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Clausola risolutiva espressa: prevale sul recesso?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un curatore fallimentare, pur avendo esercitato il recesso da un contratto di affitto d’azienda, può legittimamente eccepire l’inadempimento della controparte avvalendosi di una clausola risolutiva espressa. Tale eccezione, se fondata, prevale sul recesso e fa venir meno il diritto all’indennizzo della controparte. La Corte ha cassato la decisione del tribunale che aveva erroneamente escluso questa possibilità, non tenendo conto che l’eccezione di risoluzione era stata sollevata nel corso del giudizio di merito. L’uso della clausola risolutiva espressa non richiede un atto stragiudiziale preventivo e può essere manifestato anche in via di difesa processuale.

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Clausola Risolutiva Espressa: Prevale sul Recesso del Curatore?

In ambito fallimentare, la gestione dei contratti pendenti è un’operazione delicata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso complesso, chiarendo il rapporto tra il recesso del curatore e la possibilità di avvalersi di una clausola risolutiva espressa per un inadempimento precedente. La decisione sottolinea come la risoluzione per inadempimento possa prevalere sul recesso, con conseguenze significative sul diritto all’indennizzo.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un contratto di affitto di due rami d’azienda tra due società, successivamente entrambe dichiarate fallite. Il curatore della società concedente (Fallimento Alfa S.r.l.) esercitava il recesso dai contratti, come previsto dalla legge fallimentare. La società affittuaria (Fallimento Beta S.r.l.), a sua volta, chiedeva il pagamento di un cospicuo indennizzo per l’anticipato scioglimento del rapporto.

Il curatore del Fallimento Alfa S.r.l. si opponeva alla richiesta, sostenendo che nessun indennizzo fosse dovuto. La sua difesa si basava su un fatto cruciale: prima del fallimento e del successivo recesso, la società affittuaria si era resa gravemente inadempiente, non pagando sette mensilità del canone di affitto. Per tale inadempimento, il contratto prevedeva una clausola risolutiva espressa. Il curatore, quindi, sosteneva che il contratto si fosse già risolto di diritto a causa dell’inadempimento, ben prima del suo recesso, eliminando così alla radice il diritto all’indennizzo.

Il Tribunale, in sede di reclamo, aveva parzialmente accolto le ragioni del Fallimento Beta S.r.l., riducendo l’importo dell’indennizzo ma confermandone il diritto. Secondo il giudice di merito, la comunicazione di recesso del curatore era un atto inequivocabile che precludeva la possibilità di far valere la pregressa risoluzione per inadempimento. Contro questa decisione, il Fallimento Alfa S.r.l. ha proposto ricorso in Cassazione.

La Clausola Risolutiva Espressa nel Contesto Fallimentare

La questione centrale sottoposta alla Corte era se l’esercizio del potere di recesso da parte del curatore, ai sensi dell’art. 79 della legge fallimentare, impedisse di eccepire in giudizio la risoluzione del contratto per un inadempimento precedente della controparte. La Corte di Cassazione ha risposto negativamente, accogliendo i motivi del ricorso e cassando il decreto del Tribunale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha chiarito un principio fondamentale: il recesso del curatore e la risoluzione per inadempimento operano su piani diversi e hanno effetti distinti. Il recesso è una facoltà concessa dalla legge per gestire i rapporti pendenti nell’interesse della massa dei creditori. La risoluzione di diritto, attivata tramite la clausola risolutiva espressa, è invece un rimedio contrattuale che sanziona un comportamento illecito di una delle parti.

Il tribunale di merito aveva commesso un errore, secondo la Cassazione, nel ritenere che la volontà di risolvere il contratto dovesse desumersi esclusivamente dalla comunicazione di recesso. I giudici supremi hanno invece sottolineato che la volontà di avvalersi della clausola risolutiva può essere manifestata in qualsiasi momento, anche per la prima volta in corso di causa, attraverso un’eccezione difensiva. Non è necessario un atto stragiudiziale preventivo.

Nel caso specifico, il curatore del Fallimento Alfa S.r.l. aveva costantemente, sia in primo che in secondo grado, contestato il diritto all’indennizzo proprio eccependo l’inadempimento e invocando la clausola risolutiva. Il Tribunale non avrebbe dovuto ignorare questa linea difensiva.

La Cassazione ha inoltre richiamato il proprio orientamento secondo cui la pronuncia di risoluzione per inadempimento, avendo efficacia retroattiva al momento dell’inadempimento stesso, prevale su altre cause di scioglimento del contratto (come il recesso) che operano in un momento successivo. Di conseguenza, se viene accertato l’inadempimento grave e la volontà di avvalersi della clausola, il contratto deve considerarsi risolto da una data anteriore a quella del recesso, facendo venir meno il presupposto stesso per il diritto all’indennizzo.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un’importante lezione per i curatori fallimentari e per gli operatori del diritto. La scelta di recedere da un contratto pendente non è una via a senso unico che preclude altre difese. Se la controparte era inadempiente prima del fallimento e il contratto contiene una clausola risolutiva espressa, il curatore può e deve farla valere, anche in via di eccezione nel giudizio sorto dalla richiesta di indennizzo. Tale difesa, se accolta, è in grado di azzerare completamente la pretesa economica della controparte. La decisione rafforza gli strumenti a disposizione della curatela per tutelare l’attivo fallimentare, stabilendo che gli effetti giuridici di un inadempimento contrattuale grave non vengono sanati o superati dal successivo meccanismo del recesso previsto dalla legge fallimentare.

Il curatore fallimentare che recede da un contratto può ancora far valere una clausola risolutiva espressa per un inadempimento precedente?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’esercizio del recesso previsto dalla legge fallimentare non preclude al curatore la possibilità di eccepire, anche in corso di causa, la risoluzione di diritto del contratto dovuta a un pregresso inadempimento della controparte, avvalendosi della clausola risolutiva espressa.

Quali sono gli effetti della risoluzione per inadempimento rispetto al recesso?
La risoluzione per inadempimento ha efficacia retroattiva al momento in cui si è verificato l’inadempimento. Se accertata, essa prevale sul recesso, che ha efficacia da un momento successivo. Di conseguenza, il contratto si considera sciolto per colpa della parte inadempiente, facendo venir meno il diritto di quest’ultima a percepire l’indennizzo per il recesso del curatore.

La volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa deve essere manifestata prima del giudizio?
No, la dichiarazione del creditore di volersi avvalere della clausola risolutiva non deve necessariamente essere contenuta in un atto stragiudiziale precedente alla lite. Può essere manifestata per la prima volta anche nel corso del giudizio, ad esempio nell’atto introduttivo o come eccezione difensiva per contrastare la domanda della controparte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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