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Clausola penale leasing: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26562/2024, ha stabilito che la richiesta di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale comprende implicitamente l’applicazione della clausola penale leasing prevista dal contratto, senza che ciò costituisca vizio di ultrapetizione. Il caso riguardava una società utilizzatrice che, a seguito della risoluzione di due contratti di leasing, contestava la decisione dei giudici di merito di applicare la penale contrattuale, sostenendo che non fosse stata esplicitamente richiesta dalla società concedente. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che la penale è una mera liquidazione anticipata del danno e rientra pienamente nell’oggetto della domanda di risarcimento.

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La Clausola Penale nel Leasing: Quando il Giudice Può Applicarla Anche se non Richiesta?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 26562/2024) offre un importante chiarimento sui poteri del giudice in materia di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale. In particolare, la Corte si è soffermata sulla clausola penale leasing, stabilendo un principio fondamentale: la richiesta generica di risarcimento del danno è sufficiente a consentire al giudice di applicare la penale prevista dal contratto, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

La controversia nasce dalla richiesta di risoluzione di due contratti di leasing avanzata da una società artigiana e dai suoi garanti nei confronti della società concedente. La società utilizzatrice lamentava l’inadempimento della concedente. Quest’ultima, costituitasi in giudizio, non solo si opponeva alla richiesta, ma proponeva una domanda riconvenzionale per accertare l’inadempimento dell’utilizzatrice e ottenere il pagamento dei canoni insoluti e degli interessi.

Il Tribunale di primo grado, dopo aver accertato l’inadempimento dell’utilizzatrice, dichiarava i debiti reciproci estinti per compensazione. La Corte d’Appello confermava la decisione, rigettando sia l’appello principale dell’utilizzatrice sia quello incidentale della società di leasing.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La società utilizzatrice e i suoi garanti hanno impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il loro ricorso su quattro motivi principali:

1. Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.): Secondo i ricorrenti, i giudici di merito avevano errato nell’applicare la clausola penale leasing prevista dall’art. 21 delle condizioni generali di contratto, poiché la società concedente non l’aveva mai esplicitamente invocata nella sua domanda riconvenzionale, limitandosi a chiedere un generico risarcimento del danno. Ciò avrebbe configurato un vizio di ultrapetizione.
2. Erronea applicazione delle norme sulla clausola penale (art. 1382 c.c.) e sull’onere della prova (art. 2697 c.c.): I ricorrenti sostenevano che, non potendosi applicare la penale, il danno avrebbe dovuto essere provato nella sua interezza dalla società concedente.
3. Omesso esame di un fatto decisivo: Si contestava la mancata considerazione dell’avvenuta restituzione anticipata dell’immobile, fatto che avrebbe dovuto incidere sulla valutazione della congruità della penale.
4. Erronea valutazione del ‘quantum’ della penale: I ricorrenti lamentavano l’eccessività dell’importo della penale riconosciuto dai giudici, senza un adeguato abbattimento del valore locativo del bene.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla clausola penale leasing

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettando tutti i motivi di doglianza con argomentazioni precise e lineari.

Il punto cruciale della decisione riguarda il primo motivo, relativo all’ultrapetizione. La Corte ha chiarito che non sussiste alcun vizio di ultrapetizione quando il giudice, a fronte di una domanda di condanna al risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, applica la clausola penale pattuita tra le parti. La motivazione di fondo è che la clausola penale non costituisce una domanda autonoma e diversa rispetto a quella risarcitoria; al contrario, essa ne rappresenta una mera modalità di liquidazione, predeterminata contrattualmente.

In altre parole, la richiesta di risarcimento del danno definisce il thema decidendum (l’oggetto del contendere), e la penale è semplicemente lo strumento previsto dalle parti per quantificare quel danno. La Corte ha espressamente citato la motivazione della sentenza d’appello, la quale aveva evidenziato che la società concedente aveva formulato una “esplicita richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale”. Tale richiesta è stata ritenuta sufficiente per consentire al giudice di fare applicazione della clausola che le parti stesse avevano predisposto per tale evenienza.

La Reiezione degli Altri Motivi

Gli altri motivi sono stati giudicati inammissibili. In particolare:
– Il secondo motivo è stato ritenuto inammissibile perché basato sul presupposto, errato, che non vi fosse spazio per l’applicazione della clausola penale leasing.
– Il terzo e il quarto motivo sono stati respinti in quanto miravano a ottenere un riesame del merito della controversia, sollecitando una nuova valutazione dei fatti (come la tempestività della riconsegna del bene o la congruità dell’importo della penale). Questo tipo di indagine è precluso in sede di legittimità, dove la Cassazione si limita a verificare la corretta applicazione del diritto, senza poter entrare nel merito della ricostruzione fattuale operata dai giudici dei gradi precedenti.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento ribadisce un principio di grande rilevanza pratica. La parte che agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento di un contratto non è tenuta a richiamare esplicitamente la clausola penale, qualora presente. La semplice domanda di risarcimento del danno contrattuale è sufficiente a investire il giudice del potere di applicare la penale come criterio di liquidazione del danno concordato tra le parti. Questa pronuncia consolida l’orientamento giurisprudenziale volto a considerare la clausola penale come una specificazione della domanda risarcitoria, semplificando l’onere processuale della parte adempiente e rafforzando la volontà contrattuale espressa dalle parti al momento della stipula.

Se una parte chiede il risarcimento del danno per inadempimento, il giudice può applicare la clausola penale prevista nel contratto anche se non è stata specificamente richiesta?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la richiesta di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale include implicitamente la richiesta di applicazione della clausola penale, in quanto quest’ultima rappresenta una liquidazione anticipata e forfettaria del danno stesso. Non si configura, pertanto, il vizio di ultrapetizione.

Perché la Corte ha ritenuto inammissibili i motivi relativi alla congruità della penale e alla valutazione del valore del bene?
La Corte ha ritenuto tali motivi inammissibili perché sollecitavano un riesame del merito della vicenda e una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di valutazione è precluso in sede di legittimità, dove la Corte di Cassazione può giudicare solo sulla corretta applicazione delle norme di diritto e non sulla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di primo e secondo grado.

Qual è la relazione tra la richiesta di risarcimento del danno e l’applicazione di una clausola penale?
La richiesta di risarcimento del danno è una domanda generica volta a ottenere una compensazione per il pregiudizio subito. La clausola penale è uno strumento specifico previsto dal contratto che predetermina l’importo di tale risarcimento. La Corte ha chiarito che l’applicazione della clausola penale è una modalità di liquidazione del danno e rientra pienamente nell’oggetto della domanda risarcitoria (thema decidendum).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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