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Collegamento del contratto con gli Emirati Arabi Uniti

Con atto di citazione del 6 novembre 2012, la XXX s. p. a. conveniva la YYY dinanzi al Tribunale di Vicenza, per sentir dichiarare la nullità per mancanza dell’oggetto, o in subordine la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare sottoscritto dalle parti in data 6 maggio 2008 in Vicenza, con conseguente condanna alla restituzione della somma di € 375.000,00. Unite, 23 luglio 2021, n. 21665), la quale era volta ad “accertare e dichiarare la nullità del contratto preliminare sottoscritto in data 6 maggio 2008 in Vicenza tra la XXX S. p. A. e la YYY per tutte le ragioni esposte in narrativa, ed in particolare per la mancanza dell’oggetto, e per l’effetto condannare la convenuta alla restituzione della somma di euro 375.000,00.

Pubblicato il 19 March 2023 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Con atto di citazione del 6 novembre 2012, la XXX s.p.a. conveniva la YYY dinanzi al Tribunale di Vicenza, per sentir dichiarare la nullità per mancanza dell’oggetto, o in subordine la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare sottoscritto dalle parti in data 6 maggio 2008 in Vicenza, con conseguente condanna alla restituzione della somma di € 375.000,00, oltre accessori.

La convenuta la YYY eccepiva in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice italiano.

Il Tribunale di Vicenza, disattesa l’eccezione sulla carenza di giurisdizione, rigettava le domande.

Proposti appelli in via principale ed incidentale, la Corte di Venezia accoglieva il secondo, affermando che la giurisdizione spettava ai giudici degli Emirati Arabi Uniti (Corte – Tribunale di Ras Al Khaimah), “stante lo stretto e prevalente collegamento del contratto con gli Emirati Arabi Uniti e non con l’Italia”.

I giudici di appello evidenziavano che la domanda della XXX si fondava sul “contratto preliminare di compravendita” del 6 maggio 2008 stipulato con YYY, avente ad oggetto il piano n. 12 di un edificio residenziale ancora da costruire situato nel *** negli Emirati Arabi Uniti, di complessivi mq 2.489,58, comprendente n. 28 appartamenti con parti comuni e con oltre n. 20 garages ed accessori per il corrispettivo di €. 7.500.000, di cui €. 375.000 versati alla sottoscrizione del preliminare.

La domanda principale era volta alla declaratoria di nullità del contratto per mancanza dell’oggetto o alla sua risoluzione per inadempimento, vista la mancata realizzazione del dodicesimo piano, in quanto il compendio era stato realizzato fino al sesto piano, con la condanna alla restituzione del deposito cauzionale di €. 375.000.

Contrastando l’argomentazione del Tribunale, la Corte di Venezia osservava che il primo giudice aveva ravvisato la giurisdizione italiana in base alla sola natura contrattuale del rapporto tra le parti, trascurando di tener conto dell’elemento del “collegamento più stretto del contratto con uno dei Paesi dei contraenti”, alla stregua dell’art. 5 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, e quindi del luogo dove l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita, da determinare in base all’art. 57 della legge n. 218 del 1995.

Per i giudici di appello, il contratto preliminare oggetto di lite era “legato in modo più stretto con gli Emirati Arabi Uniti” che con l’Italia, atteso che:

a) l’obbligazione qualificante il rapporto – da valutarsi anche tenuto conto della domanda di nullità o di risoluzione per la mancata realizzazione dell’immobile – afferiva proprio (art. 1 del preliminare) alla promessa di vendita da parte di YYY a XXX di una porzione dell’edificio ancora da costruire negli Emirati Arabi Uniti;

b) il pagamento dell’acconto di € 375.000 era avvenuto a favore di YYY presso un conto corrente negli Emirati Arabi Uniti;

c) il contratto prevedeva che entro la data prevista per la stipula del definitivo la XXX avrebbe dovuto costituire la società secondo la normativa vigente nello sceiccato di Ras Al Khaimah, alla quale avrebbe dovuto essere trasferito l’immobile oggetto della promessa di vendita, oppure avrebbe dovuto essere compiuta ogni formalità necessaria al trasferimento della porzione immobiliare a persona fisica o giuridica italiana secondo la normativa vigente nel medesimo sceiccato di Ras Al Khaimah;

d) l’art. 4 prevedeva che le spese e gli oneri per il contratto definitivo avrebbero dovuto essere a carico del promissario acquirente secondo la normativa degli Emirati Arabi;

e) la realizzazione del compendio immobiliare avrebbe richiesto l’utilizzo di maestranze e beni locali; g) la legge applicabile al contratto indicata dalle parti era quella degli Emirati Arabi.

Nel caso esaminato, vertendosi in controversia in una delle materie già comprese nel campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 promossa nei confronti di soggetto straniero, non domiciliato in uno Stato membro dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 3, comma 2, della l. n. 218 del 1995 la giurisdizione italiana sussiste in base ai criteri stabiliti dal Regolamento (CE) n. 44 del 2001 (nella specie applicabile “ratione temporis”), sostitutivo della predetta convenzione, e poi a sua volta sostituito dal Regolamento (UE) n. 1215 del 2012 (Cass. Sez. Unite, 25 giugno 2021, n. 18299; 10 novembre 2021, n. 33002 e 33003; 24 novembre 2021, n. 36371).

La decisione sulla giurisdizione è, dunque, determinata dall’oggetto della domanda espressamente proposta in via principale (come di regola in ipotesi di proposizione di plurime domande legate da nesso di subordinazione: ex multis, Cass. Sez. Unite, 23 luglio 2021, n. 21665), la quale era volta ad “accertare e dichiarare la nullità del contratto preliminare sottoscritto in data 6 maggio 2008 in Vicenza tra la XXX S.p.A. e la YYY per tutte le ragioni esposte in narrativa, ed in particolare per la mancanza dell’oggetto, e per l’effetto condannare la convenuta alla restituzione della somma di euro 375.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria”.

L’esposizione dei fatti e degli elementi costituenti le ragioni di tale domanda era contenuta nelle pagine 16 e seguenti della citazione introduttiva:

la porzione promessa in vendita (il dodicesimo piano dell’immobile) doveva ancora essere realizzata al momento della firma del preliminare e la YYY era proprietaria dell’intero immobile ma non doveva costruirlo, in quanto tenuto alla costruzione era un terzo, sicché, a dire dell’attrice, si trattava di preliminare di cosa futura.

A norma dell’art. 1472, comma 2, c.c., giacché tale cosa non era poi venuta ad esistenza e il promittente venditore non aveva assunto alcun obbligo in tal senso, il preliminare, secondo l’attrice, era perciò da intendersi nullo.

Nella riunione dell’8 novembre 2011, si narrava ancora in citazione, un rappresentante della YYY aveva comunicato ad un rappresentante della XXX che il dodicesimo piano del fabbricato non sarebbe stato più realizzato, in conseguenza di modifiche progettuali intervenute.

Alla nullità del preliminare, sempre a dire dell’attrice, doveva conseguire la condanna della convenuta a restituire la somma di € 350.000,00 versata in sede di stipula mediante bonifico bancario.

Come affermato nei più recenti precedenti della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, uniformandosi all’interpretazione dettata dalla sentenza della Corte di giustizia UE sez. I, sentenza 20 aprile 2016, C-366/13, deve ritenersi che l’azione diretta ad ottenere l’annullamento di un contratto e la restituzione delle somme indebitamente versate sul fondamento di detto contratto (come nella specie, con riferimento alla domanda di ripetizione dell’acconto pari al 5% del prezzo di vendita versato in esecuzione del preliminare che si assume nullo ex art. 1472, comma 2, c.c.) rientra nella «materia contrattuale» agli effetti dell’art. 5, n. 1, lett. a), del Regolamento (CE) n. 44/2001 (qui applicabile ratione temporis), e perciò è consentito all’attore di convenire il soggetto straniero davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita (Cass. Sez. Unite, 11 maggio 2017, n. 11519; 28 febbraio 2018, n. 4731; si veda altresì Corte di giustizia UE sez. IV, sentenza 9 dicembre 2021, C-242/20).

Anche per le obbligazioni restitutorie, ed in particolare per la ripetizione di indebito, si giustifica, dunque, l’applicazione del citato art. 5, n. 1, lett. a), siano o meno esse connesse a fattispecie contrattuali, ovvero, come nella specie, derivanti per conseguenzialità da un contratto nullo.

In tal senso depone altresì l’esigenza di armonia delle decisioni, perché possano coincidere il giudice investito della domanda di ripetizione ed il giudice competente a pronunciarsi, in ragione del forum solutionis, sull’accertamento della invalidità del contratto, costituente un antecedente logico della decisione sul diritto alla restituzione.

Focalizzato l’oggetto della domanda proposta dalla XXX S.p.A. nei confronti della YYY nella pretesa di restituzione della prestazione eseguita in adempimento dell’articolo 2 del contratto concluso a Vicenza in data 6 maggio 2008, che si sostiene nullo, e ricondotta tale azione in via diretta alla ‹‹materia contrattuale›› ex art. 5, n. 1, lett. a), del Regolamento (CE) n. 44/2001, rileva, ai fini dell’individuazione del giudice munito di giurisdizione, non il luogo dove venne eseguita la prestazione indebita in attuazione del vincolo contrattuale invalido (e cioè il versamento mediante bonifico bancario sul conto corrente intestato alla promittente venditrice presso la HSBC Bank Middle East Limited di Ras Al Khaimah), ma il luogo dove deve adempiersi la distinta obbligazione di restituzione dell’indebito dedotta in giudizio (coincidente con il domicilio della creditrice XXX).

La Suprema Corte ha perciò dichiarato la giurisdizione del giudice italiano.

Corte di Cassazione, Sezione Unite, Ordinanza n. 7065 del 9 marzo 2023

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