Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8713 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8713 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8663/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Liquidatore pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Procuratore Speciale, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentat a e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 312/2021 depositata il 01/02/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 2013, RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE al fine di far accertare l’illegittima fatturazione e richiesta di pagamento dei consumi di energia elettrica e gas naturale somministrata dalla convenuta dal mese di agosto 2010 sino alla data di cessazione dei contratti (rispettivamente il 31 ottobre 2013 per il contratto di energia elettrica ed il 30 settembre 2013 per quello del gas).
RAGIONE_SOCIALE proponeva domanda riconvenzionale chiedendo, preliminarmente, l’inammissibilità dell’azione giudiziaria promossa dalle RAGIONE_SOCIALE stante la clausola convenuta solve et ripete contenuta nei contratti di fornitura inter partes; nel merito chiedeva la condanna al pagamento della somma di euro 794.540,80 a titolo di corrispettivo per la fornitura di energia elettrica e del gas per il periodo giugno 2010-luglio 2013, oltre interessi legali dalla scadenza di ciascuna fattura al saldo.
Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 44093/2019, revocava l’ordinanza ingiuntiva emessa il 28 novembre 2014, ex art. 186 ter c.p.c. nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, e in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale dell’RAGIONE_SOCIALE accertava che RAGIONE_SOCIALE era debitrice nei suoi confronti della somma di euro 328 304,81 Iva compresa, oltre ad interessi moratori dalla scadenza a saldo.
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 312/2021 del 1° febbraio 2021, premettendo che RAGIONE_SOCIALE aveva omesso di reiterare nel giudizio d’appello le eccezioni di nullità sollevate nel giudizio di primo grado ragion per cui la statuizione di validità delle clausole
solve et repete contenute nei contratti di fornitura deve reputarsi coperta da giudicato, in accoglimento dell’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato l’improcedibilità dell’azione giudiziale formulata da RAGIONE_SOCIALE sul rilievo che la clausola solve et repete contenuta nei contratti di fornitura inter partes subordinava la proposizione delle sue contestazioni e, di guisa, della stessa azione giudiziale proposta, al previo pagamento di quanto dovuto all’RAGIONE_SOCIALE e che, viceversa, nel caso di specie nessun versamento era stato eseguito da RAGIONE_SOCIALE, neppure nel corso dei giudizi di primo grado e di appello; ha quindi condannato quest’ultimo al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di 763.233,76 a titolo di forniture di energia elettrica e del gas, oltre gli interessi di mora dalla scadenza di ciascun fattura alzata alle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio.
Propone ricorso in cassazione, RAGIONE_SOCIALE sulla base di un motivo.
RAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360 n. 3 del c.p.c. in relazione all’art. 1462, 1° comma, c.c..
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto di accogliere la domanda riconvenzionale avanzata dall’RAGIONE_SOCIALE dichiarando improcedibile l’azione esercitata dalla ricorrente stante la sussistenza delle clausole della clausola solve et repete contenuta nei contratti di fornitura stipulati inter partes con la quale ai sensi dell’art. 1462 c.p.c. la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto opporre eccezioni di inadempimento al fine di evitare o ritardare la prestazione dovuta.
Nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettiv e, in cui le attribuzioni patrimoniali sono due e sono legate dal c.d. nesso di
reciprocità o sinallagma, il principio della corrispettività costituisce la regola generale: una parte può rifiutare la propria prestazione se l’altra parte non adempie la sua ( inadimplenti non est adimplendum -art. 1460 c.c.).
6. Il motivo è infondato.
La clausola “solve et repete”, prevista all’art. 1462 cod. civ., avendo un contenuto fondamentalmente di diritto sostanziale, in relazione alla collocazione della disposizione citata e, soprattutto, agli interessi tutelati (garantire al creditore di una prestazione il soddisfacimento del suo diritto senza il ritardo imposto dall’esame delle eccezioni del debitore), realizza la sua funzione anche se l’adempimento avviene nel corso del giudizio e per effetto di un provvedimento giurisdizionale non definitivo (nella specie decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo). Conseguentemente il preventivo adempimento non è qualificabile come presupposto processuale e l’eccezione o la domanda riconvenzionale potenzialmente colpite dall’operare della clausola possono essere esaminate quando, sia pure nel corso del giudizio, sia avvenuto il soddisfacimento del diritto (Cass. n. 759/1994; Cass. 11284/1993).
Tale pattuizione viene definita come clausola limitativa della proponibilità di eccezioni ed è regolata dall’articolo 1462 c.c..
La norma esclude espressamente la utilizzabilità della clausola nei riguardi delle ‘eccezioni di nullità, di annullabilità e di rescissione del contratto’, mentre non accenna, nemmeno implicitamente, ad altre eccezioni, né a quella di pagamento (solvi) né a quelle di novazione, remissione, compensazione, confusione, impossibilità sopravvenuta, tutte alla prima assimilabili quoad effectum .
La clausola, dunque, non può paralizzare l’eccezione di pagamento: non può impedire che all’imperativo ‘solve’ rivoltogli dal creditore, il debitore risponda ‘solvi’ e che di tale fatto storico dia la prova.
Alla stessa stregua devono ritenersi opponibili tutte le eccezioni con cui il debitore può dare la prova della avvenuta estinzione del credito dell’attore e quindi: non solo delle eccezioni di novazione, remissione, compensazione, confusione e impossibilità sopravvenuta (riferita all’obbligazione del soggetto passivo della clausola), l’assimilazione delle quali al pagamento, quoad effectum , è nella sistematica del codice, ma anche delle eccezioni di prescrizione, di giudicato, di transazione e, in genere, di ogni eccezione con cui si faccia valere una precisa causa estintiva della pretesa, che non abbia la sua base né trovi la sua giustificazione nei principi del sinallagma.
La clausola, come non può essere utilizzata di fronte ad eccezioni che mettono in discussione il fatto costitutivo del credito (nullità, annullabilità e rescissione), così non può essere adoperata per paralizzare eccezioni che prospettino un preciso fatto estintivo del credito, indipendente dall’azione del sinallagma funzionale, ossia dal comportamento della controparte.
La norma consente all’attore di ottenere una condanna senza esame (e con riserva) delle eccezioni del convenuto -solo quando sia fuori questione l’esistenza e persistenza del credito, e il convenuto opponga semplicemente il mancato (ma anche inesatto) adempimento o il pericolo di inadempimento da parte dell’attore.
Di questa limitazione del campo di azione della clausola si trova conferma nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 759/1994; Cass. 11284/1993) ove viene affermato che la finalità della clausola contrattuale del solve et repete sta nell’impedire che una delle parti contraenti si esima dalla propria prestazione o la ritardi, opponendo eccezioni dipendenti dal comportamento della controparte.
La parte contro cui la clausola viene eccepita non può proporre azioni od eccezioni fondate su pretese inadempienze dell’altra parte se prima non abbia adempiuto la propria obbligazione.
Pertanto, la sentenza impugnata ha correttamente applicato i principi di questa Corte secondo cui in presenza di una clausola contrattuale solve et ripete, l’esame delle eccezioni formulate dal debitore finalizzate a far accertare l’inesatto adempimento del contratto da parte del creditore è subordinato al previo pagamento di quanto dovuto dal debitore. In difetto di tale pagamento che può avvenire anche nel corso del giudizio nel frattempo intrapreso dal debitore, il giudice non può esaminare le contestazioni poste da quest’ultimo e deve dichiarare improcedibilità l’azione giudiziale intrapresa.
Nella specie non risulta che la ricorrente abbia allegato e provato di aver soddisfatto la prestazione nel corso del giudizio di primo grado né tantomeno in quello di appello.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione in data 9 gennaio 2024
Il Presidente
NOME COGNOME