Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33475 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33475 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30744/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME domiciliazione telematica come in atti
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOMECOGNOME domiciliazione telematica come in atti
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 964/2021 depositata il 26/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
L’RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 964 del 2021 della Corte di appello di Bologna esponendo che era stata convenuta in giudizio dalla RAGIONE_SOCIALE per la dichiarazione di risoluzione per inadempimento di tre contratti di leasing, con condanna al pagamento di canoni scaduti e dell’indennità di occupazione sino al rilascio;
aggiunge che il Tribunale aveva rigettato la formulata eccezione d’incompetenza territoriale e accolto la domanda attorea, con pronuncia confermata dalla Corte territoriale secondo cui, in particolare, per quanto qui ancora di utilità:
-la clausola sul foro convenzionale era stata specificatamente pattuita in via esclusiva e relativamente alle controversie sorte in dipendenza dal singolo contratto, indicando l’ufficio giudiziario di Milano come competente quando la domanda fosse stata introdotta dall’utilizzatore, mentre si erano indicati anche quattro fori alternativi, tra cui Bologna, per le liti che fossero state introdotte dal concedente, tutti coincidenti con alcune filiali di quest’ultima, senza genericità e con specifica approvazione scritta, fermo rimanendo che la deducente RAGIONE_SOCIALE non rivestiva la qualifica di consumatore ai fini della correlata tutela;
-nel merito la pretesa del pagamento dei canoni scaduti, accolta nell’appellata sentenza parziale, cui era seguita in prime cure la rimessione in istruttoria per la definizione dell’indennità di occupazione sino al rilascio non ancora avvenuto, era stata basata su parte della clausola penale prevista dai contratti, in cui era anche stato correttamente previsto il defalco, a favore dell’utilizzatore, del valore di allocazione del bene da quanto dovuto in forza della clausola di confisca con cui si era stabilita anche la debenza del prezzo corrispondente all’opzione finale di acquisito;
resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE;
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 20, 21, 29, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la clausola sul foro convenzionale era complessivamente nulla per indeterminatezza, relazionandosi a tutte le controversie collegate ai contratti, quanto alla posizione del concedente, e per contraddittorietà nella misura in cui assegnava una posizione diversa, con i quattro fori alternativi, all’utilizzatore, al contempo in modo sproporzionato rispetto alla controparte di quest’ultimo, fermo che erano stati indicati tutti i diversi fori alternativi;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1526, 1384, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che, trattandosi di leasing traslativi, stante il prezzo finale di acquisto ridotto rispetto al valore del bene, e dunque una componente acquisitiva nei ratei da pagare periodicamente, era invalida la clausola di confisca, con cui erano stati previsti il mantenimento della proprietà dei beni in capo al concedente e l’obbligazione di pagamento di tutti i ratei compreso quello finale di acquisto, con defalco dell’importo di una futura ed eventuale alienazione del bene in ogni caso solo dopo la totale soddisfazione del concedente, e senza obbligo di stima e detrazione, prima della vendita stessa, del valore residuo del bene da quanto dovuto dall’utilizzatore, con conseguente ingiusta locupletazione;
Considerato che
il primo motivo è in parte inammissibile, in parte infondato; secondo la giurisprudenza di questa Corte sono lecite le clausole contrattuali sulla competenza asimmetriche, ossia dirette a regolare diversamente i fori convenzionali per le due parti (v. Cass., 16/07/2020, n. 15202, che ha giudicato tale, in base a
questo principio, la clausola contrattuale di deroga alla competenza territoriale a favore solo di una parte, con la conseguente facoltà per la stessa di introdurre la lite sia davanti al giudice indicato nel contratto, sia dinanzi a quello che sarebbe competente secondo i criteri ordinari, con l’altro contraente rimasto obbligato a promuovere eventuali controversie soltanto dinanzi all’autorità giudiziaria contrattualmente indicata);
né la parte spiega perché si vi sarebbe stata una ‘sproporzione’ invalida, nella stipula negoziale tra due imprese esercitate in forma sociale;
nel caso, la clausola ha riguardato, in via letteralmente esclusiva, il foro di Milano per le cause introdotte dall’utilizzatore, e «anche» quattro fori convenzionali per le cause, come quella in oggetto, introdotte dal concedente, determinati e pacificamente collegati all’ubicazione di alcune filiali della società in parola;
la lite è stata introdotta dal concedente, sicché la validità della parte della clausola concernente l’altra parte neppure viene propriamente in questione;
non può d’altro canto sottacersi che essa riporta esplicitamente la dicitura «in via esclusiva», quanto alle controversie sorte e determinabili in dipendenza del singolo contratto, dovendosi perciò escludere la pretesa genericità, peraltro comunque insussistente in termini di foro alternativo (Cass., 02/10/2020, n. 21010), così come la contraddittorietà risulta come visto esclusa dalla voluta asimmetricità;
al contempo la Corte territoriale ha negato, senza censure, venissero in rilievo tutele consumeristiche, e ha sottolineato la specifica approvazione scritta della medesima clausola;
a tale ultimo riguardo nel ricorso si deduce (a pag. 7) che «detta approvazione è fatta in maniera generica rispetto a diverse clausole contrattuali», ma senza riportare il contenuto di tale parte del contratto, in violazione, per aspecificità, del requisito di
ammissibilità di cui all’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., ratione temporis applicabile (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469);
a ciò si aggiunge che il detto tenore è invece riportato nel controricorso (a pag. 18), ed emerge l’approvazione per specifico richiamo numerico, cumulativo ma con descrizione sintetica del contenuto del singolo patto (Cass., 14/02/2024, n. 4126);
le suddette ragioni sono sufficienti a respingere la censura formulata;
il secondo motivo è infondato;
l’odierna controricorrente ha richiesto il pagamento dei canoni «scaduti, fatturati ed impagati» (pag. 7 del ricorso), oggetto della sentenza parziale appellata, mentre vi è stata rimessione in istruttoria per l’accertamento della indennità di occupazione sino al rilascio;
le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito la legittimità di una clausola di confisca quale quella in esame, prevista in leasing traslativi, qualora sia stabilito ovvero vi sia il defalco del valore del bene o del prezzo di rivendita da ciò che deve l’utilizzatore per ripristinare l’interesse perseguito contrattualmente dal concedente, che, però, riprende la disponibilità e mantiene la proprietà del bene, dovendosi perciò evitare in tal modo locupletazioni ingiustificate (Cass., Sez. U., 28/01/2021, n. 2061);
nel caso, come visto, da quanto emerge dal ricorso, cui lo scrutinio si deve attenere nel rispetto del principio di specificità di questo gravame, non è stato chiesto anche il pagamento del prezzo dell’opzione finale di acquisto del bene, e perciò il principio non è applicabile come tale;
poiché i presupposti della risoluzione della locazione finanziaria si sono verificati anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 124 del 2017, è invece applicabile, in coerenza con le Sezioni Unite, pur muovendo dalla ipotesi qualificatoria di leasing traslativi, l’art. 1526, secondo comma, cod. civ., ovvero il potere giudiziale di
riduzione della clausola penale codificato più in generale nell’art. 1384, cod. civ.;
ma per potersi esercitare tale potere, speculare a quello di determinare l’equo compenso in caso di mancanza di clausola con obbligo di restituzione dei canoni, deve risultare, quale fatto pertanto costitutivo, la restituzione del bene, accertata come non avvenuta nella sentenza gravata e su cui nulla si dice neppure nell’odierno ricorso;
in senso logicamente equipollente si è già chiarito che quando la suddetta risoluzione consegua all’inadempimento dell’utilizzatore, dal principio di salvaguardia del corretto equilibrio contrattuale discende che egli abbia diritto alla restituzione delle rate pagate solo previa restituzione della res, dal momento che solo dopo tale restituzione il concedente potrà trarre dalla cosa ulteriori utilità e sarà possibile determinare l’equo compenso spettante per il godimento garantito all’utilizzatore nel periodo di durata del contratto (Cass., 22/03/2022, n. 9210);
specularmente, quindi, non sarà possibile vagliare la misura dell’eventuale riduzione della clausola penale quando pattuita, sino alla medesima restituzione, atteso che non potrà conoscersi il valore residuo del bene, rispetto all’ammontare dovuto in ragione della penale stessa, nel momento della menzionata riconsegna, dovuta in assenza di diritto di ritenzione;
ne deriva l’infondatezza della censura;
spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 12.000,00, oltre a 200,00 euro per esborsi e 15% di spese forfettarie e accessori legali, in favore di parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 03/10/2024