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Clausola rischio cambio: quando è valida nel leasing?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25798/2024, ha stabilito che una clausola rischio cambio in un contratto di leasing finanziario, anche se combinata con l’indicizzazione a un tasso variabile come il LIBOR, è di per sé legittima e non rende il contratto immeritevole di tutela. La Corte ha chiarito che tale clausola non trasforma il leasing in uno strumento finanziario derivato. Ha annullato la decisione della Corte d’Appello che l’aveva dichiarata nulla per squilibrio e complessità, precisando che la valutazione di validità deve essere distinta dalla verifica del rispetto del dovere di buona fede precontrattuale, come l’obbligo di informare adeguatamente l’utilizzatore sui rischi.

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Clausola Rischio Cambio: La Cassazione ne conferma la validità nel Leasing

L’inserimento di una clausola rischio cambio nei contratti di leasing finanziario è una pratica che ha generato un notevole contenzioso. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna sul tema, fornendo chiarimenti fondamentali sulla sua legittimità e distinguendo nettamente tra il giudizio di meritevolezza del contratto e il rispetto dei doveri di buona fede. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società utilizzatrice stipulava un contratto di leasing finanziario con un istituto bancario. Il contratto prevedeva una clausola di indicizzazione che legava l’importo dei canoni non solo alle variazioni del tasso di interesse (Libor CHF), ma anche alle fluttuazioni del tasso di cambio tra la valuta nazionale e una valuta estera. Ritenendo tale clausola nulla per indeterminatezza e violazione delle norme bancarie, la società agiva in giudizio per ottenere la restituzione di quanto versato in eccesso.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, dichiarando la nullità della clausola e condannando la società finanziaria al rimborso. La Corte d’Appello, pur confermando la nullità, lo faceva per ragioni diverse. I giudici di secondo grado qualificavano la clausola come un contratto aleatorio autonomo, simile a uno ‘swap’, e la ritenevano non meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c. a causa della sua complessità e dello squilibrio dei rischi, posti interamente a carico dell’utilizzatore.

La Validità della Clausola Rischio Cambio secondo la Cassazione

La società finanziaria proponeva ricorso in Cassazione, che ha accolto le sue ragioni, cassando la sentenza d’appello. La Suprema Corte, richiamando anche un suo precedente a Sezioni Unite (n. 5657/2023), ha ribadito alcuni principi cardine.

In primo luogo, la Corte ha stabilito che una doppia indicizzazione (a un tasso variabile e al cambio valutario) è pienamente legittima. Nello specifico:
1. L’indicizzazione a un tasso variabile come il LIBOR è una clausola standard e lecita nei finanziamenti.
2. L’indicizzazione alle fluttuazioni del rapporto di cambio costituisce una ‘clausola-valore’, anch’essa lecita.

La combinazione di due clausole di per sé lecite non può generare un contratto illecito o immeritevole. Inoltre, la Corte ha escluso che una simile pattuizione possa trasformare la causa del contratto di leasing da quella di finanziamento per l’acquisto di un bene a una causa puramente speculativa.

La distinzione tra Meritevolezza e Buona Fede

Il punto cruciale della decisione risiede nella netta distinzione tra due concetti:
* Meritevolezza (art. 1322 c.c.): Riguarda la capacità del contratto di produrre effetti giuridici. Un patto è immeritevole solo se persegue finalità futili, illecite o socialmente dannose. La complessità, l’aleatorietà o lo squilibrio delle prestazioni non rendono, di per sé, un contratto immeritevole di tutela, poiché rientrano nell’autonomia contrattuale delle parti.
* Buona Fede (artt. 1366, 1375 c.c.): attiene al comportamento delle parti durante le trattative e l’esecuzione del contratto. La violazione della buona fede (ad esempio, la mancata trasparenza sui rischi da parte del finanziatore) non rende il contratto nullo per immeritevolezza, ma può dar luogo ad altri rimedi, come l’annullamento per dolo o errore, o il risarcimento del danno.

La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, ha commesso un errore nel fondare il suo giudizio di immeritevolezza su elementi (aleatorietà, difficoltà di interpretazione, asimmetria) che non sono pertinenti a tale valutazione.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano sull’ormai consolidato orientamento che riconosce ampia autonomia alle parti nella determinazione del contenuto del contratto, anche assumendosi rischi significativi. La clausola rischio cambio non è intrinsecamente illecita. Il problema può sorgere, piuttosto, sul piano della trasparenza e della correttezza precontrattuale. Se il finanziatore, pur essendo a conoscenza dei rischi legati alle fluttuazioni valutarie, non informa adeguatamente la controparte, potrebbe violare il dovere di buona fede. Tuttavia, questa eventuale violazione non incide sulla validità astratta della clausola, ma sul comportamento tenuto dalle parti. La Corte ha quindi rinviato la causa alla Corte d’Appello, in diversa composizione, affinché riesamini il caso applicando correttamente questi principi, interpretando la clausola nel contesto complessivo del contratto e degli interessi concreti perseguiti dalle parti.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: l’autonomia contrattuale consente alle parti di stipulare accordi complessi e aleatori, come quelli contenenti una clausola rischio cambio. La nullità di tali patti non può essere dichiarata sulla base di un generico giudizio di squilibrio o complessità. La tutela dell’utilizzatore deve essere cercata altrove: nella verifica del rispetto degli obblighi di informazione, trasparenza e correttezza che gravano sull’intermediario finanziario. La decisione sposta quindi il focus del contenzioso dalla validità strutturale della clausola alla correttezza comportamentale delle parti, offrendo un quadro giuridico più chiaro e coerente per la gestione di questi contratti.

Una clausola di indicizzazione al rischio cambio in un contratto di leasing è di per sé valida?
Sì, secondo la Corte di Cassazione la clausola che lega il canone di leasing alle fluttuazioni di un tasso di cambio è di per sé lecita e meritevole di tutela. Essa rientra nell’autonomia contrattuale delle parti e non rende il contratto nullo.

La combinazione di un’indicizzazione al tasso LIBOR e una al rischio cambio trasforma il leasing in uno strumento finanziario derivato?
No. La Corte ha chiarito che la combinazione di due clausole lecite (indicizzazione al tasso variabile e indicizzazione al cambio) non dà origine a un contratto illecito né a uno strumento finanziario derivato implicito. La causa del contratto rimane quella di un leasing finanziario.

Qual è la differenza tra il giudizio di ‘meritevolezza’ di una clausola e il rispetto della ‘buona fede’?
Il giudizio di ‘meritevolezza’ valuta se il contratto può produrre effetti legali, e una clausola è immeritevole solo se persegue scopi illeciti o socialmente dannosi. Il rispetto della ‘buona fede’ riguarda invece la correttezza e la lealtà del comportamento delle parti (es. l’obbligo di informare sui rischi). Una violazione della buona fede non rende il contratto immeritevole, ma può portare ad altre conseguenze, come il risarcimento del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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