Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26986 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26986 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4431/2023 R.G. proposto da:
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME d all’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’ appello di Milano n. 2687/2022, pubblicata in data 2 agosto 2022 ed emendata con ordinanza del 24 gennaio 2023, comunicata in data 20 febbraio 2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4
luglio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
1. RAGIONE_SOCIALE, avendo ottenuto, in forza di contratto di comodato e di contratti di fornitura in esclusiva di prodotti carbolubrificanti ed annessa attività di rivendita di accessori e prodotti di consumo, la gestione di un impianto di distribuzione di carburanti sito sull’autostrada A4 Torino – Milano, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, RAGIONE_SOCIALE, subconcessionaria del medesimo impianto, chiedendo dichiararsi la nullità delle scritture private di contenuto economico sottoscritte dalle parti in data 24 maggio 2011 ed in data 12 marzo 2015, per violazione dell’art. 1418 cod. civ., ed in particolare delle norme imperative di cui all’art. 19 legge n. 57/2001 sull’obbligo di contrattazione collettiva e d i cui all’ art. 9 legge n. 192/1998 sull’abuso di dipendenza economica, nonché la condanna della società convenuta al pagamento dell’importo di euro 1.382.344,24 o, in via subordinata, dell’importo di euro 992.181,56, a fronte de ll’applicazione dell’accordo nazionale del 2004 e della modifica del 2010, del contratto di comodato del 30 maggio 2011 e degli altri accordi intercorsi tra le parti.
La convenuta, oltre a chiedere il rigetto delle domande di parte attrice, spiegava domanda riconvenzionale, deducendo di vantare ragioni creditorie verso l’attrice, da porre anche in compensazione con l’eventuale credito riconosciuto in favore della controparte. Chiedeva, in particolare, il pagamento di fatture, il rilascio
dell’impianto di distribuzione di carburanti ed il pagamento di una penale per ogni giorno di ritardo nella consegna dell’impianto e per ogni giorno di chiusura dello stesso, oltre che il risarcimento dei danni patiti.
All’esito dell’espletata C.T.U., il Tribunale adito, con sentenza n. 5346/2020, dichiarava la nullità dei due accordi transattivi per violazione della norma imperativa di cui all’art. 19 della legge n. 57/2001 ed accertava, in favore di RAGIONE_SOCIALE, un credito di euro 110.282,11.
2. Siffatta sentenza, impugnata in via principale da RAGIONE_SOCIALE e in via incidentale da RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE, è stata parzialmente riformata, con conseguente rigetto dell’appello principale e accertamento di un credito, in favore di RAGIONE_SOCIALE s.p.a., dell’importo di euro 302.951,88 in luogo di quello di euro 110.282,11 indicato nella sentenza impugnata; RAGIONE_SOCIALE è stata condannata a pagare, in favore della controparte, ‹‹quale quota del suo debito, accertato nell’intero in euro 302.951,88 ›› , la somma di euro 123.087,04, oltre interessi legali dalla domanda.
Per quel che ancora rileva in questa sede, i giudici di secondo grado hanno ritenuto infondato il quarto motivo di gravame (esaminato congiuntamente al terzo motivo dell’appello incidentale), con il quale RAGIONE_SOCIALEr.lRAGIONE_SOCIALE aveva dedotto che nulla spettava alla controparte a fronte della pratica di overprice ad essa ascritta, per avere la RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE proposto unicamente una domanda risarcitoria (con conseguente inapplicabilità della compensatio lucri cum damno) , volta al ristoro dei minori ricavi derivanti da una diminuzione delle vendite e, quindi, a tutela di un danno rimasto privo di dimostrazione; precisava che, anche laddove fosse stato provato l’addebito, nulla era dovuto, poiché l’art. 3 dell’accordo del 2004 stabiliva che il riscontro di una sistematica pratica di applicazione di
prezzi superiori al massimo consentito comportava il ricorso (nella specie mancante) ad una procedura condivisa tra le parti per la definizione delle conseguenze da adottare.
Sul punto, i giudici di secondo grado hanno ritenuto generiche le contestazioni sollevate dall’appellante principale , osservando che l’art. 3 invocato non fosse preclusivo di un accesso diretto alla giurisdizione, né fosse vincolante per il giudice; sulla scorta delle evidenze emerse dalla c.t.u., hanno avallato le conclusioni del Tribunale che aveva ritenuto che i guadagni conseguiti da RAGIONE_SOCIALE per effetto delle violazioni del prezzo massimo del carburante, dovessero essere detratti dagli importi dovuti da RAGIONE_SOCIALE, quale sconto sul prezzo del carburante, ‹‹ e ciò in quanto, avuto riguardo alla funzione di tutela dei margini di redditività del gestore assolta dagli sconti in questione, appare evidente che, in funzione di tale ratio , i maggiori guadagni conseguiti dal gestore mediante pratica contrattualmente illecita avevano consentito allo stesso di mantenere un margine di guadagno violando il prezzo massimo fissato, così tutelandosi dalla diminuzione dei margini derivanti dalla mancata applicazione degli sconti da dedurre ››( pag. 13 della motivazione).
A seguito di deposito di istanza di correzione di errore materiale, la Corte d’appello ha emendato la sentenza , sostituendo la somma di euro 123.087,04 ‹‹ con quella esatta di euro 290.196,45 ›› .
RAGIONE_SOCIALE ora Liquidazione Giudiziale RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza, affidato ad un unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
Liquidazione Giudiziale RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria
illustrativa.
Ragioni della decisione
Con unico motivo la ricorrente denuncia ‹‹Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 dell’accordo aziendale per la determinazione della metodologia dei rapporti economici tra gestori della rete autostradale e RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) cd. ‘accordo di colore’ del 2004 e dell’art. 1223 c.c. Motivo ex art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4 c.p.c.››.
Attingendo la decisione gravata nella parte in cui ha disatteso il quarto motivo di appello da essa formulato, la ricorrente prospetta tre diversi profili di doglianza: i) con il primo, sostiene che la Corte di merito avrebbe pronunciato oltre le domande ed eccezioni formulate dalle parti, in quanto RAGIONE_SOCIALE non aveva mai sollevato eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ. , non rilevabile d’ufficio, per paralizzare la domanda da essa fatta valere; ii) con il secondo, addebita ai giudici di appello la disapplicazione dell’art. 3 dell’accordo aziendale per la determinazione della metodologia dei rapporti economici tra gestori della rete autostradale e RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, risalente al 26 febbraio 2004, che prevedeva una procedura condivisa per definire le conseguenze da adottare in caso di riscontrata e ripetuta violazione del prezzo massimo da parte del gestore; iii) con il terzo, lamenta che la Corte d’appello avrebbe errato nell’applicare l’istituto della compensatio lucri cum damno , che non avrebbe potuto essere utilizzato perché non vi era stato un arricchimento di essa ricorrente a fronte della produzione di un danno, posto che né la compagnia petrolifera né gli utenti avevano subito un pregiudizio economico.
La censura non merita accoglimento.
2.1. Varrà premettere il principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui spetta al giudice interpretare e qualificare la
domanda, senza essere in ciò condizionato dalla formula adottata dalla parte medesima (cfr. Cass., sez. 3, 18/07/2011, n. 15724), considerando il contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio, purché ciò avvenga nel rispetto del limite imposto dalla immutazione dei fatti costitutivi della pretesa allegati dalla parte (cfr. Cass., sez. 3, 08/02/2007, n. 2746; Cass., sez. 3, 26/06/2012, n. 10617; Cass., sez. 3, 17/02/2020, n. 3893).
Tale potere spetta anche al giudice di appello – e finanche al giudice di legittimità il quale, salva l’ipotesi in cui la qualificazione della domanda od eccezione accolta dal primo giudice non debba intendersi coperta dal giudicato interno , non incorre nel vizio di extrapetizione, dando alla domanda od all’eccezione una qualificazione giuridica diversa da quella adottata dal giudice di primo grado, anche se mai prospettata dalle parti, essendo investito del compito di individuare correttamente la legge applicabile, con l’unico limite rappresentato dall’impossibilità di immutare l’effetto giuridico che la parte ha inteso conseguire (cfr. Cass., sez. 3, 28/06/2010, n. 15383; Cass., sez. 3, 20/10/2010, n. 21561).
Ciò comporta che la diversa qualificazione giuridica del titolo della pretesa dedotto in giudizio non comporta di per sé inammissibile mutatio libelli , né vizio di extrapetizione tutte le volte in cui i fatti allegati a sostegno della fattispecie giuridica prospettata nell’atto introduttivo coincidano o comunque siano in relazione di continenza con i fatti costitutivi della diversa fattispecie giuridica come riqualificata dal giudice. Questa Corte ha infatti precisato che, se la
parte che agisce deduce a sostegno della propria domanda fatti che possono indifferentemente comportare l’ascrizione della pretesa a più titoli, non è impedito al giudice di qualificare diversamente la domanda a condizione che i fatti coincidano con quelli dedotti dalla parte e non vengano in rilievo elementi di differenziazione della disciplina delle azioni sui quali non si sia formato il contraddittorio (cfr. Cass., sez. 3, 08/02/2007, n. 2746; Cass., sez. 3, 11/05/2007, n. 10830; Cass., sez. 3, 20/04/2010, n. 9325, Cass., Sez. U, 12/12/2014, n. 26243 e n. 26242).
In applicazione di tali principi deve escludersi che, nella specie, possa ravvisarsi la violazione contestata con il primo profilo di doglianza. Difatti, la Corte d’appello, valutando la domanda ‘nella sua globalità’, ha posto in rilievo che RAGIONE_SOCIALE, contestando al gestore di avere praticato l’ overpricing , in evidente violazione degli accordi cd. ‹‹ di colore ›› intercorsi tra le parti, ha inteso, nella sostanza paralizzare la domanda a sua volta avanzata dall’odierna ricorrente nei suoi confronti, volta ad ottenere la restituzione degli importi riferiti ai margini integrativi da applicare nel contratto di fornitura, ed ha conseguentemente ritenuto, in conformità a quanto già deciso dal Tribunale, che i maggiori guadagni conseguiti dal gestore per effetto delle violazioni del prezzo massimo del carburante dovessero essere detratti dagli importi dovuti dalla compagnia concedente a titolo di sconto sul prezzo del carburante, spiegando che, ‹‹ avuto riguardo alla funzione di tutela dei margini di redditività del gestore assolta dagli sconti in questione, appare evidente che, in funzione di tale ratio i maggiori guadagni conseguiti dal gestore mediante pratica contrattualmente illecita hanno (avevano) consentito al medesimo di mantenere un margine di guadagno violando il prezzo massimo fissato, così tutelandosi dalla diminuzione dei margini derivanti dalla mancata applicazione degli
sconti da dedurre ›› . Così argomentando, la Corte territoriale non ha travalicato i limiti della domanda, essendo rimasti immutati gli elementi costitutivi delle rispettive domande, né posto a fondamento della decisione una eccezione rilevabile solo ad istanza di parte, ma ha piuttosto preso in considerazione la correlazione sinallagmatica tra rispetto dei prezzi massimi di vendita da parte del gestore e corresponsione in suo favore, da parte della concedente, del margine integrativo e, tenuto conto che le reciproche pretese scaturivano dal medesimo rapporto contrattuale, ha stornato dall’importo riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE quello relativo all’extraprofitto da overpricing.
2.2. Non sfugge alla declaratoria d’inammissibilità il secondo profilo di censura fatto valere con il motivo in disamina, in quanto la doglianza, oltre ad essere priva di specificità, non si confronta idoneamente con la ratio della decisione gravata che ha ben evidenziato che la clausola di cui all’art. 3 dell’accordo del 26 febbraio 2004 ─ che stabiliva che il riscontro di una sistematica pratica di applicazione di prezzi superiori al massimo consentito comportava il ricorso ad una procedura condivisa tra le parti per la definizione delle conseguenze da adottare -non potesse, di per sé, impedire l’accesso alla tutela giurisdizionale, né tanto meno vincolare il giudice nella delibazione della domanda.
2.3. Il terzo profilo di doglianza è inammissibile.
2.3.1. Varrà premettere che, secondo indirizzo consolidato di questa Corte, la compensatio lucri cum damno integra un’eccezione in senso lato, vale a dire non la prospettazione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto altrui, ma una mera difesa in ordine all’esatta entità globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato ed è, come tale, rilevabile d’ufficio dal giudice, il quale, per determinare l’esatta misura del danno risarcibile, può fare riferimento, per il principio dell’acquisizione della prova, a tutte le
risultanze del giudizio (Cass., sez. 3, 24/11/2020, n. 26757; Cass., sez. 3, 30/03/2023, n. 9003; Cass, sez. 1, 05/08/2020, n. 16702; Cass., sez. 6 -3, 24/09/2014, n. 20111).
2.3.2. L ‘effetto della compensatio lucri cum damno, che si riconnette al criterio di determinazione del risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1223 cod. civ., si verifica esclusivamente allorch é il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento, quali suoi effetti contrapposti, e non quando il fatto generatore del pregiudizio patrimoniale subito dal creditore sia diverso da quello che invece gli abbia procurato un vantaggio (Cass., sez. U, 05/03/2009, n. 5287); si è, più di recente, ulteriormente chiarito che l’ istituto opera nel solo caso in cui il vantaggio da compensare con il danno dipenda dal medesimo atto che ha provocato quest’ultimo e sia ad esso collegato da un identico nesso causale (Cass., sez. 3, n. 9003/2023, cit).
2.3.3. Nel caso di specie, impropriamente la parte ricorrente sostiene che i giudici di merito abbiano fatto riferimento alla compensatio lucri cum damno.
C ome emerso dalla c.t.u. disposta, l’odierna ricorrente ha conseguito un vantaggio derivante dall’applicazione dell’ overpricing ed ha al contempo risentito di un danno in conseguenza dell’inadempimento contrattuale imputabile a RAGIONE_SOCIALE.p.a. : il danno ed il vantaggio non sono tra loro collegati da un identico nesso causale.
Ebbene, nel caso in cui le reciproche pretese di debito e credito delle parti abbiano origine dal medesimo rapporto negoziale e entrino, come tali, a comporre il thema decidendum , nell’autonomia dei vantati rapporti, il giudice può porre d’ufficio in compensazione le due derivate voci. Solo il difetto del requisito di identità dei titoli, nella diversità dei relativi presupposti, è di ostacolo infatti alla
operatività della cd. compensazione impropria che comporta invece, nella sinallagmaticità delle obbligazioni, a fonte unica, un mero accertamento contabile, cui il giudice può legittimamente procedere, senza che sia necessaria la proposizione di un’eccezione di parte ovvero di una apposita domanda riconvenzionale (Cass., sez. 3, 03/08/2004, n. 14808; Cass., sez. L, 20/11/2019, n. 30220; Cass., sez. 1, 18/10/2021, n. 28568).
Tanto è avvenuto nel caso di specie in cui il giudice d’appello, una volta accertato che il danno patito da RAGIONE_SOCIALE era inferiore all’illecito vantaggio dalla stessa ottenuto, opera ndo una compensazione impropria, ha rideterminato le contrapposte partite sottraendo dalla posta creditoria riconosciuta alla RAGIONE_SOCIALE nella sentenza di primo grado le voci liquidate a credito della RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (pag. 18 della sentenza impugnata).
All’inammissibilità ed infondatezza dei motivi di ricorso consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 9.200,00 ( di cui euro 9.000,00 per onorari ), oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 4 luglio 2025
IL PRESIDENTE NOME COGNOME