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Clausola penale leasing: legittima se non eccessiva

Una società utilizzatrice e i suoi fideiussori hanno impugnato una sentenza d’appello relativa a un contratto di leasing finanziario. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato: la clausola penale leasing è legittima a condizione che non consenta al concedente di ottenere più di quanto avrebbe ricavato dalla regolare esecuzione del contratto. Il giudice mantiene il potere di ridurre una penale manifestamente eccessiva, tutelando l’equilibrio tra le parti e applicando analogicamente l’art. 1526 c.c. ai contratti risolti prima della L. 124/2017.

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Clausola Penale Leasing: la Cassazione Conferma la sua Legittimità

La gestione della clausola penale leasing in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore è un tema cruciale nel diritto commerciale. Con l’ordinanza n. 3096 del 2 febbraio 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla questione, ribadendo principi consolidati e offrendo importanti chiarimenti sulla sua applicabilità, specialmente per i contratti antecedenti alla Legge n. 124/2017. Analizziamo insieme i fatti, il percorso legale e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una società finanziaria aveva ottenuto un decreto ingiuntivo contro una società utilizzatrice di beni in leasing e i suoi fideiussori. L’ingiunzione richiedeva la restituzione dei beni e il pagamento di somme a titolo di canoni insoluti, penali e interessi. L’utilizzatrice e i garanti si opposero, e il Tribunale di primo grado accolse la loro opposizione, revocando il decreto.

La società finanziaria propose appello e la Corte d’Appello di Roma ribaltò la decisione. Riconobbe il diritto del concedente a ricevere le somme dovute, inclusi canoni scaduti, penale e interessi ricalcolati, condannando la società e i fideiussori al pagamento.

Contro questa sentenza, l’utilizzatrice e i garanti hanno proposto ricorso per cassazione, basandosi su due motivi principali: la presunta illegittimità della clausola penale alla luce dell’art. 1526 c.c. e la questione dell’usura sopravvenuta.

La Clausola Penale Leasing Secondo la Cassazione

Il cuore della controversia risiedeva nel primo motivo di ricorso. I ricorrenti sostenevano che la clausola penale del contratto fosse nulla perché permetteva al concedente di ottenere un vantaggio economico ingiusto, superiore a quello che avrebbe conseguito con la normale esecuzione del contratto. A loro avviso, la Corte d’Appello avrebbe dovuto applicare in via analogica la disciplina dell’art. 1526 c.c. (prevista per la vendita con riserva di proprietà) senza tenere conto della penale.

La Corte di Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., in quanto in contrasto con la giurisprudenza ormai consolidata. La Suprema Corte ha chiarito che l’applicazione dell’art. 1526 c.c. non è incompatibile con la previsione di una clausola penale leasing.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte ha rigettato anche il secondo motivo di ricorso, relativo all’usura sopravvenuta. I ricorrenti lamentavano che i tassi di interesse, sebbene pattuiti legittimamente, fossero diventati usurari nel corso del rapporto. Anche su questo punto, la Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile, richiamando la sentenza delle Sezioni Unite n. 24675/2017. Tale pronuncia ha stabilito che la liceità del tasso di interesse deve essere valutata esclusivamente al momento della sua pattuizione, escludendo la rilevanza della cosiddetta ‘usura sopravvenuta’.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi ben radicati. Per quanto riguarda la clausola penale leasing, la Cassazione ha ribadito che essa è legittima, a patto che rispetti un limite fondamentale: non deve attribuire al concedente un vantaggio economico superiore a quello che avrebbe ottenuto se il contratto fosse stato adempiuto regolarmente.

Questo orientamento, confermato anche dalle Sezioni Unite (sent. n. 2061/2021), stabilisce che il giudice ha il potere-dovere di ridurre la penale se risulta manifestamente eccessiva (art. 1384 c.c.). Per farlo, deve contemperare l’interesse del creditore all’adempimento con l’esigenza di evitare un arricchimento ingiustificato. Il calcolo per la riduzione deve tenere conto:

1. Delle somme dovute dall’utilizzatore (canoni scaduti e a scadere, prezzo di opzione).
2. Del valore di mercato del bene al momento della sua restituzione (o il ricavato della sua vendita).

La differenza tra questi valori determina l’eventuale residuo dovuto al concedente. In questo modo, la clausola penale viene ricondotta a equità, garantendo che il concedente sia posto nella stessa situazione economica in cui si sarebbe trovato in caso di adempimento, senza però trarne un profitto indebito.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio di equilibrio contrattuale. La clausola penale leasing non è di per sé illegittima, ma la sua validità è subordinata al rispetto del principio di non locupletazione indebita. Per i professionisti e le imprese, questa decisione conferma che, pur in presenza di clausole penali, esiste uno strumento di tutela giurisdizionale (la riduzione ad equità) per evitare conseguenze economiche sproporzionate in caso di risoluzione del contratto. La Corte riafferma la centralità del controllo giudiziale sull’autonomia contrattuale, assicurando che le penali mantengano la loro funzione risarcitoria senza trasformarsi in uno strumento di ingiusto profitto.

È valida una clausola penale in un contratto di leasing traslativo risolto prima della Legge 124/2017?
Sì, la clausola penale è considerata legittima a condizione che non permetta al concedente di ottenere un vantaggio economico superiore a quello che avrebbe conseguito dalla regolare esecuzione del contratto. La sua previsione non è incompatibile con l’applicazione analogica dell’art. 1526 c.c.

Cosa succede se la clausola penale in un contratto di leasing è manifestamente eccessiva?
Il giudice ha il potere di ridurre la penale secondo equità, come previsto dall’art. 1384 c.c. Per farlo, deve stimare il valore del bene al momento della restituzione e detrarlo dalle somme totali dovute dall’utilizzatore, assicurando che il concedente non ottenga un arricchimento ingiustificato.

L’usura sopravvenuta rende nullo un contratto di leasing?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, la valutazione sulla natura usuraria di un tasso di interesse deve essere fatta con riferimento esclusivo al momento in cui il tasso è stato pattuito. La cosiddetta ‘usura sopravvenuta’ è irrilevante ai fini della validità del contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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