Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20229 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20229 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35774/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, domiciliata presso il suo recapito digitale con indirizzo pec;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bari n. 1931/2019, depositata il 16 settembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con citazione notificata il 25 novembre 2004, l’ RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Trani, Sezione distaccata di Barletta, NOME COGNOME, cui con contratto preliminare del 29 novembre 1993 aveva promesso in vendita l’ appartamento, sito in Barletta, alla INDIRIZZO, quarto piano, interno 12, scala 4, con posto auto n. 13, al prezzo di lire 160.000.000 (euro 82.633,10), formalmente invitando la convenuta ch e, nonostante la regolare consegna dell’appartamento, oggetto del preliminare, si rifiutava di stipulare l’ atto definitivo di compravendita, a comparire innanzi al AVV_NOTAIO di Barletta il 21 dicembre 2004 e, in mancanza, rassegnando le seguenti conclusioni: 1) accertarsi e dichiararsi per le causali esposte in narrativa l’inadempimento contrattuale della convenuta all’ obbligo di acquistare i beni immobili compromessi in vendita e, per l’effetto, previa declaratoria di inadempimento ex art. 1456 cod. civ., dichiarare risolto il contratto preliminare per grave colpa della convenuta; 2) conseguentemente ordinare immediatamente l’immissione in possesso dell’attrice nell’immobile per cui è causa, con riserva di separate azioni per ulteriori ed eventuali danni.
NOME COGNOME, rimasta inizialmente contumace, si costituì all’udienza ex art. 184 cod. proc. civ., contestando la domanda attrice, di cui chiese il rigetto, deducendo la natura definitiva del contratto del 29 novembre 1993, anche in conseguenza dell’integrale pagamento del relativo prezzo.
La causa è stata istruita a mezzo di prove orali, con l’interrogatorio formale RAGIONE_SOCIALE parti e prova testimoniale.
Con sentenza n. 207/2013, il Tribunale dichiarava risolto il contratto preliminare del 29 novembre 1993 e, per l’effetto, condannava NOME alla restituzione dell’appartamento e del posto auto, nonché al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del processo, argomentando che le parti avevano stipulato un contratto preliminare di compravendita pattuendo la clausola risolutiva
espressa per le specifiche ipotesi di omissione o ritardo nel pagamento anche di un sol rateo del prezzo, ovvero nella stipula del contratto definitivo e che la documentazione in atti evidenziava il solo parziale pagamento del prezzo da parte della NOME, tra l’altro in tempi diversi rispetto a quelli convenuti, mentre alle trattative di bonario componimento, intercorse tra le parti, non poteva attribuirsi valore di rinuncia alla clausola
–NOME interponeva appello.
Sospesa la provvisoria esecutorietà, si è costituita l’RAGIONE_SOCIALE contestando i motivi di doglianza e chiedendone il rigetto.
La Corte di appello ha accolto l’impugnazione, rigettando le domande avanzate e condannando l ‘ RAGIONE_SOCIALE a pagare ad NOME le spese del doppio grado di giudizio.
–RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata, ex art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., laddove ha escluso che tra le domande proposte dalla società vi fosse anche quella di dichiarare la risoluzione del contratto preliminare per mancato versamento del rateo di prezzo ai sensi della lettera b) dell’art. 11 del preliminare di compravendita, che prevedeva tale ipotesi quale ulteriore motivo di risoluzione del contratto ex art. 1456 cod. civ. La Corte d’appello avrebbe liquidato la questione soffermandosi esclusivamente su una parte dell’atto di citazione e interpretando in maniera restrittiva le conclusioni della società attrice, non tenendo conto di quanto contenuto in altre parti del libello introduttivo. Si richiama, sul punto, il principio consolidato
nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata RAGIONE_SOCIALE domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto a uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le domande medesime risultino contenute, dovendo, per converso, aver riguardo al contenuto di omesso esame, ove limiti la sua pronuncia in relazione alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo suo contenuto sostanziale (fra molte, Cass. n. 3012/2010, 19331/07, 23819/07 21916/2018). Correttamente, pertanto, il giudice di prime cure aveva ritenuto risolto il contratto per violazione RAGIONE_SOCIALE clausole risolutive previste dalle lettere b) e d) dell’art. 11 del contratto preliminare di compravendita.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
In tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE. ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti (Cass., Sez. VI-1, 25 settembre 2019, n. 23834; Cass., Sez. IV, 8 giugno 2016, n. 11738; Cass., Sez. V, 30 settembre 2015, n. 19410).
Nel caso in esame difettano di specificità le deduzioni prospettate in merito al contratto preliminare e alle clausole risolutive espresse previste dalle lettere b) e d) dell’articolo 11, il cui contenuto non viene riportato nella sua integralità, precludendone la valutazione in sede di legittimità.
-Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione di legge dell’art. 1456 cod. civ. La Corte territoriale
censura la sentenza di primo grado sostenendo che il comportamento in buona fede e non colpevole della signora NOME esclude l’operatività della clausola risolutiva espressa. La ricorrente non condivide tale assunto. Il tema della colpa, nell ‘ ipotesi di clausola risolutiva espressa, è discusso sia in dottrina sia in giurisprudenza. Si richiama, infatti, l’esistenza di un contrasto. La Corte di cassazione ha avuto modo di pronunciarsi in merito, prendendo in considerazione il ruolo della buona fede nell ‘orientare il comportamento RAGIONE_SOCIALE parti in presenza di una clausola risolutiva espressa (Cass. 27 ottobre 2016, n. 21740). La decisione si discosta da un precedente orientamento (Cass. 23 novembre 2015, n. 23868 richiamata nella sentenza impugnata). Con riferimento al ruolo della buona fede, la Corte, nella sentenza n. 21740/2016, ha rilevato che l’operatività della clausola risolutiva espressa non richiede altro che la constatazione dell ‘inadempimento così come in essa dedotto, essendo state le parti a collegare la risoluzione a quel determinato inadempimento. Nel caso di specie, si deduce che la promissaria non si è presentata innanzi al AVV_NOTAIO per la stipula, ovvero per spiegare in quella sede le sue ragioni, affrontando scientemente il rischio della risoluzione e della iniziativa giudiziale che le veniva prospettata con atto di citazione. Tanto sarebbe sufficiente alla declaratoria di risoluzione del contratto preliminare.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia l ‘ insufficiente motivazione in relazione a un fatto controverso dedotto in giudizio. La Corte territoriale ha ritenuto non addebitabile alla signora NOME la mancata adesione all’invito a comparire innanzi al AVV_NOTAIO per la stipula, in quanto il prezzo non era stato determinato dalle parti nella sua esatta quantificazione. Invero, la Corte ometterebbe di considerare due aspetti fondamentali della fattispecie concreta. Il primo è che la NOME non ha ottemperato all’invi to del 14 giugno 2000 alla stipula fissata per il 30 giugno 2000. E quindi sarebbe già inadempiente da tale data. Il secondo, è che la NOME in quella data
doveva solo acquistare l’immobile e perfezionare il preliminare accollandosi il mutuo, avendo già pagato la quota fuori mutuo. Il primo importante inadempimento si sarebbe verificato proprio in sede di omessa comparizione innanzi al AVV_NOTAIO per la data del 30 giugno2000. E la conseguenza di tale inadempienza è stata il mancato accollo del mutuo e la ricaduta sulla promittente venditrice degli effetti negativi dell ‘ insolvenza della promissaria acquirente.
Con il quarto motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1371 e 1375 cod. civ., non potendosi ravvisare una violazione del principio di buona fede allorché la promittente venditrice abbia agito nel rispetto della disciplina contrattuale stabilita e concordata. La Corte territoriale sarebbe dunque incorsa in errore quando ha affermato che dagli atti di causa emerge che la signora NOME ha dimostrato l’assenza di responsabilità formulando proposte transattive per definire la vertenza. Con il suo ultradecennale silenzio (dal 29 novembre 1993 al 6 marzo 2006, data in cui perviene il primo riscontro alla richiesta di adempimento con la missiva dell’AVV_NOTAIO) sarebbe evidente che la promissaria acquirente, non essendosi presentata innanzi al AVV_NOTAIO indicato nell’atto di intimazione e non essendosi nemmeno preoccupata di costituirsi in giudizio nei termini per far valere le proprie ragioni, si é resa colpevole della dichiarata volontà di non adempiere. La promittente venditrice aveva un interesse alla stipula del contratto per sottrarsi alle future inadempienze della promissaria acquirente (che poi si sono regolarmente manifestate). Aveva un interesse a non pagare più IMU, TASI e oneri condominiali su que ll’ immobile del quale non godeva più e che, invece, ancora oggi è costretta a pagare. La condotta della promissaria acquirente, invece, che non si è presentata innanzi al AVV_NOTAIO per la stipula del contratto definitivo sarebbe contraria all’obbligo di buona fede.
2.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente stante la loro correlazione, sono infondati.
Ai fini della risoluzione del contratto per inadempimento, in presenza di clausola risolutiva espressa, pur se la colpa del contraente inadempiente si presume, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., il giudice non è tenuto solo a constatare che l’evento previsto dalla detta clausola si sia verificato, ma deve esaminare, con riferimento al principio della buona fede, il comportamento dell’obbligato, potendo la risoluzione essere dichiarata solo ove sussista (almeno) la colpa di quest’ultimo (Cass., Sez. III, 5 agosto 2002, n. 11717).
L’agire dei contraenti va valutato, anche in presenza di una clausola risolutiva espressa, secondo il criterio generale della buona fede, sia quanto alla ricorrenza dell’inadempimento che del conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risoluzione, sicché, qualora il comportamento del debitore, pur integrando il fatto contemplato dalla suddetta clausola, appaia comunque conforme a quel criterio, non sussiste l’inadempimento, né i presupposti per invocare la risoluzione, dovendosi ricondurre tale verifica non al requisito soggettivo della colpa, ma a quello, oggettivo, della condotta inadempiente (Cass., Sez. I, 23 marzo 2023, n. 8282).
Nel caso di specie, la Corte di appello ha motivato le ragioni in base alla quale ha ritenuto sussistente la buona fede della promissaria acquirente (iniziale incertezza del saldo dovuto, successive trattative, tolleranza mostrata per anni dall’immobiliare in ordine alla stipula del definitivo), talché nessuna censura può essere riproposta in sede di legittimità. La valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 cod. civ., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito (Cass., Sez. VI-2, 22 giugno 2020, n. 12182).
3. -Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente, in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione