Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7776 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7776 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27827-2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO N. 10417/2017 del TRIBUNALE DI MILANO, depositato il 17/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/2/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.1. La RAGIONE_SOCIALE ha chiesto di essere ammessa allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dichiarato con sentenza del 14/8/2013, per il credito maturato dalla stessa verso la società fallita al pagamento, a titolo di penale per il ritardo nell ‘ esecuzione delle opere alla stessa
subappaltate e di rimborso dei maggior costi sostenuti, della somma complessiva di €. 590.674,82.
1.2. La società istante, in particolare, dopo aver dedotto di aver affidato in subappalto alla RAGIONE_SOCIALE l ‘ esecuzione delle opere murarie di un fabbricato, ha lamentato che la stessa si era resa inadempiente rispetto alle scadenze temporali previste per i lavori e che, di conseguenza, aveva affidato gli stessi lavori ad altra società, con i relativi costi, come quelli per la guardiania del cantiere e l ‘ ottenimento della cd. polizza decennale.
1.3. Il giudice delegato ha respinto la domanda.
1.4. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione allo stato passivo che il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato.
1.5. Il tribunale, in particolare, per quanto ancora rileva, dopo aver rilevato che ‘ i rapporti tra le parti ‘ risultano ‘ fondati … sui seguenti contratti di subappalto ‘, e cioè il contratto del 2/7/2010, avente ad oggetto l ‘ esecuzione delle opere murarie entro il termine del 12/3/2011, e gli atti integrativi del 15/11/2010 e del 23/3/2012, con i quali la NOME conferma di voler affidare il predetto subappalto alla RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che: – tale ultimo contratto è ‘assai significativo ‘ in quanto ‘ stipulato ben oltre il termine fissato nel contratto originario per l ‘ esecuzione dei lavori ‘ e , quindi, ‘ sintomatico di una volontà della subappaltante non già di avvalersi della clausola risolutiva espressa ‘ e, quindi, ‘ delle penali a essa ricollegate ‘, ‘ contenuta nel contratto del 2.7.10 ‘, bensì ‘ di proseguire nel rapporto negoziale, senza neppure fissare un ulteriore termine per l ‘ ultimazione dei lavori ‘; – tale omissione, lungi dall ‘ essere espressiva di un richiamo all ‘ essenzialità del termine del 12/3/2011, superato dalla conclusione del successivo atto integrativo, già ‘ del tutto incompatibile con la
volontà di tenere ferma la precedente scadenza temporale ‘, appare, al contrario, ‘ indicativa della volontà di NOME di far ultimare, comunque, i lavori a RAGIONE_SOCIALE ‘.
1.6. Ne consegue, ha proseguito il tribunale, che il credito al pagamento della penale in ragione degli asseriti ritardi non trova titolo né nel contratto di appalto, ‘ superato in punto data di ultimazione dall ‘ atto integrativo 23.3.12, né in quest ‘ ultimo, che non fissa alcun termine per la conclusione dell ‘ opera ‘, e neppure ‘ nelle prove testimoniali effettuate, che non hanno dato atto della sussistenza di un termine concordato verbalmente tra le parti ‘.
1.7. Il tribunale, infine, ha ritenuto che il credito relativo ai ‘ costi di riaffidamento a terzi ‘ dei lavori risulta privo del necessario supporto probatorio non avendo l ‘ opponente fornito, né in sede d’ insinuazione, né in quella d ‘ opposizione, ‘ la prova dei relativi esborsi ‘ , essendosi limitata a produrre in giudizio ‘ mere fatture ‘ prive, tuttavia, ‘ di efficacia euristica ‘.
1.8. Il tribunale, quindi, ha rigettat o l’opposizione.
1.9. La RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 16/11/2017, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione del decreto.
1.10. Ha resistito il Fallimento con controricorso.
1.11. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1383 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha respinto la domanda di ammissione del credito maturato per la penale contenuta nel contratto concluso con la società poi fallita sul rilievo che l ‘ atto integrativo del 23/3/2012, in quanto stipulato oltre il termine fissato nel contratto originario per la consegna delle opere, era,
in definitiva, sintomatico della volontà della subappaltante non già di avvalersi della clausola risolutiva espressa e delle penali a essa ricollegate ma di proseguire nel rapporto negoziale, senza, tuttavia, considerare che, come emerge dalla lettera dell ‘ art. 8.11 del contratto, la subappaltante aveva il diritto di cumulare l ‘ adempimento della prestazione principale e l ‘ incameramento della penale, sia in caso di violazione dei termini intermedi, sia in caso di violazione dei termini finali, e che, dunque, come consentito dall’art. 1383 c.c., l ‘ applicazione della penale, contrariamente a quanto sostenuto dal tribunale, non era azionabile soltanto in caso di risoluzione di diritto del contratto ma anche in caso di prosecuzione dello rapporto.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha respinto la domanda di ammissione del credito maturato per la penale contenuta nel contratto concluso con la società poi fallita, sul rilievo che l ‘ atto integrativo del 23/3/2012, in quanto stipulato oltre il termine fissato nel contratto originario per la consegna delle opere, era del tutto incompatibile con la volontà di tenere ferma la precedente scadenza temporale, apparendo, al contrario, indicativo della volontà di NOME di far ultimare, comunque, i lavori a RAGIONE_SOCIALE, senza, tuttavia, considerare che l ‘ intendimento della committente di far completare le opere alla RAGIONE_SOCIALE non escludeva affatto la possibilità della stessa di avvalersi della penale per il ritardo e che, come dedotto nel corso del giudizio, non era emersa alcuna rinuncia tacita alla volontà di far valere i termini indicati in contratto per la consegna delle opere e di conseguire la corresponsione della relativa penale, non essendovi alcuna
incompatibilità tra la sottoscrizione del contratto afferente le opere integrative e la volontà di tener fermi i termini di consegna indicati nel contratto d ‘ appalto, né vi è stata acquiescenza al ritardo, peraltro più volte contestato nel corso del 2012, cumulato dalla società poi fallita; tant ‘è che, si è aggiunto: l ‘ atto integrativo fa espresso richiamo alla piena operatività di tutte le pattuizioni contenute nel contratto originario e, dunque, anche alla clausola penale; – la subcommittente, con le missive inviate alla società fallita il 26 e 23 marzo 2012, e dunque immediatamente dopo la stipula del contratto integrativo, ha espressamente contestato il ritardo e, quindi, assunto un comportamento contrario alla pretesa volontà di accettare il ritardo nella consegna delle opere; – la subcommittente, infine, con le missive trasmesse l’1 e il 3/8/2012 e nel mese di settembre e ottobre del 2012, ha nuovamente contestato il ritardo nell’esecuzione delle opere e la violazione d ei termini ivi previsti, paventando l’applicazione delle penali .
2.3. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.
2.4. Il tribunale, invero, ha rigettato la domanda di ammissione del credito al pagamento della penale pattuita per il ritardo nell ‘ esecuzione da parte della società poi fallita dei lavori ad essa subappaltati sul rilievo, in fatto, che il contratto integrativo del 23/3/2012, in quanto ‘ stipulato ben oltre il termine fissato nel contratto originario per l ‘ esecuzione dei lavori ‘, era, come tale, ‘ sintomatico di una volontà della subappaltante … di proseguire nel rapporto negoziale, senza neppure fissare un ulteriore termine per l ‘ ultimazione dei lavori ‘ , e che il credito al pagamento della penale in ragione degli asseriti ritardi non trovava, pertanto, fondamento né nel contratto di appalto, ‘ superato in punto data di ultimazione
dall ‘ atto integrativo 23.3.12, né in quest ‘ ultimo, che non fissa alcun termine per la conclusione dell ‘ opera ‘, e neppure ‘ nelle prove testimoniali effettuate, che non hanno dato atto della sussistenza di un termine concordato verbalmente tra le parti ‘.
2.5. Il tribunale, così facendo, ha senz ‘ altro rispettato le norme che disciplinano la fattispecie concreta così come dallo stesso accertata. Questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che quando, nel corso dell ‘ esecuzione del contratto d ‘ appalto, sia stato mutato l ‘ originario piano dei lavori, il termine di consegna e la penale per il ritardo, pattuiti nel detto contratto, vengono meno e che, di conseguenza, affinché la penale conservi efficacia (come pretende la ricorrente), occorre che le parti di comune accordo fissino un nuovo termine; incombe, in mancanza (come, appunto, è stato accertato, in fatto, nel caso in esame, senza che tale statuizione risulti smentita in ragione della chiara emergenza dagli atti di causa, così come riprodotti in ricorso, di circostanze fattuali che depongano con certezza in senso diverso), al committente, che persegua il risarcimento del danno da ritardata consegna dell ‘ opera, l ‘ onere di fornire la prova delle concrete ricadute pregiudizievoli subite, non potendo, appunto, valere, a fronte di modifiche che hanno imposto la prosecuzione dei lavori senza che le parti avessero fissato alcun ulteriore termine di adempimento, la preventiva liquidazione del danno contenuta nella clausola penale (Cass. n. 8405 del 2019; Cass. n. 20484 del 2011; Cass. n. 7242 del 2001).
2.6. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha respinto la domanda di ammissione del credito
maturato per i costi sostenuti a causa dell ‘ affidamento degli stessi lavori a terzi sul rilievo che l ‘ opponente si era limitata a produrre ‘ mere fatture ‘ prive ‘ di efficacia euristica ‘ , senza, tuttavia, considerare che, come confermato dalle prove documentali e testimoniali raccolte in giudizio, le prestazioni indicate nelle indicate fatture rientravano tra le opere che avrebbero dovuto essere eseguite dalla società poi fallita.
2.7. Il motivo è inammissibile. La ricorrente, infatti, sollecita la Corte ad un riesame delle emergenze probatorie che, com ‘ è noto, è ad essa precluso. La valutazione delle prove raccolte, invero, costituisce attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale (rilevante, come nel caso in esame, ai fini della decisione poi assunta) non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio (nel caso in esame neppure invocato come tale) consistito, come stabilito dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nell’avere del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie materiale , l’ esame di uno o più fatti storici controversi, principali o secondari, la cui esistenza risulti dal testo della pronuncia impugnata o dagli atti processuali e che abbiano carattere decisivo, vale a dire che, se esaminati, avrebbero imposto una ricognizione della vicenda storica senz’altro riconducibile all’ipotesi normativa invocata, nel giudizio di merito, dalla parte poi ricorrente.
2.8. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la nullità del decreto in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ne ha censurato la parte in cui il tribunale, in violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di ammissione al passivo con riserva che l ‘ opponente, a prescindere dalla formula utilizzata, aveva inequivocamente proposto in giudizio con riferimento agli eventuali pagamenti che avrebbe dovuto
eseguire in favore dei lavoratori della società fallita per le retribuzioni agli stessi non versate dalla subappaltatrice ai sensi dell ‘ art. 29 del d.lgs. n. 276/2003.
2.9. Il motivo è inammissibile. Emerge, infatti, dalle conclusioni della domanda di ammissione al passivo così come riprodotte in ricorso (p. 2), che, in realtà, la società istante non aveva affatto chiesto, come invece pretende, l’ insinuazione con riserva del credito verso la subappaltatrice poi fallita alla ripetizione delle somme che, ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003, sarebbe stata tenuta a versare ai dipendenti della stessa, essendosi, piuttosto, limitata a dichiara re (l’irrilevante) ‘… espressa riserva di integrare la presente istanza di ammissione con gli importi che … sarà tenuta a pagare a seguito delle richieste di pagamento della retribuzione, per la parte loro non corrisposta, avanzate da taluni operai dipendenti ‘ della società fallita.
Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 15.700,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater ,
del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima