Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19295 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19295 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22237/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME unitamente all’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA n. 5569/2019, depositata il 10/12/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 02.11.2006, con atto di citazione la RAGIONE_SOCIALE ( ‘ RAGIONE_SOCIALE ) conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘) al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di €. 22.500, 00 oltre ad interessi, a titolo di restituzione di un pagamento effettuato dall’attrice a favore della convenuta, risultato in realtà non dovuto. Deduceva l’attrice di aver incaricato la società RAGIONE_SOCIALE di eseguire le opere di urbanizzazione relative alla lottizzazione industriale «Morer»; che l’appaltatrice aveva emesso per errore la fattura n. 88/04 a carico dell’esponente, mentre essa era relativa ai lavori eseguiti su incarico di RAGIONE_SOCIALE , il cui importo di €. 22.500 ,00 era stato poi saldato da MAEG; che stante l’errore di fatturazione, COGNOME aveva emesso una nota di accredito di pari importo in favore dell’esponente, senza tuttavia provvedere al pagamento di quanto dovuto.
Si costituiva in giudizio la convenuta chiedendo il rigetto della domanda in quanto la somma in questione era stata compensata con quella dovuta per il pagamento della fattura n. 104/05 emessa nei confronti della società attrice RAGIONE_SOCIALE per la realizzazione di altre opere (bonifica del lotto 2).
1.1. Il Tribunale di Treviso, sede distaccata di Conegliano, respingeva la domanda attorea, ritendendo che trovasse riscontro la tesi difensiva.
1.2. Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, considerando erronea la statuizione del giudice di prime cure che aveva ritenuto provato il controcredito vantato da MION sulla base della CTU disposta, la quale aveva invece solo determinato in astratto e in via induttiva l’asserito costo della realizzazione delle opere di bonifica del lotto 2, senza tenere conto dell’accordo transattivo intervenuto in data 25.07.2005 tra RAGIONE_SOCIALE e l’appellat a, in cui era stato
concordato, quale importo dovuto, quello di €. 20.000,00 a forfait ; importo immediatamente corrisposto da RAGIONE_SOCIALE
La Corte d ‘ Appello di Venezia accoglieva il gravame, osservando che l’importo opposto in compensazione dall’appellato, relativo alla fattura n. 104/2005 non risultava dovuto da MAEG, per le seguenti ragioni:
sia la fattura n. 80/04 ( rectius : n. 88/04) erroneamente emessa nei confronti di MAEG, sia quella opposta in compensazione da Mion (n. 104/05) hanno ad oggetto i medesimi lavori, ovvero le opere di bonifica del lotto 2, di spettanza di RAGIONE_SOCIALE;
ciò è confermato dall’accordo intervenuto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in data 25.07.2005, proprio in relazione al pagamento dei lavori di bonifica, con la dichiarazione dell ‘appaltatrice di non avere null’altro a pretendere a tale titolo;
-ne consegue che l’emissione della fattura n. 104/05 successivamente a tale accordo non solo risultava errata con riguardo al soggetto debitore (MAEG, anziché RAGIONE_SOCIALE), ma era relativa comunque ad importi non dovuti, in considerazione dell’accordo già raggiunto con la vera debitrice (la finanziaria).
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe, affidandolo a tre motivi e illustrandolo con memoria.
Resiste RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza n. 5569/2019 della Corte d’Appello di Venezia per vizio processuale, ex art. 360 comma 1 n. 4) cod. proc. civ., per violazione del principio di non contestazione ex art. 115 cod. proc. civ., nonché dei termini perentori relativi alle preclusioni assertorie e istruttorie ex art. 183 cod. proc. civ. La ricorrente si duole per il fatto che la Corte di Appello ha
rigettato l’eccezione di estinzione per compensazione del credito azionato da MAEG con un controcredito di MION, pur in assenza di una tempestiva specifica contestazione da parte di MAEG di detto controcredito e della stessa compensazione. Evidenzia che gli assunti avversari su cui si fondava l’atto di appello erano inammissibili , in quanto allegati tardivamente nel giudizio di primo grado, oltre il limite ex art. 183 cod. proc. civ., circostanza che la Corte territoriale ha omesso di analizzare. In particolare, deduce la ricorrente che entro detto termine MAEG non solo non fece alcuna contestazione in relazione alla fattura n. 104/2005 opposta in compensazione, ma nemmeno la menzionava, limitandosi a rinviare genericamente alla comunicazione del 12.06.2006 proveniente dalla committente e indirizzata all’appaltatrice, circostanza che non soddisfa l’onere di allegazione richiesto. Infatti, questo può essere esercitato solo relativamente a fatti tempestivamente allegati e relativi a fatti dedotti prima dello spirare delle preclusioni assertive individuate nella memoria ex comma 6, art. 183 cod. proc. civ. Infine, nel momento in cui la compensazione invocata da MION è stata dedotta in comparsa di risposta, la MAEG avrebbe dovuto ai sensi dell’art. 183 cod. proc. civ. introdurre nella prima udienza le eccezioni e le domande conseguenti alle eccezioni o alle domande proposte dalla convenuta, circostanza che non si è verificata: solo con la successiva seconda memoria, per la prima volta, MAEG menzionava l’incontro de l 25.07.2005 chiedendo prova per l’interpello e testi.
1.1. Il motivo è infondato.
La censura così formulata risulta smentita dalla stessa esposizione delle vicende processuali svolta dalla società ricorrente, laddove -in ossequio al principio di autosufficienza – riporta il contenuto della prima memoria ex art. 183, comma 6, n. 1) cod. proc. civ. prodotta da COGNOME
parte attrice in primo grado, unitamente all’allegata comunicazione inviata alla convenuta in data 12.06.2006.
Nella citata memoria -pur non contestando espressamente l’eccezione di compensazione elevata dalla convenuta l’attrice fa chiaro riferimento alla «confusione» contabile verificatasi nel corso del rapporto, chiarita a suo dire nel documento allegato, ossia la comunicazione a suo tempo inviata dalla committente alla Mion appaltatrice.
Orbene: dall’affermazione contenuta in memoria e dal documento allegato -documenti cui questa Corte accede direttamente in ragione del vizio fatto valere in ricorso – si deduce con estrema facilità la contestazione della compensazione tra nota di accredito mai onorata da Mion e la fattura n. 104 del 01.07.2005, emessa «impropriamente» da Mion e «alla quale non è mai seguito il nostro pagamento, perché il documento andava a chiudere contabilmente la mancata restituzione della nota di accredito rilasciata a fronte dell’errata fatturazione dell’anticipo sui costi di urbanizzazione, successivamente riaddebitati per la totalità in un’unica soluzione alla RAGIONE_SOCIALE con documento 87 del 01/06/2005 e regolarmente onorati in data 05/07/2005».
Così articolata la risposta di parte attrice, si è, dunque, in presenza non già di un richiamo generico e non univocamente decifrabile all’indistinto materiale di prova documentale prodotto in causa, che si presenta in modo tale da non consentire alla controparte di controdedurre adeguatamente e di esercitare pienamente il suo diritto di difesa, e che impedisce allo stesso magistrato la valutazione della rilevanza probatoria dei documenti ai fini della decisione (sul punto: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8304 del 16/08/1990; id. Sez. 3, Sentenza
n. 22342 del 24/10/2007; id. Sez. U, Sentenza n. 2435 del 01/02/2008).
Al contrario (v. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 6310 del 2019): nello scritto difensivo (memoria), parte attrice ha chiaramente esposto lo scopo dell’esibizione del documento (la comunicazione indirizzata a Mion): ossia mettere ordine in una contabilità che si era sovrapposta disordinatamente ingenerando equivoci tra le parti, anche a causa della coincidenza degli importi, nelle maglie dei quali la convenuta aveva erroneamente ritenuto di poter operare una compensazione.
Esclusa, quindi, la denunciata invalidità della prima pronuncia, cade anche la doglianza riferita all’omessa pronuncia del giudice d’appello in merito all’eccezione processuale di tardività sollevata dall’allora appellata Mion: trova applicazione, invero, il principio in virtù del quale il vizio di omissione di pronuncia non è configurabile su questioni processuali (tra le tante: Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10422 del 15/04/2019, Rv. 653579 -01; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 1876 del 25/01/2018, Rv. 647132 -01).
Si ricorda, infine, che la non contestazione dei fatti, non costituisce prova legale, bensì un mero elemento di prova, sicché il giudice di appello, ove nuovamente investito dell’accertamento dei medesimi fatti con specifico motivo di impugnazione, è chiamato a compiere una valutazione discrezionale di tutto il materiale probatorio ritualmente acquisito, senza essere vincolato alla condotta processuale tenuta dal convenuto nel primo grado del giudizio (Sez. L, Sentenza n. 10182 del 03/05/2007, Rv. 597236 -01; conf.: Sez. 2, Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019, Rv. 655681 -01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 3680 del 07/02/2019, Rv. 653130 -01; Sez. L, Sentenza n. 8708 del 04/04/2017, Rv. 644025 – 01).
Con il secondo motivo si deduce travisamento della prova ed omesso esame circa più fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., anche in relazione agli artt. 115-116 cod. proc. civ. e 2727, 2729 cod. civ . La ricorrente lamenta il travisamento delle prove, l’omesso esame di fatti decisivi e la violazione di norme sulla valutazione delle prove. Quanto al travisamento della prova, la ricorrente lamenta: l’erronea statuizione della Corte di Appello sull’attribuzione a RAGIONE_SOCIALE dei lavori di cui causa; l’erronea considerazione che le fatture nn. 88 del 8.07.2004 e 104 del 01.07.2005 emesse da RAGIONE_SOCIALE riguardassero gli stessi lavori di bonifica, laddove la prima fattura si riferisce alle opere di urbanizzazione, mentre la seconda alle opere di bonifica; erroneità della data della fattura n. 104/2005 che secondo il giudice di seconde cure sarebbe sta ta emessa successivamente all’accordo del 25.07.2005, mentre essa è precedente a detto accordo, in quanto emessa il 07.07.2005; omesso esame della lettera del 26.06.2004 con cui MAEG avrebbe chiesto a MION di intestare a sé le opere di urbanizzazione, che sarebbe avvenuto con l’emissione da parte di MION della fattura n. 88 dell’08.07.2004, poi stornata con la nota di accredito del 31.05.2005; del pari lamenta l’omesso esame del preventivo delle opere di bonifica inviato da MION a MAEG in data 26.06.2004, p er un totale di €. 39.505,00 , oltre IVA; infine, lamenta l’omessa considerazione , da parte della Corte di Appello, degli esiti della CTU di primo grado con cui venivano quantificati i costi per i lavori di bonifica, congrui rispetto al preventivo inviato da COGNOME alla committente.
Con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione agli artt. 1362, 1363,1367, 1371, 1965, 2727, 2729, 2697 c.c. ed agli
artt. 115-116 cod. proc. civ. , in relazione all’erronea interpretazione e qualificazione dell’accordo del 25.07.2005. Seguendo il principio di buona fede, il criterio di interpretazione letterale e accertando la reale intenzione delle parti, il giudice di merito avrebbe dovuto considerare transatto e chiuso il contenzioso mediante pagamento dell’importo di €. 20.000,00 quale somma ulteriore e in aggiunta rispetto all’importo previsto a titolo di acconto nella fattura 104 del 01.07.2005, il cui pagamento sarebbe stato compensato dalle parti. Dal testo dell’accordo emerge il riferimento del pagamento di €. 20.000,00 concordato a saldo per le opere di bonifica: ciò in coerenza con quanto riportato nella fattura n. 104/05, ove si fa riferimento all’acconto su opere di bonifica (sbancamento terreno e riporto ghiaia); acconto da compensare con la nota di accredito mai onorata da COGNOME. La ricorrente evidenzia che, anche ritenendo che il costo di bonifica del lotto 2 fosse di esclusiva spettanza di MAEG RAGIONE_SOCIALE la conclusione raggiunta dalla Corte sarebbe comunque errata in quanto non vi sarebbe motivo alcuno per cui RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto concedere sui lavori svolti sul lotto 2 uno sconto addirittura superiore al 50%. Infine, si lamenta l’omessa valutazione degli elementi presuntivi che avrebbero dovuto portare il giudice di seconde cure a rilevare la comune intenzione delle parti.
Il secondo e terzo motivo saranno trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, poiché entrambi aggrediscono la pronuncia impugnata -sebbene sotto diversi profili -nella parte in cui il giudice di seconde cure sostiene che l’importo opposto in compensazione non fosse dovuto da MAEG.
Entrambi sono inammissibili per le ragioni che seguono.
4.1. La Corte territoriale è giunta a riconoscere il debito d ell’appaltatrice nei confronti della committente per €. 22.500,00 (IVA
inclusa ) valorizzando l’accordo del 25.07.2005, qualificato come transazione tombale, nel quale l’importo dovuto per il pagamento dei lavori di bonifica era stato quantificato a forfait in €. 20.000,00. Tanto sul presupposto che neanche l’importo opposto in compensazione da RAGIONE_SOCIALE con fattura n. 104/2005 fosse dovuto da RAGIONE_SOCIALE, bensì da RAGIONE_SOCIALE: a riprova del convincimento del giudice di seconde cure che il citato accordo chiudesse ogni pendenza, starebbe il fatto che la fattura stornata (n. 80/2004; rectius : 88/2004) avrebbe ad oggetto i medesimi lavori di bonifica sul lotto 2, appunto dedotti in transazione per il complessivo importo di €. 20.000,00.
Tale ricostruzione appare al Collegio plausibile e scevra da vizi logico-giuridici.
4.1.1. Del resto, le ragioni dedotte in ricorso, nel senso di una diversa rappresentazione dei fatti contabili, sono essenzialmente fondate su quanto risulta nelle due fatture (n. 88/2004; n. 104/2005) che, sostiene la ricorrente, non avrebbero ad oggetto i medesimi lavori: la prima riguardava l’acconto su opere di urbanizzazione sul lotto 2, la seconda l’acconto su opere di bonifica sul medesimo lotto, successivamente posto da MION in compensazione con l’acconto regolarmente pagato da MAEG e poi stornato, ma mai restituito a quest’ultima . Tanto spiegherebbe, sempre secondo la ricorrente, il contenuto del l’accordo del 25.07.2005 (avente ad oggetto le medesime opere di bonifica di cui alla fattura 104/2005: sbancamento, riporto ghiaia), intervenuto successivamente all’emissione della fattura n. 104/2005.
Ora: questa Corte ha avuto modo di chiarire che la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, si inquadra fra gli atti giuridici a
contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 462 del 2014, citata dalla ricorrente, conf. da: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18611 del 2017). Pertanto, essa può costituire un valido elemento di prova quanto alle prestazioni eseguite nelle ipotesi in cui il debitore le abbia accettate, senza contestazioni, nel corso dell’esecuzione del rapporto (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11736 del 15.05.2018; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 299 del 12/01/2016, Rv. 638451 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15383 del 28/06/2010, Rv. 613803 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13651 del 13/06/2006, Rv. 590631 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8126 del 28/04/2004, Rv. 572408 -01).
Nel caso che ci occupa , la Corte d’Appello ha stabilito che entrambe le fatture (n. 88/2004; n. 104/2005) avessero ad oggetto i medesimi lavori (opere di bonifica sul lotto 2), di spettanza del medesimo soggetto, RAGIONE_SOCIALE, alla quale però RAGIONE_SOCIALE non aveva intestato alcuna delle due fatture: tanto giustifica, conclude il giudice di seconde cure, l’accordo transattivo del 25.07.2005, con riferimento, appunto, ai lavori concordati e ai pagamenti già ricevuti da MION, a prescindere dalla data di emissione dell’ultima fattura e dalla dicitura in essa contenuta (acconto).
4.2. In definitiva, quella che propone la ricorrente altro non è se non la revisione della portata valutativa, non percettiva, sulla quale si è formato il convincimento del giudice, come tale inammissibile (per tutte: Cass. Sez. U, Sentenza n. 5792 del 05/03/2024, Rv. 670391 01). Né è ammissibile la contrapposizione, alla ricostruzione del fatto e delle prove prescelto dal giudice di merito,di una lettura alternativa del compendio istruttorio, poiché il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento
del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (v. per tutte: Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).
5. Il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese sono liquidate in dispositivo secondo la regola della soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il primo motivo del ricorso; dichiara inammissibile il secondo e il terzo;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in €. 2.200,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda