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Commissioni conti obbligatori: la Cassazione decide

Un ente pubblico di riscossione ha contestato le commissioni applicate da un operatore postale nazionale sui conti correnti, la cui apertura è imposta per legge per la raccolta di un tributo comunale sugli immobili. L’ente sosteneva l’illegittimità delle commissioni per vari motivi, tra cui una presunta rinuncia e il contrasto con il diritto dell’Unione Europea. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando il diritto dell’operatore postale di applicare le **commissioni su conti correnti obbligatori**, previa adeguata comunicazione. Ha inoltre chiarito che l’eventuale squilibrio economico che ne deriva deve essere risolto tramite la rinegoziazione del contratto di concessione tra l’ente di riscossione e l’ente locale impositore.

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Commissioni Conti Obbligatori: la Cassazione Conferma la Loro Legittimità

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha messo un punto fermo su una questione dibattuta: la legittimità delle commissioni su conti correnti obbligatori aperti dagli agenti della riscossione presso un fornitore di servizi postali. La decisione chiarisce che l’obbligo legale di aprire e utilizzare tali conti per la riscossione di tributi non esime dal pagamento delle commissioni richieste per il servizio, a patto che siano state correttamente comunicate. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: La Controversia sulle Commissioni

Un’agenzia pubblica concessionaria del servizio di riscossione di tributi comunali ha citato in giudizio un importante operatore postale e bancario nazionale. L’oggetto del contendere era la richiesta di pagamento di commissioni per ogni versamento di un tributo immobiliare effettuato dai contribuenti sui conti correnti che l’agenzia era obbligata per legge a detenere presso l’operatore postale.

L’agenzia di riscossione sosteneva di non dover pagare tali commissioni, basando le proprie ragioni su diversi argomenti:
1. Una presunta rinuncia alle commissioni da parte dell’operatore postale, desumibile da comunicazioni passate.
2. La violazione del principio di parità di trattamento rispetto ad altri correntisti.
3. L’inapplicabilità delle norme che consentono la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali (ius variandi), data l’impossibilità per l’agente di riscossione di recedere dal contratto obbligatorio.
4. Il contrasto della normativa nazionale con il diritto dell’Unione Europea in materia di aiuti di Stato e abuso di posizione dominante.

Dopo aver visto respinte le proprie tesi sia in primo grado che in appello, l’agenzia di riscossione ha presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte: la validità delle Commissioni su Conti Correnti Obbligatori

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando le sentenze dei gradi precedenti e condannando l’agenzia ricorrente al pagamento delle spese legali. La Suprema Corte ha stabilito, in linea con il suo orientamento consolidato, che l’operatore postale ha il diritto di applicare commissioni per i servizi resi, anche quando il rapporto di conto corrente è imposto dalla legge.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione della Corte si fonda su un’analisi dettagliata di tutti i motivi di ricorso, che sono stati ritenuti infondati. Vediamo i punti salienti del ragionamento dei giudici:

Nessuna rinuncia valida: La Corte ha chiarito che le comunicazioni passate tra le parti non costituivano una rinuncia vincolante e definitiva alle commissioni. L’operatore postale aveva legittimamente comunicato l’introduzione di nuove commissioni in conformità con la normativa vigente (D.P.R. 144/2001*), superando ogni precedente interlocuzione.

Legittimità dello ius variandi: I giudici hanno ribadito che l’operatore postale può avvalersi della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali (ius variandi*), prevista dalla normativa speciale, anche nei confronti di un cliente che è obbligato a mantenere il conto. L’impossibilità per l’agente della riscossione di recedere dal contratto non annulla il diritto dell’operatore a essere remunerato per il servizio.

* La soluzione è la rinegoziazione: La Corte ha richiamato il principio espresso dalle Sezioni Unite (sent. 7169/2014), secondo cui l’eventuale squilibrio economico generato dall’aumento dei costi per l’agente della riscossione non deve essere scaricato sull’operatore postale. La soluzione corretta è la rinegoziazione del contratto di concessione tra l’agente della riscossione e l’ente locale impositore (il Comune), per adeguare l’aggio o trovare altre forme di compensazione per i maggiori oneri sostenuti.

* Assenza di aiuti di Stato: La Corte ha escluso che il sistema di commissioni configuri un aiuto di Stato vietato dal diritto UE. Citando una precedente sentenza della Corte di Giustizia Europea su un caso analogo, ha confermato che la commissione non è finanziata con risorse statali e non costituisce un vantaggio selettivo illegittimo.

* Infondatezza delle questioni di costituzionalità: Infine, sono state respinte anche le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla ricorrente, in quanto la Corte ha ritenuto il sistema normativo coerente e non irragionevole, in linea con numerosi precedenti.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio giuridico di notevole importanza pratica: l’obbligatorietà di un rapporto contrattuale non ne implica la gratuità. L’operatore che fornisce un servizio, in questo caso la gestione di conti correnti per l’incasso di tributi, ha diritto a un corrispettivo. La tutela della parte ‘costretta’ a subire un aumento dei costi non risiede nel negare tale corrispettivo, ma nell’attivare gli strumenti contrattuali e legali a sua disposizione – in primis la rinegoziazione con il proprio committente (l’ente impositore) – per ristabilire l’equilibrio economico del rapporto principale. La decisione riafferma la distinzione tra il rapporto di servizio (tra agente e operatore postale) e il rapporto di concessione (tra agente ed ente locale), indirizzando correttamente le parti verso le sedi appropriate per la risoluzione dei loro squilibri contrattuali.

Un operatore postale può applicare commissioni su un conto corrente che un ente di riscossione è obbligato per legge ad aprire?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’obbligo legale di aprire e mantenere un conto corrente non esclude il diritto dell’operatore postale di applicare commissioni per i servizi di gestione forniti, a condizione che l’applicazione di tali commissioni sia stata comunicata nel rispetto delle forme previste dalla legge.

L’applicazione di nuove commissioni su questi conti correnti costituisce un aiuto di Stato vietato dall’Unione Europea?
No. Secondo la Corte, e in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, il meccanismo delle commissioni non costituisce un aiuto di Stato. Ciò in quanto difetta il requisito fondamentale dell’impiego di risorse statali per finanziare il presunto vantaggio, poiché le commissioni sono pagate dall’agente della riscossione con mezzi propri.

Come può l’ente di riscossione tutelarsi dall’aumento dei costi derivanti da queste commissioni?
La sentenza chiarisce che la via corretta per l’ente di riscossione non è opporsi al pagamento delle commissioni, ma attivare una rinegoziazione del contratto-concessione con l’ente locale impositore. L’obiettivo è rivedere i termini dell’accordo (ad esempio, l’aggio spettante all’agente) per compensare i maggiori costi bancari sopravvenuti e ristabilire l’equilibrio economico del rapporto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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