Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34484 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34484 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/12/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Olgiate Olona (VA), in persona del legale rappresentante sig. NOME COGNOME rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al ricorso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio d i quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Milano, in persona del legale rappresentante sig.ra NOME COGNOME rappresentata e difesa per procura alle liti allegata al controricorso da ll’ Avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
Controricorrente
e
Quegli RAGIONE_SOCIALE LloydRAGIONE_SOCIALE di Londra, in persona del procuratore speciale del rappresenta nte generale per l’Italia dott. NOME COGNOME rappresentati e difesi per procura alle liti in calce al controricorso e ricorso incidentale dall’ Avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliati presso lo studio d ell’Avvocato NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
Controricorrente-Ricorrente incidentale
avverso la sentenza n. 1014/2019 della Corte di appello di Milano, depositata il 7. 3. 2019.
Udita la relazione della causa svolta dal cons. NOME COGNOME alla camera di consiglio del 27. 11. 2024.
Fatti di causa e ragioni della decisione
1.Con sentenza n. 1014 del 7. 3. 2019 la Corte di appello di Milano, in integrale riforma della sentenza impugnata, accolse la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE condannando quest’ultima al pagamento della somma di euro 20.000.00, a titolo di risarcimento dei danni per inadempimento del contratto stipulato dalle parti l’1. 4. 2012, denominato ‘ Commissione di servizio di ricezione di segnali di allarme e servizio ispettivo di pronto intervento’ , per omessa prestazione di vigilanza ed intervento in occasione del furto subito dalla esponente all’interno di un suo capannone in Linate il 22. 9. 2013; condannò altresì gli Assicuratori dei Lloyd’s di Londra, terza chiamata, a tenere indenne la convenuta, sua assicurata, dalle conseguenze della predetta condanna, nei limiti del massimale di polizza.
La Corte territoriale dichiarò la responsabilità della società Lis per inadempimento degli obblighi di vigilanza e di intervento dell’immobile della attrice assunti in contratto, affermando che: in base alle clausole contrattuali, in caso di allarme, l’intervento degli addetti della società di sicurezza doveva svolgersi con controllo su tutto il perimetro della costruzione, mentre era risultato che esso si era svolto solo nella parte antistante, con esclusione del retro, ove erano penetrati i ladri; tale obbligo non poteva ritenersi modificato dall’accordo verbale intervenuto tra il coniuge della legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e tale COGNOME NOME, dipendente della società RAGIONE_SOCIALE, che aveva escluso il controllo sul retro della fabbrica, riferito dal COGNOME stesso sentito come teste, essendo tali soggetti estranei al rapporto contrattuale e stabilendo una specifica clausola del contratto che ogni modifica delle pattuizione in esso contenute dovesse essere fatta per iscritto; tale
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omissione del controllo non aveva consentito al vigilante intervenuto in occasione del furto di accertare l’effrazione dell’ingresso sito sul retro del capannone, permettendo ai ladri, allontanatisi dopo l ‘attivazione dell’allarme, di ritornare per tre volte nel corso della stessa notte e di portare a termine il furto; la clausola contrattuale che limitava il risarcimento dei danni a carico della società di vigilanza ad una somma pari ad una mensilità del corrispettivo convenuto, escludendo la risarcibilità del danno ulteriore, era nulla per violazione del divieto posto dall’art. 1229 c.c. in tema di clausole limitative della responsabilit à; l’appellata Lis non aveva specificatamente contestato le voci di danno lamentate dalla attrice, risultanti dai documenti prodotti, che pertanto andavano riconosciuti, ad eccezione del danno consistito nel maggior esborso per il riacquisto dell’acciaio, non ess endo stato provato che il costo di esso era nel frattempo aumentato; che gli Assicuratori Lloyd’s di Londra, terza chiamata, quale società assicuratrice della Lis, erano tenuti a tenere indenne la propria assicurata, nei limiti del massimale di polizza, dalle conseguenze della condanna pronunciata nei suoi confronti.
Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 12. 3. 2019, con atto notificato il 10. 5. 2019, ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE s.p.a.RAGIONE_SOCIALE affidandosi a quattro motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso.
Quegli As sicuratori dei Lloyd’s di Londra hanno notificato controricorso, con cui hanno aderito al ricorso principale, e proposto ricorso incidentale, articolato su tre motivi.
Le società RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
Preliminarmente va esaminata e quindi disattesa l’eccezione sollevata dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE di inammissibilità del ricorso principale proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE per indeterminatezza della procura alle liti rilasciata in calce all’atto, indicando essa un numero della sentenza sbagliato ( 1014/2017 in luogo di 1014/2019 ) e un numero di ruolo del procedimento di appello pure errato ( 5080/17 in luogo di 5080/16 ).
L’eccezione va respinta essendo quelli denunciati meri errori materiali, facilmente riconoscibili e quindi emendabili alla luce del contenuto del ricorso,
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con cui la procura alle liti fa corpo essendo apposta in calce, che non pongono alcun ragionevole dubbio o incertezza sulla riferibilità dell ‘atto e quindi della procura alle liti alla sentenza impugnata.
4. Il primo motivo del ricorso principale proposto dalla società Lis denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1375 e 1656 c.c., censurando l’accertamento della sentenza impugnata laddove ha affermato che il contratto concluso tra le parti prevedeva l’obbligo della odierna ricorrente di operare la vigilanza sull’intero perimetro del capannone della contraente, escludendo validità ed efficacia all’accordo verbale intervenuto tra il coniuge della sua legale rappresentante e la guardia giurata di RAGIONE_SOCIALE, NOME, che aveva limitato la verifica alla sola parte antistante dello stesso. Quest’ultima statuizione, sostiene il ricorso, è errata, in quanto non ha tenuto conto della natura multilaterale del rapporto contrattuale dedotto in giudizio, che aveva visto la partecipazione anche dell’istituto di vigilanza RAGIONE_SOCIALE . RAGIONE_SOCIALE aveva infatti pattuito la possibilità per Lis di avvalersi delle guardie giurate di detta società, la quale era pertanto esecutrice materiale del servizio ispettivo , mentre la Lis forniva l’altro servizio di ricezione dei segnali di allarme . L’accord o verbale di cui si è detto non poteva di conseguenza considerarsi intervenuto tra soggetti estranei al contratto e doveva considerarsi valido ed efficace quale modificazione non degli obblighi contrattuali, quanto delle modalità della loro esecuzione.
Sotto altro profilo la Corte di appello ha errato nel tralasciare completamente la disamina del comportamento della controparte, omettendo di ravvisare nell’accordo concluso direttamente con la società RAGIONE_SOCIALE, che modificava le modalità di esecuzione della prestazione di vigilanza, una condotta contraria al dovere di eseguire il contratto secondo buona fede. Non ha considerato, in particolare, che ciò facendo la RAGIONE_SOCIALE si era ingerita con direttive vincolanti nella fase esecutiva del rapporto, riducendo il ruolo della Lis, quale appaltatore di servizi, a quello di nudus minister .
5. Il motivo è inammissibile.
Quanto alla prima censura, essa si fonda su circostanze sostanzialmente nuove, che, dalla lettura della sentenza impugnata e dello stesso ricorso, non risultano
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allegate e dibattute nel giudizio di merito. In particolare, ha carattere di novità il ruolo di parte contrattuale attribuito alla società RAGIONE_SOCIALE e la configurazione del contratto come trilaterale. Qualificazione che, merita aggiungere, non appare coerente con i fatti allegati, da cui risulta che l’istituto di vigilanza era stato incaricato dalla stessa Lis, senza assumere alcun impegno verso la committente.
In ogni caso, deve darsi atto che la sentenza impugnata ha ritenuto invalido ed inefficace l’accordo verbale intervenuto tra il marito della legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e l ‘addetto dell’istituto di vigilanza anche per la ragione, che costituisce una autonoma ratio decidendi , che le parti avevano espressamente convenuto in contratto che ogni sua modifica avrebbe dovuto essere approvata per iscritto. Tale motivazione non è direttamente investita dal motivo, se non con il rilievo che tale accordo sarebbe intervenuto non già sul contenuto della prestazione, ma sulle modalità di esecuzione della stessa, argomentazione del tutto inconsistente per dimostrare che una simile modificazione rimarrebbe comunque sottratta alla necessità della forma scritta. In tale rilievi deve ritenersi assorbita la seconda censura, che, in relazione al predetto accordo verbale, lamenta l’omessa valutazione del comportamento della controparte sotto il profilo del canone della buona fede contrattuale. La circostanza evidenziata dalla Corte di appello, che tale accordo era intervenuto tra soggetti che non erano parti del contratto, e tale non lo era sicuramente il marito della legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE impedisce infatti qualsiasi imputabilità della condotta a quest’ultima società.
6. Il secondo motivo di ricorso denunzia vizio di nullità della sentenza per motivazione apparente, lamentando che la Corte di appello non abbia esplicitato in modo chiaro ed intellegibile le ragioni per cui ha ritenuto affetta di nullità la clausola del contratto che limitava l’entità del risarcimento del danno per inadempimento della Lis ad una somma pari al canone mensile del servizio. Si sostiene, inoltre, che la Corte di appello, a fronte della inadeguatezza dell’importo previsto, avrebbe anche potuto correggere ogni anomalia avvalendosi, in applicazione analogica dell’art. 384 c.c., del potere di aumentar ne l’ammontare.
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7. Il motivo è manifestamente infondato sotto tutti i profili.
Questa Corte ha precisato che la violazione del disposto di cui all’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., che determina la nullità della sentenza per difetto di uno dei suoi contenuti essenziali, è rinvenibile nei soli casi in cui la sentenza sia del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi e così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost.. In particolare, la motivazione può qualificarsi apparente quando, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, lasciando così all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ( Cass. S.U. n. 22232 del 2016; Cass. 13248 del 2020 ).
Tanto precisato, il vizio denunziato non è riscontrabile nella sentenza impugnata, che ha chiaramente formulato le ragioni della propria decisione, affermando che la clausola che fissava l’entità del risarcimento dei danni dovuti dalla società di vigilanza, in caso di suo inadempimento, nella somma pari ad una mensilità del canone in corso (che lo stesso ricorso indica nel l’importo di euro 280,00 più iva), escludendo la risarcibilità di eventuali danni ulteriori, era nulla per contrasto con i limiti posti dall’art. 1229 c.c., atteso che l’irrisorietà del risarcimento pattuito preventivamente sotto forma di clausola penale costituiva elemento sintomatico dell’aggiram ento del divieto di limitazione di responsabilità posto dalla norma suddetta.
La lettura della sentenza consente facilmente di comprendere l’ iter logicoargomentativo che ha portato il giudicante a seguire la conclusione accolta.
Quanto alla possibilità del giudice di superare la causa di nullità aumentando l’importo stabilito dalla clausola, trattasi all’evidenza di un’operazione integrativa del contratto non prevista né consentita dalla legge, potendo il giudice, in presenza di una clausola penale manifestamente eccessiva, in applicazione della disposizione di cui di cui all’art. 1384 c.c., ridurne l’import o ma non compiere, in caso contrario, di penale irrisoria, l’operazione inversa. O gni suggerimento di
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applicazione analogica di tale disposizione in quest’ultima ipotesi trova d’altra parte ostacolo sia nella mancanza dei presupposti dell’analogia , non essendovi tra le due situazioni alcun rapporto di somiglianza, se solo si presta attenzione all’interesse protetto dalla previsione normativa, sia nel carattere eccezionale del potere del giudice di rettificare il regolamento contrattuale.
Il terzo motivo del ricorso principale denuncia violazione degli art. 115 e 116 c.c.p., assumendo che la Corte di appello ha ritenuto provato il danno lamentato dalla attrice sul l’erroneo presupposto della mancanza di specifica contestazione da parte della convenuta, la quale invece, nel proprio atto introduttivo in primo grado, nelle memorie istruttorie ed anche in appello aveva contestato le singole voci di danno ed i documenti prodotti a sostegno dalla controparte, che, del resto, essendo costituiti da fatture rilasciate da terzi, erano prove inidonee a dimostrare le spese sopportate.
Il quarto motivo di ricorso denuncia vizio di nullità della sentenza per motivazione apparente, per avere liquidato in favore della RAGIONE_SOCIALE le varie voci di danno senza alcuna motivazione in ordine alla riconducibilità delle stesse all’inadempimento a scritto alla convenuta.
I motivi, che possono esaminarsi congiuntamente in ragione della loro connessione obiettiva, sono accolti nei limiti appresso precisati.
La Corte di appello ha proceduto alla liquidazione del danno sulla base dell’esame delle fatture prodotte dalla società RAGIONE_SOCIALE muovendo dal dichiarato presupposto che le voci di danno non erano state specificamente contestate dalla controparte.
La premessa appare tuttavia contraddetta dalla condotta processuale della convenuta, che sia in comparsa di risposta in primo grado che in appello aveva sollevato contestazioni, ritualmente riprodotte nel ricorso, sia sui danni che sul loro ammontare.
Il rilievo che tali contestazioni erano state rivolte alle varie voci di danno lamentate dalla parte attrice porta inoltre a superare il giudizio di mancanza di loro specificità fatto proprio dalla Corte di appello. Merita precisare sul punto che l’applicazione del principio posto dall’art. 115 c.p.c., in forza del quale il giudice può porre a fondamento della decisione i fatti non specificatamente contestati
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dalla controparte, va prudentemente ponderata a seconda che il fatto sia proprio della parte nei cui confronti è dedotto o rientri comunque nella sua sfera di conoscenza, mentre vi si sottraggono le ipotesi in cui il fatto sia estraneo alla parte.
Alla luce di tali considerazioni, l ‘applicazione del suddetto principio nel caso di specie non risulta pertanto giustificata.
Dalla lettura della sentenza impugnata emerge poi che l’errore della Corte di appello nel ritenere non contestate le voci dei danni lamentati dalla società attrice, ha condizionato la successiva valutazione dei fatti allegati e dei documenti prodotti dalla stessa a sostegno degli esborsi effettuati e dei pregiudizi subiti, che avrebbero dovuti essere scrutinati alla luce delle suddette contestazioni, verificandone la fondatezza alla luce del complesso degli elementi di prova, anche presuntivi, e delle nozioni di comune esperienza. Ciò appare in particolare evidente in relazione al danno consistito nella forzata interruzione dell’attività produttiva della RAGIONE_SOCIALE a causa del furto subito, che la Corte di appello ha quantificato, in adesione alla allegazione della parte, nell’importo di euro 12.958,40, che costituisce la componente più rilevante della somma liquidata, senza fare riferimento ad alcun elemento probatorio.
Il terzo e quarto motivo di ricorso, pertanto, appaiono fondati.
Passando all’esame del ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE di Londra, il primo motivo denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente, lamentando che la Corte di appello non si sia pronunciata sulla eccezione sollevata da RAGIONE_SOCIALE di inammissibilità dell’appello per mancata specificità dei motivi.
Il motivo è manifestamente infondato, trovando l’ec cezione proposta implicito rigetto e diretta motivazione nel fatto che la sentenza impugnata ha indicato dettagliatamente i motivi di censura dell’appellante RAGIONE_SOCIALE e li ha decisi nel merito.
Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2722 e 2723 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto invalido ed inefficace l’accordo verbale, riferito dai testimoni, che
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limitava l ‘ attività di vigilanza demandata alla Lis alla sola parte antistante il capannone, senza riconoscergli la natura di patto aggiunto.
14. Il motivo è inammissibile in quanto non investe l ‘ulteriore ed autonoma ratio decidendi della sentenza, che ha ritenuto tale accordo invalido non solo perché intervenuto tra soggetti diversi dalle parti contraenti, ma anche perché esso non rivestiva la forma scritta convenzionale stabilita da queste ultime per le modifiche contrattuali.
15. Il terzo motivo del ricorso incidentale denunzia nullità della sentenza per motivazione apparente, per avere la Corte di appello modificato il capo della decisione di primo grado che aveva condannato la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese in favore dei RAGIONE_SOCIALE, capo che doveva ritenersi passato in giudicato atteso che l’appe llo era stato rivolto nei soli confronti della società RAGIONE_SOCIALE
16. Il motivo è inammissibile, in quanto denunzia un vizio di motivazione laddove lamenta, senza indicazione della norma violata, una violazione di legge, che, merita aggiungere, appare del tutto insussistente, avendo la socie tà RAGIONE_SOCIALE partecipato attivamente al giudizio di appello, contestando le ragioni della impugnazione, e dovendo nella specie trovare applicazione il principio, del tutto pacifico, che la riforma della sentenza di primo grado da parte del giudice di appello comporta l’automatica caducazione del la statuizione sulle spese, che è pronuncia accessoria a quella di merito, e comporta il potere-dovere del giudice di impugnazione di regolare, alla luce della pronuncia adottata, un nuovo governo delle spese di lite.
17. In conclusione, vanno accolti il terzo e quarto motivo del ricorso principale proposto dalla società Lis, rigettati gli altri motivi ed il ricorso incidentale.
La sentenza è pertanto cassata in relazione ai motivi accolti e la causa è rinviata alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale Quegli RAGIONE_SOCIALE Lloyd’s di Londra, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
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accoglie il terzo e quarto motivo del ricorso principale proposto dalla società Lis, rigetta gli altri motivi ed il ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE di Londra ; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 novembre 2024.