Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4304 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 4304  Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22225/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi  dall’avvocato  NOME  AVV_NOTAIO,  con  domicilio  digitale  presso  il proprio indirizzo di posta elettronica certificata;
-ricorrenti-
contro
COGNOME  NOME,  rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  NOME COGNOME  e  NOME  COGNOME,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente- per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Venezia n. 630/2019, depositata il 21 febbraio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del  28 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con atto di citazione, NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano opposizione al decreto ingiuntivo n. 875/11, ottenuto dal geom. NOME COGNOME per la somma di euro 16.618,75 a titolo di corrispettivo della attività di progettista e direttore lavori oggetto del permesso  di costruire n. P07/05. Gli opponenti deducevano  l’ insussistenza  del  credito  azionato  la  mancanza  di prova, e domandavano la sospensione del procedimento ex art. 295 cod. proc. civ.
Si  costituiva  in  giudizio  il  geometra  COGNOME,  insistendo  per l’integrale conferma del decreto opposto.
Il  Tribunale  di  Vicenza,  con  sentenza  n.  189/14  revocava  il decreto  ingiuntivo  per  insussistenza  del  credito,  condannando  il geom. COGNOME al pagamento delle spese del giudizio.
-Con sentenza n. 630/2019, la Corte d’appello ha accolto l’impugnazione proposta dal professionista e, in riforma della sentenza di primo grado condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME a pagare la somma di euro 15.400,70 oltre interessi legali dalla domanda al saldo effettivo, oltre ad euro 712,00 quale rimborso per diritti di liquidazione corrisposti dal geometra al RAGIONE_SOCIALE, compensando per un quarto le spese di entrambi i gradi di giudizio e ponendo a carico degli appellati, in solido tra loro, la restante parte.
-I  due  committenti  NOME  COGNOME  e  NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il geometra COGNOME resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione di principi di diritto, ovvero omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 ,cod. proc.  civ.  Parte  ricorrente  contesta  la  pronuncia    impugnata  per
violazione ovvero falsa applicazione di principi di diritto, ovvero ancora per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nel punto in cui non tiene conto che, nel caso in cui il medesimo soggetto/professionista rivesta contemporaneamente l’incarico di progettista e di direttore dei lavori, il rapporto risulta unitario, come ritenuto dal Tribunale di Vicenza, emergendo inequivocabilmente dagli atti ” che il COGNOME venne incaricato non solo della progettazione dell’ampliamento ma anche (come accade usualmente) della direzione dei lavori (…) L’attività del COGNOME dev’essere, pertanto, valutata globalmente e ancorché essa si componga di una pluralità di elementi suscettibili, in astratto, di autonoma descrizione, la determinazione del compenso non può che essere unitaria “.
Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Il  ricorso  per  cassazione  con  cui  si  denuncia  la  violazione  di legge in relazione ad un intero corpo di norme (nella specie, gli artt. 147  e  ss.  del  r.d.  11  dicembre  1933,  n.  1775)  è  inammissibile, precludendo al collegio di individuare la norma che si assume violata o  falsamente  applicata  (Cass.,  Sez.  I,  15  aprile  2024,  n.  10119; Cass., Sez. Un., 18 luglio 2013, n. 17555).
Nel caso in esame, il motivo contiene una censura indistinta per violazione ovvero falsa applicazione di ‘ principi di diritto ‘ , senza alcuna specificazione delle norme di legge che sarebbero state violate riguardo al profilo dedotto del rapporto ‘ unitario ‘ dell’incarico, non consentendo gli argomenti addotti dai ricorrente di individuare le disposizioni di legge e i principi di diritto asseritamente trasgrediti, così precludendo la delimitazione delle questioni sollevate (Cass., Sez. V, 20 settembre 2017, n. 21819; Cass., Sez. III, 7 novembre 2013, n. 25044) e impedendo a questa Corte di esercitare il proprio sindacato di legittimità. Da ciò discende l’inammissibilità della censura.
Va altresì respinto il motivo sotto il diverso profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo poiché nel caso in esame il fatto che si assume decisivo (unitarietà o meno dell’incarico) risulta esaminato dalla pronuncia impugnata.
L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. II, 20 giugno 2024, n. 17005; Cass., Sez. II, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. III, 11 aprile 2017, n. 9253; Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
2 Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la nullità della sentenza ovvero omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 4 e 5 cod. proc. civ.  Si sostiene, al riguardo, che la Corte d’appello abbia omesso di valutare più fatti determinanti che hanno ingenerato non solo un errore motivazionale ma anche la nullità  della  sentenza  impugnata.  La  Corte,  invero,  erroneamente
ritiene che gli odierni ricorrenti non abbiano mai contestato l’attività di progettazione posta in essere dal COGNOME. Tale assunto si basa sull’erroneo presupposto che la progettazione e la direzione lavori debbano essere considerate, nel caso di specie, attività distinte. Si sottolinea come anche le prestazioni asseritamente poste in essere dal COGNOME in qualità di ‘progettista’ sono state ampiamente contestate in atti da parte dei ricorrenti, rimandando il ricorso agli atti difensivi del giudizio. Oltre all’inadempimento RAGIONE_SOCIALE del geom. COGNOME, avrebbero contestato anche le attività indicate in parcella; in particolare l’addebito di una penale per interruzione contratto – quando del recesso si era avvalso lo stesso appellante nonché l’attività posta in essere in merito a un presunto piano di lottizzazione mai commissionato, nonché l’eccessività delle somme richieste.
Il motivo è fondato.
Premesso che nel nostro sistema processuale non si richiedono formule sacramentali nella formulazione dei motivi di ricorso per cassazione (tra le varie v. SSUU 32415/2021), è evidente che con il motivo si denunzia sostanzialmente la violazione del principio di non contestazione (art. 115 cod. proc. civ.), così come la specificità delle deduzioni articolate in giudizio (Cass., Sez. III, 29 maggio 2024, n. 15058), sia in merito alla sede processuale in cui sono state dedotte le tesi ribadite o lamentate come disattese, così come dei relativi passaggi argomentativi.
Orbene, la Corte d’appello ha liquidato del tutto genericamente la  questione  della  contestazione  riferendola  alla  sola  attività  di direzione dei lavori, mentre avrebbe dovuto approfondire l’indagine per  appurare  se  le  contestazioni  riguardassero  i  diversi  profili dell’incarico, la sua corretta esecuzione e gli importi richiesti anche per la fase di progettazione.
Si rende pertanto necessario un nuovo esame.
3 Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. Si censura la sentenza per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in tema di compensazione atecnica , ritenendosi la decisione errata in diritto nella parte in cui tale compensazione non viene ritenuta applicabile sulla scorta dei due erronei e censurabili presupposti: ” perché non oggetto di specifica domanda da parte degli attori opponenti “; ” perché, per effetto della cessione dell’immobile da parte degli odierni appellati ai figli, i soggetti del presente giudizio non coincidono con i soggetti della causa conclusasi con la sentenza n. 24/12 del Tribunale di Bassano del Grappa “.
Anche tale motivo è fondato.
In tema di estinzione delle obbligazioni, la compensazione impropria (o atecnica) riguarda crediti e debiti che hanno origine da uno stesso rapporto e risolvendosi in una verifica delle reciproche poste attive e passive delle parti, consente al giudice di procedere d’ufficio al relativo accertamento, anche in grado di appello, senza che sia necessaria un’eccezione di parte o una domanda riconvenzionale, sempre che l’accertamento si fondi su circostanze fattuali tempestivamente acquisite al processo e senza che rilievi la riserva della parte di esercitare il controcredito in altro giudizio o la pendenza di esso (Cass., Sez. II, 13 marzo 2024, n. 6700; Cass., Sez. I, 17 novembre 2022, n. 33872; Cass., Sez. I, 18 ottobre 2021, n. 28568).
Nel caso di specie, la Corte di merito dsi è discostata da tale principio e dunque risulta giuridicamente errata la pronuncia nella parte in cui ha evidenziato che non vi fosse una specifica domanda in primo grado, potendo, come si è visto, il giudice disporla anche d’ufficio  senza  che  sia  necessaria  un’eccezione  di  parte  o  una domanda riconvenzionale.
Risulta  altresì  errata  la  seconda  affermazione,  giacché  il rapporto è sorto tra il geometra e i due clienti ed il bene immobile è
stato  donato  al  genero  e  alla  figlia  dei  ricorrenti  solo  dopo  il conferimento dell’incarico e lo svolgimento dei lavori, circostanza che non assume alcun rilievo ai fini della regolamentazione dei reciproci rapporti  di  dare  e  avere  nel  quadro  di  un  contratto  d’opera RAGIONE_SOCIALE.
4. -L’accoglimento del secondo e del terzo motivo determina l’assorbimento  del  quarto  con  cui  si  denuncia  la  nullità  della sentenza, in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ.  nella parte in cui la  Corte  d’Appello ,  in  modo  erroneo  e  del  tutto  arbitrario,  ha detratto le voci che  attengono  all’attività di direzione lavori, evidenziando  comunque  che  tali  voci  sono  state  erroneamente quantificate da parte della Corte d’Appello.
La pronuncia impugnata deve essere cassata in relazione ai due motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione,  anche  per  la  liquidazione  delle  spese  di  questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione