Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15091 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15091 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15234/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e
-controricorrente-
nonchè
contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI n. 34/2021 depositata il 22/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che:
Con sentenza nr 34/2021 la Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, accoglieva per quanto di ragione, l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE avverso la decisione nr 149/2019 del Tribunale di Sassari con cui era stata rigettata la domanda dell’appellante relativa alla nullità delle spese e commissione previste in due contratti di finanziamento per mancanza di causa e per la natura vessatoria delle clausole negoziali.
Rilevava, alla stregua delle risultanze di causa, la nullità della clausola di cui al punto 6 denominata ‘ bancarie/finanziarie’ e dell” intermediario finanziario’ in quanto in contrasto con gli articoli 1418,1325 e 1346 c.c. e con gli articoli 33 e seguenti del codice del
consumo avendo un oggetto indeterminato, poco chiaro e difficilmente comprensibile.
Inoltre osservava che sempre l’art 6 prevedeva per l’intermediario finanziario una commissione da corrispondere per ‘ compensi e prestazioni istruttorie, l’elaborazione dei dati in funzioni delle legge 197/1971 e 108/1996 e per ogni altro adempimento connesso all’esecuzione del contratto’ nonché una provvigione per gli agenti e/o mediatori ‘ eventualmente intervenuti cui il mutuatario abbia discrezionalmente ritenuto di rivolgersi per il complesso di attività e servizi che questi hanno a disposizione’..
Rilevava che il contratto, ancora una volta, faceva riferimento senza alcuna specificazione ad attività rientranti nell’ambito della predisposizione ed allestimento del contratto e quindi relativo alla fase istruttoria già remunerata a parte e nulla precisava in ordine agli ulteriori servizi da rendere nella fase esecutiva nonché in ordine all’oggetto della commissione dell’intermediario se non che la stessa riguarderebbe’ le prestazioni istruttorie, l’elaborazione dei dati in funzione delle leggi 197/1971 e 108/1996 e ogni altro adempimento connesso all’esecuzione del contratto’.
Riteneva pertanto che anche con riferimento alla parte in cui era riconosciuto all’intermediario un compenso ed una provvigione della quale si disconosceva il criterio del computo per gli agenti e/o mediatori’ eventualmente intervenuti’ dovesse essere riconosciuta la nullità per indeterminatezza della clausola nr 6.
Osservava che i costi complessivamente posti a carico del consumatore per le commissioni in questione, oltre a quelli riguardanti le spese di istruttoria e di assicurazioni risultavano nei due contratti pari ad € 6.665,40 ed € 6.696,04 a fronte di una
remunerazione dell’attività finanziaria per interessi di € 8.101,62 ed € 8.077,21.
Riteneva pertanto evidente ‘il significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto’ in relazione alle contrapposte posizioni giuridiche soggettive assunte dai contraenti, sulla base di clausole non chiare e non comprensibili.
Considerava pertanto che tali commissioni dovevano ritenersi nulle per indeterminatezza e vessatorietà ai sensi dell’art 33 del c. del consumo stante la formulazione sommaria ed estremamente generica della clausola nr 6.
Osservava per quanto riguarda l’appello condizionato proposto da RAGIONE_SOCIALE in ordine alla nullità dell’atto introduttivo per mancanza dei suoi presupposti, che detto atto era stato redatto in modo da consentire una agevole individuazione delle richieste e dei motivi posti a suo fondamento.
Con riguardo all’eccepita carenza di legittimazione passiva rispetto alle domande azionate che la RAGIONE_SOCIALE, dichiaratasi unica mandataria della Apulia, si era posta nei riguardi del cliente come punto di contatto effettivo nella formazione del contratto.
Escludeva poi che in merito alle domande azionate fosse maturata la prescrizione decennale.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato ad 8 motivi, illustrati da memorie, cui hanno resistito la RAGIONE_SOCIALE con controricorso, illustrati da memorie e NOME COGNOME
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art 1388 nr 3 c.p.c. in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per avere la
Corte di appello riconosciuto in capo alla RAGIONE_SOCIALE la legittimazione passiva malgrado il ruolo esplicitato di mandataria con rappresentanza della RAGIONE_SOCIALE
Con un secondo motivo si censura la decisione sotto il profilo della violazione dell’art 164, IV comma c.p.c. in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per avere la Corte di appello rigettato l’eccezione di nullità in base al combinato disposto degli articoli 163 e 164 c.p.c. dell’atto di citazione malgrado non fosse stata esplicitata la causa petendi e chiarita la natura dell’azione proposta. Con un terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 c.p.c. e dell’art 2697 c.c. per avere affermato la legittimazione passiva concorrente dell’intermediario malgrado le risultanze documentali deponessero in senso contrario rispetto a quanto deciso dal giudice di merito.
Con un quarto motivo si deduce l’omessa decisione su una domanda formulata da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE in relazione all’art 112 c.p.c. ai sensi dell’art 360 primo comma nr 4 c.p.c. per avere richiesto sin dalla prima costituzione in giudizio in caso di accoglimento delle domande azionate dalla Idile di essere garantita e tenuta indenne da RAGIONE_SOCIALE
Con il quinto motivo si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo ai sensi dell’art 360 primo comma nr 5 c.p.c. per avere ritenuto la Corte di appello che nel contratto stipulato in data 14.3.2018 avente ad oggetto la cessione del quinto dello stipendio ed in quello successivo avente ad oggetto una delegazione di pagamento le commissioni per il compenso dell’intermediario fossero vessatorie
Con il sesto motivo si duole della violazione dell’art 120 del T.U.B. in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c. per avere la Corte
di appello applicato retroattivamente le disposizioni di cui agli articoli 120 decies, comma I del T.U. e dell’art 125 novies, II comma T.U.B. ad un rapporto negoziale sorto prima della loro entrata in vigore
Con il settimo motivo si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo ai sensi dell’art 360 primo comma nr 5 c.p.c. per avere la Corte di appello condannato la RAGIONE_SOCIALE.p.a. alla restituzione di somme incassate da altri soggetti neppure convenuti in questo giudizio.
Con l’ottavo motivo si denuncia la violazione dell’art 112 c.p.c. in relazione all’art 360 nr 4 c.p.c. per la mancata corrispondenza fra quanto chiesto dalla Idile e quanto deciso dalla Corte territoriale.
Il primo e terzo motivo in quanto volti a contestare sia pure sotto angolazioni diverse la legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE s.p.a. vanno trattati congiuntamente.
Le doglianze sono infondate.
NOME COGNOME come emerge dalla sentenza qui impugnata ha agito in giudizio denunciando la nullità della clausola nr 6 inserita nei due contratti di finanziamento stipulati con la RAGIONE_SOCIALE s.p.a., quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE lamentando il pagamento indebito di commissioni in favore della RAGIONE_SOCIALE per mancanza di causa e per la natura vessatoria della clausola ed ha chiesto la restituzione delle somme indebitamente corrisposte a tale titolo.
Sul punto giova ricordare che “La ripetizione d’indebito oggettivo, rappresenta un’azione di natura restitutoria e non risarcitoria, a carattere personale, ed è circoscritta tra il solvens ed il destinatario del pagamento, sia che questi lo abbia incassato personalmente sia che l’incasso sia avvenuto a mezzo di rappresentante, visto che ad ogni effetto è il dominus colui che deve qualificarsi come effettivo
accipiens” (Cass. 23/02/2021, n. 4862) con conseguente legittimazione passiva esclusivamente in capo a colui nella cui sfera giuridica confluiranno le somme ripetibili, anche se riscosse da altri in sua vece (Cass. 28/02/2024, n. 5268; Cass. 06/04/2011, n. 7871).
La Figenpa era la destinataria finale del pagamento e come tale legittimata passiva dell’azione proposta.
La motivazione della Corte di appello laddove ha fatto richiamo al principio della legittimazione apparente va corretta nei termini sopra esposti.
Con riguardo alla dedotta violazione dell’art 115 c.p.c. giova rammentare che, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento all’apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due profili: qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale (” (Cass. 6774/2022, ed, in termini, tra le altre, v. Cass. Sez. Un. n. 20867/2020, Cass. n. 4699/2018, Cass. n. 2434/2016, Cass., Sez. Un., n. 11892/2016, Cass. n. 13960/2014, Cass. n. 26965/2007).
Del tutto destituita di fondamento è la denuncia di violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., che si configura solo ove il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo – cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo
le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni – e non anche ove si contesti, come fa la ricorrente, il concreto apprezzamento delle risultanze istruttorie, assumendo che le stesse non avrebbero dovuto portare al convincimento raggiunto dal giudice di merito (Cass. Sez. U, 16598/2016; Cass. 26366/2017, 13395/2018, 26769/2018, 1634/2020, 17313/2020, 11362/2024).
Il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità risolvendosi nella mera insistenza sull’errore commesso dai Giudici di merito nel respingere l’eccezione di nullità dell’atto introduttivo , non accompagnata dalla trascrizione dei passi dell’atto di citazione e del corrispondente motivo di gravame così impedendo alla Corte, in difetto della compiuta descrizione del fatto processuale, di procedere alla preliminare verifica di ammissibilità del motivo di ricorso mediante accertamento della rilevanza e decisività del vizio denunciato rispetto alla pronuncia impugnata per cassazione.
La parte che in sede di legittimità intenda dolersi di un’errata interpretazione della domanda giudiziale non può infatti limitarsi a prospettarne una diversa, ma è tenuta, in ossequio al disposto dell’art. 366, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., ad indicare gli elementi dell’atto introduttivo del giudizio e di altri atti processuali idonei a confortarla, riportandone, a corredo delle proprie censure, le parti salienti, in modo tale da permettere questa Corte di orientarsi tra le argomentazioni svolte nel giudizio di merito e di valutarne la ritualità, senza dover compiere verifiche generali degli atti (cfr. Cass., Sez. II, 14/10/2021, n. 28072; Cass., Sez. lav., 2/12/2014, n. 25482; 4/07/2014, n. 15367). Nessun rilievo può assumere, in contrario, la natura processuale del vizio deducibile
nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b), nell’accertamento del quale questa Corte è chiamata ad operare come giudice anche del fatto, procedendo al riscontro della violazione denunciata attraverso l’esame diretto degli atti, dal momento che la valutazione della fondatezza della censura presuppone che la stessa sia stata formulata nel rispetto dei requisiti di contenuto-forma del ricorso (cfr. Cass., Sez. III, 3/11/2020, n. 24258; Cass., Sez. VI, 25/09/2019, n. 23834; Cass., Sez. lav., 5/08/2019, n. 20924).
Il quarto motivo è parimenti inammissibile.
Invero, la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo ritenuto che sia necessario, affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente nel ricorso per cassazione, per il principio dell’autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività (si veda in questi termini, per tutte, Cass., Sez. U., 15781/2005).
Questo principio è stato ultimamente affinato attraverso la precisazione che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, secondo il quale, ove si denunci la mancata pronuncia su motivi d’appello, è necessario che questi ultimi siano riportati nell’atto d’impugnazione, deve essere interpretato in maniera elastica, in conformità all’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte – oggi recepita dal nuovo testo dell’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., come novellato dal D.Lgs. 149/2022 – dovendosi
perciò ritenere che la trascrizione del motivo non sia indispensabile, a condizione, però, che il suo contenuto sia sufficientemente determinato in modo da renderlo pienamente comprensibile e ne sia fornita una specifica indicazione, tale da consentirne l’individuazione nell’ambito dell’atto di appello (Cass. 11325/2023).
La mancanza di alcun cenno al contenuto del motivo (e più precisamente alle ragioni per cui si ritiene sussistente la domanda di manleva) non assolve l’obbligo di “specifica indicazione degli atti processuali” e del loro contenuto a cui il ricorrente era tenuto, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis.
Né tale obbligo può dirsi assolto con il generico richiamo alle conclusioni di primo grado inidoneo a far comprendere per la sua asfittica formulazione l’ammissibilità della doglianza.
Il quinto motivo è inammissibile.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno ribadito l’inammissibilità del ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito. (Principio affermato dalla S.C. con riferimento ad un motivo di ricorso che, pur prospettando l’omesso esame di risultanze probatorie, in realtà tendeva ad una diversa ricostruzione del merito di censure che degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione, perché pongono a loro presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti (cfr. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34476; Cass. n.
5987/2021; Cass. 16/4/2021, n. 10128; Cass. 10/8/2017, n. 19989).
Nella specie la Corte di merito ha spiegato le ragioni per le quali le clausole contrattuale dovessero ritenersi vessatorie e la ricorrente non tiene affatto conto, sicché deve dirsi che il motivo non coglie affatto la ratio decidendi della sentenza impugnata dovendosi ribadire che per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione; il che non avviene quando, come in questo caso, l’esercizio del diritto d’impugnazione non sia valso ad esplicitare né a specificare le ragioni per cui una data statuizione è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere.
La ricorrente si è limitata, infatti ad affermare in modo apodittico che le commissioni espressamente determinare nei contratti di finanziamento in questione erano valide e legittime senza prendere in alcun modo posizione sulle ragioni per le quali la Corte di appello ha ritenuto vessatorie le clausole che hanno stabilito detti compensi ben esplicitate a pag 7, 8 e 9 della decisione qui impugnata.
Il sesto motivo è infondato.
La Corte di appello, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, ha valutato i due contratti di finanziamento alla luce dell’art 33 e 34 del codice del consumo sottolineando che l’art 125 T.U.B. non era ancora entrato in vigore.
Il settimo motivo è inammissibile.
La condanna alla restituzione delle somme ritenute indebitamente percepite costituisce l’effetto conseguente all’accoglimento della pretesa azionata.
La mancata percezione delle somme delle quali la ricorrente era destinataria costituisce un aspetto non decisivo nei riguardi della Idile potendo al più rilevare sul piano dei rapporti interni stante la condanna solidale con RAGIONE_SOCIALE.p.a.
L’ottavo motivo è inammissibile per le ragioni già esposte nell’esame il secondo motivo di ricorso.
La mancata riproduzione dell’atto processuale non consente a questa Corte di vagliare la fondatezza della doglianza.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore delle parti controricorrenti liquidate per ciascuna in complessivi € 2000,00 oltre 200,00 per esborsi e accessori di legge ed al 15% per spese generali.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma 29.05.2025