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Clausola rischio cambio: legittima secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25791/2024, ha stabilito che una clausola rischio cambio inserita in un contratto di leasing non costituisce un patto immeritevole di tutela né uno strumento finanziario derivato. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva dichiarato la nullità della clausola assimilendola a uno swap. Secondo i giudici supremi, la combinazione di un’indicizzazione a un tasso finanziario e una alle fluttuazioni valutarie è legittima. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata non sull’astratta validità della clausola, ma sull’interpretazione complessiva del contratto e sul rispetto dei doveri di buona fede.

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Clausola Rischio Cambio nei Contratti di Leasing: la Cassazione Fa Chiarezza

L’inserimento di una clausola rischio cambio all’interno di un contratto di leasing immobiliare è da tempo oggetto di dibattito nelle aule di giustizia. Spesso percepita come complessa e potenzialmente speculativa, la sua validità è stata messa in discussione. Con la recente ordinanza n. 25791 del 26 settembre 2024, la Corte di Cassazione interviene per delineare principi fondamentali, distinguendo tra la legittimità della clausola in sé e il rispetto dei doveri di buona fede. Analizziamo questa importante decisione.

Il Percorso Giudiziario del Caso

Una società utilizzatrice di un immobile in leasing citava in giudizio la società concedente, sostenendo la nullità di una clausola di ‘doppia indicizzazione’ legata al rischio di cambio. Secondo la società attrice, tale clausola era indeterminata, immeritevole di tutela e violava gli obblighi informativi.

Le Decisioni di Primo e Secondo Grado

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, dichiarando la nullità della clausola e condannando la società di leasing alla restituzione di una cospicua somma, applicando il tasso sostitutivo previsto dall’art. 117 del Testo Unico Bancario (TUB).

La Corte d’Appello, pur confermando l’invalidità della clausola, cambiava la motivazione. La qualificava come un contratto aleatorio atipico, una sorta di ‘swap’ implicito, e la riteneva non meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c. per la sua macchinosità e per lo squilibrio che generava tra le prestazioni.

La Posizione della Cassazione sulla Clausola Rischio Cambio

La società concedente ha impugnato la decisione d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso. I giudici supremi hanno ribaltato l’interpretazione dei giudici di merito, stabilendo che la clausola rischio cambio non è, di per sé, né un patto immeritevole di tutela né uno strumento finanziario derivato.

Distinzione tra Meritevolezza e Buona Fede

La Corte ha chiarito un punto cruciale: la ‘meritevolezza’ di un contratto (art. 1322 c.c.) e il rispetto dei doveri di ‘buona fede’ (art. 1375 c.c.) sono concetti distinti. Un contratto può essere meritevole di tutela in astratto, ma la sua esecuzione può violare la buona fede se una parte, ad esempio il finanziatore, non fornisce informazioni chiare sui rischi, specialmente quelli di natura speculativa.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione su principi già consolidati, anche a Sezioni Unite. In primo luogo, viene affermato che la combinazione di due clausole lecite non può generare un contratto illecito. Nello specifico, l’indicizzazione del canone a un tasso variabile (come il LIBOR) è una pratica comune e lecita; allo stesso modo, una clausola-valore che adegua il canone alle fluttuazioni del cambio è legittima e non costituisce un derivato. La loro unione, pertanto, non crea uno strumento finanziario illecito.

In secondo luogo, la Corte critica l’approccio della Corte d’Appello, che ha basato il giudizio di immeritevolezza su elementi come la ‘macchinosità’ e l”aleatorietà’ della clausola. I giudici supremi ricordano che l’autonomia privata consente alle parti di stipulare contratti aleatori, assumendosene reciprocamente i rischi. Il solo fatto che una clausola introduca un elemento di incertezza non la rende automaticamente immeritevole di tutela.

Le Conclusioni

La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata e ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame. Il giudice del rinvio non dovrà più valutare l’astratta validità della clausola rischio cambio, ormai ritenuta legittima. Dovrà, invece, interpretare la clausola alla luce dell’intero contratto (la cosiddetta ‘causa concreta’), per comprendere quali fossero gli interessi specifici che le parti intendevano perseguire. Sarà fondamentale accertare se, nel caso specifico, vi sia stata una violazione dei doveri di trasparenza e buona fede da parte dell’istituto finanziario nell’informare il cliente sulla natura e sui rischi dell’operazione. La decisione finale dipenderà quindi da una valutazione complessiva dell’accordo e del comportamento delle parti, non più da una condanna aprioristica della clausola stessa.

Una clausola di rischio cambio in un contratto di leasing è sempre illegittima?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una clausola che lega il canone di leasing alle fluttuazioni del cambio non costituisce di per sé un patto immeritevole di tutela né uno strumento finanziario derivato, ma è in linea di principio legittima.

La combinazione di un’indicizzazione al tasso di interesse e una al cambio valutario trasforma il contratto in un derivato (swap)?
No. La Corte ha chiarito che la combinazione di due clausole di per sé lecite (indicizzazione a un tasso finanziario e indicizzazione al cambio) non dà origine a un contratto illecito o a uno strumento finanziario derivato.

Cosa deve valutare il giudice di merito in presenza di una clausola rischio cambio?
Il giudice non deve limitarsi a giudicare la clausola in astratto, ma deve interpretarla nel contesto dell’intero accordo (‘causa concreta’) per comprendere gli interessi reali delle parti. Inoltre, deve verificare se siano stati rispettati i doveri di buona fede, chiarezza e informazione, specialmente riguardo alla natura e ai rischi speculativi dell’operazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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