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Commercializzazione di azioni e debiti: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di una banca di riacquistare azioni proprie, derivante da un precedente accordo con una compagnia assicurativa, non si trasferisce alla banca cessionaria in caso di crisi. Tale debito rientra nelle passività escluse dalla cessione, in quanto connesso alla commercializzazione di azioni e ai rapporti con gli azionisti. La domanda della compagnia assicurativa contro la banca cessionaria è stata quindi respinta, confermando che tali obbligazioni restano in capo alla procedura di liquidazione della banca originaria.

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Commercializzazione di Azioni: Debiti Verso Azionisti Esclusi dalla Cessione Bancaria

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità della banca cessionaria nell’ambito delle crisi bancarie. L’analisi si concentra sulla nozione di commercializzazione di azioni e stabilisce che i debiti di una banca in liquidazione verso i propri azionisti, anche se derivanti da specifici accordi contrattuali, non vengono trasferiti alla banca che ne acquisisce i rami sani. Questa decisione ha importanti implicazioni per gli investitori e per la stabilità del sistema finanziario.

I Fatti di Causa: Un Complesso Accordo Finanziario

La vicenda trae origine da un accordo del 2012 tra una compagnia assicurativa e una banca. L’accordo prevedeva, tra le altre cose, che la compagnia sottoscrivesse un prestito obbligazionario convertibile emesso dalla banca. Il contratto stabiliva inoltre che, in caso di conversione anticipata delle obbligazioni in azioni, la compagnia avrebbe avuto il diritto di dare mandato alla banca per vendere tali azioni a un prezzo prefissato. Qualora la vendita non fosse andata a buon fine, la banca si era impegnata a riacquistare direttamente le azioni rimaste invendute.

Come previsto, le obbligazioni furono convertite in azioni e la compagnia assicurativa, non riuscendo a venderle sul mercato tramite il mandato, chiese alla banca di onorare il suo impegno di riacquisto. La banca, tuttavia, non adempì, adducendo impedimenti normativi sopravvenuti. Successivamente, la banca fu posta in liquidazione coatta amministrativa e una parte significativa delle sue attività e passività fu ceduta a un altro grande istituto di credito (la ‘Banca Cessionaria’).

La compagnia assicurativa ha quindi agito in giudizio contro la Banca Cessionaria, sostenendo che quest’ultima dovesse rispondere dell’obbligo di riacquisto. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda, ritenendo che tale obbligazione fosse esclusa dall’ambito della cessione.

L’Analisi della Corte e la commercializzazione di azioni

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso della compagnia assicurativa. Il punto centrale della controversia ruotava attorno all’interpretazione del contratto di cessione e, soprattutto, della normativa speciale introdotta per gestire la crisi della banca originaria (D.L. n. 99/2017).

Secondo i giudici, i vari accordi tra la compagnia e la banca (contratto di partecipazione, di distribuzione, prestito obbligazionario) erano legati da un collegamento negoziale. L’operazione complessiva mirava a creare una cointeressenza tra i due soggetti: la banca avrebbe distribuito i prodotti assicurativi e la compagnia sarebbe diventata un suo importante socio. Di conseguenza, il debito della banca relativo al riacquisto delle azioni non era un debito ordinario, ma un’obbligazione sorta ‘verso un azionista’ e strettamente connessa a un’operazione di commercializzazione di azioni.

Il Principio di Esclusione delle Passività

La normativa speciale (art. 3, lett. b, D.L. 99/2017) esclude espressamente dalla cessione ‘i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti e obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate’.

La Corte ha chiarito che questa espressione ha una portata ampia e include non solo le passività derivanti dalla vendita di azioni alla clientela retail, ma qualsiasi operazione che porti alla negoziazione di azioni proprie. L’impegno di riacquisto, nel caso di specie, era una clausola fondamentale dell’intera operazione che aveva portato la compagnia a diventare azionista. Pertanto, il debito che ne derivava rientrava a pieno titolo tra quelli esclusi dalla cessione e non poteva essere imputato alla Banca Cessionaria.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la normativa di settore mira a tutelare la stabilità del sistema finanziario. In linea con la direttiva europea sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi (BRRD), gli azionisti sono i primi soggetti a dover sopportare le perdite in caso di crisi di una banca. Accogliere la tesi della compagnia assicurativa avrebbe significato trasferire il rischio dell’investimento azionario sulla Banca Cessionaria e, in ultima analisi, sulla collettività, contravvenendo allo spirito della legge.

I giudici hanno inoltre specificato che l’esclusione opera per tutte le passività correlate alla negoziazione di azioni, indipendentemente dal fatto che l’operazione originaria fosse legittima o viziata. Anche la domanda subordinata di risarcimento del danno è stata respinta per le stesse ragioni, poiché anche il credito risarcitorio derivava dal medesimo rapporto escluso dalla cessione.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un principio fondamentale nel diritto bancario delle crisi: le passività verso gli azionisti, nate nell’ambito di operazioni di acquisizione di capitale di rischio, non transitano nel perimetro della cessione a un soggetto sano. Questa interpretazione restrittiva protegge l’acquirente da passività incerte e potenzialmente ingenti, facilitando le operazioni di salvataggio e garantendo la stabilità sistemica. Per gli investitori, anche professionali, emerge la chiara indicazione che il rischio azionario non può essere neutralizzato tramite patti di riacquisto opponibili a terzi in caso di fallimento della banca emittente.

Perché la banca cessionaria non è stata ritenuta responsabile dell’impegno di riacquisto delle azioni?
Perché la legge speciale che ha disciplinato la cessione (D.L. 99/2017) esclude esplicitamente dal trasferimento i debiti della banca in crisi verso i propri azionisti derivanti da operazioni di ‘commercializzazione di azioni’. La Corte ha ritenuto che l’impegno di riacquisto rientrasse in questa categoria.

Cosa si intende per ‘debiti derivanti dalla commercializzazione di azioni’?
Secondo la Corte, l’espressione ha un significato ampio. Non si riferisce solo alla vendita di azioni al pubblico, ma include tutte le passività, anche contrattuali, correlate alla negoziazione di azioni e obbligazioni subordinate, come un patto di riacquisto stipulato per incentivare la sottoscrizione di un prestito convertibile.

Il fatto che la ricorrente fosse un investitore professionale ha influito sulla decisione?
La sentenza non fa una distinzione basata sulla qualifica dell’investitore. Il principio di esclusione dei debiti verso gli azionisti si applica in modo generale, poiché la norma mira a proteggere la stabilità del sistema finanziario, stabilendo che gli azionisti (professionali o meno) siano i primi a sopportare le perdite della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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