Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22316 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22316 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
Comodato
ad. 11.6.2025
PELOSI NOME
,
-intimata – per la cassazione della sentenza n. 99/2022 della CORTE d’APPELLO di Ancona pubblicata il 25.1.2022;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del l’11.6.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 880/2021, pubblicata il 21.09.2021, il Tribunale di Macerata, dichiarata cessata la materia del contendere sulla domanda proposta da NOME COGNOME per la liberazione dell’immobile ubicato in Tolentino, INDIRIZZO, condannava NOME COGNOME al
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19677/2022 R.G., proposto da
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato,
–
ricorrente –
contro
pagamento di euro 2.975 a titolo di risarcimento del danno in favore della ricorrente per l’occupazione dell’immobil e. Il Tribunale condannava, altresì, la ricorrente al pagamento in favore della resistente d ell’importo di euro 13.000, oltre iva, per le migliorie apportate al bene. Compensati detti importi, il giudice di primo grado condannava NOME COGNOME a versare a NOME la somma di euro 10.075,00, oltre l’ iva sulla somma di euro 13,000 e gli interessi legali dalla sentenza al soddisfo. Le spese del giudizio erano compensate per la metà, ponendo il residuo a carico della Pelosi.
NOME COGNOME con l’atto introduttivo del giudizio , sulla premessa che aveva concesso in comodato alla Olariu una casa di vecchia edificazione nella ipotetica prospettiva, coltivata verbalmente, della sua vendita, e che vanamente aveva chiesto la restituzione dell’immobile , conveniva la seconda per il rilascio e per il risarcimento del danno da occupazione.
La COGNOME contestava le domande svolte e chiedeva in via riconvenzionale il risarcimento del danno per contrarietà alla buona fede della condotta della ricorrente nella fase della trattativa contrattuale e per vedere riconosciuto l’indennizzo per le migliorie apportate , quantificando le due pretese, rispettivamente, in euro 10.000 ed euro 13.000 (importo quest’ultimo indicato sulla base della relazione depositata dal C.T.U. nel procedimento ex art. 696 cod. proc. civ. da lei promosso). In via subordinata, chiedeva che quanto domandato fosse compensato con l’eventuale indennizzo da occupazione.
La Corte d’Appello di Ancona con sentenza pubblicata il 25.1.2022, accogliendo l’appello proposto da NOME COGNOME in riforma della sentenza gravata condannava la COGNOME al pagamento di euro 15.975,00, gravandola delle spese di lite di entrambi i gradi.
La Corte d’appello perveniva alla sua decisione sulla base dei seguenti rilievi:
-il Tribunale aveva deciso solo sull’eccezione riconvenzionale di compensazione proposta dalla COGNOME e non sulla domanda
riconvenzionale, la cui tardività era stata eccepita dalla ricorrente, sì che quest’ultima non la si sarebbe potuta condannare al pagamento dell’eventuale eccedenza rispetto alle somme accertate in suo favore;
-la richiesta di restituzione dell’immobile , dato in comodato ai sensi dell’art. 1810 cod. civ. , era stata inviata sin dal 26.8.2016, sì che, al netto del periodo di quattro mesi per la liberazione del bene, l’indennizzo da occupazione ammontava ad euro 15.975 (euro 450 X 35,5 mensilità);
-le opere elettriche, idrauliche e murarie per le quali la COGNOME aveva chiesto di essere indennizzata non potevano considerarsi come «necessarie e urgenti», ma erano delle migliorie o effetto di manutenzione straordinaria estranee all’ambito dell’art. 1808 cod. civ. , sì che l ‘ eccezione riconvenzionale doveva essere rigettata.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre NOMECOGNOME sulla base di tre motivi. NOME COGNOME è rimasta intimata.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata ‘n ullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, comma I-n. 3, c.p.c., degli artt. 1809, 1810 e 1322 c.c. circa la durata del contratto e l’esercizio del recesso da parte del comodante ‘.
La ricorrente si duole per la sussunzione del contratto intercorso tra le parti nell’ambito dell’art. 1810 cod. civ. e, quindi, quale comodato precario suscettibile di recesso ad nutum . Il bene, invece, era stato adibito ad abitazione familiare e, quindi, il contratto lo si sarebbe dovuto ritenere compatibile con un godimento di lunga durata, rispetto al quale, anche se i termini dell’accordo non avrebbero consentito di far riferimento ad un
comodato di durata ex art. 1809 cod. civ., non per questo si sarebbe imposto l’inquadramento nel tipo del comodato precario.
Il giudice di merito, data la pacifica destinazione del bene a soddisfare le esigenze abitative della ricorrente, avrebbe dovuto accertare l’esistenza di un contratto atipico, meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 cod. civ., tale da limitare il potere di chiedere la restituzione unicamente in presenza di una necessità di utilizzazione incompatibile con l’altrui detenzione, la cui prova sarebbe gravata sul comodante. In questo scenario, il contratto di comodato si sarebbe dovuto considerare ancora valido al momento del rilascio.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Occorre considerare che il primo giudice aveva qualificato il godimento della COGNOME, oggi ricorrente, aderendo in parte alla sua prospettazione come comodato precario. Su questa qualificazione non era stato proposto appello da parte della COGNOME per negare che di comodato precario si trattasse e nemmeno appello incidentale da parte della COGNOME, per sostenere che non si trattasse di comodato precario, ma -come ora pretende di sostenere il motivo -di comodato non precario e soggetto a recesso della comodante al bisogno.
La COGNOME con l’appello principale, aveva sostenuto con il primo motivo che a torto vi fosse stata condanna per i controcrediti e con il secondo ed il terzo motivo di gravame, ferma la qualificazione del rapporto come precario, che erroneamente l’obbligo restitutori o fosse stato fatto decorrere dal primo giudice dalla data dell’introduzione dell’azione, anziché dalla richiesta stragiudiziale del 26 agosto 2016.
È palese che sulla qualificazione del rapporto come precario si era formata cosa giudicata interna. Pertanto, quando parte ricorrente pretende di censurare il punto 6 e ss. della motivazione non solo censura affermazioni della corte territoriale che non sono decisorie di un devolutum di appello sulla qualificazione del rapporto -essendo esse solo ricognitive di quanto
stabilito dal primo giudice e oggetto di cosa giudicata interna -ma pretende di reintrodurre una questione contro di essa.
Con il secondo motivo è denunciata ‘n ullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, comma I-nn. 3 e 5, c.p.c., degli artt. 36 e 112 c.p.c. circa la omessa compensazione delle spese elettriche ‘.
La ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di compensazione in particolare con riferimento alle spese relative all’impianto elettrico di euro 980,00, pacificamente ammesse sin dal primo grado dall’appellante e ribadite in sede di appello, tanto più che il giudice di secondo grado aveva ritenuto coperta dal giudicato l’ammissibilità della eccezione riconvenzionale.
2.1. Il motivo è fondato.
La Corte d’appello ha proceduto all’esame dell’eccezione riconvenzionale di compensazione ed ha effettuato lo scrutinio circa la ricorrenza in merito alla sussistenza dei presupposti di cui all’art. 1808 cod. civ., ma ha omesso di considerare che le spese per l’impianto elettrico di euro 980,00 non erano state contestate dalla COGNOME, tanto che nelle conclusioni del ricorso in appello si legge ‘compensare le sole spese fatturate dall’elettricista per € 980,00’ , sì che di tale importo nella determinazione del dovuto a titolo di indennità di occupazione se ne sarebbe dovuto tenere conto.
L’accoglimento del secondo motivo di ricorso determina l’assor bimento del terzo motivo, con il quale si denuncia la ‘n ullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, comma I-nn. 3 e 5, c.p.c., del D.M. 10.03.2014 n. 55 e dell’art. 132, comma 2 – n. 4, c.p.c. circa la liquidazione e la quantificazione delle spese di lit e’ .
Accolto il secondo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo e assorbito il terzo, della sentenza impugnata deve essere disposta la cassazione, rinviando alla Corte d’appello di Ancona, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo e assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della