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Compartecipazione spesa: escluse pensioni disabilità

La Corte d’Appello di Bologna ha confermato la decisione del Tribunale, stabilendo che la pensione di invalidità e l’indennità di accompagnamento non possono essere considerate reddito ai fini della compartecipazione alla spesa per i servizi socio-sanitari. La Corte ha ritenuto illegittima la delibera comunale che includeva tali emolumenti nel calcolo, disapplicandola. La decisione si fonda sul principio che tali somme hanno natura compensativa e non reddituale, un orientamento consolidato dalla giurisprudenza amministrativa e poi recepito dal legislatore.

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Compartecipazione spesa: le pensioni di disabilità non sono reddito

Una recente sentenza della Corte d’Appello ha ribadito un principio fondamentale in materia di compartecipazione spesa socio-sanitaria: le somme percepite a titolo di pensione di invalidità e indennità di accompagnamento non possono essere considerate reddito. Questa decisione protegge le persone con disabilità e le loro famiglie da richieste di contribuzione basate su un calcolo errato della loro capacità economica. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dall’opposizione a un decreto ingiuntivo presentata dall’amministratore di sostegno di un uomo con grave disabilità. Un ente gestore di servizi socio-sanitari aveva richiesto il pagamento di oltre 9.000 euro come contributo per la frequenza di un centro diurno semi-residenziale nel periodo tra il 2009 e il 2018. L’opponente, poi deceduto e sostituito in giudizio dai suoi eredi, sosteneva che la richiesta fosse illegittima. Il calcolo dell’ente, infatti, includeva nel reddito dell’assistito sia la pensione di invalidità che l’assegno di accompagnamento, somme che, secondo la difesa, non hanno natura reddituale.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto l’opposizione, revocato il decreto ingiuntivo e dichiarato che nulla era dovuto. L’ente gestore ha quindi presentato appello contro questa decisione, insistendo sulla legittimità della propria richiesta, basata sulle normative e sulle delibere comunali vigenti all’epoca dei fatti.

La Decisione della Corte d’Appello sulla compartecipazione spesa socio-sanitaria

La Corte d’Appello ha rigettato l’appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado. I giudici hanno stabilito che la pretesa economica dell’ente gestore era infondata perché basata su un presupposto errato: considerare reddito disponibile delle somme che, in realtà, hanno una funzione compensativa e risarcitoria. Queste prestazioni, come la pensione di invalidità e l’indennità di accompagnamento, non sono destinate ad aumentare la capacità di spesa della persona, ma a compensare lo svantaggio derivante dalla sua condizione di disabilità.

Analisi Normativa e Giurisprudenziale

La Corte ha ricostruito il complesso quadro normativo. Inizialmente, il D.Lgs. 109/1998, istitutivo dell’ISEE, definiva la “situazione economica” in modo generico. Successivamente, un DPCM del 2013 aveva esplicitamente incluso i trattamenti assistenziali e previdenziali nel calcolo del reddito. Tuttavia, questa specifica norma è stata annullata dal TAR del Lazio con una sentenza poi confermata dal Consiglio di Stato nel 2016. La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che le prestazioni di carattere indennitario o compensativo, volte a riparare una situazione di svantaggio, sono incompatibili con il concetto di reddito.

Il Potere di Disapplicazione del Giudice

L’appellante sosteneva che il giudice dovesse applicare le delibere comunali vigenti al momento della richiesta di pagamento. La Corte ha respinto questa tesi, affermando il potere del giudice ordinario di disapplicare un atto amministrativo (in questo caso, la delibera comunale) quando lo ritenga illegittimo. Poiché la delibera comunale si basava sul principio, dichiarato illegittimo dalla giurisprudenza, di includere le indennità nel reddito, il giudice aveva il dovere di non applicarla al caso concreto.

Le Motivazioni

La motivazione centrale della Corte risiede nella natura non reddituale delle prestazioni di invalidità. Queste somme non sono un arricchimento, ma un sostegno finalizzato a garantire una vita dignitosa e a fronteggiare le difficoltà legate alla disabilità. Includerle nel calcolo della compartecipazione spesa socio-sanitaria significherebbe, paradossalmente, ridurre le risorse destinate proprio a superare lo svantaggio per cui sono state concesse.

I giudici hanno chiarito che, anche prima dell’intervento legislativo del 2016 (D.L. 42/2016) che ha escluso formalmente tali somme dal calcolo ISEE, questo principio era già insito nell’ordinamento. La decisione del Consiglio di Stato non ha creato una nuova regola, ma ha semplicemente interpretato correttamente la natura di tali emolumenti. Pertanto, la pretesa dell’ente, basata su regolamenti comunali contrari a questo principio fondamentale, era illegittima fin dall’origine.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un punto fermo a tutela dei diritti delle persone con disabilità. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Protezione del Sostegno Economico: Le famiglie e gli assistiti possono opporsi a richieste di contribuzione che includano nel calcolo del reddito pensioni di invalidità, indennità di accompagnamento e altri trattamenti simili.
2. Limite al Potere degli Enti Locali: I Comuni e gli enti gestori non possono adottare regolamenti che qualifichino come reddito tali prestazioni. Eventuali atti contrari possono essere disapplicati dal giudice.
3. Certezza del Diritto: Viene consolidato il principio secondo cui la compartecipazione spesa socio-sanitaria deve basarsi sull’effettiva capacità economica, escludendo somme che hanno una finalità puramente compensativa. Questa decisione rafforza la logica di un sistema di welfare che non penalizza chi già vive una condizione di svantaggio.

La pensione di invalidità e l’assegno di accompagnamento possono essere contati come reddito per calcolare il contributo ai servizi sociali?
No. La Corte ha stabilito che queste somme non hanno natura reddituale ma compensativa, in quanto servono a bilanciare lo svantaggio derivante dalla disabilità. Pertanto, non possono essere incluse nel calcolo per determinare la compartecipazione alla spesa per i servizi socio-sanitari.

Un giudice può ignorare un regolamento comunale che prevede di includere queste pensioni nel calcolo?
Sì. Il giudice ordinario ha il potere di disapplicare un atto amministrativo, come un regolamento comunale, se lo ritiene illegittimo. In questo caso, il regolamento era illegittimo perché si basava su un’errata interpretazione del concetto di reddito, in contrasto con i principi stabiliti dalla giurisprudenza superiore.

Questo principio vale anche per i debiti maturati prima che la legge lo specificasse chiaramente nel 2016?
Sì. La Corte ha chiarito che il principio secondo cui le prestazioni di invalidità non costituiscono reddito era già valido anche prima delle modifiche legislative del 2016. L’annullamento della norma del DPCM che le includeva ha effetto retroattivo, rendendo illegittime le richieste basate su quel principio anche per il passato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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