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Clausola vessatoria mediazione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che è vessatoria la clausola, inserita in un contratto di mediazione immobiliare, che obbliga il cliente a pagare la provvigione anche se l’affare viene concluso da un suo familiare dopo la scadenza dell’incarico. Secondo la Corte, una tale previsione, definita come clausola vessatoria mediazione, crea un significativo squilibrio a danno del consumatore, vincolandolo a pagare indipendentemente da un’effettiva connessione causale tra l’attività del mediatore e la conclusione del contratto.

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Clausola Vessatoria Mediazione: Quando la Provvigione non è Dovuta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nei contratti di mediazione immobiliare: la validità della clausola che estende il diritto alla provvigione anche agli affari conclusi da familiari del cliente. La decisione chiarisce che una simile previsione costituisce una clausola vessatoria mediazione, in quanto crea un ingiusto squilibrio a danno del consumatore, soprattutto se inserita in moduli contrattuali standard.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un contratto di mediazione per la locazione di un immobile. Una cliente, dopo aver visitato l’appartamento con l’agenzia, sottoscriveva una proposta di locazione che veniva però rifiutata dalla proprietà. Scaduto il mandato di mediazione, il marito della cliente concludeva direttamente con la proprietaria un contratto di locazione per lo stesso immobile.

L’agenzia immobiliare, ritenendo di aver comunque diritto alla provvigione, citava in giudizio la cliente. A sostegno della propria pretesa, l’agenzia invocava una clausola del contratto che obbligava il cliente al pagamento del compenso anche qualora l’affare fosse stato concluso, dopo la scadenza dell’incarico, da soggetti a lui riconducibili, come familiari o società partecipate.

Il Tribunale, in grado d’appello, aveva dato torto all’agenzia, ritenendo non provato il nesso di causalità tra l’attività del mediatore e la successiva conclusione del contratto da parte del coniuge. L’agenzia ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Clausola Vessatoria Mediazione Sotto la Lente della Cassazione

Il cuore della controversia ruota attorno alla natura della clausola contrattuale. La cliente sosteneva che tale clausola fosse vessatoria ai sensi del Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005), poiché imponeva un obbligo sproporzionato senza una specifica trattativa individuale e in un contratto predisposto unilateralmente dal professionista (l’agenzia).

La Corte di Cassazione ha accolto questa tesi, evidenziando come il sistema di tutela del consumatore si fondi sull’idea di una strutturale inferiorità di quest’ultimo rispetto al professionista, sia in termini di potere negoziale che di livello informativo. È compito del giudice, anche d’ufficio, rilevare la natura abusiva di tali clausole per ripristinare l’equilibrio tra le parti.

L’Onere della Prova e il Principio di Causalità

Un altro punto fondamentale toccato dalla sentenza riguarda l’onere della prova. Il Tribunale aveva erroneamente posto a carico dell’agenzia la prova di dettagli del contratto concluso dal marito della cliente, dati di cui il mediatore non poteva essere a conoscenza. La Cassazione ha ribaltato questa impostazione, chiarendo che il diritto alla provvigione sorge solo se la conclusione dell’affare è un effetto causalmente adeguato dell’intervento del mediatore. Aver semplicemente messo in contatto le parti non è, di per sé, sufficiente.

La clausola contestata, invece, tentava di bypassare questo principio, creando una sorta di presunzione assoluta di causalità, svincolata da qualsiasi accertamento fattuale. Questo, secondo la Corte, trasforma l’esigenza di tutela del mediatore in una posizione di vantaggio assoluto e ingiustificato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha cassato la sentenza d’appello, enunciando un principio di diritto fondamentale. La clausola che prevede il diritto al compenso provvigionale, dopo la scadenza del contratto e senza limiti di tempo, qualora l’affare sia concluso da un familiare o altra persona “riconducibile” al cliente, è vessatoria e abusiva ai sensi dell’art. 1341 c.c. e dell’art. 33 del Codice del Consumo.

Le motivazioni sono chiare:
1. Significativo Squilibrio: Tale clausola determina un grave squilibrio a carico del consumatore. Lo obbliga a una prestazione economica a favore del professionista indipendentemente da un accertamento, anche presuntivo, di un accordo fraudolento o di un effettivo vantaggio derivante dai rapporti familiari.
2. Formulazione Ampia e Generica: L’estrema ampiezza della clausola vincola illegittimamente la parte che è entrata in contatto con il mediatore, estendendo i suoi obblighi in modo indefinito.
3. Elusione del Nesso Causale: La clausola attribuisce il diritto al compenso a prescindere dalla prova di un nesso tra l’attività del mediatore e l’accordo finale tra la parte e il terzo. Implica una sorta di proroga tacita del vincolo contrattuale, in contrasto con le norme codicistiche.

In sostanza, sebbene l’obiettivo di tutelare il mediatore da comportamenti elusivi sia legittimo, questa tutela non può tradursi in una garanzia assoluta e preventiva che penalizza il consumatore in modo sproporzionato.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Per le agenzie immobiliari, sottolinea la necessità di redigere contratti chiari e conformi alla normativa a tutela del consumatore, evitando clausole eccessivamente ampie che possano essere dichiarate nulle. Per i consumatori, rappresenta una conferma della forte protezione offerta dall’ordinamento contro le pratiche contrattuali abusive. Il diritto alla provvigione del mediatore non è automatico ma deve essere sempre ancorato a un effettivo e dimostrabile contributo alla conclusione dell’affare, e non può essere esteso a terzi in modo indiscriminato e senza limiti di tempo.

È valida una clausola che obbliga a pagare la provvigione all’agenzia se un mio parente conclude l’affare al posto mio?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che una clausola di questo tipo, predisposta unilateralmente dal mediatore e senza limiti di tempo, è vessatoria e abusiva. Determina infatti un significativo squilibrio a danno del consumatore, obbligandolo a pagare anche in assenza di un provato accordo elusivo o di un nesso causale tra l’attività dell’agenzia e la conclusione del contratto.

Chi deve dimostrare che l’intervento dell’agenzia è stato decisivo per la conclusione del contratto?
L’onere della prova spetta al mediatore. Per avere diritto alla provvigione, l’agenzia deve dimostrare che la conclusione dell’affare è stata un effetto diretto e causalmente adeguato della sua attività di intermediazione. Non è sufficiente aver semplicemente messo in contatto le parti.

Cosa significa che una clausola determina un ‘significativo squilibrio’ per il consumatore?
Significa che la clausola, pur non violando una norma specifica, crea una sproporzione ingiustificata tra i diritti e gli obblighi delle parti a svantaggio del consumatore. Nel caso specifico, la clausola obbligava il cliente a pagare una provvigione per un’attività non necessariamente riconducibile all’opera del mediatore, attribuendo a quest’ultimo un vantaggio ingiustificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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