Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10147 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 24643/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e COGNOME NOME, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso il recapito de ll’ avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale
– controricorrente –
N. 24643/21 R.G.
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Bologna, n. 1520/2021, depositata il 27.7.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13.2.2024 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con contratto di affitto di ramo di azienda del 27.8.2010, RAGIONE_SOCIALE – titolare della relativa concessione demaniale – concesse in affitto alla RAGIONE_SOCIALE il barristorante ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sito sulla spiaggia di Rimini; la concedente riservò per sé la gestione del chiosco e del lido. Successivamente, con scrittura privata denominata ‘ Modifica di contratto di affitto di azienda ‘ del 28.7.2015, le parti stabilirono con decorrenza dal 1.1.2014 il corrispettivo annuale dovuto dall’affittuaria in misura fissa pari a € 115.000,00 annui (oltre IVA), da corrispondersi a scadenza mensile. Con detta scrittura, inoltre, le parti concordarono che -dopo aver precisato che il corrispettivo di affitto ‘parte fissa’ di € 115.000,00 era commisurato ad un canone demaniale pari ad € 80.000,00 – qualora il canone effettivamente dovuto dalla concedente al Demanio fosse risultato superiore, l’affittuaria avrebbe dovuto rimborsarle la differenza tramite il versamento di conguagli del corrispettivo di affitto dovuti per ‘aumento canone demaniale’. Con comunicazione inviata all’affittuaria in data 22.10.2018, RAGIONE_SOCIALEn.RAGIONE_SOCIALE dichiarò di voler avvalersi della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 4 della modifica contrattuale del 2015, a causa del mancato pagamento dei predetti ‘conguagli’ di maggior corrispettivo di affitto per ‘aumento canone demaniale’ e per rimb orso ICI/IMU. Con ricorso del 26.10.2018, la RAGIONE_SOCIALE chiese al Tribunale di Rimini (per quanto ancora interessa), previo
accertamento degli inadempimenti della concedente, dichiararsi non dovute le somme da essa concedente richieste per ‘conguagli’ di maggior corrispettivo di affitto per ‘aumento canone demaniale’ e rimborso ICI, eccependo altresì la prescrizione quinquennale delle pretese creditorie avversarie. RAGIONE_SOCIALE costituitasi, contestò le avverse domande e chiese, in via riconvenzionale, la declaratoria di risoluzione del contratto di affitto in forza della clausola risolutiva espressa già invocata, con condann a dell’affittuaria alla restituzione del ramo d’azienda e al pagamento delle somme richieste a titolo di maggiori corrispettivi di affitto e rimborso imposte, oltre alla penale contrattuale di € 1.500,00 giornalieri per il ritardato rilascio, nonché il risarcimento degli ulteriori danni. L’adito Tribunale, con sentenza del 22.9.2020, rigettò le domande attoree e, in accoglimento delle domande riconvenzionali proposte dall’affittante, dichiarò la risoluzione di diritto del contratto ex art. 1456 c.c. e -previa parziale compensazione tra i rispettivi crediti – condannò la RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della prima della somma di € 550.092,49, oltre interessi commerciali. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 27.7.2021, accolse parzialmente l’appello proposto dall’affittuaria, per l’effetto rideterminando la somma da ques ta dovuta in € 310.092,49; ciò sul presupposto dell’inefficacia della comunicazione ex art. 1456 c.c. del 22.10.2018, individuando un nuovo dies a quo , allo stesso fine, nella data del 10.2.2019, ossia nel decimo giorno successivo alla costituzione di RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di primo grado, atteso che con la comparsa responsiva detta società aveva ribadito di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa.
N. 24643/21 R.G.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di sette motivi, cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE proponendo anche ricorso incidentale condizionato, fondato su tre motivi. La controricorrente ha anche depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RICORSO PRINCIPALE
1.1 -Col primo motivo , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la RAGIONE_SOCIALE denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. , per aver la Corte d’appello pronunciato extrapetita . Osserva la ricorrente che la Corte felsinea, disattendendo la ricostruzione offerta, circa l’esercizio della clausola risolutiva espressa, dal Tribunale di Rimini: 1) ha ravvisato l’unico inadempimento di RAGIONE_SOCIALE nel mancato pagamento dei canoni base (‘ parte fissa’ ) scaduti dopo il marzo 2018 (cioè, i canoni dovuti dal mese di aprile 2018); 2) ha escluso che tale inadempimento potesse rilevare ai fini della pronunzia di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c., poiché la relativa domanda era stata rinunciata da RAGIONE_SOCIALEn.cRAGIONE_SOCIALE, in quanto non riproposta in appello; 3) ha altresì escluso che tale inadempimento fosse stato invocato da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE nella comunicazione del 22.10.2018, ritenendola pertanto inefficace ai fini dell’esercizio, da parte dell’affittante RAGIONE_SOCIALE, della clausola risolutiva di cui all’art. 4 del contratto di affitto del 2015; 4) non ha, tuttavia, ritenuto di accogliere il motivo di gravame, avendo affermato la rilevanza del predetto inadempimento, ai fini della declaratoria di risoluzione del contratto in forza della clausola risolutiva di cui all’art. 4 della ‘Modifica contrattuale’ del 2015, in quanto, secondo la Corte, l’affittante RAGIONE_SOCIALE
avrebbe contestato tale inadempimento ed ‘ efficacemente ‘ – in base ad esso la clausola risolutiva con la comparsa di costituzione e risposta depositata in data 31.1.2019 nel giudizio di primo grado avanti il Tribunale di Rimini, nella causa N. 3898/2018 R.G. Secondo la ricorrente principale, tale statuizione viola il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, perché la RAGIONE_SOCIALEn.RAGIONE_SOCIALE, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, con la comparsa di costituzione in primo grado non aveva assolutamente espresso la volontà di far valere la clausola risolutiva in forza d ell’ inadempimento di RAGIONE_SOCIALE al pagamento dei predetti canoni base ‘ parte fissa ‘ e, soprattutto, non ha domandato l’accertamento della risoluzione del contratto di affitto in forza dell’esercizio della clausola risolutiva riferito a tale inadempimento, avendo espressamente formulato la domanda di risoluzione di diritto solo ed esclusivamente in base alla comunicazione del 22.10.2018 e dei pretesi inadempimenti in essa contestati, ritenuti insussistenti e irrilevanti dalla stessa Corte di Appello.
1.2 -Col secondo motivo , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si lamenta la nullità della sentenza in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., nonché agli artt. 132, comma 2, n. 4, e 156 c.p.c., per aver la Corte territoriale omesso la motivazione (o aver reso una motivazione apparente, contradditoria e manifestamente illogica), in ordine alla accertata risoluzione di diritto del contratto. Si assume, infatti, che la motivazione è insussistente circa l’attribuita natura ed efficacia negoziale della comparsa di risposta di RAGIONE_SOCIALE e del suo reale contenuto, essendosi omesso di esporre le ragioni di tale valutazione,
che si appalesa anche manifestamente illogica e contraddittoria rispetto al contenuto di detto atto, quale pure individuato dalla stessa sentenza.
1.3 -Con il terzo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1256, 1372, 1375, 1453, 1456 e 2917 c.c., nonché degli artt. 492, 521, 543, 546 e 553 c.p.c., per aver la Corte territoriale statuito la risoluzione del contratto sulla base di una condotta dell’affittuaria RAGIONE_SOCIALE il mancato pagamento all’affittante dei canoni ‘ parte fissa’ scaduti dopo il mese di marzo 2018 – che non costituisce inadempimento ad essa imputabile, rilevante ai fini della declaratoria di risoluzione ex art. 1456 c.c., poiché unicamente determinato dalla oggettiva impossibilità dell’affittuaria di effettuare detti pagamenti in pendenza del vincolo pignoratizio sorto per effetto del pignoramento notificatole in data 14.3.2018 e nuovamente in data 7.6.2018.
1.4 -Col quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., si denuncia l’ omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, costituito dall’esistenza del vincolo pignoratizio a far data dal 14.3.2018 e sino al 1.10.2019 -data di estinzione del relativo procedimento n. 667/2018 R.G.E. – e della mancata emissione nel detto procedimento di alcun provvedimento di svincolo e/o assegnazione in favore del creditore pignorante.
1.5 -Col quinto motivo, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’omesso esame dell’eccezione di non imputabilità all’affittuaria dell’inadempimento posto a fondamento della risoluzione. Si sostiene che il giudice d ‘a ppello non abbia affatto esaminato tale specifica eccezione dell’appellante, così violando l’art. 112
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c.p.c., avendo totalmente omesso di valutarla al fine di escludere l’imputabilità all’affittuaria della condotta in base alla quale ha ritenuto sussistere un suo inadempimento rilevante ex art. 1456 c.c., sebbene tale elemento soggettivo, che costituisce presupposto essenziale e necessario ai fini dell’accertamento del legittimo esercizio della clausola risolutiva espressa che la sentenza ha posto a fondamento della risoluzione, fosse totalmente insussistente nella fattispecie, in capo all’affittuaria .
1.6 -Col sesto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si lamenta la nullità della sentenza in relazione agli artt. 24 e 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, e 156 c.p.c., per omessa motivazione (motivazione apparente, contradditoria e manifestamente illogica) sulla non imputabilità all’affittuaria del mancato pagamento dei corrispettivi sottoposti a vincolo pignoratizio.
1.7 -Col settimo motivo, infine, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1366 c.c., per aver la Corte d ‘a ppello ritenuto applicabile nella fattispecie la clausola risolutiva espressa in forza dell’inadempimento di un’obbligazione non contemplata dalla relativa previsione negoziale ai fini dell’operatività di detta clausola, cioè il mancato pagamento dei canoni di affitto dovuti dall’affittuaria, disciplinati all’art. 2 del contratto.
RICORSO INCIDENTALE CONDIZIONATO
1.8 -Col primo motivo, la RAGIONE_SOCIALE denuncia, condizionatamente all’accoglimento del ricorso principale, la v iolazione o falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver erroneamente la Corte territoriale ritenuto che essa affittante non avesse riproposto in appello
la domanda subordinata di risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’affittuaria. Evidenzia che, in forza dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, l’intera controversia era stata devoluta alla Corte felsinea, e che essa RAGIONE_SOCIALE ne aveva chiesto l’integrale rigetto, riportandosi agli argomenti già spesi in primo grado. Ha dunque errato la Corte d’ appello al riguardo, avendo male applicato l ‘art. 346 c.p.c. e non avendo fatto corretto uso dei principi giurisprudenziali secondo cui, in presenza di un’articolazione della fattispecie che vedeva forti vincoli di pregiudizialità-dipendenza tra le questioni sostanziali coinvolte nella controversia, in caso di impugnazione che investa l’intera materia della causa, non sussiste un onere di riproposizione specifica delle domande ed eccezioni non accolte ( si invoca l’insegnamento di Cass. n. 2671/1989; Cass. n. 3296/1981).
1.9 -Col secondo motivo, ancora in via condizionata, la RAGIONE_SOCIALE lamenta l’o messo esame di fatto decisivo in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5., c.p.c. La Corte d’appello non ha tenuto conto del fatto che l’art. 4 del contratto del 2015 reca con la clausola risolutiva espressa la pattuizione che l’inadempimento agli obblighi ivi specificati ‘comporterà immediatamente ed automaticamente, senza necessità di alcuna formalità, la risoluzione contrattuale’ . Dunque, secondo la RAGIONE_SOCIALE, con tale espressa pattuizione le parti del contratto avevano escluso l’onere della preventiva comunicazione e convenuto la risoluzione automatica, ma su tale questione la Corte ha omesso qualsivoglia esame.
1.10 -Col terzo motivo, la RAGIONE_SOCIALE richiama le proprie istanze cautelari e d’urgenza nel corso della causa di primo grado N. 3898/18 R.G., nelle quali
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aveva eccepito il mancato pagamento (all’Agenzia delle Entrate-Riscossione pignorante o ad essa affittante) di tutti i canoni d’affitto del ramo d’azienda dopo quello del mese di marzo 2018 da parte della ‘RAGIONE_SOCIALE
2.1 -Preliminarmente, occorre evidenziare che la circostanza che la società ricorrente sia stata dichiarata fallita, come documentato dalla controricorrente, non riverbera immediatamente sulle sorti di questo giudizio, noto essendo che l’interruzione del processo è istituto non applicabile nel giudizio di cassazione, stante il suo carattere officioso ( ex multis , Cass. n. 27143/2017).
Né, del resto, in relazione a quanto paventato dalla stessa controricorrente in memoria, ove si richiama l’insegnamento di Cass. n. 4795/2020 (secondo cui ‘ Per effetto della dichiarazione di fallimento del cliente il mandato difensivo si scioglie immediatamente, anche nel caso in cui esso sia relativo ad un procedimento pendente in Cassazione, non trovando applicazione il principio dell’ultrattività del mandato sol perché l’apertura del fallimento non comporta l’interruzione del giudizio di legittimità, fondandosi la mancata interruzione esclusivamente sull’impulso d’ufficio che lo caratterizza ‘), si pone alcuna questione nella specie, giacché non risulta che, dopo la dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE (come da sentenza del 5.8.2022, depositata dalla controricorrente ai sensi dell’art. 372 c.p.c. ), l’avv. NOME COGNOME abbia svolto alcuna attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
Infine, quanto al tema della improcedibilità derivante dall’applicazione del principio di universalità soggettiva, espresso dagli artt. 51 e 52 l.fall. (v. Cass. n. 12114/2003), ed in particolare -per quanto qui specialmente interessa – da tale ultima disposizione, che impone che, dopo la dichiarazione di fallimento,
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ogni credito verso il fallito deve di regola esser fatto valere in ambito concorsuale, mediante insinuazione al passivo, se del caso valuterà il giudice del rinvio le conseguenze derivanti dalla declaratoria del fallimento della predetta società.
3.1 -Ciò posto, occorre anzitutto affrontare il primo motivo del ricorso principale , con cui si denuncia l’extrapetizione, nei termini prima evidenziati (v. par. 1.1).
La C orte d’appello, con riguardo alla clausola risolutiva espressa, ha rilevato che la manifestazione della volontà di avvalersi della clausola stessa non era stata correttamente esercitata dalla RAGIONE_SOCIALEn.cRAGIONE_SOCIALE con la PEC del 22.10.2018, perché quegli inadempimenti ivi indicati non risultavano ricompresi nel tenore della clausola stessa, riportata nell’art. 4 della modifica contrattuale del 2015. Dunque, secondo il giudice territoriale, la risoluzione di diritto ex art. 1456 c.c. non poteva ascriversi a quegli inadempimenti, bensì (dopo aver preso atto che la RAGIONE_SOCIALEn.cRAGIONE_SOCIALE non aveva riproposto in appello le domande assorbite, e segnatamente quella subordinata di risoluzione per grave inadempimento della Nettuno RAGIONE_SOCIALE s.r.l. ex art. 1453 c.c.), all’inadempimento nel pagamento della parte fissa del canone, da marzo 2018 ( rectius , aprile 2018) in poi; e di un tale inadempimento, secondo la Corte territoriale, la RAGIONE_SOCIALE.n.cRAGIONE_SOCIALE aveva inteso avvalersi certamente, allorché -costituendosi nel giudizio di primo grado -aveva comunque chiesto dichiararsi la risoluzione di diritto del contratto, pertanto operativa solo dal 10.2.2019, anziché dal 2.11.2018 (come invece ritenuto dal Tribunale).
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3.2 Ora, va anzitutto sgombrato il campo da una questione: contrariamente a quanto assunto dalla ricorrente principale nello stesso mezzo qui in scrutinio, il pignoramento presso terzi, avviato da AdER con atto del 7.6.2018, s’è reso necessario solo per effetto del mancato adempimento di essa RAGIONE_SOCIALE all’ordine ex art. 72 -bis d.P.R. n. 602/1973 del 14.3.2018, tanto derivando dal disposto dell’art. 72, comma 2, d.P.R. cit. Se infatti la società odierna ricorrente principale avesse pagato all’es attore, entro 60 giorni, i canoni frattanto scaduti (aprile e maggio 2018), si sarebbe consolidata la cessione forzosa ex art. 2928 c.c., anche in relazione ai canoni a scadere, il pagamento equivalendo ad assegnazione ex art. 553 c.p.c. (v. Cass. n. 2857/2015).
Quindi non v’è dubbio che l’ inadempimento dei ‘ canoni base ‘, da parte di RAGIONE_SOCIALE fosse sussistente, pur a prescindere dalle vicende del pignoramento presso terzi poi avviato da AdER dinanzi al Tribunale di Rimini. Pertanto, può dirsi che, in linea di massima, il presupposto fattuale della risoluzione di diritto ex art. 1456 c.c., relativa ai ‘ canoni base ‘, si fosse effettivamente concretizzato.
3.3 -Occorre adesso verificare se nella comparsa di costituzione depositata da RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di primo grado sia stata espressa in concreto (posto che tanto è senz’altro possibile in astratto: v. Cass. 9275/2005) una effettiva manifestazione di volontà della parte di avvalersi della risoluzione di diritto per detto specifico inadempimento (come ritenuto dal giudice d’appello) , tenendo anche conto che essa è firmata solo dal difensore e non anche dalla parte personalmente.
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Ritiene la Corte che, dall’esame della comparsa di costituzione della Nettuno RAGIONE_SOCIALEn.cRAGIONE_SOCIALE (senz’altro consentito, essendosi denunciata col mezzo in esame, una nullità processuale, ed essendo in tal caso questa stessa Corte il giudice del fatto processuale, fermo restando che i passi salienti dell’atto sono stati correttamente riportati nel mezzo in esame) e coerentemente con quanto denunciato dalla ricorrente principale, tanto non sia possibile affermare.
In nessuna parte dell’atto in parola è possibile scorgere un chiaro ed inequivoco collegamento tra l’inadempimento dei ‘canoni base’ (o ‘parte fissa’) e l’esercizio della clausola di cui all’art. 4 della modifica contrattuale del 2015; la posizione della Nettuno s.n.c., sul punto in parola, è coerentemente e chiaramente compendiata dalle conclusioni rassegnate nella stessa comparsa (a p. 17): ‘ in via riconvenzionale, accertare e dichiarare che il contratto de quo d’affitto/affidamento di ramo d’azienda ‘ RAGIONE_SOCIALE Nettuno ‘ si è risolto il 22.10.2018 in legittima applicazione della clausola risolutiva espressa o comunque che è risolto ed inefficace per grave inadempimento dell’affittuaria (…)’. Et de hoc, satis, potrebbe dirsi.
Vale però la pena anche aggiungere che, dalla lettura della sentenza impugnata, emerge che la Corte felsinea non ha identificato, come oggetto di accertamento fattuale, né la deduzione, da parte della Nettuno s.n.c., della morosità relativa al canone maturato dopo l’avvalimento della clausola risolutiva, né tampoco l’ invocazione di tale morosità come oggetto della clausola; in altre parole, è impossibile ritenere che l’avvalimento della clausola da parte della Nettuno s.n.c. sia stato affermato dalla Corte bolognese come un ‘fatto’ (il che, a ben vedere, avrebbe comportato la necessità di denunciare un simile errore con la
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revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c.). Essa lo ha desunto, in realtà (e senza motivare con adeguato procedimento interpretativo) dalla ‘contestazione’ del mancato pagamento dei canoni scaduti dal marzo 2018 in poi.
Ora, una simile contestazione, ossia l’enuncia zione di detta morosità (quand’anche col grado di dettaglio descritto dalla Nettuno s.n.c. a p. 15 del controricorso), non può all’evidenza significare, di per sé, che essa sia posta a base di una domanda di accertamento dell’avvenuta risoluzione di diritto del contratto ex art. 1456 c.c. A tal fine, sarebbe stata infatti necessaria una espressa deduzione (o un esplicito utilizzo) del ‘ fatto ‘ , quale fondamento di una domanda che la stessa Corte bolognese individua nel senso che la RAGIONE_SOCIALEn.RAGIONE_SOCIALE ‘ chiese di accertare la risoluzione ipso iure del contratto ‘ (così la sentenza, p. 8). Non solo: la stessa affermazione della presenza della domanda in questi termini è talmente generica da non farle neppure acquisire la consistenza d ell’affermazione di un ‘fatto processuale’ (il che conferma l’impraticabilità della linea circa il possibile rilievo di un errore revocatorio).
Ha dunque errato la Corte felsinea allorché -pur evidenziando l’errore commesso dal Tribunale circa la compatibilità tra la clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 4 della modifica contrattuale del 2015 e gli inadempimenti contestati all’odierna ricorrente con la PEC del 22.10.2018 -ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE avesse esercitato il diritto di avvalersi della clausola stessa in seno alla comparsa di costituzione del giudizio di primo grado: tanto può certamente escludersi, per le considerazio ni già svolte, sicché il giudice d’appello è incorso in una chiara extrapetizione, in violazione dell’art. 112 c.p.c. (si veda, circa la consistenza del detto vizio, ex multis , Cass. n. 8048/2019).
4.1 -I restanti motivi del ricorso principale restano conseguentemente assorbiti.
5.1 Può a questo punto esaminarsi il primo motivo del ricorso incidentale condizionato. Esso è infondato.
La Corte d’appello, infatti, ha ritenuto di non poter delibare la domanda proposta dalla Nettuno s.n.c. ex art. 1453 c.c., proposta in subordine rispetto a quella di accertamento dell’avvenuta risoluzione di diritto, perché non riproposta ex art. 346 c.p.c. (e, dunque, da intendersi rinunciata). Sostiene in proposito la stessa RAGIONE_SOCIALE che, per effetto dell’appello proposto dall’affittuaria avverso la prima decisione, tutta la causa era da intendersi devoluta al giudice d’appello, comprese le domande assorbite, e dunque compresa la domanda ex art. 1453 c.c.
L’assunto non è condivisibile. Infatti, è assolutamente consolidato l’orientamento secondo cui ‘ L’appellato che abbia ottenuto l’accoglimento della sua domanda principale nel giudizio di primo grado è tenuto, per non incorrere nella presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 c.p.c., a riproporre espressamente, in qualsiasi forma indicativa della volontà di sottoporre la relativa questione al giudice d’appello, la domanda subordinata non esaminata dal primo giudice, non potendo quest’ultima rivivere per il solo fatto che la domanda principale sia stata respinta dal giudice dell’impugnazione ‘ ( ex plurimis , Cass. n. 13721/2020; in generale, sul modus operandi dell’art. 346 c.p.c., si rinvia a Cass., Sez. Un., nn. 7700 del 2016 e 11799 del 2017).
Né può sostenersi che le domande proposte dalla RAGIONE_SOCIALE in via principale (ex art. 1456 c.c.) ed in via subordinata (ex art. 1453 c.c.) siano legate da un nesso di pregiudizialità-dipendenza tale da comportare, automaticamente, la
devoluzione di entrambe al giudice d’appello, benché quella subordinata sia rimasta assorbita nell’ambito della prima decisione. Premesso, infatti, che un tale nesso può solo ravvisarsi allorché ‘ un rapporto giuridico, pregiudiziale o condizionante, rientra nella fattispecie di altro rapporto giuridico, condizionato o dipendente ‘ (v. Cass. n. 2322/2023), e a prescindere da ogni altra considerazione sulla stessa attualità della giurisprudenza invocata dalla Nettuno s.n.c., nella specie si tratta di due azioni del tutto autonome ed indipendenti: l’una (art. 1456 c.c.) di natura dichiarativa, l’altra (art. 1453 c.c.) di natura costitutiva, aventi presupposti solo latamente comuni (l’inadempimento: specificamente individuato nella clausola risolutiva espressa, per la prima, dotato invece di gravità ex art. 1455 c.c., per la seconda).
Non può dunque revocarsi in dubbio che la RAGIONE_SOCIALE, a fronte del rischio dell’accoglimento dell’appello proposto dalla società affittuaria, avesse l’onere di riproporre la domanda assorbita ex art. 346 c.p.c., sicché la censura in esame non coglie nel segno, la decisione impugnata rivelandosi, sul punto, del tutto corretta.
6.1 -Il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato è inammissibile.
Infatti, occorre anzitutto evidenziare che esso è formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., benché col mezzo si lamenti, a ben vedere, non già l’omesso esame di un ‘fatto’ storico, fenomenicamente apprezzabile (rientrante, cioè, nell’ambito di quei soli fatti il cui omesso esame può costituire oggetto di censura avanzata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. v. ex multis , di recente, Cass. n. 13024/2022; Cass. n. 8584/2022), ma di una questione, denunciabile semmai ai sensi dell’art . 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
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Si aggiunga, per completezza, che in ogni caso, contrariamente all’assunto, la norma di cui all’art. 1456 c.c. ai fini della risoluzione di diritto del contratto, derivante dall’inadempimento codificato nella clausola risolutiva espressa sancisce l’imprescindibil ità della dichiarazione della parte di volersi avvalere della clausola stessa, sicché il mezzo sarebbe comunque infondato.
7.1 -Infine, il terzo motivo del ricorso incidentale condizionato è del pari inammissibile, ma in quanto privo di qualsiasi censura alla decisione impugnata e costituente, dunque, un ‘non motivo’.
8.1 -In definitiva, è accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti; quanto al ricorso incidentale condizionato, è infondato il primo motivo, mentre il secondo e il terzo sono inammissibili.
La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame dell’appello di RAGIONE_SOCIALE tenendo conto dell’effettivo tenore della comparsa di costituzione e risposta della RAGIONE_SOCIALE in primo grado e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
In relazione alla data di proposizione del ricorso incidentale (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti i restanti; rigetta il ricorso incidentale condizionato. Cassa in relazione e rinvia
alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno