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Clausola risolutiva espressa: Covid non è scusa

Un’azienda del settore ristorazione ha smesso di pagare l’affitto nel 2021, adducendo come causa le difficoltà economiche post-pandemia. La società proprietaria dell’immobile ha attivato la clausola risolutiva espressa prevista nel contratto. La Corte di Cassazione ha confermato la risoluzione del contratto, stabilendo che le tutele speciali legate all’emergenza Covid erano applicabili solo durante il periodo di lockdown e non giustificano inadempimenti successivi.

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Clausola Risolutiva Espressa: La Pandemia non Giustifica l’Affitto non Pagato Post-Lockdown

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha creato notevoli difficoltà economiche, specialmente per settori come la ristorazione. Molti si sono chiesti se tali difficoltà potessero giustificare il mancato pagamento dei canoni di locazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa chiarezza, stabilendo limiti precisi all’applicazione delle tutele emergenziali e ribadendo la piena efficacia della clausola risolutiva espressa per gli inadempimenti verificatisi dopo la fase più acuta della crisi. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti: La Morosità del Ristoratore e l’Azione del Locatore

Il caso riguarda un contratto di locazione di un immobile adibito a ristorante. La società conduttrice (l’inquilino) aveva smesso di pagare i canoni di locazione a partire dal terzo trimestre del 2021, accumulando una morosità significativa che si è protratta fino a novembre 2022. Di fronte a questo grave inadempimento, la società locatrice (il proprietario) si è avvalsa di una specifica previsione contrattuale: la clausola risolutiva espressa. Questa clausola permette di risolvere (cioè sciogliere) il contratto automaticamente al verificarsi di un determinato inadempimento, semplicemente comunicando all’altra parte l’intenzione di volersene avvalere.

La società conduttrice si è opposta, sostenendo che l’inadempimento non fosse a lei imputabile, ma fosse una conseguenza diretta delle difficoltà economiche causate dalle misure restrittive anti-Covid. Inizialmente, il tribunale di primo grado le aveva dato ragione, ma la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, dichiarando il contratto risolto. La questione è quindi giunta fino alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la validità della clausola risolutiva espressa

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società conduttrice, confermando la decisione della Corte d’Appello. La risoluzione del contratto di locazione è stata quindi ritenuta legittima. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: le norme speciali introdotte durante l’emergenza pandemica per proteggere i debitori, in particolare l’art. 91 del D.L. n. 18/2020 (Decreto “Cura Italia”), hanno un’efficacia limitata nel tempo.

Le Motivazioni: L’Ambito Temporale delle Tutele Covid

Le motivazioni della Corte si concentrano su due aspetti giuridici cruciali: la natura della clausola risolutiva espressa e l’interpretazione restrittiva della normativa emergenziale.

La Clausola Risolutiva Espressa e l’Irrilevanza della Gravità dell’Inadempimento

La Corte ha ribadito un principio consolidato: quando le parti inseriscono nel contratto una clausola risolutiva espressa, stanno già valutando preventivamente che il mancato adempimento di una specifica obbligazione (in questo caso, il pagamento del canone) è talmente grave da giustificare la fine del rapporto. Di conseguenza, il giudice, una volta verificato l’inadempimento, non deve compiere un’ulteriore indagine sulla sua gravità. Deve solo accertare che l’inadempimento non sia imputabile a cause di forza maggiore.

La Portata Limitata dell’Art. 91 del Decreto “Cura Italia”

Il punto centrale della difesa del ristoratore era l’art. 91 del Decreto “Cura Italia”, che imponeva di tenere sempre conto del rispetto delle misure di contenimento per escludere la responsabilità del debitore. La Cassazione ha chiarito che questa norma crea una sorta di presunzione di non colpevolezza, ma solo ed esclusivamente per gli inadempimenti verificatisi durante il periodo di applicazione delle misure più restrittive, ovvero il lockdown (indicativamente, fino al 18 maggio 2020).

Poiché la morosità nel caso di specie era iniziata nel 2021, ben dopo la fine del lockdown, la società conduttrice non poteva più beneficiare di questa presunzione. Avrebbe dovuto, invece, fornire prove concrete e specifiche che dimostrassero come gli effetti a lungo termine della pandemia avessero reso oggettivamente impossibile il pagamento del canone, cosa che non è avvenuta. Anzi, la società risultava in attivo dai bilanci e aveva dimostrato di possedere liquidità pagando in un’unica soluzione il debito in corso di causa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Locatori e Conduttori

Questa ordinanza fornisce un’indicazione chiara per la gestione dei contratti di locazione commerciale nel periodo post-pandemico:

1. Protezione Limitata: Le tutele speciali per i debitori previste dalla normativa emergenziale Covid non sono un “lasciapassare” perenne. La loro efficacia è strettamente legata al periodo in cui le restrizioni erano in vigore.
2. Onere della Prova: Per gli inadempimenti successivi al periodo di lockdown, l’inquilino che non paga deve dimostrare in modo rigoroso e documentato un nesso di causalità diretto tra gli effetti della crisi e la propria impossibilità di adempiere. La generica difficoltà economica del settore non è sufficiente.
3. Forza della Clausola Risolutiva: La clausola risolutiva espressa si conferma uno strumento contrattuale potente ed efficace per il locatore, che permette di ottenere una rapida risoluzione del contratto di fronte a inadempimenti specifici, senza che il giudice debba valutarne la gravità.

Una clausola risolutiva espressa in un contratto di locazione può essere attivata anche se l’inquilino ha difficoltà economiche a causa della pandemia?
Sì. Secondo la Corte, se l’inadempimento (come il mancato pagamento del canone) si verifica dopo il periodo delle restrizioni più severe (lockdown), la generica difficoltà economica non è una giustificazione sufficiente per impedire l’attivazione della clausola. Il debitore deve provare una specifica e oggettiva impossibilità di adempiere.

La protezione speciale per gli inadempimenti contrattuali prevista dal Decreto “Cura Italia” (art. 91 D.L. 18/2020) si applica a tutti i mancati pagamenti avvenuti durante la pandemia?
No. La Corte ha chiarito che la presunzione di non imputabilità dell’inadempimento, prevista da tale norma, si applica solo al periodo in cui erano in vigore le misure di contenimento più restrittive (marzo-maggio 2020). Per i periodi successivi, si torna alle regole ordinarie sulla responsabilità del debitore.

Il giudice deve sempre valutare la buona fede del locatore prima di confermare la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore?
No. La Corte ha specificato che il principio di buona fede non può spingersi fino a imporre a una parte (il locatore) di sacrificare i propri diritti contrattuali, come quello di ricevere il canone o di risolvere il contratto di fronte a un inadempimento grave e prolungato. L’attivazione della clausola risolutiva espressa è un diritto previsto dal contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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