SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ANCONA N. 1284 2025 – N. R.G. 00000586 2025 DEPOSITO MINUTA 27 10 2025 PUBBLICAZIONE 27 10 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA
Sezione Civile per le Controversie di Locazione, composta dai seguenti magistrati:
dr. NOME COGNOME
Presidente
dr.sa NOME COGNOME
Consigliere
dr.sa NOME COGNOME Consigliere rel.
All’esito della camera di consiglio del 23/10/2025 , tenutasi ai sensi dell’art. 127 ter cpc; lette le note illustrative, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel procedimento iscritto al n. 586/2025 R.G., vertente
TRA
c.f.
, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
COGNOME NOME elett.te dom.to in INDIRIZZO
-appellante –
CONTRO
e NOME COGNOME , elett.te dom.to in INDIRIZZO
c.f. rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO
– appellato-
C.F.
Conclusioni come in atti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
propone appello avverso la sentenza n. 170/2025 del 04/03/2025 del Tribunale di AVV_NOTAIO, la quale accertava l’inesistenza in capo a lla medesima ed alla di lei madre, dichiarata contumace, di titolo legittimante la detenzione dell’immobile in Treia, in INDIRIZZO, contraddistinta al catasto dei fabbricati del medesimo comune al foglio 55, part. 433 sub 5, cat. A/%, vani 8,5, Piano T-S-1 e sub 9, Cat. C/6, 53 mq, piano S1, e le condannava a rilasciare immediatamente il detto immobile libero da persone e cose, a e ,
oltre al risarcimento in favore di costoro del danno liquidato nella somma di Euro 350,00 mensili a far data dal mese di Febbraio 2023 fino alla liberazione dell’immobile ed al pagamento delle spese di lite.
La controversia nasce dal ricorso ex art. 281 decies c.p.c. proposto dai coniugi e volto ad ottenere il rilascio dell’ immobile occupato senza titolo, in quanto proprietari dell’intero immobile sito in Treia (INDIRIZZO) INDIRIZZO, identificato al Catasto Fabbricati al foglio 55, particella 433, subalterni 5, 6, 7, 8 e 9, di cui una parte era stata concessa in uso al proprio figlio che vi andava a vivere, inizialmente, da solo e, poi, una volta sposatosi, con la moglie . In data 16.6.2022, il figlio decedeva ma la moglie, unitamente alla di lei madre, continuava ad occupare l’immobile senza titolo.
L’appellante rappresenta, inizialmente, dei fatti sopravvenuti alla pronuncia della sentenza. Infatti, pur avendo, in data 14/12/2022, rinunciato all’eredità del , successivamente, in data 12/04/2025, revocava la suddetta rinuncia all’eredità e pubblicava in data 22/04/2025, presso il AVV_NOTAIO, il testamento del dove il predetto nominava la sua unica erede e dove il testatore dichiarava ‘…in particolare ad essa lascio la casa coniugale sita in Treia, INDIRIZZO anche se ancora intestata ai miei genitori è di mia proprietà ed è stata costruita con i miei denari….’ .. Quindi la , sempre in data 22/04/2025, procedeva, presso il AVV_NOTAIO, ad accettare l’eredità del con beneficio di inventario e rappresenta di essere in procinto di depositare atto giudiziale affinchè l’immobile in questione venga riconosciuto di proprietà della appellante, essendo già di proprietà del deceduto , come peraltro dichiarato e riconosciuto nella scrittura privata datata 23/08/2019 e sottoscritta da e .
Per il resto, lamenta l’erroneità della sentenza impugnata, insistendo per l’ applicabilità alla fattispecie del disposto di cui all’art. 540 secondo comma c.c. per essere la proprietà dell’immobile del ; facendo richiesta di sospensione ex art. 295 c.p.c. del giudizio di appello de quo in attesa della definizione del giudizio civile che verrà introdotto presso il Tribunale di M acerata all’esito del procedimento di mediazione n. 248/2025 ; lamentando l’i napplicabilità alla fattispecie di quanto stabilito dall’art. 1811 comma secondo c.c . per essere il comodato finalizzato alla utilizzazione dell’immobile quale casa familiare; lamentando la mancanza di prova delle intimazioni verbali e degli elementi costitutivi, sia nell’an che nel quantum, dell’azione risarcitoria proposta.
Nel giudizio di appello si sono costituiti e , resistendo al gravame e chiedendone il rigetto, eccependo l’inammissibilità della nuova documentazione prodotta.
La Corte, fissata udienza di trattazione scritta in seguito all’introduzione dell’art. 127 ter c.p.c., sulle conclusioni come in atti, si è riservata di decidere.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, avendo l’appellante, seppure solo con le note scritte depositate in sostituzione dell’udienza di discussione, comprovato l’avvenuto deposito di ricorso giudiziale per il riconoscimento della proprietà dell’immobile in oggetto, deve ritenersi che non sussistano i requisiti per la sospensione obbligatoria ex art.295 c.p.c.. Manca, infatti, il rapporto di stretta pregiudizialità tra le due controversie, discutendosi in quella presente dell’occupazione sine titolo dell’immobile e dell’ordine di rilascio e nell’altra , di recente introduzione, della rivendicazione della proprietà del bene a titolo ereditario.
Come affermato dalla Cassazione (v. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15788 del 10/07/2014) ‘ Chiunque abbia la disponibilità di fatto di una cosa, in base a titolo non contrario a norme d’ordine pubblico, può validamente concederla in locazione, comodato o costituirvi altro rapporto obbligatorio ed è legittimato a richiederne la risoluzione. Ne consegue che, in caso di simultanea pendenza di un giudizio relativo al rilascio di un immobile concesso in locazione e di altro relativo alla proprietà dello stesso bene in capo al locatore, non ricorrono i presupposti per la sospensione necessaria del primo di essi poiché l’accertamento della proprietà dell’immobile locato non integra una questione pregiudiziale in ordine alla legittimazione a locare ‘ .
Ricorda altra pronuncia (v. Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 170 del 11/01/2012 ) che ‘ L’ipotesi della sospensione necessaria del processo, che non sia imposta da una specifica disposizione di legge, ha per fondamento non solo l’indispensabilità logica dell’antecedente, avente carattere pregiudiziale nel senso che la definizione della relativa controversia si ponga come momento ineliminabile del processo logico della causa dipendente, prendendo questa contenuto anche da quanto affermato con la pronuncia sulla controversia pregiudiziale, ma anche l’indispensabilità giuridica, nel senso che l’accertamento dell’antecedente logico venga postulato con effetto di giudicato per modo che possa eventualmente verificarsi conflitto tecnico di giudicati. Non ricorre, pertanto, questa ipotesi, nel caso in cui il comodante abbia agito per ottenere il rilascio dell’immobile e il comodatario abbia a sua volta promosso giudizio tendente all’accertamento dell’acquisto a suo favore della proprietà dell’immobile per usucapione, non ravvisandosi la possibilità di conflitto di giudicati tra le eventuali sentenze di accoglimento delle rispettive domande, attesa l’unica conseguenza che – per effetto della seconda che accerti la titolarità del bene in capo al comodatario – il comodante sarà costretto a restituire l’immobile che quello aveva dovuto consegnargli in ottemperanza della prima sentenza ‘.
Gli stessi principi, applicati alla presente controversia, escludono, dunque, la necessità della sospensione.
Nel merito, l’appello proposto deve ritenersi infondato, limitandosi l’appellante a riproporre le stesse argomentazioni già avanzate in primo grado e non accolte dal primo giudice, senza apportare elementi di novità nelle censure, tali da far emergere l’er roneità del decisum .
Quanto alla pretesa applicabilità del disposto di cui all ‘art. 540 co. 2 c .c. va confermata la pronuncia di rigetto del primo giudice, postulando la fattispecie la proprietà dell ‘immobile in capo al de c uius, ipotesi, come detto, non sussistente.
Da ultimo la stessa Cassazione ha, di recente, ribadito (v. sentenza n. 11095/2025) che ‘ Ai sensi dell’art. 540, secondo comma, cod. civ., il diritto di abitazione a favore del coniuge superstite sulla casa adibita a residenza familiare durante la vita del de cuius è configurabile solo se l’immobile era di proprietà esclusiva del de cuius o in comunione tra costui e il coniuge superstite ‘ negando, ad esempio, che tale diritto sorga anche nel caso in cui l’abitazione sia in comunione con terzi, rendendo inapplicabile l’intento del legislatore di assicurare al coniuge superstite il godimento pieno del bene.
Quanto al riconoscimento di un comodato di scopo, si rammenta che, secondo la giurisprudenza (v. Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 20151 del 18/08/2017) ‘ Nel comodato di bene immobile, stipulato senza determinazione di termine, la volontà di assoggettare il bene a vincoli d’uso particolarmente gravosi, quali la destinazione a residenza familiare, non può essere presunta ma va positivamente accertata, dovendo, in mancanza, essere adottata la soluzione più favorevole alla sua cessazione; parimenti, nell’ipotesi in cui il vincolo matrimoniale del comodatario sopravvenga in corso di rapporto, occorre la prova che il proprietario abbia inteso, in virtù di scelta sopravvenuta, trasformare la natura del comodato, rispetto alla sua precedente finalità, ancorando la destinazione del bene alle esigenze del gruppo familiare neocostituito ‘ .
Nel caso in esame, non è stato contestato dalla originaria convenuta, oggi appellante, che l ‘immobile in questione fosse stato concesso in c omodato dagli appellati al figlio prima dell ‘in izio della convivenza con la medesima e prima del matrimonio. Pertanto, era onere della appellante dimostrare che i proprietari dell ‘ immobile avessero inteso trasformare la natura del comodato per tenere conto delle sopravvenute esigenze della famiglia neo costituita. In proposito, tuttavia, l ‘appellante nulla de duce né chiede di provare, limitandosi a riproporre astratte considerazioni giuridiche in merito alla destinazione familiare dell ‘immobile . La mera tolleranza del proprietario del godimento del bene anche da parte del coniuge del comodatario non è, infatti, sufficiente a provare la nuova destinazione (v. sent. cit.), sicché il motivo si rivela infondato.
Per il resto, l ‘appellante si limita a c ontestare l ‘esisten za di una intimazione verbale al rilascio che, tuttavia, come osservato dal primo giudice, non è stata specificatamente contestata all ‘atto della
costituzione in giudizio in primo grado (e, comunque, l ‘ intimazione al rilascio è stata confermata dalle successive intimazioni eseguite per iscritto).
Quanto all ‘u ltimo motivo di appello, lo stesso va dichiarato inammissibile, limitandosi la parte a contestare ‘ la richiesta di risarcimento avanzata nel giudizio per cui è causa ‘ sia nell ‘an c he nel quantum, ma senza addurre alcuna specifica censura né in merito ai presupposti ritenuti sussistenti in sentenza (sulla base delle sentenze della Cassazione del 33645 e 33659 del 2022) né in merito alla concreta quantificazione dell ‘indennità di occu pazione come determinata dal primo giudice.
L’appello va, di co nseguenza, complessivamente respinto con condanna alle spese del grado.
P.Q.M.
La Corte così provvede: 1) Rigetta l’appello e conferma l’impugnata sentenza; 2) condanna parte appellante a rifondere all’appellato le spese del grado che liquida in euro 2.000,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfetario, IVA e CPA come per legge; 3) dichiara che a carico dell’appellante sussistono i presupposti per il versamento dell’integrazione del contributo unificato (art. 13, comma 1-quater del D.P.R. n. 115/2002), fatti salvi eventuali motivi di esenzione.
Ancona, 23 ottobre 2025
Il Consigliere est. Il Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME dott. NOME COGNOME