Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16840 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16840 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21409-2020 proposto da:
Oggetto
Inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale Condivisione della prestazione -Codatorialità -Obbligazione solidale del datore di lavoro sostanziale
R.G.N. 21409/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 19/03/2025 CC
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZOStudio Legale LMCA), presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 4705/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/12/2019 R.G.N. 3604/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Roma accertava l’unicità del centro di imputazione di interessi tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE – cui subentrava per cessione di ramo aziendale RAGIONE_SOCIALE (nel giugno 2010) – e l’intestazione del rapporto di lavoro intrattenuto dal dipendente NOME COGNOMEdirigente) con RAGIONE_SOCIALE – e poi con RAGIONE_SOCIALE -anche nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, nonché la prosecuzione del rapporto presso RAGIONE_SOCIALE anche dopo la formale intimazione di licenziamento da parte di RAGIONE_SOCIALE (in data 23.11.2011), rapporto, pertanto, da ritenersi ancora in essere con TSI, con diritto del ricorrente alla corresponsione delle retribuzioni maturate.
2. La Corte d’Appello di Roma, per quanto in questa sede rileva, confermava le statuizioni del Tribunale circa la codatorialità del rapporto di lavoro nell’impresa di gruppo; rilevava che, nel caso di specie, il Tribunale aveva accertato come il dirigente avesse lavorato in modo del tutto indistinto per le esigenze delle società del gruppo, così evidenziandosi l’esistenza di una stretta integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e di un coordinamento volto a far confluire le attività delle singole imprese verso un interesse comune, anche attraverso l’utilizzo promiscuo dei dipendenti; osservava come anche la documentazione prodotta comprovasse la commistione esistente tra le società per il perseguimento di un interesse comune e l’utilizzo promiscuo del personale; riteneva quindi che, ad onta di un contratto di appalto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, non vi fosse alcuna diversificazione delle attività imprenditoriali delle società menzionate, né ai livelli operativi, né ai livelli apicali e della dirigenza.
3. In diritto, la Corte di Roma affermava che, avendo il ricorrente prestato servizio alle dipendenze di un’unica parte, seppure plurisoggettiva, egli non poteva ‘ richiedere il pagamento di una diversa retribuzione a carico di un altro dei soggetti datoriali perché ha già ottenuto il pagamento della retribuzione per detto rapporto; allo stesso modo non può pretendere la prosecuzione del rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE perché il rapporto di lavoro intrattenuto con RAGIONE_SOCIALE si è interrotto per il recesso formalizzato da RAGIONE_SOCIALE . Se il rapporto di lavoro è unico, come deve essere per effetto dell’accertamento dell’unicità del centro di imputazione di interessi, egli ha già ottenuto piena garanzia e tutela dal suo datore di lavoro formale (e al contempo sostanziale, sebbene
non unico) venendo da questi regolarmente retribuito e essendo stato da questi infine licenziato. ‘
4. A vverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidato a 3 motivi, cui hanno resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE, che hanno altresì depositato memorie; RAGIONE_SOCIALE liquidazione ha depositato controricorso e ha proposto ricorso incidentale con 3 motivi; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso principale è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione o falsa applicazione dei principi e delle previsioni in materia di unicità del centro di imputazione e degli artt. 2094, 2099, 2497 c.c. e 36 Co st., e, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso o erroneo o contraddittorio esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti; si sostiene che la sentenza impugnata ha mal interpretato i principi e le previsioni in materia di unicità del centro di imputazione di interessi, laddove ha ritenuto che il ricorrente non avesse diritto ad ottenere una remunerazione, ancorché qualificata in via risarcitoria, per l’attività prestata alle dipendenze di TSI.
2. Con il secondo motivo, parte ricorrente principale deduce (art. 360, n. 3 e n. 5, c.p.c.) violazione o falsa applicazione dei principi e delle previsioni in materia di unicità del centro di imputazione di interessi e degli artt. 1372, 2094, 2497, 2697 c.c., 112 e 115 c.p.c., avuto riguardo agli effetti del recesso comunicato dal solo datore di lavoro formale, e omesso o erroneo esame di fatto decisivo; sostiene che la sentenza
impugnata ha mal interpretato i principi in materia di unicità del centro di imputazione di interessi per aver ritenuto che il rapporto di lavoro accertato tra il ricorrente e RAGIONE_SOCIALE sia cessato per effetto della comunicazione di recesso inviata dal solo datore di lavoro formale RAGIONE_SOCIALE
Con il terzo motivo, la sentenza gravata viene censurata (art. 360, n. 3 e n. 5, c.p.c.) per violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., con particolare riguardo alla sussistenza di un’ipotesi di somministrazione irregolare di manodopera ai sensi del d.lgs. n. 276/2003, e omesso o erroneo esame di fatto decisivo; si sostiene erroneità della sentenza impugnata nel non aver tenuto conto di quanto dedotto dal ricorrente circa la sussistenza, in ogni caso, di una ipotesi di somministrazione irregolare di manodopera, con conseguente diritto del lavoratore alla costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di TSI quale utilizzatore sin dall’inizio della somministrazione.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione deduce (art. 360, n. 3 e n. 5, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 2697 c.c., con riferimento alla valutazione delle motivazioni che hanno determinato la sua chiamata in causa e omesso esame di fatto decisivo; sostiene che erroneamente è stata respinta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva e nulla è stato chiesto al lavoratore circa l’attività lavorativa prestata nell’ambito dei servizi di notte nell’interesse di essa società;
5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, deduce (art. 360, n. 3 e n. 5, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., 2697 c.c., con riferimento alla sussistenza o valutazione di efficacia dell’accordo di conciliazione tra il ricorrente e RAGIONE_SOCIALE e omesso esame di
fatto decisivo; sostiene che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che la copia del verbale di conciliazione fosse inidonea a provare l’accordo transattivo raggiunto in sede giudiziale e nel non tenere conto che tale conciliazione non è mai stata disconosciuta ad opera delle parti.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale, deduce (art. 360, n. 3 e n. 5, c.p.c.) violazione o falsa applicazione dei principi sottesi alla fattispecie in materia di unicità del centro di imputazione degli interessi e degli artt. 2497, 2697 c.c. e 115 c.p.c. e omesso esame di fatto decisivo; sostiene che erroneamente è stata ritenuta la contitolarità del rapporto di lavoro tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a decorrere dal 1° luglio 2010.
I motivi di ricorso principale non sono fondati.
Nel caso di specie, la Corte di merito ha ritenuto comprovato l’utilizzo fraudolento dello schema societario, e ha ricondotto il concreto rapporto di lavoro dirigenziale, nel suo svolgimento come accertato in fatto, allo schema della codatorialità del rapporto di lavoro nell’impresa di gruppo; costruzione giuridica che presuppone l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale, nonché la condivisione della prestazione del medesimo, al fine di soddisfare l’interesse di gruppo, da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali, secondo le regole generali di imputazione del rapporto all’effettivo utilizzatore della prestazione (espressamente richiamando Cass. n. 267/2019), quale rapporto plurisoggettivo e di contitolarità dal lato del datore di lavoro.
Osserva il Collegio che detta riconduzione delle modalità fattuali come accertate nel merito al fenomeno della codatorialità è coerente con l’orientamento della
giurisprudenza di questa Corte, a partire, appunto, da Cass. n. 267/2019, e sviluppato, tra le altre, da Cass n. 3899/2019, n. 6664/2019, n. 16566/2020, n. 3899/2019, n. 31519/2019, n. 13207/2022, n. 16975/2022, n. 17736/2024, n. 22509/2024, in cui si afferma che la codatorialità nell’impresa di gruppo presuppone l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale, nonché la condivisione della prestazione del medesimo, al fine di soddisfare l’interesse di gruppo, da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali.
10. La giurisprudenza sul tema si è sviluppata inizialmente con riferimento alla configurazione di rapporto di lavoro in cui la parte datoriale sia rappresentata da una pluralità di imprese, con riguardo a fenomeni di frammentazioni fraudolente fra più società, finalizzate all’elusione di norme imperative.
11. In tale contesto, il collegamento economico – funzionale tra imprese, ai fini dell’individuazione di un centro unitario di imputazione dei rapporti di lavoro, è stato ritenuto sussistente in presenza dei seguenti requisiti: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico e amministrativo – finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori (v., ad.es, Cass. n. 19023/2017, n. 26346/2016, n. 3482/2013, n. 25763/2009)
12. In quest’ottica, è stato precisato (già da Cass. n. 11107/2006) che il collegamento economico – funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, anche all’eventuale fine della valutazione di sussistenza del requisito numerico per l’applicabilità della cd. tutela reale del lavoratore licenziato, con valutazione di fatto rimessa al giudice di merito.
13. In seguito, anche sulla scia della nozione di ” direzione e coordinamento ” di società, introdotta nell’art. 2497 c.c., in coerenza col peso attribuito dall’ordinamento europeo alla nozione di gruppo di imprese, si è registrato lo sganciamento dalla necessità di prova dell’abusiva frammentazione societaria ai fini dell’ammission e della codatorialità, anche in riferimento a gruppi genuini; ciò in quanto il fenomeno dell’integrazione societaria può evolversi in forme molteplici, non necessariamente di strumentalizzazione della struttura di gruppo, e in quanto, in presenza di gruppi genuini, ma fortemente integrati, può esistere un rapporto di lavoro che veda nella posizione del lavoratore un’unica persona e nella posizione del datore di lavoro più persone giuridiche, rendendo così solidale l’obbligazione del datore di lavoro.
14. Dunque, è stato chiarito che è giuridicamente possibile concepire un’impresa unitaria che alimenta varie attività formalmente affidate a soggetti diversi, ben potendo esistere un rapporto di lavoro che veda nella posizione del lavoratore un’unica persona e nella posizione del datore di lavoro più
persone, rendendo così solidale l’obbligazione del datore di lavoro, secondo lo schema dell’obbligazione soggettivamente complessa.
15. Rimane fermo, in tale elaborazione della giurisprudenza, il divieto di dissociazione tra datore di lavoro formale e datore di lavoro sostanziale (interposizione illecita di manodopera), che, peraltro, non è incompatibile con la possibile natura plurisoggettiva del datore di lavoro.
16. Ne consegue che, se il collegamento economicofunzionale tra imprese di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell’autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta e non determina di per sé solo l’estensione degli obblighi inerenti al rapporto di lavoro con una di esse alle altre dello stesso gruppo, dal canto suo la codatorialità nell’impresa di gruppo presuppone l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale nonché la condivisione della prestazione del medesimo, al fine di soddisfare l’interesse di gruppo, da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali (o co-datore plurisoggettivo), anche, ad esempio, ai fini dell’applicazione delle disposizioni in tema di licenziamento collettivo o in materia di ricollocamento lavorativo.
17. Si è ulteriormente osservato che, a prescindere dalla prova dell’esistenza di un vero e proprio gruppo societario, la prestazione lavorativa resa contestualmente, oltre che in favore della società datrice di lavoro formale, anche in favore di altre società convenute in giudizio, anche al di là della prova dell’esistenza di un vero e proprio gruppo societario, determina il verificarsi di una situazione di codatorialità; con la conseguenza che, qualora uno stesso dipendente presti
servizio contemporaneamente a favore di diversi datori di lavoro, titolari di distinte imprese, e l’attività sia svolta in modo indifferenziato, così che in essa non possa distinguersi quale parte sia stata svolta nell’interesse di un datore e quale nell’interesse degli altri, è configurabile l’unicità del rapporto di lavoro e tutti i fruitori dell’attività del lavoratore devono essere considerati solidalmente responsabili nei suoi confronti per le obbligazioni relative, ai sensi dell’art. 1294 c.c.
18. Infatti, in ambito lavoristico, il concetto di impresa e di datore di lavoro è da individuarsi sulla base di una “concezione realistica”, nel soggetto che effettivamente utilizza la prestazione di lavoro ed è titolare dell’organizzazione produttiva in cui la prestazione stessa è destinata ad inserirsi.
19. Pertanto, ove sia accertato il collegamento funzionale tra le società gestite dal medesimo gruppo, anche a prescindere dalla simulazione o preordinazione fraudolenta, in presenza di determinate circostanze di fatto la titolarità del rapporto di lavoro può essere riferita contemporaneamente a più soggetti che, sebbene formalmente distinti, si pongano per il collegamento funzionale tra essi esistente come espressione di un unico centro di interessi e, quindi, di impresa sostanzialmente unitaria; se è dimostrata l’utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte di più aziende che siano espressione di un unico centro decisionale, si prescinde dalla prova del carattere simulatorio, perché l’esigenza di individuare con precisione un unico centro di imputazione cui ricondurre la gestione del singolo rapporto di lavoro, al di là degli schemi societari ovvero di una pluralità di strutture organizzative, risponde al dato normativo base dell’art. 2094 c.c.
20. L’accertamento di compenetrazione di mezzi e di attività tra società con vari possibili elementi di collegamento può essere sintomatico della sostanziale unicità soggettiva in relazione al rapporto di lavoro, tale da consentire l’individuazione, ai fini in esame, di un’impresa unitaria anche in presenza di gruppi genuini, in condizione di codatorialità. La condivisione della prestazione del lavoratore, al fine di soddisfare l’interesse di gruppo, da parte delle diverse società, che esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali, si fonda sul principio di effettività e determina la configurabilità in concreto di un unico soggetto datoriale.
21. Nelle più recenti fattispecie pervenute all’esame di questa Corte, sopra indicate, è stato affermato che l’accertamento dell’effettiva esistenza dell’invocato centro unitario di imputazione rispetto al rapporto di lavoro formalmente intercorso con una sola società (fallita) può comportare l’imputazione dello stesso anche ad altra società attiva e a società in liquidazione; in ragione dell’accertata codatorialità, e dell’attribuzione in via solidale a tutte le (tre) società delle obbligazioni derivanti dal dedotto rapporto di lavoro, è stato così confermato l’accoglimento della richiesta di ripristino avanzata nei confronti della società attiva, in forza del vincolo di solidarietà; né l’azione per l’invalidità del recesso intimato dall’apparente datore di lavoro si pone come preclusiva della possibilità di agire in giudizio per l’accertamento della sussistenza di codatorialità, quale rapporto di lavoro sostanziale intercorrente con plurimo datore di lavoro (cfr. Cass. n. 32412/2023).
22. E’ stato inoltre chiarito, valorizzando gli indici di integrazione tra società collegate economicamente e funzionalmente, quali tratti caratteristici della fattispecie della
direzione e del coordinamento di società, che nel momento in cui venga accertata (con specifico riguardo al rapporto di lavoro e dall’angolazione del lavoratore) l’utilizzazione promiscua delle prestazioni lavorative da parte delle diverse società del gruppo, queste possono essere considerate codatrici del medesimo lavoratore, secondo lo schema dell’obbligazione soggettivamente complessa; si è precisato, anche in riferimento al nuovo C.C.I.I. (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – d.lgs. n. 14/2019 e succ. modd.), che regola a livello generale la crisi o l’insolvenza del gruppo, disciplinandone strumenti e procedure, che sono divenuti tratti caratteristici della fattispecie la direzione e il coordinamento di società; sicché il gruppo di imprese resta fenomeno unitario sotto il profilo economico, ma non sotto quello giuridico, per effetto della distinta personalità giuridica, per cui occorre individuare, nella modulazione delle modalità e della misura di un contemperato bilanciamento dei collegamenti economici, finanziari e organizzativi tra i soggetti partecipanti con tale principio, il punto di equilibrio fra unità economica e pluralità giuridica.
23. Con specifico riguardo all’imputazione datoriale del rapporto di lavoro, il tema della modulazione flessibile del fenomeno del gruppo di imprese deve essere risolto con accertamento di merito, da condurre in aderenza alla realtà strutturale ed organizzativ a dell’impresa (unitaria economicamente, ma plurale giuridicamente), così che ad essa si conformi coerentemente la tutela giuridica dei rapporti; se, all’esito di un tale accertamento, la risultanza sarà quella di una condivisione della prestazione del lavoratore, inserito nell’organizzazione economica complessiva a cui appartiene il datore di lavoro formale, da parte delle diverse società che
esercitano i tipici poteri datoriali e diventano datori sostanziali, al fine di soddisfare l’interesse di gruppo, la qualificazione giuridica dell’imputazione sarà quella di codatorialità.
24. Invero, si tratta di diversa qualificazione giuridica o denominazione del rapporto di direzione del lavoratore, più formale in un caso ( ‘codatorialità’ ), più sostanzialistica nell’altro ( ‘unicità di centro di imputazione’ , depurata da ogni riferimento elusivo o fraudolento), che comunque, tanto per il lavoratore, tanto per la parte datoriale complessa, istituisce una responsabilità solidale della seconda nei confronti del primo, ai sensi degli artt. 1292 ss. c.c.
25. Vanno dunque in proposito evidenziati (in linea con perspicua dottrina in materia) il superamento della relazione bilaterale tra il lavoratore e un solo datore di lavoro, quale tratto caratterizzante il contratto di lavoro subordinato; l’emersione della n ozione di codatorialità (tipica e atipica) nel rapporto di lavoro, quale elemento di sistemazione dogmatica della materia; la necessità, per la configurazione di codatorialità, delle due concorrenti condizioni dell’esercizio contemporaneo dei poteri datoriali da parte di più soggetti, e dello svolgimento della prestazione lavorativa nell’interesse condiviso di soggetti tra di loro formalmente distinti; l’evoluzione della giurisprudenza in materia di gruppi societari, con un ampliamento della tutela, dalla focalizzazione sulla verifica delle frammentazioni fraudolente fra più società al fine di elusione di norme imperative anche in materia di rapporti di lavoro, alla caratterizzazione dei tratti dell’unitario centro di imputazione, sino all’odierna corrente n ozione (utilizzata nella sentenza qui impugnata) di codatorialità, per identificare le ipotesi di contitolarità del contratto di lavoro a cui consegue il
riconoscimento della responsabilità solidale tra tutti i datori di lavoro.
26. A tale accertamento in fatto nel caso concreto ha proceduto la Corte di Roma, accertamento scevro di vizi logici e giuridici e che resiste alle censure di parte ricorrente, inducendo, da una serie di elementi tanto riguardanti le mansioni svolte dal dirigente, quanto riguardanti i rapporti tra le società, l’esistenza di una fattispecie di codatorialità, in coerenza con i principi di diritto sopra enunciati.
27. La configurazione, dal lato del lavoratore, di un datore di lavoro plurale, in condizione di codatorialità, in base al principio di effettività, dal punto di vista processuale comporta che, nel caso di domanda del lavoratore intesa ad accertare un rapporto plurisoggettivo di codatorialità, ai sensi dell’art. 102 c.p.c., è necessaria l’estensione del contraddittorio a tutti i soggetti individuati quali contitolari del rapporto di lavoro, agendo il lavoratore per l’accertamento, con efficacia di giudicato, di un unico centro di imputazione dal lato passivo del rapporto, e non per affermarne l’esistenza con l’unico datore di lavoro effettivo, e negarlo con quello apparente, ipotesi diversa in quanto l’accertamento negativo del rapporto fittizio con il datore di lavoro interposto è conosciuta dal giudice in via soltanto incidentale (così Cass. n. 6664/2019; cfr. altresì Cass. n. 1656/2020).
28. Tale conseguenza discende direttamente della natura della codatorialità quale fenomeno giuridico che determina, per il lavoratore, nei confronti del datore di lavoro sostanziale, la garanzia della solidarietà dei soggetti formalmente plurali per i debiti retributivi e risarcitori o reintegratori in caso di illegittimità del recesso.
29. Lo schema plurisoggettivo, che estende la tutela del lavoratore-creditore nei confronti di tutti i soggetti giuridici coinvolti per parte datoriale-debitrice, in termini di responsabilità solidale, non muta la natura delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro, ossia, in principalità, il credito-debito retributivo (alla retribuzione unitaria conforme alla qualità e quantità del lavoro prestato, e non a più retribuzioni per quanti siano i datori di lavoro formali) e la protezione da licenziamento illegittimo, preceduta dalla necessaria impugnazione nei confronti di tutti i soggetti identificabili come codatori, e dall’accertamento dell’illegittimità (eventualmente anche per intimazione da parte di soggetto a ciò non legittimato) del recesso (quindi non in termini di sostituzione o cumulo soggettivi delle tutele, in difetto dei suddetti requisiti).
30. Caratteristica delle obbligazioni solidali in generale è, infatti, la tutela dell’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale (cfr. Cass. n. 8874/2021, n. 28356/2019, n. 7704/2018); in presenza di un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro ovvero di codatorialità, tutti i fruitori dell’attività lavorativa devono essere considerati responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto, in virtù della presunzione di solidarietà prevista dall’art. 1294 c.c., in caso di obbligazione con pluralità di debitori; ma la codatorialità non si identifica con un’autonoma garanzia o con un’obbligazione riferibile a diversa causa concreta, e dunque non è ammissibile la sostituzione soggettiva in luogo della solidarietà, che si tradurrebbe in una duplicazione di tutele.
31. Risulta pertanto infondata la domanda di accertamento del diritto a una ulteriore retribuzione, perché la codatorialità
determina una situazione di solidarietà, non di cumulo o raddoppio del rapporto di credito-debito, in assenza di prova del danno o di ragioni di maggiorazioni retributive; così come, in mancanza di impugnativa del recesso nei confronti di tutti i co-datori di lavoro, non opera la solidarietà passiva derivante dall’unicità del rapporto.
32. Ciò determina la non accoglibilità dei primi due motivi del ricorso principale, e l’assorbimento del terzo.
33. Il primo motivo di ricorso incidentale relativo alla legittimazione passiva è infondato per le ragioni esplicitate sopra (§§ 27 -28); il secondo, in materia di codatorialità, è infondato per le ragioni esplicitate con riferimento agli speculari motivi del ricorso principale (§§ 9-25); il terzo risulta assorbito.
34. Ricorrono giusti motivi, in parte per la reciproca soccombenza, e in parte in considerazione della relativa novità delle questioni, approfondita in pronunce successive al deposito delle impugnazioni, per la compensazione integrale tra le parti delle spese del presente giudizio.
35. Al rigetto delle impugnazioni principale e incidentale consegue per le relative parti il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Spese compensate.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e della
ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 19 marzo 2025.