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Commissione Riscossione Tributi: Obbligo di pagamento

La Corte di Cassazione conferma la legittimità della commissione riscossione tributi richiesta da un fornitore di servizi postali a un agente della riscossione. La Corte ha rigettato il ricorso dell’agente, stabilendo che la posizione di monopolio del fornitore non implica la gratuità del servizio in assenza di una legge specifica. I motivi di ricorso, basati su presunte violazioni di norme nazionali e comunitarie, sono stati dichiarati inammissibili in quanto proceduralmente errati o basati su questioni già decise in precedenti sentenze.

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Commissione Riscossione Tributi: Obbligo di Pagamento Anche per il Monopolista

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9346/2024, ha stabilito un importante principio in materia di servizi pubblici e corrispettivi. La controversia riguardava la legittimità di una commissione riscossione tributi applicata da un fornitore di servizi postali a un’agenzia incaricata della riscossione delle imposte comunali. La Suprema Corte ha confermato che il servizio va pagato, anche se erogato da un soggetto in posizione di monopolio, rigettando le pretese dell’agente della riscossione.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da una disputa tra una società fornitrice di servizi postali e una società concessionaria della riscossione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) per conto di diversi comuni. I contribuenti potevano versare l’imposta tramite bollettini su un conto corrente postale intestato alla società di riscossione.

Il fornitore di servizi postali pretendeva il pagamento di una commissione per ogni versamento effettuato, una richiesta contestata dalla società di riscossione. Quest’ultima, nel corso del giudizio, è stata incorporata da un’importante agenzia nazionale di riscossione.

Il Tribunale di primo grado e la Corte d’Appello avevano già dato ragione al fornitore postale, affermando il suo diritto a percepire la commissione. Secondo i giudici di merito, il concessionario della riscossione è tenuto a pagare il corrispettivo per il servizio di tenuta del conto corrente, e la posizione di monopolio del fornitore non comporta l’obbligo di fornire il servizio gratuitamente in assenza di una specifica norma di legge.

L’Analisi della Corte sulla commissione riscossione tributi

L’agente della riscossione ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su cinque motivi, tutti volti a contestare la legittimità della commissione. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibili tutti i motivi del ricorso, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello.

I giudici hanno rigettato le censure basandosi su principi procedurali e su una giurisprudenza ormai consolidata su casi analoghi. Tra i motivi respinti figuravano:

Violazione delle norme sulla trasparenza bancaria (ius variandi*): L’agente sosteneva che l’introduzione della commissione fosse una modifica unilaterale illegittima. La Corte ha ritenuto il motivo inammissibile richiamando una precedente sentenza su un caso identico.
* Disparità di trattamento: Si lamentava che l’agente, con il suo ingente volume di operazioni, non potesse essere trattato come un cliente qualsiasi. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile perché sollevato per la prima volta in Cassazione e perché implicava una valutazione di fatto, non consentita in sede di legittimità.
* Violazione delle norme europee su aiuti di stato e abuso di posizione dominante: L’agente della riscossione sosteneva che la normativa nazionale creasse un monopolio illegittimo. La Corte ha nuovamente dichiarato l’inammissibilità del motivo, rifacendosi a precedenti decisioni conformi.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione della Cassazione risiede non tanto in una nuova analisi del merito della questione, quanto nell’applicazione rigorosa dei principi processuali e nel rispetto del ‘giudicato’. La Corte ha sottolineato come quasi tutti i motivi di ricorso fossero stati già proposti in casi identici e decisi con sentenze precedenti (in particolare la n. 36405/2022). Questa giurisprudenza consolidata ha reso i motivi inammissibili ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c., che impedisce di riesaminare questioni su cui la Corte ha già un orientamento stabile.

In sostanza, la Corte ribadisce due principi fondamentali: primo, un servizio, anche se erogato da un monopolista e necessario per lo svolgimento di una funzione pubblica, ha un costo che deve essere sostenuto da chi ne usufruisce, salvo che una legge disponga diversamente. Secondo, il processo ha regole precise: le contestazioni devono essere sollevate nei tempi e nei modi corretti, e non è possibile introdurre nuove questioni o richieste di valutazione dei fatti nel giudizio di Cassazione, che è un giudizio di pura legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Conferma che gli agenti della riscossione, e più in generale i concessionari di pubblici servizi, devono includere nei loro costi operativi anche le commissioni per i servizi bancari o postali di cui si avvalgono. La posizione di monopolio di un fornitore non è, di per sé, una ragione sufficiente per ottenere servizi gratuiti. Inoltre, la decisione evidenzia l’importanza cruciale della strategia processuale: le eccezioni e i motivi di contestazione devono essere chiaramente articolati fin dai primi gradi di giudizio, poiché le omissioni non possono essere sanate davanti alla Corte di Cassazione.

Un fornitore di servizi in posizione di monopolio può pretendere una commissione per i suoi servizi da un concessionario di un servizio pubblico?
Sì, secondo la Corte, la qualità di monopolista non obbliga a prestare il servizio gratuitamente, a meno che non esista una norma espressa che lo imponga. Pertanto, il concessionario del servizio di riscossione è tenuto al pagamento del corrispettivo per il servizio di conto corrente.

È possibile contestare per la prima volta in Cassazione la misura di una commissione o il mancato rispetto della parità di trattamento?
No, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso relativo alla disparità di trattamento perché la questione non era stata sollevata nei precedenti gradi di giudizio (è una questione ‘nuova’) e perché la valutazione delle tariffe applicate è una questione di fatto, non di legittimità, quindi non di competenza della Cassazione.

L’obbligo per un agente della riscossione di usare un determinato fornitore di servizi postali costituisce un ‘aiuto di stato’ illegittimo secondo il diritto comunitario?
La Corte ha ritenuto inammissibile questo motivo di ricorso, richiamando precedenti sentenze su casi identici. La questione, quindi, non è stata esaminata nel merito ma respinta per ragioni procedurali basate su una giurisprudenza consolidata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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