Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5700 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5700 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
sul ricorso 21191/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 2491/2019 depositata il 12/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/1/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Catania, con la sentenza riportata in epigrafe, ha accolto il gravame del Credito Siciliano s.p.a. -cui nelle more sarebbe succeduto il Credito Valtellinese s.p.a. -inteso alla riforma della decisione che in primo grado su istanza del RAGIONE_SOCIALE aveva condannato la banca al risarcimento del danno conseguente alla conclusione tra costoro di un contratto di mutuo, una parte del cui ricavato era stata impiegata per la sottoscrizione delle quote di un fondo comune di investimento.
Alle considerazioni del giudice di prima istanza -che, richiamando le ragioni di Cass. 7776/2014 aveva ritenuto che la fattispecie in disamina desse vita ad un unitario regolamento negoziale ovvero ad un collegamento tra distinti negozi, che, perseguendo tuttavia un lucro finanziario a beneficio del solo mutuante, determinava un insanabile squilibrio tra le prestazione sì che ne andava per questo dichiarata la nullità per contrarietà agli artt. 1322 e 1343 cod. civ. -il giudice di appello ha inizialmente opposto la «diversità della fattispecie in esame rispetto a quella esaminata dalla Corte di Cassazione» ed ha fatto poi rilevare, a definitiva confutazione della pretesa correlazione tra i negozi per essere essi coevi, oltre al fatto che la somma impiegata a fini di investimento era inferiore a quella mutuata, che «non ricorre affatto la contemporaneità, posto che il contratto di mutuo è stato stipulato il giorno 15 marzo 2001, mentre il contratto oggetto delle doglianze attoree è stato stipulato quattro giorni dopo, il 19 marzo 2001», con la conseguenza che la banca, essendo già intervenuta la stipulazione del mutuo, «non era più nelle condizioni di effettuare alcuna pressione sul mutuatario, non potendo
rifiutare, legittimamente, l’erogazione dell’intera somma». Né, peraltro, ad avviso del decidente, in relazione all’operazione di intermediazione era ravvisabile la pretesa violazione degli obblighi informativi, avuto riguardo all’intervenuta consegna del documento sui rischi generali, alla sottoscrizione del questionario informativo, riportante la dichiarazione del Maimone di aver operato sui mercati finanziari e di aver già investito in fondi comuni e di aver ricevuto copia del prospetto informativo.
Per la cassazione di detta sentenza, la soccombente si affida ad otto mezzi, illustrati pure con memoria e resistiti avversariamente dall’intimata con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un solo motivo e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo del ricorso principale -con cui si censura il deliberato di appello per l’omesso esame di un fatto decisivo, avendo la Corte di appello negato che nella specie potesse ravvisarsi un unico contratto atipico tra le parti sul presupposto di un difetto di contemporaneità tra i diversi rapporti, malgrado l’atto di costituzione in pegno delle quote dei fondi di investimento recasse la stessa data del contratto di mutuo, cosi rendendo inconfutabile la prova di contemporaneità negata dal decidente -; ed il terzo motivo del ricorso principale -con cui si censura il deliberato di appello per l’omesso esame di un fatto decisivo, avendo la Corte di appello negato che nella specie potesse ravvisarsi un unico contratto atipico tra le parti quantunque il debito fosse garantito da ipoteca, così che era evidente che l’acquisto delle quote avesse solo finalità lucrative -esaminabili congiuntamente in quanto denuncianti il medesimo vizio, sono entrambi affetti da una duplice ragione di inammissibilità non essendo l’allegazione autosufficiente e risultando, comunque, estranea al paradigma cassatorio enunciato.
Va invero osservato, sotto il primo profilo, che la deducente, pur ora facendo richiamo al “fatto” dell’avvenuta costituzione in pegno delle quote dei fondi di investimento in cui erano state impiegate parte delle somme mutuata, così come ancora al “fatto” che il debito fosse garantito da ipoteca, omette tuttavia di indicare dove e quando il “fatto” sarebbe stato portato al vaglio del decidente di appello, sì che l’allegazione non soddisfa il principio di autosufficienza del ricorso per gli effetti preclusivi dell’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ. Nondimeno, va pure annotato, richiamando qui i concetti ostesi da SS.UU. 8053 e 8054 del 2014, che, poiché per fatto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. deve intendersi il fatto storiconaturalistico idoneo ad assicurare, in veste di fatto principale o di fatto secondario, fondamento costitutivo alla domanda o all’eccezione che ad essa si oppone, non sono tali, e non integrano perciò il vizio denunciato, le circostanze qui allegate, idonee al più a costituire materia di approfondimento istruttorio e di confronto processuale, ma non a dare o togliere decisivo fondamento alle difese delle parti.
Quest’ultimo argomento è utilmente spendibile, sempre in funzione di dichiararne l’inammissibilità, anche in calce al settimo motivo del ricorso principale -con cui si censura il deliberato di appello per omesso esame di un fatto decisivo, avendo la Corte di appello ascritto rilievo decisivo, ai fini dell’adempimento degli obblighi informativi gravanti sull’intermediario, al questionario informativo sottoscritto dal COGNOME all’atto della sottoscrizione delle quote del fondo comune di investimento, quantunque esso fosse foriero di indicazioni contraddittorie -giacché anche in relazione a questa allegazione va ribadito che l’omissione denunciata concerne meri elementi istruttori, semmai potendo aggiungersi, a riprova di un’altra ragione di inammissibilità, che la lagnanza è indirettamente
volta a sollecitare una rivalutazione del quadro probatorio che non è notoriamente nei compiti di questa Corte.
4. Il secondo motivo del ricorso principale -con cui si censura il deliberato di appello per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ. avendo la Corte di appello accolto il gravame senza scrutinare il dedotto collegamento negoziale corrente tra mutuo ed investimento finanziario, limitandosi, cioè, a constare che l’importo impiegato a tal fine era inferiore al ricavato del mutuo e che non vi era contemporaneità tra le operazioni, violando in tal modo, nell’interpretazione del contratto di mutuo, il canone del comportamento delle parti -; ed il quarto motivo del ricorso principale -con cui si censura il deliberato di appello per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1322, 1245, 1343 e 1418 cod. civ. avendo la Corte di appello accolto il gravame senza però delibare la questione centrale dell’illiceità della causa e del trasferimento dell’alea interamente a carico della parte debole e senza apprezzare, di conseguenza, lo squilibrio contrattuale così determinatosi -esaminabili congiuntamente in quanto denuncianti in parte il medesimo vizio, sono inammissibili sotto tutti profili allegati, evocati, segnatamente, al di fuori di quelli che ne sono i parametri correnti.
Va, invero, osservato, sotto una prima angolazione, che, secondo quanto si afferma stabilmente, la denuncia dell’errore di diritto deve essere formulata mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. I, 29/11/2016, n. 24298), sì che non può trovare alcun seguito sotto questo profilo il motivo che, come quello in disamina, sotto l’apparente deduzione del
vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. U, 27/12/2019, n. 34476). Nondimeno va pure annotato, sotto una seconda angolazione, che la denuncia dell’errore ermeneutico di cui si legge nel secondo motivo, come ancora altrettanto stabilmente si ritiene, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., avendo invece il deducente l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi, come qui, nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass., Sez. III, 28/11/2017, n. 28319).
5. Il quinto motivo del ricorso principale -con cui si censura il deliberato di appello per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 21 e 23 TUF e degli artt. 28 e 29 Reg. Intermediari avendo la Corte di appello erroneamente ritenuto che la banca avesse assolto, in merito all’acquisto delle quote di fondi comuni, gli obblighi informativi su di essa gravanti sul presupposto che il Maimone all’atto della sottoscrizione avesse dichiarato che gli era stato consegnato il relativo prospetto informativo, quando al contrario è principio risultante dalla giurisprudenza di legittimità che prova al riguardo non si può trarre da una dichiarazione di scienza; ed il sesto motivo del ricorso principale -con cui si si censura il deliberato di appello per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2735 e 2697 cod. civ. e dell’art. 23 TUF avendo la Corte di appello erroneamente ascritto efficacia confessoria alla dichiarazione resa dal COGNOME quantunque ad essa non si possa riconoscere tale natura essendo contestuale al perfezionamento del vincolo -esaminabili
congiuntamente in quanto fondati sulla medesima allegazione in fatto, quantunque fondati non sono tuttavia decisivi in quanto non si allineano all’effettivo tenore della decisione.
6. Non dubita per vero il collegio -seppur debba ricordarsi che, allorché si lamenti la violazione degli obblighi informativi, è onere dell’investitore, a fronte allegazioni in contrario operate dell’intermediario, offrire una «sintetica ma circostanziata individuazione delle informazioni che la banca avrebbe omesso di fornire» (Cass., Sez. I, 24/04/2018, n. 10111) -che «la dichiarazione del cliente, contenuta nell’ordine di acquisto di un prodotto finanziario, con la quale egli dia atto di avere ricevuto le informazioni necessarie e sufficienti ai fini della completa valutazione del “grado di rischiosità”, non può essere qualificata come confessione stragiudiziale, essendo a tal fine necessaria la consapevolezza e volontà di ammettere un fatto specifico sfavorevole per il dichiarante e favorevole all’altra parte, che determini la realizzazione di un obiettivo pregiudizio, ed è, inoltre, inidonea ad assolvere gli obblighi informativi prescritti dagli artt. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 e 28 del Reg. Consob n. 11522 del 1998, trattandosi di una dichiarazione riassuntiva e generica circa l’avvenuta completezza dell’informazione sottoscritta dal cliente» (Cass., Sez. I, 6/07/2012, n. 11412).
Ma questa non è un’allegazione decisiva.
Ove, infatti, si scrutini nel suo complesso il ragionamento sviluppato dal decidente a corredo del punto, non si può non rilevare che la Corte di Appello, onde motivare il proprio responso sula questione, non si è limitata a dare atto di detta dichiarazione, ma ha ulteriormente osservato, oltre al fatto che insieme al prospetto informativo il sottoscrittore aveva ricevuto in consegna anche il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti
finanziari, che «lo stesso giorno della consegna di tale documento (di cui non è stata contestata la completezza ed idoneità informativa) COGNOME NOME ha sottoscritto anche il questionario informativo, dichiarando, fra l’altro, di aver operato sui mercati obbligazionari italiani ed esteri; d’aver già effettuato investimenti in fondi comuni o SiCAV ed indicando, quali obiettivi di finanziamento, “prevalenza della rivalutabilità rapportata al rischio di oscillazione dei corsi”». Ora questa affermazione -che per quanto si è detto innanzi con riferimento al settimo motivo del medesimo ricorso non è rimeditabile -chiarisce esplicitamente che nell’occasione l’intermediario abbia certamente assolto in modo puntuale l’obbligo che si sostanzia nella regola del “know your costumer” posta dalall’art. 28, comma 1, lett. a) Reg. Intermediari 11522/1998; ma porta pure a dire, ragionevolmente, che l’intermediario non è neppure venuto meno all’obbligo informativo che fa capo alla regola “know your product” di cui alla lett. b) del medesimo art. 28, registrando la risposta nell’investitore circa la sua pregressa esperienza in fondi comuni di investimento.
Queste considerazioni -che smentiscono, in concorso con le considerazioni illustrate dichiarando l’inammissibilità del primo motivo del ricorso principale anche la censura di cui all’ottavo motivo del ricorso principale, con cui si contesta che la soprariferita dichiarazione resa dall’investitore possa comportare un’attenuazione degli obblighi informativi -consentono, dunque, di poter affermare con riguardo al tema che ne occupa che l’inosservanza degli obblighi informativi di cui si duole la ricorrente non è dimostrabile, sicché le contestazioni che ella muove sotto questa angolazione alla decisione impugnata non risultano concludenti nel senso di giustificarne la cassazione così come pure richiesto.
Il ricorso principale va dunque dichiarato inammissibile. L’inammissibilità che affligge il ricorso principale determina l’inefficacia del ricorso incidentale ai sensi dell’art. 334, comma 2, cod. proc. civ., trattandosi di ricorso incidentale tardivo, vero infatti che il termine per impugnare la sentenza in difetto di notifica andava a scadere, tenuto conto della sospensione COVID, il giorno 15.7.2020 mentre il ricorso incidentale risulta notificato il 24.9.2020.
Le spese seguono la soccombenza sul ricorso principale e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente principale del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace il ricorso incidentale; condanna parte ricorrente principale al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio che liquida in euro 7200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 29 gennaio 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME