reciproche poste attive e passive delle parti, consente al giudice di procedere d’ufficio al relativo accertamento, anche in grado di appello, senza che sia necessaria un’eccezione di parte o una domanda riconvenzionale, sempre che l’accertamento si fondi su circostanze fattuali tempestivamente acquisite al processo (Cass. 6700/2024; Cass. 4825/2019; Cass. 16800/2015).
3. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1227 e 2056 c.c., per aver il giudice d’appello proceduto d’ufficio a liquidare il danno nonostante l’impossibilità di procedere alla sua quantificazione attestata dal consulente , l’avvenuta percezione dell’indennizzo da parte del committente e il fatto che nessuna riduzione di valore dell’immobile era stata provocata dall’imperfetta esecuzione dei lavori.
Il motivo è infondato.
Avendo la sentenza stabilito che i difetti avevano causato un danno patrimoniale, alla sua quantificazione, in mancanza di indicazioni utili del c.t.u., doveva procedere il giudice in via equitativa per correttamente definire i rispettivi rapporti di dare ed avere.
Non era consentita una decisione di “non liquet”, risolvendosi tale pronuncia nella negazione di quanto, invece, già definitivamente accertato in termini di esistenza di una condotta generatrice di un danno ingiusto (cfr., Cass. 13469/2002; Cass. 20990/2011; Cass. 4310/2018; Cass. 16344/2020; Cass. 13515/2022).
La somma percepita dal danneggiato a titolo di indennizzo, pari ad €. 1 .900,00, non sufficiente a compensare l’in tero danno provocato dall’ imperfetta esecuzione dell’appalto, quantificato in €. 10.000 ,00, è stata detratta dal risarcimento e la Corte di merito ha anche tenuto conto dell’insussistenza di una definitiva riduzione dei valore degli immobili, come evidenziato a pag. 7 della decisione.
Il ricorso è respinto, con aggravio delle spese.
Poiché l’impugnazione è stata definita in senso conforme alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis, c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis, cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96, cod. proc. civ., con conseguente condanna del ricorrente al pagamento in favore al pagamento in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro nei limiti di legge (non inferiore ad € 500 e non superiore a € 5.000; cfr. Cass. , sez. un., 27433/2023; Cass., sez. un., 27195/2023; Cass., sez. un., 27947/2023).
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 3.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%, nonché di € 3000,00, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. e dell’ulteriore importo di € 800,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione