Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15134 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15134 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso principale iscritto al n. 20529/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME ex lege domiciliata come da PEC.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECOGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avv. COGNOME NOME, ex lege domiciliata come da PEC.
nonché sul ricorso incidentale proposto da:
da RAGIONE_SOCIALE, come sopra rappresentata.
-ricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE come sopra rappresentata.
-resistente – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 174/2022 depositata il 10/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza del 10 maggio 2022 con cui la Corte d’Appello di Trieste ha rigettato il suo appello avverso la sentenza con cui il Tribunale di Udine, dopo aver rigettato l’eccezione di incompetenza sollevata dalla conduttrice sulla base della clausola compromissoria di cui all’art. 18 del contratto di affitto di azienda, nel merito:
-) ha ritenuto che la locatrice RAGIONE_SOCIALE si era legittimamente avvalsa della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto di locazione, dato che alla data del 2 ottobre 2020 sussisteva integrale ‘mancato pagamento’ dei canoni ai sensi della clausola risolutiva espressa;
-) ha rilevato che l’affittuaria, seppure ave sse addotto a propria giustificazione l’emergenza sanitaria, non aveva specificato nulla circa gli effetti negativi concreti subiti dalla sua attività economica, così da consentire di compiere la valutazione
ex art. 3 d.l. 6/2020 ai fini di una eventuale esclusione della responsabilità del debitore, aggiungendo che l’emergenza sanitaria -di per sé e in astratto considerata- non poteva paralizzare l’operatività della clausola contrattuale;
-) ha dichiarato che doveva essere accolta la domanda della società ricorrente volta a ottenere l’importo pari al canone contrattuale, a titolo di corrispettivo o risarcitorio, fino alla data del rilascio, che doveva essere rigettata la sua domanda di risarcimento di altri danni, non provati, e che la domanda formulata dalla resistente per ottenere la riduzione del canone di affitto era inammissibile ex art. 418 cod. proc. civ., in quanto non era stato chiesto il differimento dell’udienza di discussione;
-) ha aggiunto che la domanda era in ogni caso infondata, in ragione della mancata allegazione e prova delle conseguenze negative dell’emergenza sanitaria a danno della resistente.
1.1. La corte d’appello ha dunque confermato le statuizioni di prime cure, che:
-) avevano accertato e dichiarato l’intervenuta risoluzione di diritto ex art. 1456 cod. civ. del contratto di affitto stipulato tra le parti e, per l’effetto, condannato la conduttrice RAGIONE_SOCIALE a rilasciare in favore di RAGIONE_SOCIALE l’azienda corrente in Lignano Sabbiadoro, sotto l’insegna ‘RAGIONE_SOCIALE‘, avente ad oggetto l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande (bar e caffè);
-) avevano dato atto che RAGIONE_SOCIALE aveva provveduto a pagare un importo pari al canone di locazione per tutto l’anno 2021; -) avevano condannato RAGIONE_SOCIALE a pagare in favore di RAGIONE_SOCIALE per la sola ipotesi di mancato rilascio della predetta azienda, un importo pari al canone contrattualmente convenuto a far data dal 1/1/2022 fino al momento dell’effettiva riconsegna;
-) avevano rigettato ogni ulteriore domanda.
1.2. Al ricorso resiste la locatrice RAGIONE_SOCIALE con controricorso,
anche contenente ricorso incidentale condizionato, affidato a cinque motivi.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
La ricorrente e la controricorrente hanno depositato rispettive memorie illustrative.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia ‘Violazione delle norme sulla competenza ex art. 360 comma 1 n. 2) c.p.c. – Nullità della sentenza ex art. 360 comma 1 n. 4) c.p.c.; Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3) in relazione all’art. 819 c.p.c.; Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 819 -ter c.p.c.; Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione ai principi generali che regolano la ‘pendenza ‘ di un procedimento. Sussistenza della competenza arbitrale a decidere la presente causa’.
1.1. Il motivo -che concerne questioni di competenza dedotte con l’impugnazione ordinaria a norma dell’art. 43 cod. proc. civ. – si articola con cinque censure.
1.2. La prima sarebbe -se fosse effettivamente pertinente e, dunque, configurabile, come non lo è, per quanto si dirà di seguito inammissibile. Omette, infatti, di criticare l’effettiva motivazione con cui la corte territoriale, dopo avere individuato l’oggetto della competenza arbitrale – che è quella a pag. 6, dove ci si sofferma sulla clausola 18 -ha assunto, con motivazione chiarissima, che, nella stessa prospettazione della ricorrente, la controversia introdotta davanti al giudice ordinario (quella di risoluzione per inadempimento) veniva riconosciuta come di competenza di quel giudice e solo pregiudicata -in thesi della qui ricorrente dalla controversia introdotta davanti all’arbitro, per
poi affermare che l’ipotetica causa di sospensione era ormai cessata, per essersi il giudizio arbitrale concluso.
Tutto ciò integra una motivazione pienamente intellegibile, ancorché enunciata ‘rispetto ad ogni altra considerazione’ e, dunque, evidentemente senza interrogarsi sull’esattezza della prospettazione con riferimento al suo presupposto, cioè che la controversia sulla riduzione del canone fosse estranea alla riserva fatta per la competenza del giudice ordinario.
1.3. La seconda censura è inconsistente: evoca a torto l’art. 819 cod. proc. civ., nel presupposto che la controversia sulla risoluzione per inadempimento fosse riconducibile alla nozione di questione pregiudiziale di cui alla norma.
L’assunto è palesemente privo di fondamento: l’ultimo inciso del secondo comma precisa che la decisione con efficacia di giudicato sul rapporto pregiudiziale può essere resa solo su concorde istanza di parte. Ora, risulta palese che tale istanza non vi fu e ciò al di là del fatto che il rapporto pregiudicante era oggetto di domanda davanti al g.o.
Comunque, la seconda censura è prioritariamente inammissibile, dato che è irrilevante, in quanto il giudizio arbitrale si era chiuso e non se ne era dimostrata la pendenza con l’impugnazione del lodo dichiarativo della incompetenza arbitrale.
Peraltro, sciogliendo la riserva fatta dalla corte di appello, come esige la circostanza che si discute di una questione di violazione di norma sul procedimento, si deve senza dubbio affermare che la controversia sulla riduzione del canone, in quanto volta a scongiurare l’inadempimento, si deve dire compresa nella riserva all’A.G.O.
1.4. Questo rilievo consente di correggere la motivazione come conseguenza dell’accoglimento della terza censura: l’affermazione della corte di appello che sarebbe stata, come
implicazione della prospettazione della ricorrente, configurabile la sospensione ex art. 295 cod. proc. civ. confligge con il secondo comma dell’art. 337 cod. proc. civ.
Ma a questo punto varrebbe il fatto che la competenza sulla domanda introdotta davanti all’arbitro era di spettanza dell’A.G.O., in quanto l’espressa riserva delle controversie ‘relative all’inadempimento degli obblighi contrattuali in relazione ai quali opera il meccanismo della clausola risolutiva espressa, etc.’ risultava dell’A.G.O.: è palese che l’azione di riduzione del corrispettivo, anche ed a maggior ragione avuto riguardo alla sua instaurazione dopo l’inadempimento, risultava nella sostanza come controversia volta ad escludere l’inadempimento già maturato quanto all’obbligazione di pagamento del canone, cioè un’obbligazione contrattuale.
L’eccezione di incompetenza avrebbe dovuto e deve, dunque, ritenersi priva di fondamento.
1.5. Il che in buona sostanza rende tutte le altre censure prive di rilevanza.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione delle norme sulla competenza – art. 360, comma 1, n. 2 c.p.c. Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 808 -quater e all’art. 819-ter. Sussistenza della competenza arbitrale a decidere le domande ulteriori proposte da GAIA rispetto alla domanda principale di accertamento della risoluzione di diritto del contratto di affitto di azienda ai sensi dell’art. 1456 c.c.’.
La ricorrente lamenta plurime violazioni di legge e prospetta, in ogni caso, la sussistenza della competenza arbitrale a decidere le domande ulteriori proposte da GAIA rispetto alla domanda principale di accertamento della risoluzione di diritto del contratto di affitto di azienda ai sensi dell’art. 1456 cod. civ., in forza della clausola compromissoria di cui all’art. 18 del contratto di affitto di
azienda che demanda alla competenza arbitrale tutte le controversie, con esclusione solo di quelle relative all’inadempimento degli obblighi contrattuali in relazione ai quali opera il meccanismo della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 16 del contratto.
2.1. Il motivo è privo di fondamento.
Lo è per l’assorbente ragione che le domande che vengono individuate a pag. 20 del ricorso -sono meramente consequenziali a quella di risoluzione per inadempimento, sicché è lapalissiano che siano comprese nella clausola di riserva all’A.G.O.
3. Con il terzo motivo, dedotto in via subordinata, in ipotesi di rigetto dei motivi di ricorso attinenti alla competenza, la ricorrente denuncia ‘Vizio di nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, comma 1, n. 4. Violazione dell’art. 115 c.p.c. Sussistenza dei presupposti per escludere la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE per il mancato puntuale pagamento dei canoni di affitto in relazione al primo anno di vigenza contrattuale’.
Lamenta che erroneamente la corte di merito avrebbe posto a base della sua decisione dei fatti ritenuti notori (cioè la chiusura dell’attività in periodo anteriore alla vera e propria stagione balneare), ‘non essendo vero che RAGIONE_SOCIALE ha subito la chiusura dell’attività in periodi di scarsa affluenza’.
3.1. Il motivo è infondato.
In primo luogo, perché sollecita un riesame del fatto, estraneo al sindacato di legittimità, secondo granitico orientamento di legittimità (v., tra le tantissime, Cass., n. 18631/2022; Cass., n. 4766/2006; Cass., n. 3161/2002).
In secondo luogo, perché questa Suprema Corte ha statuito che ‘allorché si assuma che il fatto considerato come notorio dal giudice non risponde al vero, l’inveridicit à del preteso fatto notorio può formare esclusivamente oggetto di revocazione, ove
ne ricorrano gli estremi, non di ricorso per Cassazione’ (Cass. 16.03.2022 n. 8580; Cass. 22.05.2019 n. 13715; Cass. 18.05.2007 n. 11643).
Infine, perché non risulta correlato all’impugnata sentenza, dato che la corte di merito ha anche argomentato sul fatto per cui la conduttrice, odierna ricorrente, non ha per nulla dimostrato documentalmente la grave contrazione o la perdita totale del proprio reddito.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 3 comma 6 -bis del d.l. n. 6/2020. Sussistenza del presupposto dell’esclusione, dovuto al rispetto della normativa di contenimento del contagio da Covid -19, della responsabilità di RAGIONE_SOCIALE per il mancato puntuale pagamento del canone di affitto del primo anno di vigenza contrattuale’.
4.1. Il motivo è inammissibile.
Va premesso che la legislazione dell’epoca COGNOME non esclude tout court la responsabilità da inadempimento, ma piuttosto è volta a stabilire che il rispetto delle misure di contrasto al COGNOME sia ‘sempre valutato’ ai fini del giudizio di responsabilità.
Dalla lettura dell’impugnata sentenza si evince che la corte di merito ha ben tenuto presente la summenzionata normativa, ma ha valutato che nel caso concreto non sussistessero i presupposti per escludere la responsabilità della conduttrice odierna ricorrente, sul dirimente rilievo -che costituisce motivata valutazione in fatto delle risultanze probatorie acquisite, tale da resistere al sindacato di legittimità – che essa è sempre stata morosa e non ha mai pagato alcunché alla locatrice.
5. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli articoli 1256 e 1464 c.c. e 1375 c.c. -Sussistenza del diritto di RAGIONE_SOCIALE alla rinegoziazione del contratto
e alla riduzione del canone di affitto nel periodo dell’emergenza epidemiologica’.
5.1. Il motivo è inammissibile.
Del tutto genericamente ed assertivamente il ricorrente afferma di aver diritto ad una riduzione/rinegoziazione del canone, lamenta che l’impugnata sentenza ha omesso di considerare questo suo diritto e trascura di rilevare che invero la sentenza ha espressamente disatteso questa prospettazione, là dove (v. pp. 10 e 11 dell’impugnata sentenza) ha analiticamente motivato sul rilievo di un totale e protratto inadempimento del conduttore al pagamento del canone, il che, dunque, esclude di poter ritenere che la scelta dell’affittante di avvalersi della clausola risolutiva espressa fosse stata illegittima o contraria a buona fede.
Tale ratio decidendi non è stata censurata, e dunque su di essa la motivazione dell’impugnata sentenza si consolida (cfr. Cass., 28/06/2023, n. 18403; Cass., 27/07/2017, n. 18641; Cass., 14/02/2012, n. 2108; Cass., 03/11/2011, n. 22753).
6. Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato la società controricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza ex art. 360, comma primo, n. 4, in relazione all’art. 276, comma secondo, c.p.c. e all’art. 437, comma secondo, c.p.c.’.
Lamenta che la Corte di appello ha rigettato l’eccezione formulata da RAGIONE_SOCIALE di incompetenza del Giudice ordinario in favore della competenza arbitrale -per pregiudizialità della domanda svolta da RAGIONE_SOCIALE avanti all’Arbitro unico, rispetto a quella formulata da RAGIONE_SOCIALE avanti al Giudice ordinario -omettendo erroneamente di pronunciarsi sull’ammissibilità di tale eccezione, di cui GAIA in appello aveva rilevato la novità e tardività’.
6.1. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia ‘Nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, comma primo, n. 4, in relazione all’art. 276, comma secondo, c.p.c. e
all’art. 437, comma secondo, c.p.c.’.
Lamenta che la Corte di appello ha rigettato l’eccezione formulata da RAGIONE_SOCIALE di incompetenza del giudice ordinario in favore della competenza arbitrale -con riguardo alle domande di restituzione del compendio aziendale e di pagamento dei canoni maturati e maturandi dalla risoluzione alla sua effettiva consegna ex art. 1591 c.c. -omettendo erroneamente di pronunciarsi sulla ammissibilità di tale eccezione, di cui GAIA aveva rilevato in appello la novità e tardività.
6.2. Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia ‘Nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, comma primo, n. 4, in relazione all’art. 276, comma secondo, c.p.c. e all’art. 112 c.p.c. (omessa pronuncia)’.
Lamenta che la Corte di appello ha esaminato nel merito -in via di eccezione, rispetto alla domanda di GAIA di accertamento dell’avvenuta risoluzione contrattuale ex art. 1456 c.c. sia pur respingendola, la pretesa di RAGIONE_SOCIALE di riduzione del canone contrattuale, ritenendo erroneamente assorbite le eccezioni di inammissibilità, novità e tardività di tale eccezione, formulate da GAIA.
6.3. Con il quarto motivo la ricorrente incidentale denuncia ‘Nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, comma primo, n. 4, in relazione all’art. 276, comma secondo, c.p.c., all’art. c.p.c., 112 c.p.c. (omessa pronuncia) e all’art. 437, comma secondo, c.p.c.’.
Lamenta che la Corte di appello ha erroneamente esaminato nel merito e sia pur respingendola, l’eccezione di RAGIONE_SOCIALE di inadempimento, da parte di RAGIONE_SOCIALE, dell’obbligo di rinegoziazione contrattuale, così implicitamente rigettando la contro-eccezione di RAGIONE_SOCIALE di novità e tardività dell’eccezione stessa.
6.4. Con il quinto motivo la ricorrente incidentale denuncia ‘Nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, comma
primo, n. 4, in relazione all’art. 115 c.p.c.’.
Lamenta che la Corte di appello ha erroneamente affermato l’avvenuta sospensione dell’attività aziendale di RAGIONE_SOCIALE per 67 giorni, dal 12.03.2020 al 17.05.2020, in difetto di prova.
Il ricorso incidentale, in quanto condizionato, va dichiarato assorbito, dato che il ricorso principale viene rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza