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Commissioni factoring: la Cassazione chiarisce

Un’impresa si oppone a un decreto ingiuntivo ottenuto da una banca, sostenendo l’usurarietà dei tassi applicati a causa delle commissioni factoring. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26367/2024, dichiara il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. Viene stabilito che le commissioni factoring, remunerando servizi accessori di natura non finanziaria (come la gestione del credito), non sono collegate all’erogazione del credito e quindi non rientrano nel calcolo del tasso soglia anti-usura. La Corte sottolinea inoltre difetti procedurali del ricorso, come la mancata autosufficienza.

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Commissioni Factoring: Quando Sono Escluse dal Calcolo dell’Usura?

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 26367/2024, è tornata su un tema cruciale per le imprese che utilizzano il factoring: la natura delle commissioni factoring e la loro rilevanza nel calcolo del tasso soglia anti-usura. Questa pronuncia chiarisce un principio fondamentale: non tutti i costi legati a un’operazione finanziaria sono automaticamente inclusi nella verifica dell’usurarietà. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti: Dal Contratto di Factoring al Ricorso in Cassazione

Una società a responsabilità limitata aveva stipulato un contratto quadro di factoring con un istituto di credito, cedendogli crediti vantati verso Pubbliche Amministrazioni. A seguito di ritardi nei pagamenti da parte degli enti pubblici, la banca ha agito per recuperare le anticipazioni concesse, ottenendo un decreto ingiuntivo per oltre 400.000 euro.

L’impresa si è opposta al decreto, sostenendo che le commissioni factoring e “plus factoring” applicate dalla banca, sommate agli interessi, superassero il tasso soglia, rendendo il rapporto usurario. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto questa tesi, affermando che tali commissioni non rappresentavano un costo legato all’erogazione del credito, bensì la remunerazione per servizi accessori di natura non finanziaria (come la gestione e amministrazione dei crediti). L’impresa ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sulle Commissioni Factoring

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. La decisione si basa su due pilastri principali: uno di natura procedurale e uno di merito, che rappresenta il cuore della questione.

In primo luogo, il ricorso è stato giudicato inammissibile per difetto di “autosufficienza”, in quanto la società ricorrente non aveva riportato nel dettaglio le clausole contrattuali contestate, impedendo alla Corte di valutare compiutamente la fondatezza delle doglianze. In secondo luogo, e più importante, la Cassazione ha ribadito e consolidato l’orientamento secondo cui i costi devono essere valutati in base alla loro effettiva funzione.

Le Motivazioni della Corte

La Natura delle Commissioni Factoring: Servizi, non Finanziamento

Il punto centrale delle motivazioni è la distinzione tra costi del finanziamento e corrispettivi per servizi. La Corte ha condiviso l’analisi dei giudici di merito, i quali avevano stabilito che le commissioni factoring e “plus factoring” erano state pattuite per remunerare servizi accessori distinti dall’anticipazione finanziaria. Questi servizi includono la gestione amministrativa, la contabilizzazione e la riscossione dei crediti ceduti.

Poiché tali commissioni non rappresentano “un costo collegato all’erogazione del credito”, non possono essere computate nel Tasso Effettivo Globale (TEG) ai fini della verifica del superamento del tasso soglia di usura, come previsto dall’art. 644 del codice penale.

Il Criterio del “Collegamento Concreto” e le Implicazioni

La Corte ha enfatizzato il criterio del “concreto collegamento” tra l’onere imposto al cliente e la concessione del credito. Solo quando un costo è direttamente e funzionalmente legato all’ottenimento del finanziamento, esso rientra nel calcolo dell’usura. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva accertato, con una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità, che tale collegamento era assente.

Le commissioni contestate, quindi, avevano una funzione autonoma e distinta rispetto a quella degli interessi, che invece remunerano la disponibilità del denaro. Questa interpretazione protegge la struttura stessa del contratto di factoring, che è un accordo complesso comprendente sia una componente finanziaria che una componente di servizi.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre importanti indicazioni pratiche. Le imprese devono essere consapevoli che, nei contratti di factoring, non tutte le voci di costo sono rilevanti ai fini della normativa anti-usura. È essenziale analizzare la funzione specifica di ogni commissione pattuita: se remunera un servizio di gestione, amministrazione o garanzia del credito, è probabile che venga esclusa dal calcolo del TEG. Al contrario, se un costo è una condizione necessaria per ottenere l’anticipazione, dovrà essere incluso. La sentenza sottolinea anche l’importanza di una corretta redazione dei ricorsi per Cassazione, che devono essere autosufficienti e specifici per non incorrere in una declaratoria di inammissibilità che preclude l’esame nel merito della questione.

Le commissioni di factoring rientrano nel calcolo del tasso usurario?
No, secondo la sentenza, le commissioni di factoring e plus-factoring non rientrano nel calcolo del tasso usurario quando costituiscono la remunerazione di servizi accessori di natura non finanziaria (es. gestione, amministrazione e riscossione dei crediti) e non rappresentano un costo direttamente collegato all’erogazione del credito.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per due ragioni: in primo luogo, per difetto di autosufficienza, poiché la ricorrente non ha riportato nel dettaglio le clausole contrattuali contestate; in secondo luogo, perché contestava una valutazione di merito del giudice d’appello sulla natura delle commissioni, che non è sindacabile in sede di legittimità se logicamente motivata.

Qual è il criterio per stabilire se un costo accessorio a un finanziamento è rilevante ai fini dell’usura?
Il criterio decisivo è l’esistenza di un “concreto collegamento” tra l’imposizione dell’onere e la concessione del credito. Se un costo è direttamente e funzionalmente legato all’ottenimento del finanziamento, deve essere incluso nel calcolo del tasso-soglia. Se invece remunera un servizio distinto e autonomo, ne rimane escluso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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