Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14558 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14558 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16125/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
nonché da
COGNOME NOME, NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
COGNOME NOME, NOME, NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio
dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
– ricorrenti
–
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente e ricorrente incidentale –
nonché contro
FRAGIACOMO NOME, COGNOME WALLY, COGNOME NOME
– intimati – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 351/2022 depositata il 23/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nell’anno 2004 NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero dinanzi al tribunale di Firenze la Banca RAGIONE_SOCIALE s.p.a., chiedendo l’accertamento della nullità o inefficacia o annullabilità di alcuni contratti di acquisto di obbligazioni RAGIONE_SOCIALE e la condanna della banca alla restituzione delle somme impiegate per l’acquisto dei titoli e al risarcimento dei danni.
Dedussero che l’intermediaria aveva assunto un comportamento per varie ragioni non conforme al parametro di specifica diligenza richiesto dall’art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998 n.58 (cd. T.u.f.).
Nel contraddittorio con la banca, e con l’intervento di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, il tribunale accolse le domande, salvo quella di danni.
All’esito dei gravami principale di RAGIONE_SOCIALE e incidentale dell’attore COGNOME, la corte d’appello di Firenze riformò la decisione respingendo tutte le domande, eccezion fatta per quelle formulate da NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Questa Corte, con sentenza n. 7905 del 2020, ha cassato la decisione suddetta, con rinvio.
Premesso che la sentenza di primo grado non era stata riformata in punto risoluzione dei contratti, essendo stata esclusa solo la condanna (ritenuta) risarcitoria per la gran parte degli attori e degli intervenuti, sul presupposto della ravvisata insussistenza del nesso causale fra inadempimento dell’obbligo informativo e danni, la Corte ha individuato in quella allora impugnata due errori:
(i) da un lato, l’aver escluso la rilevanza causale dell’inadempimento dell’obbligo informativo in ragione delle scelte pregresse di investimento degli attori, orientate verso il mercato azionario o verso obbligazioni convertibili e strutturate, ovvero della loro dichiarazione di propensione al rischio;
(ii) dall’altro, l’aver violato anche le regole che presiedono all’applicazione della prova presuntiva.
Per la parte che ancora rileva, la Corte ha disposto il rinvio dinanzi al medesimo giudice d’appello, in diversa composizione, con fissazione del seguente principio di diritto:
«dalla funzione sistematica assegnata all’obbligo informativo gravante sull’intermediario, preordinato al riequilibrio dell’asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell’investitore, al fine di consentirgli una scelta realmente consapevole,
scaturisce una presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, pur suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario; tale prova, tuttavia, non può consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio dell’investitore, desunta anche da scelte intrinsecamente rischiose pregresse, perché anche l’investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell’ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli sono stati segnalati.».
Peraltro, la decisione d’appello è stata cassata anche in relazione ai motivi secondo e terzo del ricorso incidentale della banca, in ordine alle doglianze relative (a) alla mancata detrazione delle cedole percette ai fini della determinazione del danno e (b) alla mancata considerazione della conversione delle obbligazioni RAGIONE_SOCIALE in warrant, con conseguente loro valorizzazione e successivo ricavato della vendita in detrazione del danno medesimo.
Nel giudizio riassunto la corte d’appello di Firenze ha adottato la decisione n. 351 del 2022, mercé la quale -considerando l’atteggiamento inerziale della banca a proposito della prova contraria a lei richiesta – ha osservato che ai fini della prova del danno subito dai risparmiatori occorreva, in base alla sentenza di cassazione, detrarre, giustappunto, per ciascun soggetto ogni vantaggio o comunque ogni utilità tratta dall’investimento, nella logica della compensatio lucri cum damno qualificata come mera difesa valutabile anche d’ufficio sulla base dei documenti sopravvenuti alle preclusioni processuali, se nuovi.
In questa prospettiva, tenuto conto delle cedole riscosse e delle utilità conseguite dai risparmiatori dalla vendita dei titoli – e per ciò che in particolare riguarda la specifica vicenda anche del valore ottenuto a seguito del concambio dei titoli nella procedura concordataria RAGIONE_SOCIALE (fatto notorio e comunque peraltro documentato) -, ha liquidato per
ciascuno dei risparmiatori ( previo accoglimento dell’appello incidentale di NOME COGNOME) le somme di cui al dispositivo.
La sentenza, resa pubblica il 23-2-2022, è stata impugnata dagli investitori in epigrafe indicati, con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, e dalla banca, con ricorso incidentale affidato a un motivo.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
I. – Il ricorso principale cumula più posizioni soggettive.
A fronte della complessità della vicenda in esame e col fine di semplificare la trattazione è opportuno esaminarlo secondo l’ordine dei motivi a ciascuno riferiti.
II. -Col primo motivo, deducendo violazione degli artt. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., oltre che extrapetizione e omessa valutazione di fatti e prove documentali, si censura la sentenza in relazione alla posizione degli attori NOME, nella parte in cui è stato determinato il risarcimento loro spettante nella somma di 151.440,00 EUR detratte le cedole e il valore massimo ottenibile dal concambio dei bond.
La critica è relativa all’affermazione della corte territoriale per cui nessuna parola era stata spesa per contrastare le eccezioni della banca circa la possibilità data a tutti gli investitori dalla procedura concordataria di recuperare almeno in parte il valore dei titoli.
In tal modo si sostiene che la corte fiorentina abbia male applicato il principio di non contestazione, stante la ‘ errata interpretazione degli atti di causa e della sentenza rescissoria ‘ .
III. – Il motivo è infondato.
Un chiaro errore concettuale affligge il ricorso laddove in più punti (come anche in memoria) viene attribuita natura ‘rescissoria’ alla sentenza di cassazione.
La sentenza, di contro, essendosi limitata a cassare con rinvio quella allora impugnata, ha natura rescindente.
IV. -Ora le critiche mosse alla sentenza di rinvio sono sostanzialmente tre.
Innanzi tutto, si eccepisce un difetto di comprensione della sentenza n. 7905-20, perché questa, avendo fatto riferimento alla ‘compensazione’ del danno subito con le cedole incassate e il controvalore dei titoli, si sarebbe espressa solo nei confronti degli attori COGNOME. Donde la corrispondente censura, con riferimento alla posizione degli attuali ricorrenti, non sarebbe stata oggetto di pronuncia.
Questa affermazione rifluisce anche sugli ulteriori motivi di ricorso.
Ma, come tra un momento si vedrà, è completamente errata.
V. – In secondo luogo, si dice che il fatto alluso dalla corte d’appello era stato dedotto in quei termini solo nel giudizio di riassunzione, perché invece in sede di appello la banca si era limitata a richiedere che fossero considerate le utilità derivanti dai titoli senza minimamente eccepire la presunta inerzia da parte degli investitori.
VI. -Infine, si dice che la questione centrale per la decurtazione del danno ex art. 1227, secondo comma, cod. civ. sarebbe stata valutata senza considerazione del contenuto del documento attestante la vendita dei warrant ricevuti dalla procedura.
Vi sarebbe stata -cioè – la prova del l’incasso di 19.134,95 EUR della vendita di 8150 warrant, e tale documento – perfettamente ammissibile perché venuto a esistenza in corso di causa dopo i termini per il deposito delle memorie conclusionali del primo giudizio di appello -avrebbe dovuto esser considerato rilevante, visto che la vendita era la prova che gli istanti non erano rimasti affatto inerti, come invece ingiustamente ritenuto dalla corte fiorentina, ma si erano attivati aderendo al concambio promosso dalla procedura concordataria.
VII. -Deve essere precisato, perché costituisce premessa fondamentale in questa sede, che la sentenza d’appello è stata cassata
anche in relazione alle doglianze sollevate dalla banca col secondo e terzo motivo del ricorso incidentale di allora.
È stata cassata perché la banca aveva eccepito la compensatio lucri cum damno da ricondurre all’unicità del fatto , così da imporre di tener conto ai fini del risarcimento (cosa che l’originaria sentenza d’appello non aveva fatto) ‘anche di tutti i vantaggi nel contempo derivati al danneggiato’ .
Essendosi trattato di eccezione in senso lato, in quanto attinente alla esatta entità globale del danno, la possibilità della compensatio doveva essere rilevata an che d’ufficio . Sicché in tal senso la sentenza è stata cassata ‘in relazione alla mancata considerazione d ella conversione delle obbligazioni RAGIONE_SOCIALE in warrants, loro valorizzazione e successivo ricavato della vendita in detrazione del danno’ .
Ancora va precisato che la statuizione è stata adottata con riguardo a errori di diritto e a vizi motivazionali.
VIII. – In caso di cassazione con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di cassazione vincola al principio affermato e ai relativi presupposti di fatto, onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione.
Deve cioè attenersi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di un giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col canone di intangibilità (cfr. Cass. Sez. 1 n. 7091-22, Cass. Sez. 3 n. 20887-18, Cass. Sez. 5 n. 20981-15 e molte altre).
Dopodiché (v. tra le più recenti Cass. Sez. 2 n. 3150-24) il giudice del rinvio è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati dalla sentenza cassata e non può rimetterne in discussione neppure il
carattere di decisività; egli conserva unicamente il potere di procedere a una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento.
È la caratteristica che correla il rinvio prosecutorio alla fase rescindente.
Detto altrimenti: come l’oggetto del giudizio di legittimità è dato dai motivi di ricorso, così l’oggetto del giudizio di rinvio (prosecutorio) è dato dal principio di diritto e dai suoi necessari antecedenti, essendo questo il risultato della fase rescindente. Così che il giudizio di rinvio è esso stesso una progressione di quella fase.
Innesta un giudizio che appunto suo l dirsi ‘chiuso’ , fatta eccezione per le questioni assorbite siccome non oggetto di pronuncia neppure implicita. Ciò accade tuttavia solo quando la Cassazione ha arrestato l’esame a questioni logiche anteriori.
Sicché in sostanza, s alvo che codeste, l’esame di tutte le altre è impedito dalle preclusioni maturate nel passaggio processuale, ovvero dal giudicato interno.
IX. – Diversamente da quanto affermato dai ricorrenti, la sentenza dalla quale origina il rinvio, accogliendo le surriferite doglianze della banca, non si è limitata affatto alle posizioni dei risparmiatori NOME.
Sebbene specificando che il secondo motivo della banca era riferito a queste parti, la sentenza ha messo in risalto la rilevanza della questione per tutte le posizioni, semplicemente dicendo che per le altre essa non era stata prospettata come motivo di ricorso perché ‘rimasta assorbita’ dal ribaltamento della decisione favorevole di primo grado.
Era d’altronde un problema di valutazione globale del danno.
E quindi anche in relazione al terzo motivo (involgente la mancata considerazione della conversione delle obbligazioni RAGIONE_SOCIALE in warrant e della annessa loro valorizzazione in detrazione del danno) la sentenza di cassazione si è mossa in questa direttrice.
Venendo in rilievo un profilo attinente all’esatta entità del pregiudizio patito dai danneggiati, nel giudizio di rinvio si sarebbe dovuto utilizzare per ciascun investitore, ai fini della determinazione del danno, il criterio della detrazione dal danno risarcibile di ogni vantaggio economico tratto dall’ investimento, nella logica della compensatio lu ri cum damno; criterio da valutarsi anche in base alle utilità conseguite dai risparmiatori dalla vendita dei titoli, compreso il valore ottenuto a seguito del concambio dei titoli nella procedura concordataria RAGIONE_SOCIALE.
La corte d’appello di Firenze ha esattamente inteso il senso della devoluzione.
Mentre, a fronte di tanto, ogni ulteriore questione tra quelle eccepite nel primo motivo d ell’attuale ricorso non poteva che considerarsi inammissibile, perché travolta dal vincolo derivante dal principio di diritto rettamente inteso e dalle premesse logiche alle quali esso era (ed è) associato.
X. -Nel secondo motivo i ricorrenti principali censurano, come v iolazione dell’art. 2697 cod. civ. , l’affermazione della corte territoriale per cui i signori NOME si sarebbero ‘ trincerati in una difesa stereotipata e generica, secondo cui era la banca a dover dimostrare il concambio senza alcuna iniziativa collaborativa, come era del resto nel loro stesso interesse per la corretta quantificazione dell’effettività danno’ .
Sostengono che in tal modo sarebbe stata addossata ai deducenti la prova delle utilità ricevute da portare in compensazione.
Il motivo è chiaramente inammissibile.
Si assume che la statuizione, da un lato, sarebbe inficiata dallo stesso errore d’impostazione prima riferito, perché la questione della ‘compensazione’ del danno subito con le cedole incassate e le altre utilità era stata prospettata, nella sentenza di cassazione, solo con riferimento alla posizione degli attori COGNOME ; dall’altro sarebbe in contrasto col criterio di ripartizione dell’onere probatorio , perché, a fronte di un danno derivante dal mancato incasso delle somme
impiegate in acquisto di titoli RAGIONE_SOCIALE, la banca aveva eccepito il controcredito da utilità successive ovvero da quelle che si sarebbero potute avere in difetto di inerzia.
Ma la censura non coglie la ratio decisionale.
La corte d’appello, facendo corretta applicazione del principio di diritto enunciato dalla sentenza n. 7905-20, ha stabilito che il valore ottenuto dai risparmiatori a seguito del concambio dei titoli nella procedura concordataria della RAGIONE_SOCIALE era ‘fatto notorio’, e peraltro anche documentato dalla banca medesima.
Sicché doveva ritenersi accertato l’ottenimento di valori a seguito del concambio.
Solo per alcuni risparmiatori, tra cui NOME e COGNOME, la banca non era stata in grado di indicare quanto compiutamente avevano percepito dal concambio, visto che il loro conto deposito titoli era poi risultato trasferito presso altri istituti.
Tuttavia, in base alla sentenza, sempre la banca aveva prodotto le percentuali astratte stabilite per il concambio e i riscontri di stampa dai quali evincere il livello di notorietà e diffusione della notizia in merito alla necessità di attivarsi a quel fine.
Per cui, in questa prospettiva duplice, di esistenza di elementi di prova diretta e di apprezzamento di prove indiziarie, la corte d’appello , alla luce del vincolante principio enunciato ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., ha ritenuto di dover attribuire significato e peso alla detta valorizzazione, essendo essa rilevante anche a fronte di ‘ un’eventuale inerzia dei dei bond nel non ottenere il concambio dei titoli ‘, ai fini dell’ art. 1227, secondo comma, cod. civ.
Si tratta di una valutazione di merito, direttamente conseguente alla regola giuridica enunciata nella sentenza di cassazione e alle premesse logiche di essa; valutazione idonea a sorreggere la decisione e non sindacabile -proprio perché di merito – in questa sede di legittimità.
XI. -Col terzo mezzo i ricorrenti, deducendo la violazione degli artt. 4, 8 e 10 del d.lgs. n. 5 del 2003 e 345 cod. proc. civ., si dolgono di diversi errori in procedendo , perché:
nella domanda originaria, introdotta con rito commerciale, essi avevano contestato l’inadempimento della banca e chiesto il risarcimento del danno subito;
tale domanda era stata accolta dal tribunale con riferimento alla somma investita, mentre niente era stato deciso a proposito della compensazione delle utilità percepite;
la mancata pronuncia era da considerare peraltro collegata alle deduzioni di controparte, che in sede di comparsa di costituzione (art. 4 del d.lgs. n. 5 del 2003) non aveva preso posizione in merito alle utilità percepite dagli investitori e a quelle percepibili;
la convenuta aveva quindi chiesto semplicemente il rigetto dell’avversa domanda e aveva notificato immediata mente l’i stanza di fissazione di udienza;
il thema decidendum e il thema probandum erano stati così cristallizzati ai sensi degli art. 8 e 10 del d.lgs. cit., per cui il tribunale aveva correttamente ignorato la successiva argomentazione della banca svolta in comparsa conclusionale, perché la compensazione, per volontà di parte, non era entrata affatto nel processo, senza rilevanza dell’essere la questione oggetto di eccezione rilevabile d’ufficio;
-pertanto, la corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’impugnazione della banca, poiché incentrata su un fatto modificativo della domanda sottratto al giudizio di primo grado.
Il motivo è inammissibile.
Suppone il vaglio di profili di inammissibilità interamente assorbiti, per incompatibilità, dalle premesse logiche del principio di diritto, secondo quanto all’inizio ri cordato.
Formulando la censura nei termini appena indicati i ricorrenti postulano una revisione del fondamento logico delle premesse
processuali del principio di diritto affermato dalla sentenza n. 7905-20, in contrasto col vincolo di cui all’art. 384 cod. proc. civ.
In vero l’avvenuta cassazione della sentenza originaria in rapporto ai profili sopra ricordati implica un previo vaglio di ammissibilità dei profili stessi, che ne preclude il riesame sotto qualunque forma.
XII. -Col quarto motivo è dedotta la violazione degli artt. 1223, 1227 cod. civ., 4, 8 e 10 del d.lgs. n. 5 del 2003, 112 e 345 cod. proc. civ., e la nullità per extrapetizione, ancora con riferimento alla questione della ‘compensazione’ del danno subito con le cedole incassate e il controvalore dei titoli, da contenere, in base alla sentenza di cassazione, solo con riferimento alla posizione dei sig.ri COGNOMENOME.
S i ascrive alla corte d’appello di avere stravolto completamente il senso della sentenza di cassazione ‘rescissoria’, individuando principi inesistenti e comunque non vincolanti, di aver fondato la propria decisione su eccezioni mai sollevate dalla parte, di aver indicato parametri per la determinazione del danno per poi disapplicarli in spregio al principio di diritto.
Si assume che ‘ non si sarebbe potuto applicare alla fattispecie dei signori NOMECOGNOME e NOME ciò che la corte fiorentina ha predicato, ‘ atteso che gli istanti avevano accettato il concambio ‘, e che dunque non si versava nell’ipotesi di inerzia dell’investitore.
Infine, si sostiene che, riducendo l’entità del danno in applicazione dell’art. 1227, secondo comma, cod. civ., la corte territoriale avrebbe accolto una eccezione non rilevabile d’ufficio e pacificamente non (tempestivamente) allegata, così violando gli artt. 112 e 345 cod. proc. civ.
Ancora , ‘s otto altro aspetto ‘ , si dice che, anche a voler ‘ riqualificare tale eccezione nell’ambito del primo comma dell’art 1227’, la stessa non avrebbe potuto avere ‘ alcun effetto pratico ‘, visto che la medesima corte d’appello, nella prima sentenza poi cassata, aveva respinto tale eccezione senza che la questione fosse stata oggetto di ricorso.
Il motivo è inammissibile.
Come direttamente emerge dai punti della sentenza di cassazione sopra riportati, si tratta di profili anche in tal caso in contrasto con le premesse logiche di quella sentenza , dalla corte d’appello invece ben interpretata.
L’unico astrattamente denunziabile è l’assunto relativo alla avvenuta accettazione del concambio e alla conseguente impossibilità di ritenere l’ inerzia dell’investitore .
Ma non è conducente a fronte della ben più articolata valutazione svolta dalla corte territoriale.
La corte d’appello ha difatti giustificato il convincimento operando sul versante della valutazione delle condotte, processuali e non.
La giustificazione non integra errori di diritto.
R isolve l’ambito della problematica in valutazioni di fatto, notoriamente in sindacabili se non nei limiti dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
Ne consegue che per questa parte la censura difetta di specifica attinenza quanto alle conseguenze della tesi sostenuta.
XIII. -Col quinto motivo è dedotta la violazione degli artt. 1223 cod. civ. e 132 cod. proc. civ., per motivazione apparente.
La motivazione della corte d’appello sarebbe apparente con riferimento alla liquidazione dei danni e, inoltre, sarebbero state violate le norme sostanziali già richiamate a proposito dell’affermazione circa il difetto di attivazione teso a limitare il danno.
Il motivo è manifestamente infondato.
L a corte d’appello ha evidenziato in modo perfettamente intelligibile le ragioni tese a determinare l’ammontare del danno risarcibile, e tanto ha fatto in coerenza coi criteri dettati dalla sentenza rescindente.
Si è trattato di una valutazione mantenuta nell’ambito del tema della derivazione causale del danno, da considerarsi anche alla luce del
concetto di evitabilità di talune delle conseguenze della condotta così come delineabili in base al ripetuto principio di diritto.
XIV. -Infine col sesto motivo i ricorrenti principali denunziano la violazione degli artt. 91, 93 e 132 cod. proc. civ. quanto al capo della sentenza che ha disposto l’integrale compensazione delle spese di lite.
Il motivo è inammissibile.
La corte d’appello ha compensato le spese dell’intero giudizio sia in considerazione dell’esito complessivo d i esso e della soccombenza parziale di tutte le parti, sia in considerazione ‘ del complesso delle questioni dibattute’ .
Con ciò ha chiaramente alluso alla sussistenza di altri validi motivi secondo il paradigma dell’art. 92 cod. proc. civ.
In ordine alle spese processuali il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa.
Vi esula, quindi, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri validi motivi (v. Cass. Sez. 6-3 n. 24502-17, Cass. Sez. 5 n. 8421-17).
XV. -Va esaminato il ricorso incidentale della banca.
Con unico motivo si assume in questo caso la violazione o falsa applicazione degli artt. 1223 e 2697 cod. civ., per non avere la corte d’appello applicato al fatto accertato – della presenza dei titoli in portafoglio solo al momento dell’investimento -una norma (l’art. 1223 cod. civ.) che invece esigeva che quei titoli fossero in portafoglio anche al momento del dissesto, e per non aver tratto dalla mancata prova di quel fatto le conseguenze necessarie a carico degli attori.
In alternativa, si denunzia l’ omesso esame del fatto decisivo d ell’inesistenza del possesso dei titoli al momento del default, per come documentata mediante la produzione dell’estratto conto titoli recante
evidenza del trasferimento presso un intermediario terzo in momento antecedente al dissesto.
XVI. – Il ricorso incidentale è infondato.
La banca, quanto alla posizione dei signori COGNOME e COGNOME, muove dalla considerazione di ‘accertata inesistenza dei titoli nel portafoglio degli attori al momento del dissesto’ .
Ne ricava che la corte del merito avrebbe dovuto ritenere sussistente la mancanza di prova della perdita da parte degli investitori ai quali la censura è riferita, quale elemento costitutivo della loro pretesa risarcitoria secondo l’art. 1223 cod. civ.
La corte non avrebbe considerato che, quanto ai ricorrenti NOME e COGNOME, era stata dedotta l’insussistenza della prova del danno appunto per non avere essi attori dato prova dell’esistenza dei titoli nel loro portafoglio al momento del dissesto dell’emittente .
In questo senso la corte avrebbe tratto conseguenze giuridiche in contraddizione con l’art. 1223 ; e comunque avrebbe omesso l’esame di un ‘fatto decisivo per il giudizio’, visto che il fatto dell’inesistenza del possesso dei titoli al momento del dissesto nel portafoglio dei predetti risparmiatori presso la banca convenuta era stato specificamente documentato.
XVII. -Sennonché l ‘assunto implica una tesi giuridicamente insostenibile, ed è in contrasto col principio al quale la corte d’appello si è correttamente attenuta.
Il riscontrato inadempimento della banca agli obblighi di adeguata informazione ingenera una presunzione legale di sussistenza del nesso causale tra l’inadempimento e il danno patito dall’investitore (v. anche Cass. Sez. 1 n. 19322-23).
Il danno normalmente deriva -e nel caso concreto si assume esser derivato – dal fatto dell’acquisto d i titoli esposti al default dell’emittente.
La prova contraria da parte dell’intermediario avrebbe dovuto attenere al profilo di effettività della perdita. La quale però non è affatto
esclusa, in astratto, dalla circostanza che i titoli, mantenuti in portafoglio, siano stati trasferiti, subito prima del default, in un dossier presso un altro intermediario.
Questa è la tesi della ricorrente incidentale.
Ma secondo la sentenza n. 7905-20, cui si deve il rinvio nel caso di specie, il danno avrebbe dovuto esser valutato alla luce della ‘ presunzione legale di sussistenza del nesso causale fra inadempimento informativo e pregiudizio, pur suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario ‘.
In pratica, i l pregiudizio si sarebbe dovuto correlare all’acquisto dei titoli in condizione di difetto di adeguata informazione, presuntivamente imputabile alla banca che aveva svolto l’attività di intermediaria.
Ciò a cui la banca oggi allude non è quindi concludente.
Vi sarebbe stato -successivamente e prima del dissesto – un trasferimento del conto titoli in portafoglio presso un altro intermediario.
Si dice che era stato ‘ altresì allegato ‘ e aveva ‘ costituito oggetto di discussione tra le parti ‘ che ‘i sigg.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME NOME (..) hanno sottoscritto obb. RAGIONE_SOCIALE 6,80% (xs0132599175) per nominali 390.000,00 euro, successivamente trasferite presso altro intermediario in data 27/03/2003 (..)’ .
Ma per l’appunto i l principio di diritto, nel menzionare il criterio di derivazione causale presuntivo, toglie ogni valore al fatto che il dissesto della RAGIONE_SOCIALE era intervenuto dopo (notoriamente a dicembre 2003) il trasferimento dei titoli presso un altro intermediario.
La circostanza è neutra, perché non è rilevante il fatto mero che sia stato anteriormente trasferito presso altro intermediario il complesso dei titoli in portafoglio.
Il danno sarebbe pur sempre correlabile alla perdita di valore dei titoli etiologicamente riconducibile, secondo quanto la corte d’appello ha accertato in fatto, a una precisa derivazione causale presuntivamente imputabile all ‘odierna banca. Che difatti -dice la corte d’appello –
della
stringente
dalla Suprema
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo a ciascun ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione