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Clausola fideiussione consumatore: nullità e tutele

La Corte di Cassazione conferma la nullità della clausola di deroga all’art. 1957 c.c. in una fideiussione stipulata da un consumatore. Tale clausola fideiussione consumatore è ritenuta vessatoria perché crea un significativo squilibrio a danno del garante. La pronuncia estingue la garanzia e, di conseguenza, determina il rigetto di un’azione revocatoria basata sul medesimo credito, ormai dichiarato inesistente con efficacia di giudicato.

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Clausola Fideiussione Consumatore: la Cassazione Conferma la Nullità della Deroga all’Art. 1957 c.c.

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale a tutela dei garanti-consumatori, stabilendo la nullità della clausola contrattuale che esonera il creditore dall’obbligo di agire entro un termine di decadenza. L’analisi di questa decisione evidenzia l’importanza della clausola fideiussione consumatore e le sue implicazioni, non solo per la validità della garanzia, ma anche per le azioni legali ad essa collegate, come l’azione revocatoria.

I Fatti di Causa

La vicenda legale si articola su due fronti paralleli. Da un lato, un fideiussore, qualificabile come consumatore, si opponeva a un decreto ingiuntivo ottenuto da un istituto di credito (poi succeduto da una società di gestione crediti) per il pagamento di un debito garantito a favore di una società fallita. Dall’altro lato, lo stesso istituto di credito aveva avviato un’azione revocatoria contro il fideiussore per rendere inefficace una donazione di immobili che quest’ultimo aveva fatto alle proprie figlie, atto ritenuto lesivo della garanzia patrimoniale del creditore.

La Corte d’Appello, nel primo giudizio, aveva dato ragione al garante, dichiarando nulla la clausola del contratto di fideiussione che derogava all’art. 1957 del Codice Civile. Questa norma impone al creditore di agire contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione, pena la decadenza dal diritto verso il fideiussore. La Corte ha ritenuto tale clausola vessatoria ai sensi del Codice del Consumo e, non essendo stata provata una specifica trattativa individuale, l’ha dichiarata nulla, con conseguente estinzione della garanzia. Parallelamente, in un altro giudizio, la stessa Corte d’Appello aveva invece accolto l’azione revocatoria. Entrambe le decisioni sono state impugnate dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Clausola Fideiussione Consumatore

La Suprema Corte, riuniti i ricorsi, ha rigettato l’appello principale della società creditrice e ha di conseguenza cassato la sentenza che accoglieva l’azione revocatoria. Il cuore della decisione risiede nella valutazione della clausola fideiussione consumatore che derogava all’art. 1957 c.c.

La Vessatorietà della Clausola e la Tutela del Consumatore

I giudici hanno confermato l’orientamento secondo cui una clausola che prolunga il tempo a disposizione del creditore per agire contro il debitore principale, estendendolo dal termine semestrale di decadenza a quello decennale di prescrizione, crea un evidente e significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi a danno del garante-consumatore. Questo squilibrio, non giustificato, determina la natura vessatoria della clausola, che si presume tale fino a prova contraria.

La Corte ha specificato che l’onere di dimostrare che la clausola è stata oggetto di una specifica e seria trattativa individuale spetta al professionista (la banca). In assenza di tale prova, la clausola deve essere dichiarata nulla, con la conseguenza che la garanzia si estingue se il creditore non ha agito tempestivamente.

La Sorte dell’Azione Revocatoria

Una volta passata in giudicato la decisione sull’inesistenza del credito garantito, l’azione revocatoria promossa a tutela di quel medesimo credito perde il suo presupposto fondamentale. L’azione revocatoria, infatti, richiede la sussistenza di un diritto di credito (anche se non ancora accertato giudizialmente) come condizione per agire. Nel momento in cui una sentenza definitiva sancisce che il credito è venuto meno, cessa anche l’interesse del creditore a mantenere l’azione revocatoria. Per questo motivo, la Corte ha cassato la sentenza d’appello e ha rigettato nel merito la domanda revocatoria.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati del diritto dei consumatori e del diritto processuale. La disciplina di tutela del consumatore si affianca a quella generale sulle condizioni generali di contratto (artt. 1341-1342 c.c.) per proteggere la parte debole dall’imposizione unilaterale del contenuto contrattuale da parte del professionista. La clausola che rinuncia alla decadenza prevista dall’art. 1957 c.c. rientra pienamente nella categoria di clausole che limitano la facoltà del consumatore di opporre eccezioni (art. 33, comma 2, lett. t, Codice del Consumo), determinando uno squilibrio significativo a suo svantaggio.

Sul piano processuale, la Corte ha ribadito che la legittimazione ad agire e l’interesse ad agire devono permanere per tutta la durata del processo. Il passaggio in giudicato della sentenza che dichiara estinta la fideiussione ha fatto venir meno entrambe queste condizioni nel giudizio revocatorio, imponendone il rigetto. Il creditore, non avendo più un credito da tutelare, non ha più né il diritto né l’interesse a contestare gli atti di disposizione patrimoniale del suo ex-debitore.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche per tutti i soggetti coinvolti:

1. Per i Consumatori: Rafforza la consapevolezza che i contratti standard di fideiussione proposti dalle banche possono contenere clausole nulle. I garanti devono essere consapevoli del loro diritto di non essere vincolati a tempo indefinito e della protezione offerta dal Codice del Consumo.
2. Per le Banche e gli Istituti Finanziari: È un monito a rivedere la propria modulistica contrattuale. L’inserimento sistematico di clausole che derogano all’art. 1957 c.c. senza una reale e documentabile trattativa individuale espone al rischio concreto che la garanzia venga dichiarata nulla, con la perdita di una fondamentale tutela del credito.
3. Per gli Operatori del Diritto: L’ordinanza consolida un filone giurisprudenziale ormai granitico a favore della tutela del fideiussore-consumatore e chiarisce in modo netto il nesso di dipendenza tra l’esistenza del credito e la proponibilità dell’azione revocatoria.

Una clausola in una fideiussione che esonera la banca dall’agire contro il debitore entro sei mesi è valida se il garante è un consumatore?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale clausola è vessatoria ai sensi del Codice del Consumo. Essa crea un significativo squilibrio di diritti e obblighi a danno del garante-consumatore e, in assenza di prova di una specifica trattativa individuale, è da considerarsi nulla.

Cosa succede a un’azione revocatoria se il credito che intende proteggere viene dichiarato inesistente con sentenza definitiva?
L’azione revocatoria viene rigettata. La sussistenza di un diritto di credito è una condizione essenziale per l’esercizio dell’azione. Se il credito viene meno con una sentenza passata in giudicato, l’azione perde il suo fondamento e l’interesse ad agire del creditore cessa di esistere.

Come può una società che acquista crediti in blocco dimostrare di essere la titolare di uno specifico credito in un processo?
Secondo la Corte, è sufficiente produrre l’avviso di pubblicazione dell’operazione di cessione sulla Gazzetta Ufficiale, a condizione che tale avviso indichi le categorie dei rapporti ceduti in modo da consentire di individuare senza incertezze se il credito specifico rientri tra quelli oggetto di cessione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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