Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4050 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 4050 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 29743 del ruolo generale dell’anno 20 20, proposto da
COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentate e difese, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, col quale elettivamente si domiciliano presso il domicilio digitale
-ricorrenti-
contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME
-intimati- per la cassazione della sentenza della C orte d’appello di Milano, depositata in data 13 febbraio 2020;
Oggetto: Contratto quadro e associazione in partecipazioneInterpretazione.
udita la relazione sulla causa svolta nell a pubblica udienza dell’11 gennaio 2024 dal consigliere NOME COGNOME;
lette le considerazioni per iscritto del sostituto procuratore generale NOME COGNOME, ribadite nel corso della discussione orale, volte al rigetto del ricorso;
udito per la parte ricorrente l’AVV_NOTAIO.
Fatti di causa
Emerge dalla sentenza impugnata che NOME COGNOME e NOME COGNOME stipularono il 22 febbraio 2001, insieme con NOME COGNOME, poi fuoriuscito, una scrittura privata, in esecuzione della quale finanziarono l’acquisto della RAGIONE_SOCIALE da parte di NOME COGNOME, che aveva sottoscritto il contratto preliminare relativo, pagandone un terzo del prezzo. Con la scrittura si convenne che l’acquirente avrebbe trasferito la farmacia con priorità a chi tra le due controparti si sarebbe laureata per prima e, in mancanza, a persona designata da loro o dalla loro madre, alla scadenza del contratto di associazione in partecipazione che sarebbe stato stipulato e che fu effettivamente stipulato il 10 marzo 2002. NOME e NOME COGNOME, dopo aver agito per l’adempimento degli accordi così presi, in esito al fallimento di NOME COGNOME riassunsero il giudizio nei suoi confronti (e della moglie), al fine di ottenere un titolo da spendere in esito alla chiusura del fallimento, e mutarono l’originaria domanda in richiesta di risoluzione del contratto del 2001, posto che avevano proposto domanda d’insinuazione al passivo del fallimento di COGNOME per i crediti anche risarcitori scaturenti dall’accordo di associazione in partecipazione.
Il Tribunale di Milano respinse la domanda e la locale corte d’appello ha rigettato il successiv o appello.
A fondamento della decisione la corte territoriale ha rimarcato che a base della domanda di risoluzione dell’accordo quadro del 2001 v’erano le medesime violazioni lamentate con la domanda di
risoluzione dell’associazione in partecipazione , successivamente trasferita in sede fallimentare, concernenti l’assunzione onerosa della cura e del controllo dell’amministrazione della farmacia e il rilascio di procura gestoria, la rendicontazione periodica cui l’associante avrebbe dovuto provvedere con l’assistenza di un consulente scelto dalle associate e la retrocessione della RAGIONE_SOCIALE alla scadenza del contratto, previa la fissazione dei criteri per la determinazione del prezzo relativo. Difatti, ha notato la corte, le clausole dell’accordo quadro della cui violazione si trattava erano state trasfuse nel contratto di associazione in partecipazione, che, anzi, le aveva disciplinate in maniera più articolata, di modo che, in relazione ai punti in questione, il contratto del 2002 aveva sostituito quello del 2001.
Tra i due contratti, ha aggiunto il giudice d’appello, sussisteva comunque un nesso di collegamento funzionale, posto che la conclusione del secondo aveva costituito oggetto di un impegno assunto col primo, il primo era richiamato nelle premesse del secondo ed erano ripetuti nel secondo gli accordi concernenti gli emolumenti delle parti, il controllo che le associate avrebbero esercitato sull’associante, i termini della fuori u scita dell’associante e la stima del prezzo di cessione. Per conseguenza, ha proseguito la corte territoriale, alla luce del collegamento funzionale fra i due contratti, lo scioglimento di diritto alla dichiarazione di fallimento dell’associazione in partecipazione, in base all’art. 77 l.fall., ha fatto venir meno gli eventuali effetti residui del contratto quadro.
Contro questa sentenza propongono ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME, per ottenerne la cassazione, che affidano a un unico motivo, illustrato con memoria, cui non v’è replica.
In esito alla trattazione del giudizio in adunanza camerale, questa Corte, ravvisata una questione di particolare rilevanza, ne ha
disposto la trattazione in pubblica udienza, in prossimità della quale le ricorrenti hanno depositato ulteriore memoria.
Ragioni della decisione
1.- Col ricorso la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione delle norme sull’interpretazione dei contratti, perché la corte d’appello avrebbe negato autonoma rilevanza all’accordo quadro del 22 febbraio 2001 in ragione del fatto che le clausole di cui è stato dedotto l’inadempime nto risulterebbero trasfuse nel contratto di associazione in partecipazione del 2002; di modo che sarebbe superflua ogni considerazione sulla persistente efficacia dell’accordo quadro in relazione a inadempimenti diversi .
Il motivo è inammissibile.
2.Il ragionamento della corte d’appello si fonda su due capisaldi:
-il primo sta nella considerazione che le clausole dell’accordo quadro sarebbero state trasfuse nel contratto di associazione in partecipazione, che le avrebbe disciplinate in maniera più articolata e che, quindi, proprio in relazione ai punti invocati in giudizio le avrebbe sostituite; con la conseguenza che, azionato il contratto in sede fallimentare, la parte non può reiterare la medesima domanda nel giudizio ordinario;
-il secondo sta nell’affermazione della sussistenza, in base agli indici indicati in narrativa, del nesso di collegamento funzionale tra l’accordo del 2001 e il contratto di associazione in partecipazione del 2002, col conseguente venir meno degli effetti del contratto quadro in ragione dello scioglimento di diritto, ex art. 77 l.fall., del contratto di associazione in partecipazione.
2.1.- Il primo caposaldo effettivamente non regge, poiché la parte ricorrente ha allegato di aver dedotto in primo grado, e ribadito in appello, l’inadempimento di un obbligo contemplato dall’accordo quadro, e non già dal contratto di associazione in partecipazione, ossia dell’obbligo di pagamento di dodici rate consecutive di un
RG n. 29743/20
finanziamento erogato dalla Banca popolare di Milano, da solo idoneo a giustificare la pronuncia di risoluzione dell’accordo quadro .
3.- Per conseguenza è erronea la statuizione con la quale si fa leva sul trasferimento in sede fallimentare della domanda concernente i crediti risarcitori derivanti dall’inadempimento del contratto di associazione in partecipazione. E ciò perché nel caso in esame è pacifico che le ricorrenti abbiano riassunto il giudizio, dopo il fallimento di COGNOME, nei confronti del fallito, allo scopo di munirsi di un titolo da spendere in esito alla chiusura del fallimento.
La perdita di legittimazione processuale del fallito, difatti, non è assoluta, ma relativa, perché non comprende, in particolare, i diritti e le azioni proposti da creditori che, in luogo di partecipare al concorso, abbiano scelto di soddisfarsi sull’eventuale patrimonio che residuerà alla distribuzione dell’attivo (Cass. n. 31843/19). Per conseguenza, hanno ribadito le sezioni unite di questa Corte (Cass. n. 11287/23), il fallito mantiene la capacità processuale con riguardo alle posizioni estranee agli interessi e alle funzioni del concorso, come appunto quelle di natura strettamente personale o comunque non incidenti sulla sorte dei creditori.
3.1.- Coerentemente, si è stabilito che, sinanche nel caso in cui la stessa azione sia proposta sia dal fallito, sia dal curatore, le due sentenze di merito non possono che operare su piani distinti, in quanto la prima è destinata a spiegare efficacia unicamente nei confronti del debitore tornato in bonis , mentre la seconda appare funzionale esclusivamente alla costituzione di un titolo da far valere nei confronti della massa fallimentare ai fini della ammissione al passivo (Cass. n. 16816/14).
4.- Il punto è, tuttavia, che è destinata a restare ferma la valutazione concernente il collegamento funzionale dei due contratti, col relativo corredo di conseguenze, che è autonoma dal primo caposaldo perché il collegamento postula l’esistenza di più contratti, ed è incompatibile col meccanismo della sostituzione, in virtù del
quale un contratto prende il posto di un altro, elidendo il presupposto della pluralità.
Il collegamento funzionale comporta che i diversi e distinti negozi, pur conservando l’individualità propria di ciascun tipo, siano tuttavia concepiti e voluti avvinti teleologicamente da un nesso di reciproca interdipendenza, per cui le vicende dell’uno si ripercuotano sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia (Cass. n. 7524/2007).
4.1.- Si tratta di un fenomeno che incide direttamente sulla causa dell’operazione contrattuale, rivolta a realizzare una finalità pratica unitaria (Cass. n. 3645/2007; n. 7255/2013; n. 18585/2016) ; e l’interdipendenza dei contratti, determina la regolamentazione unitaria anche delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui essi simul stabunt, simul cadent.
5.- Al riguardo, la valutazione di un tale collegamento postula un accertamento riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto, quindi considerando la volontà dichiarata dalle parti alla stregua degli interessi dalle stesse perseguiti nella prospettiva dell’operazione economica complessiva (da ultimo, Cass. n. 28324/23).
Orbene, col ricorso si denuncia la violazione dell’art. 1362, comma 1, c.c. (punto 25, lett. a), dell’art. 1362, comma 2, c.c. (punto 25, lett. b), dell’art. 1367 c.c. (punto 25, l ett. c), ma soltanto in relazione all’affermata sostituzione delle clausole del primo contratto da parte di quelle del secondo; laddove, come sottolineato dalla Procura generale, col punto 29 del ricorso, nel quale si affronta il tema del collegamento negoziale, nessuna censura è svolta in ordine ai criteri interpretativi seguiti. Le ricorrenti si sono difatti limitate assertivamente ad affermare, facendo leva sulla previsione,
contenuta nella clausola IV della scrittura privata del 27 luglio 2007, di contemporanea vigenza delle pattuizioni contenute sia nella scrittura del 22 febbraio 2001, sia nel contratto di associazione in partecipazione del 10 marzo 2002, che « nel prospettare -in maniera apodittica e comunque erroneala sussistenza ‘ fra i due contratti un inscindibile collegamento funzionale ‘, i Giudici del merito hanno trascurato completamente la volontà delle Parti obiettivatasi nelle evidenze documentali in atti (cfr., in particolare, docc: 2-bis; 3; 4; 5, spec. Clausola IV; 6), con ciò rendendo una decisione chiaramente distonica rispetto al percorso logico-giuridico divisato dalle Parti stesse ».
Nulla per le spese, in mancanza di attività difensiva.
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto. Così deciso in Roma, l’11 gennaio 2024.