LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Clausola penale: come si calcola il risarcimento?

La Corte di Cassazione interviene su una controversia relativa alla risoluzione di un contratto per l’installazione di apparecchi da gioco. A seguito dell’inadempimento dell’esercente, la società fornitrice ha richiesto l’applicazione della clausola penale. La Suprema Corte, pur rigettando la maggior parte dei motivi di ricorso, ha accolto quello relativo all’errato calcolo del periodo di inadempimento, rideterminando l’importo della penale sulla base delle stesse dichiarazioni iniziali della parte attrice, in applicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Clausola penale: la Cassazione precisa i criteri di calcolo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla corretta applicazione di una clausola penale in caso di inadempimento contrattuale. La vicenda, nata da un contratto per l’installazione di apparecchi da gioco, dimostra come le stesse dichiarazioni rese in giudizio possano essere decisive per determinare l’ammontare del risarcimento dovuto. Analizziamo insieme i dettagli del caso e i principi affermati dalla Suprema Corte.

La vicenda processuale

Una società che fornisce apparecchi da gioco lecito citava in giudizio un esercente commerciale per ottenere la risoluzione del contratto e il pagamento di una penale di oltre 26.000 euro. Secondo la società fornitrice, l’esercente aveva violato gli obblighi contrattuali, in particolare il diritto di esclusiva, installando macchinari di concorrenti e chiedendo il ritiro degli apparecchi forniti.

In primo grado, il Tribunale dava ragione all’esercente, ritenendo valida ed efficace la comunicazione di disdetta del contratto. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione: accertava l’inadempimento dell’esercente, considerava la disdetta inefficace (perché inviata a un soggetto diverso e senza prova del rispetto dei termini) e lo condannava al pagamento di una clausola penale, sebbene in misura ridotta a circa 1.944 euro.

L’esercente, non soddisfatto, presentava ricorso per cassazione, sollevando nove diversi motivi di contestazione, di natura sia procedurale che sostanziale.

Le questioni procedurali respinte dalla Corte

Prima di arrivare al cuore della questione, la Cassazione ha esaminato e rigettato diverse eccezioni preliminari sollevate dal ricorrente. Tra queste, le più significative sono:

* Incompetenza territoriale: L’eccezione è stata ritenuta formulata in modo incompleto, poiché non contestava tutti i possibili fori alternativi previsti dalla legge.
* Carenza di legittimazione attiva: Il ricorrente sosteneva che l’impresa individuale fornitrice, essendo stata cancellata dal registro delle imprese, non potesse più agire in giudizio. La Corte ha ribadito il principio consolidato secondo cui la cancellazione non estingue i diritti di credito dell’imprenditore, che può continuare a farli valere come persona fisica.
* Nullità della clausola di rinnovo tacito: L’esercente lamentava la vessatorietà della clausola. La Corte ha ritenuto che la specifica approvazione per iscritto, accompagnata da un richiamo sommario al contenuto della clausola, fosse sufficiente a garantirne la validità.

L’errato calcolo della clausola penale

Il punto cruciale della decisione riguarda il sesto motivo di ricorso, l’unico che la Corte ha ritenuto fondato. L’esercente lamentava una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.).

La Corte d’Appello aveva individuato l’inizio dell’inadempimento nel 28 dicembre 2012, calcolando da quella data i giorni per cui era dovuta la penale. Tuttavia, la stessa società fornitrice, nel suo atto introduttivo del giudizio, aveva indicato come data di inizio della disconnessione degli apparecchi il 31 dicembre 2012.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha affermato che i giudici di merito non possono attribuire alla parte attrice più di quanto essa stessa abbia richiesto. Se l’attore indica una data specifica come inizio del periodo di inadempimento, il giudice deve attenersi a quella data per calcolare la clausola penale, non potendo retrodatarla autonomamente, anche se altre prove suggerissero un inizio anteriore.

Questa violazione ha portato la Cassazione a cassare la sentenza impugnata su questo specifico punto. Poiché non erano necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte ha deciso la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., procedendo a un nuovo calcolo.

Le conclusioni

La Cassazione ha ricalcolato la penale partendo dal 31 dicembre 2012, riducendo l’importo dovuto dall’esercente a 1.728,00 euro, oltre interessi. L’accoglimento, seppur parziale, del ricorso ha comportato l’assorbimento del motivo relativo alle spese legali e la decisione della Corte di compensare integralmente le spese dell’intero giudizio tra le parti, dato l’esito complessivo della controversia. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: nel processo civile, le affermazioni e le richieste della parte attrice definiscono i confini della decisione del giudice, che non può andare oltre quanto domandato.

Perché la disdetta inviata dall’esercente è stata considerata inefficace?
La Corte d’Appello ha ritenuto la disdetta inefficace principalmente per due ragioni: era stata indirizzata a un soggetto giuridico diverso dalla controparte contrattuale e, inoltre, non era stata fornita la prova del suo effettivo invio nel rispetto dei termini previsti dal contratto.

Un imprenditore individuale cancellato dal registro delle imprese può ancora agire in giudizio per recuperare un credito?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la cancellazione dell’impresa individuale dal registro delle imprese non comporta l’estinzione dei diritti di credito sorti durante l’attività. La persona fisica che era titolare dell’impresa rimane legittimata ad agire in giudizio per farli valere.

Per quale motivo la Cassazione ha ridotto l’importo della clausola penale?
La Cassazione ha ridotto l’importo perché la Corte d’Appello aveva commesso un errore nel calcolare il periodo di inadempimento. Aveva fissato la data di inizio al 28 dicembre 2012, mentre la stessa società creditrice, nel suo atto iniziale, aveva indicato il 31 dicembre 2012. La Corte ha corretto questo errore, applicando il principio secondo cui il giudice non può decidere oltre i limiti della domanda posta dalla parte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati