Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20773 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20773 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18797/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALE (nella quale è stata fusa per incorporazione RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso con ricorso incidentale, dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
-controricorrente e ricorrente incidentale –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Venezia n. 1297/2023 pubblicata in data 23 maggio 2023;
e sul ricorso -riunito con ordinanza interlocutoria emessa a seguito di trattazione nell’odierna camera di consiglio iscritto al n. 20853/2024 R.G.N. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE
-intimata –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 368/2024 pubblicata in data 21 febbraio 2024; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14
luglio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME, fideiussore, unitamente ad altri garanti, della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita, proponeva opposizione, dinanzi al Tribunale di Padova, avverso il decreto ingiuntivo con cui Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. chiedeva il pagamento dell’importo di euro 1.710.814,90, oltre interessi moratori, corrispondente al saldo debitorio del contratto di finanziamento chirografario concluso dalla debitrice principale, rimasta inadempiente.
Eccepiva l’invalidità e comunque l’inefficacia della garanzia prestata per intervenuta decadenza dell’istituto di credito, ai sensi dell’art. 1957 cod. civ., e la nullità delle clausole previste agli artt. 7 e 9 del contratto di fideiussione sia perché vessatorie, sia perché non rispettose delle disposizioni dettate a tutela del consumatore dal d.lgs. n. 206/2005; in subordine, faceva valere la natura parziaria della garanzia, chiedendo la riduzione della somma ingiunta.
All’esito della costituzione della Banca convenuta, assunta la prova testimoniale, il Tribunale adito rigettava l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo.
1.1. Contro la sentenza interponeva gravame NOME COGNOME e con comparsa di costituzione e riposta interveniva nel giudizio RAGIONE_SOCIALE dichiarando di essere cessionaria del credito, in forza di atto di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 2017, parte seconda n. 151, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 1 e 4 della l. n. 130/99 e art. 58 t.u.b.
La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 1297/2023,
dichiarava la nullità della clausola inserita nell’art. 7 del contratto di fideiussione sottoscritto da NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 33, comma 1 e comma 2, lettera t) , del d.lgs. n. 206/2005 e, per l’effetto, dichiarava estinta la garanzia fideiussoria prestata e revocava il decreto ingiuntivo, compensando interamente tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
In sintesi, premesso il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado in merito alla qualità di consumatore in capo a NOME COGNOME ed alla esclusione della natura di contratto autonomo di garanzia della fideiussione rilasciata dallo stesso appellante, la corte lagunare ha negato che le risultanze testimoniali avessero fatto emergere la prova che le parti avessero instaurato trattative per definire il contenuto della clausola di cui all’art. 7 delle condizioni generali del contratto sottoscritto dal Cassano e ha reputato che detta clausola -con la quale era stato espressamente convenuto che la fideiussione, pur se pres tata per un’obbligazione specifica, si estinguesse solo con l’estinzione dell’obbligazione principale e che il creditore era esonerato dall’onere di attivarsi tempestivamente, ex art. 1957 cod. civ., contro il debitore principale -avesse natura vessatoria, in quanto arrecava un significativo vantaggio alla banca creditrice e determinava conseguenze particolarmente pregiudizievoli per il garante, e dovesse, pertanto, ritenersi nulla. Ha, quindi, rilevato che il creditore non aveva provato di essersi tempestivamente attivato entro il termine semestrale di decadenza, considerato che la scadenza del mutuo chirografario concesso a RAGIONE_SOCIALE era stata prorogata al 10 aprile 2015 e, dunque, da tale data doveva farsi decorrere il termine previsto dall’art. 1957 cod. civ., ed ha conseguentemente ritenuto che la garanzia fideiussoria prestata si fosse estinta; stante la pronuncia di nullità della clausola di deroga all’art. 1957 c.c., ha ritenuto assorbita l’eccez ione, pure sollevata
dall’appellante, relativa alla mancanza di prova della successione di RAGIONE_SOCIALE nella titolarità attiva del credito dedotto in giudizio.
1.2. La sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione da RAGIONE_SOCIALE con quattro motivi, ed il ricorso è stato iscritto al registro generale degli affari contenziosi al n. 18797/2023 r.g.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso e spiegato ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.
Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Con autonomo giudizio Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., esponendo di vantare un credito nei confronti di NOME COGNOME, nascente dalla fideiussione da questi prestata a favore della RAGIONE_SOCIALE s.r.l., poi fallita, per il quale aveva ottenuto decreto ingiuntivo, che era stato opposto, conveniva in giudizio il fideiussore unitamente alle figlie NOME e NOME al fine di sentir dichiarare la simulazione o, in subordine, la revocatoria di due atti – entrambi recanti la data del 23 gennaio 2015 -con i quali il COGNOME aveva donato alle figlie la nuda proprietà di un immobile sito in Padova e la nuda proprietà della quota parte indivisa di un immobile sito nel Comune di Tricase, riservandosi l’usufrutto.
Costituitosi NOME COGNOME nella contumacia delle altre convenute, il Tribunale di Padova, con sentenza n. 1700/2021 respingeva la domanda di simulazione e accoglieva quella revocatoria, avendo riscontrato la sussistenza di tutti i requisiti dell’azione.
2.1. La Corte d’appello di Venezia, investita del gravame proposto dal Cassano, dopo avere disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle donatarie, che restavano contumaci, con la sentenza n. 368/2024, rigettava l’impugnazione, disattendendo l’eccezione di difetto di legittimazione passiva in capo a RAGIONE_SOCIALE ed
evidenziando l’esistenza di un credito litigioso che legittimava la cessionaria ad agire in revocatoria e la ricorrenza dei requisiti dell’ eventus damni e dell’elemento soggettivo in capo al disponente.
2.2. NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della decisione d’appello, sulla base di tre motivi, ed il ricorso è stato iscritto al ruolo al n. 20853/2024 R.G.N.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Banca Monte dei Paschi di Siena non ha svolto attività difensiva in questa sede.
2.3. Il Consigliere delegato ha formulato, in relazione al ricorso da ultimo richiamato, proposta di definizione accelerata del seguente tenor e: ‹‹ Il primo motivo, che censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto erroneamente sussistente la legittimazione di Siena NPL RAGIONE_SOCIALEr.lRAGIONE_SOCIALE, la quale non avrebbe provato di essere effettivo successore a titolo particolare ex artt. 111 c.p.c. di Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. è inammissibile, dato che trascura di impugnare la autonoma ratio decidendi con cui la corte d’appello, dopo aver dato conto della produzione dell’estratto della Gazzetta Ufficiale che dà conto dell’avvenuta cessione dei crediti in blocco, attribuisce ulteriore e specifico valore probatorio alla dichiarazione della Banca cedente MpS, che conferma l’avvenuta cessione . Il secondo motivo è infondato, nella misura in cui censura l’impugnata sentenza là dove ha dichiarato che la sentenza n. 1297 del 13.6.2023 ‘non era ancora passata in giudicato, senza che sia stata fornita ex adverso la prova della pendenza del ricorso avanti a Codesta Suprema Corte’; invero, la corte di merito ha pronunciato conformemente al consolidato orientamento di legittimità secondo cui ‘La parte che eccepisce il passaggio in giudicato di una sentenza ha l’onere di fornirne la prova mediante produzione della stessa, munita della certificazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c., anche nel caso di non contestazione della controparte,
restandone, viceversa, esonerata solo nel caso in cui quest’ultima ammetta esplicitamente l’intervenuta formazione del giudicato esterno’ (v. di recente, Cass., sez. 3, n. 36258/2023).
Il terzo motivo, che lamenta che la corte d’appello avrebbe implicitamente sostenuto la propria impossibilità di accertare incidentalmente l’inesistenza del credito invocato dall’attrice in revocatoria in funzione legittimante, in quanto asseritamente vincolata dalla permanente pendenza della lite al riguardo, ‘omettendo così anche solo di ponderare il fondamento della statuizione di cui alla sentenza n. 1297 del 13.6.2023’, è infondato. Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta che la corte territorial e ha pronunciato conformemente al consolidato orientamento di legittimità -rispetto al quale il motivo, dedotto in maniera puramente assertiva, non offre elementi tali da determinarne il mutamento-, secondo cui in tema di azione revocatoria, rileva una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con la conseguenza che anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore abilitato all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto dispositivo compiuto dal debitore, a nulla rilevando che sia di fonte contrattuale o derivi da fatto illecito e senza che vi sia necessità della preventiva introduzione di un giudizio di accertamento del medesimo credito o della certezza del fondamento dei relativi fatti costitutivi, in coerenza con la funzione di tale azione, che non persegue fini restitutori (Cass. n. 4212/2020). Ne consegue che, in ragione della sufficienza della natura eventuale o “litigiosa” del credito, quale fondamento della legittimazione attiva a proporre l’azione ex art. 2901 cod. civ., quest’ultima non è preclusa dall’eccezione riconvenzionale di nullità del titolo, avanzata dal debitore convenuto, ponendosi il rapporto tra azione di nullità e azione revocatoria in termini non di dipendenza dallo stesso titolo, ai sensi
dell’art. 36 c.p.c., ma di pregiudizialità (Cass. n. 15275/23). Infatti, l’accertamento della fondatezza del credito non costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, né può ipotizzarsi un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito (Cass. 06.05.2023 n. 25331, nonché Cass. 17.06.2024 n. 16819) ›› .
2.4. Il difensore del ricorrente, munito di procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso oggetto del procedimento ex art. 380bis cod. proc. civ..
La trattazione di entrambi i ricorsi è stata fissata in camera di consiglio alla odierna adunanza a seguito di istanza di riunione avanzata dal difensore di NOME COGNOME
Le parti hanno depositato memorie illustrative in relazione ad entrambi i ricorsi.
Ragioni della decisione
Preliminarmente, si dà atto che, con separata ordinanza, pronunciata sempre all’esito dell’adunanza odierna, è stata disposta, ai sensi dell’art. 274 cod. proc. civ., la riunione del ricorso iscritto al n. 20853/2024 R.G. a quello iscritto al n. 18797/23 R.G., trattandosi di ricorsi che, sebbene proposti avverso due distinte sentenze d’appello , sono strettamente connessi, considerato che la domanda revocatoria ex art. 2901 cod. civ., oggetto del secondo, è stata promossa a tutela del credito della cui esistenza si discute nel primo giudizio.
Procedendo dall’esame del primo ricorso (iscritto al n. 18797/2023 R.G.N.), si impone il preliminare esame dell’eccezione, proposta nella memoria illustrativa da NOME COGNOME di inammissibilità del ricorso per difetto di prova della legittimazione rappresentativa in capo a RAGIONE_SOCIALE.a.
L’eccezione è inammissibile per essere stata tardivamente sollevata
con la memoria ex art. 380bis .1. cod. proc. civ., in conformità all’indirizzo di questa Corte secondo cui, nel giudizio di legittimità, la deduzione relativa all’inammissibilità del ricorso per vizio della procura, rilasciata senza indicare la qualifica attributiva del potere di rappresentanza della persona giuridica istante, deve essere svolta nel controricorso, e non con la memoria illustrativa (Cass., sez. 3, 22/06/2004, n. 11597).
2.1. Sempre in via preliminare deve essere scrutinata l’eccezione di difetto di legittimazione ad agire in capo a RAGIONE_SOCIALE, pure sollevata da NOME COGNOME in controricorso.
Al punto 9 del ricorso da essa proposto, RAGIONE_SOCIALE nel rilevare che la Corte territoriale, con la sentenza n. 1297/2023, ha dichiarato assorbito l’esame dell’eccezione relativa alla mancata prova della cessione del credito per cui si procede, ribadisce di rivestire la qualità di cessionaria a titolo particolare ex art. 111 cod. proc. civ., per essere subentrata, a seguito di operazione di cartolarizzazione di crediti in blocco ex art. 58 t.u.b., nella posizione processuale della cedente Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e di essere, pertanto, in tale veste legittimata a contraddire e ad impugnare.
Sostiene di avere offerto, nel giudizio di appello, prova della propria legittimazione, depositando ‘l’estratto della G.U. in cui si dava notizia dell’operazione di cartolarizzazione (cfr. doc. A fascicolo di secondo grado parte appellata -all. XIII fascicoletto) e sentenza della Corte d’appello di Venezia , resa tra RAGIONE_SOCIALE e l’altro garante di RAGIONE_SOCIALE (debitrice principale) NOME COGNOME (cfr. doc. E fascicolo di secondo grado parte appellata -all. XIV fascicoletto), che riconosceva la legittimazione/titolarità della cessionaria, statuizione su cui è calato il giudicato dato che non è stata fatta oggetto di censure in cassazione (doc. F allegato)’; di avere altresì depositato ‘i documenti F, G, H (cf. fascicolo di secondo grado di parte appellata –
all. XV -XVIXVII fascicoletto) per dimostrare che l’elenco delle posizioni cedute risultava consultabile on line come previsto in G.U. ‘ e che ‘dalla mera lettura dell’avviso di cessione pubblicato sulla G.U. Parte Seconda n. 151 del 23.12.2017 è possibile individuare, prima facie , i criteri prescelti dalle parti contrattuali per la precisa determinazione dei crediti inclusi nell’operazione negoziale descritta’.
Il controricorrente NOME COGNOME contesta, invece, la titolarità del credito in capo a RAGIONE_SOCIALE rimarcando anche in questa sede che le indicazioni contenute nell’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale non consentono di individuare con certezza i rapporti oggetto di cessione e, quindi, di verificare se tra i crediti oggetto di cessione rientri anche quello di cui di discute nel presente giudizio e che è del tutto irrilevante, ai fini della presente decisione, la sentenza n. 1411/2021 della Corte d’appello di Venezia intervenuta tra Siena RAGIONE_SOCIALE e l’altro garante, NOME COGNOME invocata dalla odierna ricorrente, potendo l’accertamento contenuto in quella pronuncia fare stato e spiegare effetti, ai sensi dell’art. 2909 cod. civ., sol tanto tra le parti che hanno partecipato a quel giudizio e non anche nei suoi confronti. Rileva, pure, con riferimento ai documenti prodotti dalla controparte in questa sede, che ‘la stampa di un estratto da Internet al sito del Monte dei Paschi di Siena, privo di qualunque attestazione circa la data di estrazione e circa la provenienza, non può assurgere al rango di prova sufficiente per dimostrare la legittimazione di Siena NPL o comunque di prova idonea a surrogare la produzione del contratto di cessione con relativo elenco notarile dei crediti ceduti’; e che ‘privo di qualsiasi rilievo è il ‘comportamento di Banca MPS’, dal momento che ‘neppure la auto-dichiarazione esplicita del cedente (ove unilaterale, priva di sottoscrizione autenticata e successiva al negozio) può surrogare la mancata idonea prova del rappo rto negoziale di cessione’.
2.2 Anche se non può certamente attribuirsi rilievo ai fini della
presente decisione alla sentenza della Corte d’appello n. 1411/2021, invocata da RAGIONE_SOCIALE posto che tale pronuncia non è opponibile al condebitore solidale NOME COGNOME che è rimasto estraneo al giudizio da essa definito, l ‘eccezio ne sollevata dall’odierno controricorrente deve essere disattesa.
Conviene premettere che la cessione in blocco dei crediti ex art. 58 t.u.b. realizza una fattispecie di successione a titolo particolare nel diritto controverso ed è dunque ad essa applicabile, essendosi verificata nel corso del processo, la disposizione dell’art. 111, primo e terzo comma, cod. proc. civ.; il processo prosegue, dunque, tra le parti originarie, con l’intervento in grado di appello del cessionario del credito, intervento che è in tal caso sganciato dai limiti dell’art. 344 cod. proc. civ. (Cass, sez. L, 21/05/2018, n. 12436): ai sensi dell’art. 111, comma 3, cod. proc. civ. il successore a titolo particolare nel diritto controverso può infatti intervenire o essere chiamato in causa in ogni grado o fase del processo (Cass., sez. U, 26/08/2019, n. 21690).
Ciò premesso, va subito evidenziato che, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, la pubblicazione dell’atto di cessione dei crediti “in blocco” in Gazzetta Ufficiale costituisce adempimento pubblicitario estraneo al perfezionamento della fattispecie traslativa, ponendosi sullo stesso piano degli oneri previsti dall’art 1264 cod. civ. (Cass, sez. 1, 17/03/2006, n. 5997; Cass., sez. 1, 25/07/2008, n. 20473), dovendo dunque escludersi l’efficacia costitutiva della pubblicazione (Cass., sez. 3, 25/09/2018, n. 22548).
In linea generale, va pure ribadito il principio secondo cui la parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del d.lgs. 1° dicembre 1993, n. 3 85, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria
legittimazione sostanziale (così, Cass., sez. 1, 22/02/2022, n. 5857; Cass., sez. 6 -1, 05/11/2020, n. 24798); il menzionato art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, nel consentire «la cessione a banche di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco» detta una disciplina (ampiamente e sotto plurimi profili) derogatoria rispetto a quella ordinariamente prevista dal codice civile per la cessione del credito e del contratto (per questi aspetti, vedi, diffusamente, Cass., sez. 1, 31/12/2017, n. 31188): regolamentazione giustificata principalmente dall’oggetto della cessione, costituito, oltre che da intere aziende o rami di azienda, da interi «blocchi» di beni, crediti e rapporti giuridici, individuati non già singolarmente, ma per tipologia, sulla base di caratteristiche comuni, oggettive o soggettive, motivo per cui la norma prevede la sostituzione della notifica individuale dell’atto di cessione con la pubblicazione di un avviso di essa sulla Gazzetta Ufficiale, cui possono aggiungersi forme integrative di pubblicità (da ultimo, Cass., sez. 3, 16/04/2021, n. 10200).
2.3. Proprio in ragione di tali peculiari caratteristiche dell’istituto, questa Corte ha affermato che in tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione (Cass., sez. 1, 29/12/2017, n. 31188; Cass., sez. 1, 20/02/2020, n. 4334; Cass., sez. 3, 10/02/2023, n. 4277; Cass., sez. 3, 22/06/2023, n. 17944; Cass., sez. 1, 29/02/2024, n. 5478).
2.4. Nel caso di specie, l’estratto dell’avviso di cessione prodotto, in sede di costituzione, nel giudizio di appello da parte di RAGIONE_SOCIALE
s.r.l. e riprodotto nel presente giudizio di legittimità, riporta gli elementi essenziali per ricondurre nell’ambito dei crediti ceduti in blocco anche quello oggetto del presente giudizio, sulla base della pendenza ad una certa data ed alla possibilità di qualificare il relativo rapporto come “a sofferenza”. Difatti l’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale fa riferimento ai seguenti crediti: i) rapporti giuridici regolati dalla legge italiana; ii) rapporti giuridici sorti in capo a RAGIONE_SOCIALE (o a banche dalla stessa incorporate), antecedentemente al 31.12.2016, per effetto dell’esercizio dell’attività bancaria in tutte le sue forme; iii) rapporti giuridici risolti e, laddove applicabile, in relazione ai quali il debitore principale sia stato dichiarato decaduto dal beneficio del termine; iv) rapporti giuridici classificati in ‘sofferenza’ sia alla data del 31.12.2016 sia alla data del 20.12.2017.
In forza di tale avviso, dunque, il debitore ceduto, sin dalla costituzione del cessionario, era in condizione di contestare specificamente il fatto storico della cessione in blocco o il fatto che il proprio debito fosse compreso tra quelli ceduti, avuto riguardo alla natura del credito, alla data di chiusura del rapporto ed alle caratteristiche dello stesso rapporto.
Non può, pertanto, condividersi l’assunto difensivo del controricorrente, secondo cui RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto necessariamente produrre agli atti di causa il contratto di cessione (con relativo elenco notarile dei crediti ceduti), al fine di dimostrare la titolarità specifica del credito per cui è causa, non essendo necessaria, per quanto già detto, una specifica enumerazione dei rapporti ceduti, essendo invece sufficiente che gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano d’individuarl e senza incertezze, facendo espresso riferimento, come nella specie, ai crediti ‘in sofferenza’ ad una certa data. Risulta, d’altro canto, incontestato tra le parti che il rapporto giuridico dedotto in
giudizio trae origine da un finanziamento chirografario sottoscritto dalla debitrice principale in data antecedente al 31 dicembre 2016, sicuramente ‘a sofferenza’ a quella data, essendo stata la debitrice dichiarata fallita proprio nell’anno 2016.
Gli elementi sopra indicati sono, dunque, idonei ad accertare la pacifica inclusione del credito vantato nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE tra quelli ceduti, con conseguente legittimazione attiva in capo a RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria del credito.
Con il primo motivo del ricorso principale da essa proposto, RAGIONE_SOCIALE censura la decisione impugnata per ‹‹ violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. n. 206/2005 e dell’art. 122 t.u.b.: errata valutazione della fideiussione sottoscritta da Cassano come rientrante ne ll’ambito applicativo del Codice del consumo›› .
Pur non contestando che il COGNOME rivestiva la qualifica di consumatore, attinge la decisione gravata là dove la Corte territoriale ha ritenuto che al contratto di fideiussione fosse applicabile la disciplina del d.lgs. n. 206/2005, anziché la normativa specifica del settore bancario, individuabile negli artt. 121 e ss. t.u.b., che riguardano il ‘credito ai consumatori’ e che escludono che a tale categoria siano riconducibili ‘i finanziamenti di importo inferiore a 200 euro o superiore a 75.000 euro’; sostiene, in particolare, che ‘la disciplina specifica in materia bancaria prevede che il contratto di mutuo di importo superiore a 75.000,00 euro non sia un contratto che vede coinvolti ‘consumatori’ tale da rendere applicabile il Codice del consumo e la disciplina consumeristica prevista nel t.u.b., ma allora stessa sorte non può essere riservata al garante di contratto del medesimo importo, perché altrimenti la tutela verrebbe ad essere sperequata a favore del solo garanteconsumatore di obbligato principale professionale’.
Riguardando la garanzia prestata dal Cassano, un contratto bancario che prevedeva un finanziamento superiore a 75.000,00 euro,
deve escludersi, ad avviso della ricorrente, che lo stesso potesse godere di una qualche tutela come ‘parte debole’.
3.1. La censura è inammissibile.
3.2. Avendo la sentenza qui impugnata dato atto in premessa che sulla qualità di consumatore del Cassano si era ormai formato il giudicato già riguardo alla sentenza di primo grado, la deduzione formulata con il motivo in esame si risolve nella prospettazione di una questione in violazione di tale giudicato interno. I nvero, l’invocazione della norma dell’art. 122, in combinato disposto con l’art. 121 t.u.b., si risolve nella ormai inammissibile -a cagione del giudicato interno postulazione dell’assenza d i qualità di consumatore in capo al Cassano nella vicenda in esame.
Con il secondo motivo del ricorso principale RAGIONE_SOCIALE deduce ‹‹ violazione e/o falsa applicazione di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. dell’art. 33, comma 1 e comma 3, lettera t) , d.lgs. n. 206/2005: errata valutazione della vessatorietà della clausola contrattuale derogatoria dell’art. 1957 c.c.›› .
Lamenta che la Corte d’appello, ponendosi in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, ha considerato come vessatoria la clausola di cui all’art. 7 delle condizioni generali del contratto di fideiussione, riconducendola a quelle contemplate dal richiamato art. 33 del Codice del consumo, facendo leva sulle conseguenze dell’applicazione di tale clausola piuttosto che esaminarne la natura in sé; assume che dalla clausola in esame non deriva un ‘significativo squilibrio nelle obbligazioni contrattuali delle parti’ e contesta l’argomento tratto dalla Corte di merito dal provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia, secondo cui la clausola derogatoria dell’art. 1957 c.c. arrecherebbe un ‘significativo vantaggio’ alle banche. Rileva pure che la Corte lagunare, ‘ ritenendo, a torto, che la clausola determini ‘conseguenze particolarmente pregiudizievoli per il garante’
per l’impossibilità di opporre eccezioni al creditore, finisce per valutare gli stessi elementi previsti dal secondo comma, lett. t) , dell’art. 33 del Codice del consumo; ma se la clausola non è nulla ai sensi di tale specifica disciplina, le stesse conseguenze e le medesime considerazioni non possono essere prese in considerazione sulla base della disciplina più generale di cui al primo comma, perché il vaglio di liceità è già stato superato attraverso la verifica più puntuale e specifica di cui alla lista del secondo comma ‘ . Addebita quindi al giudice d’appello di non avere in concreto spiegato perché la clausola sarebbe vessatoria, rendendo in tal modo una motivazione tautologica.
4.1. Il motivo è infondato.
4.2. Come emerge dal ricorso e dalla sentenza impugnata, l’art. 7 delle condizioni generali del contratto di fideiussione sottoscritto dal Cassano prevede testualmente: ‹‹ I diritti derivanti alla Banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni altro suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta a escutere il debitore o me/noi stesso/i o qualsiasi altro obbligato o garante entro i termini previsti dall’art. 1957 c.c., cui espressamente derogo/deroghiamo ›› .
La Corte d’appello, premesso che la veste assunta dal Cassano era quella di fideiussore/consumatore, ha reputato che la clausola, contenuta in un contratto soggetto a ll’ambito applicativo del d.lgs. n. 206/2005, avesse natura vessatoria, perché determinava un evidente squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, alla stregua dei commi 1 e 2, lett. t) , dell’art. 33 del Codice del consumo, traendo in tal senso argomenti dal provvedimento n. 55 del 2005 dell’Autorità di vigilanza che, nel sanzionare l’intesa restrittiva della concorrenza, ha avuto modo di evidenziare che la clausola che deroga all’art. 1957 cod. civ. ‹‹ appare suscettibile di arrecare un significativo vantaggio non tanto al debitore in difficoltà… quanto piuttosto alla banca creditrice,
che in questo modo disporrebbe di un termine molto lungo (coincidente con quello della prescrizione dei suoi diritti verso il garantito) per far valere la garanzia fideiussoria…›› (punto 83).
4.3. Il percorso argomentativo seguito dalla Corte veneziana si pone in linea con la giurisprudenza di questa Corte.
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che, ‹‹ nel derogare, in termini più ampi, il termine di sei mesi successivo alla scadenza dell’obbligazione principale previsto all’art. 1957 cod. civ. viene prolungato il tempo in cui la Banca può agire non solo verso l’obbligato principale ma anche nei confronti del fideiussore, titolare di obbligazione accessoria a quell a dell’ obbligato principale, il quale rimane anch’esso obbligato verso la garantita Banca››; e che ‹‹ una siffatta clausola si appalesa senz’altro deponente per l’assoggettamento del fideiussore a una disciplina astrattamente idonea a configurare il significativo squilibrio a danno del consumatore di cui all’art. 1469 bis cod. civ., spettando al giudice di merito verificarne l’effettiva integrazione nel caso concreto avuto riguardo al tenore dello stipulato contratto, allorquando tale clausola risulti non essere stata oggetto di specifica trattativa comportante l’esclusione dell’applicazione della disciplina di tutela in argomento, successivamente ri fluita nel Codice del consumo’ (così testualmente, Cass., sez. 3, 28/09/2023, n. 27588; in senso conforme, Cass., sez. 3, 31/05/2025, n. 14687).
Anche Cass n. 5423 del 2022, seppure con specifico riferimento alla garanzia a prima richiesta o al contratto autonomo di garanzia, ha statuito che ‹‹ nel caso di riconoscimento al garante della posizione di consumatore è applicabile a sua tutela la disciplina degli artt. 33, 34, 35 e 36 del Codice del Consumo ed in particolare la previsione dell’art. 33, lett. t) , e ciò, quanto alla clausola di limitazione della proponibilità di eccezioni, sia con riferimento alle limitazioni inerenti ad eventuali
eccezioni relative allo stesso contratto di garanzia sia con riferimento all’esclusione della proponibilità di eccezioni relative all’inadempimento del rapporto garantito da parte del debitore garantito ›› .
Come questa Corte ha già avuto modo di sottolineare, la disciplina del Codice del consumo ‘si affianca a quella altra e diversa ma concorrente -ex art. 1341, secondo comma, e 1342 cod. civ. in tema di clausole onerose nelle condizioni generali di contratto, relativa a contratti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o formulari in vista dell’utilizzazione per una serie indefinita di rapporti (Cass., sez. 3, 15/10/2019, n. 25914; Cass., sez. 6 -3, 08/07/2015, n. 14288; Cass., sez. 3, 20/03/2010, n. 6802) ‘.
La disciplina di tutela del consumatore posta dal d.lgs. n. 206 del 2005 -c.d. Codice del consumo -(e già agli artt. 1469 bis ss. c.c.), che può invero riguardare anche il singolo rapporto, è funzionalmente volta a tutelare il consumatore a fronte della unilaterale predisposizione ed imposizione del contenuto contrattuale da parte del professionista, quale possibile fonte di abuso, sostanziantesi nella preclusione per il consumatore della possibilità di esplicare la propria autonomia contrattuale, nella sua fondamentale espressione rappresentata dalla libertà di determinazione del contenuto del contratto. Con conseguente alterazione, su un piano non già solamente economico, della posizione paritaria delle parti contrattuali idoneo a ridondare, mediante l’imposizione del regolamento negoziale unilateralmente predisposto, sul piano dell’abusivo assoggettamento di una di esse (l’aderente) al potere (anche solo di mero fatto) dell’altra (il predisponente) (v. Cass., sez. 3, 26/09/2008, n. 24262; Cass., n. 27558/2023, cit.; Cass., n. 14687/2025, cit.).
La Corte territoriale, quindi, in coerenza con i suesposti principi, lungi dal fornire una motivazione meramente tautologica, ha spiegato le ragioni della riconducibilità della clausola di cui all’art. 7 delle
condizioni generali di contratto nel perimetro dei commi 1 e 3 dell’art. 33 del Codice del consumo, evidenziando che ‹‹l’art. 1957 c.c. prevede un’eccezione opponibile al creditore dal fideiussore, sicché la rinuncia ad avvalersi di tale disposizione normativa, così come la previsione della persistenza dell’obbligazione di garanzia fino al completo soddisfacimento dell’obb ligazione garantita, ha come indefettibile conseguenza quella di precludere al garante la facoltà di eccepire l’estinzione del vincolo fideiussorio nell’ipotesi in cui il creditore non abbia agito contro il debitore nel termine semestrale ›› ; una clausola siffatta, con cui il fideiussore implicitamente rinuncia al diritto di opporre al creditore che non abbia agito tempestivamente l’eccezione di decadenza inerente allo stesso contratto di garanzia che la norma codicistica gli riconosce, rientra dunque nella sfera di previsione di cui all’art. 33, comma 2, lett. t) , del Codice del consumo’ (pag. 10 della motivazione).
Ha, in tal modo, ben evidenziato che la clausola in disamina pone un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e rientra nella sfera di previsione di cui al comma 2, lett. t) , del richiamato art. 33 del Codice del consumo (che stabilisce che si presumono vessatore fino a prova contraria non solo le clausole che hanno per oggetto, ma anche quelle che hanno per effetto di sancire a carico del consumatore limitazioni dalla facoltà di opporre eccezioni), posto che il fideiussore implicitamente rinuncia al diritto di opporre al creditore che non abbia agito tempestivamente l’eccezione di decadenza inerente allo stesso contratto di garanzia che la norma codicistica gli riconosce.
Con il terzo motivo del ricorso principale RAGIONE_SOCIALE deduce ‹‹ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ed ex art. 360 comma 1 errata valutazione delle trattative specifiche intercorse tra le parti per giungere a
determinare il testo negoziale della fideiussione anche con riferimento al dettato dell’art. 34 del Codice del consumo›› .
La ricorrente impugna la sentenza anche nella parte in cui nega l’avvenuta negoziazione della clausola contenuta nella garanzia; richiama a supporto della tesi censoria le dichiarazioni rese dai testi escussi nel corso del giudizio di merito e si duole che la Corte d’appello avrebbe sottovalutato il fatto che il Cassano aveva inviato plurime missive alla Banca, con cui confermava il proprio impegno di garanzia su modulistica non standard, circostanze che dovevano condurre a ritenere che la clausola che prevedeva l’esclusione dalla decadenza dalla garanzia ex art. 1957 cod. civ. era stata oggetto di trattativa individuale ai sensi dell’art. 34, comma 5, del Codice del consumo. Lamenta che i giudici di secondo grado avrebbero pure trascurato di considerare che il Cassano, essendo notaio, per la sua formazione e cultura giuridica, non poteva non avere sottoscritto scientemente il contratto, tanto che aveva aggiunto a penna la dicitura ‘f ino a un milione di euro’; sottolinea che anche la Corte di Giustizia europea (sentenza 3.10.2019, n. 621/17), nel considerare la posizione di inferiorità del consumatore, fa espresso riferimento al suo ‘potere nelle trattative’ e al suo ‘grado di informazione’.
5.1. Il motivo è inammissibile perché non risulta dedotto secondo i canoni enunciati dalle Sezioni Unite con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014.
5.2. Con tali pronunce si è precisato che, ai fini del sindacato della motivazione ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c., il ricorrente deve indicare il ‘fatto storico’, il cui esame sia stato omesso, il ‘dato’, testuale o extr atestuale, da cui esso risulti esistente, il ‘come’ ed il ‘quando’ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ‘decisività’, fermo restando che l’omesso esame di
elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
5.3. La Corte d’appello, all’esito della valutazione del corredo probatorio a sua disposizione, con accertamento in fatto, ha rilevato che la clausola derogatoria all’art. 1957 cod. civ. non è stata fatta oggetto di trattativa individuale e che le dichiarazioni testimoniali non contenevano elementi utili a far ritenere che il Cassano ‘abbia effettivamente esercitato un potere negoziale in modo non solo formale e che abbia avuto una qualche possibilità di modificare il contenuto della clausol e’; ha del pari negato decisività sia alla circostanza che il COGNOME avesse indicato in contratto la dicitura ‘fino alla concorrenza di euro 1.000.000,00’, potendosi da essa desumere soltanto una trattativa sulla determinazione dell’ammontare della garanzia prestata, c ome pure che avesse inviato tre missive a conferma dell’impegno assunto, poiché nelle stesse non si faceva alcuna menzione della clausola di deroga all’art. 1957 cod. civ.
Tale apprezzamento non può essere rimesso in discussione in questa sede semplicemente contrapponendo al giudizio espresso dai giudici di appello una diversa ricostruzione della vicenda fattuale mediante il richiamo a circostanze di fatto già sottoposte al vaglio del giudice di merito e da questi disattese con adeguata motivazione.
Il ricorrente per cassazione, invero, non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico
formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. (Cass. Sez. 5, 22/11/2023, n. 32505).
5.4. Peraltro, la sentenza, sul punto, è conforme al consolidato indirizzo di questa Corte, secondo cui ‹‹ Nelle controversie tra consumatore e professionista, ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. U, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (e già dell’art. 1469 bis , terzo comma, cod. civ.) … mentre spetta al consumatore, ex art. 34, comma 5, Codice del Consumo, che agisca in giudizio di allegare e provare che il contratto è stato predisposto dal professionista e che le clausole costituenti il contratto corrispondono a quelle vessatorie di cui all’art. 33, comma 2, del citato d.lgs., spetta viceversa al professionista superare tale presunzione, dando prova che la sottoscrizione della clausola derogatrice della competenza ha costituito l’esito di una trattativa individuale, seria ed effettiva…›› (Cass., sez. 3, 26/09/2008, n. 24262; Cass., sez. 3, 29/09/2004, n. 19591; Cass., sez. 3, 20/03/2010, n. 6802; Cass., sez. 6 – 3, 28/04/2020, n. 8268; Cass., sez. 3, 18/02/2022, n. 5423; Cass., sez. 3, n. 14687/2025, cit.).
6. Con il quarto motivo del ricorso principale RAGIONE_SOCIALE prospetta ‹‹violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 1957 cod. civ.: errata valutazione del termine semestrale di decadenza dalle azioni recuperatori nei confronti del debitore principale e garanti ›› .
Deduce che la sentenza gravata individua il termine di scadenza dell’obbligazione in quello finale prorogato, indipendentemente dalle singole rate di mutuo scadute, considerando il mutuo come unitario, e non tiene conto che la revoca del rapporto è avvenuta in data 12
settembre 2016 e che solo da tale momento la Banca avrebbe potuto agire contro i garanti, ciò che aveva fatto con raccomandata del 18 ottobre 2016 e successivamente, in via giudiziale, con il deposito del ricorso monitorio; precisa che, ancor prima della scadenza del termine ultimo, aveva intimato il rientro con raccomandata spedita anche ai garanti in data 23 settembre 2014. A tanto aggiunge che la debitrice principale, prima della dichiarazione di fallimento, era stata sottoposta a procedura di concordato preventivo, ciò che aveva reso impossibile agire in via esecutiva nei suoi confronti per tutto il periodo compreso tra il 1° aprile 2015 (anteriore alla scadenza dell’unica rata bullet ) sino alla data di dichiarazione del fallimento. Sostiene, quindi, che l’azione intrapresa è stata rispettosa dell’art. 1957 cod. civ., dal momento che aveva sollecitato i garanti ancor prima che il mutuo scadesse.
6.1. Il motivo è inammissibile.
6.2. È sufficiente osservare che la censura, al di là della formale allegazione del vizio di violazione di legge, è totalmente versata nel merito, in quanto aggredisce l’ampia e puntuale motivazione sviluppata alle pagg. 12 e 13 della sentenza impugnata, ai fini di un riesame dei presupposti di fatto valutati dal giudice d’appello nell’individuare il dies a quo dal quale far decorrere il termine semestrale di decadenza ex art. 1957 cod. civ., attraverso la prospettazione di una diversa lettura delle medesime circostanze fattuali prese in esame dai giudici di merito, e così esorbitando dall’interpretazione delle norme di cui si lamenta la violazione o falsa applicazione.
Non rientra infatti nell’ambito applicativo dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, perciò sottratta al sindacato di legittimità ( ex multis , Cass., sez. 1, 21/02/2024, n. 4617; Cass., sez.
1, 05/02/2019, n. 3340; Cass., sez. 1, 14/01/2019, n. 640; Cass., sez. 1, 13/10/2017, n. 24155).
In altri termini, il motivo si risolve in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice a quo , cui la ricorrente contrapporre una diversa valutazione, che però non può avere ingresso nel giudizio di legittimità, pena la sua trasformazione in un ulteriore grado di merito ( ex plurimis : Cass., sez. U, 27/12/2019, n. 34476; Cass., sez. U, 06/11/2018, n. 28220; Cass., sez. 1, 12/03/2020, n. 7119; Cass., sez. 1, 16/12/2021, n. 40495; Cass., sez. 1, 02/03/2022, n. 6866; Cass., sez. 1, 23/01/2023, n. 2001; Cass., sez. 1, 21/02/2024, n. 4617).
6.3. Inoltre, il motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della pronuncia, che ha ben evidenziato che la decadenza dalla fideiussione, prevista dall’art. 1957 cod. civ. per il caso in cui il creditore, entro sei mesi dalla scadenza della obbligazione principale, non abbia proposto le sue istanze contro il debitore, può verificarsi, se il debito principale è ripartito in scadenze periodiche, in relazione a ciascuna scadenza, se ogni pagamento sia stato considerato come debito autonomo; pertanto, nel caso del contratto di mutuo, nel quale l’obbligazione è unica, e la divisione in rate costituisce solo una modalità per agevolare una delle parti, senza conseguire l’effetto di frazionamento del debito in una serie di autonome obbligazioni, il debito non può considerarsi scaduto prima della scadenza dell’ultima rata, con la conseguenza che il termine di cui al citato art. 1957 cod. civ. decorre non già dalla scadenza delle singole rate, ma dalla scadenza dell’ultima di esse (Cass., sez. 3, 06/02/2004, n. 2301).
Posto che la scadenza finale del mutuo chirografario concesso a RAGIONE_SOCIALE e garantito dal Cassano era stato pacificamente prorogato al 10 aprile 2015 e aveva un’unica scadenza finale , il termine semestrale è stato, correttamente, fatto decorrere da tale data; in
difetto di prova, non offerta dalla creditrice, che nel semestre decorrente dall’aprile 2015, sia stata esercitata richiesta stragiudiziale di pagamento o promossa una iniziativa giudiziale finalizzata ad ottenere il soddisfacimento del credito, avendo la stessa ricorrente ammesso di avere avanzato richiesta scritta di pagamento nel settembre 2016 e di avere successivamente agito giudizialmente mediante il deposito del ricorso monitorio, non può che ritenersi, come accertato dalla Corte d’appello, la decadenza dalla garanzia ex art. 1957 cod. civ. (in senso conforme, Cass., sez. 3, 19/06/2024, n. 16938).
6.4. Né, peraltro, ad escludere la decadenza può soccorrere la circostanza che la debitrice principale, prima del fallimento intervenuto in data 11 ottobre 2016, aveva proposto domanda di concordato preventivo in data 1° aprile 2015.
Al riguardo, va rammentato, con riferimento al dies a quo , a partire dal quale il diritto può essere fatto valere, che, nel caso in cui debitore principale acceda alla procedura di concordato preventivo, l’obbligazione può dirsi ‘scaduta’ dalla data ‘di presentazione della domanda di concordato preventivo’, stante l’espresso richiamo operato dall’art. 169 l. fall. all’art. 55, comma 2, l. fall., a tenore del quale «i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data della dichiarazione del fallimento».
È stato inoltre chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte che, in tema di concordato preventivo, per l’interruzione del termine semestrale di decadenza dall’obbligazione fideiussoria, previsto dall’art. 1957 cod. civ., l’istanza del creditore deve necessariamente essere “giudiziale” e non meramente stragiudiziale, ossia deve consistere nel ricorso ad un mezzo di tutela processuale, o in via di cognizione o esecutivamente, non essendo di ostacolo alla decadenza l’ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo,
poiché l’art. 168 l. fall. preclude solo le azioni proprie del processo di esecuzione e non anche l’esercizio delle azioni di accertamento e di condanna (cfr., Cass., sez. 1, 02/04/2025, n. 8733).
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, NOME COGNOME censura la decisione impugnata per violazione dell’art. 92 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza d’appello ha ritenuto di disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio, in deroga al criterio della soccombenza. Secondo il ricorrente, nella specie, difetterebbe tanto il requisito della “assoluta novità della questione trattata”, quanto quello del “mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”.
7.1. Il motivo è infondato.
7.2. In linea generale, deve ribadirsi come il potere del giudice di compensare le spese di lite presenti natura discrezionale, sicché il sindacato di questa Corte, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass., sez. 5, 17/04/ 2019, n. 10685), ‘per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi’ (tra le altre, Cass. , sez. 6-3, 17/10/2017, n. 24502; Cass. Sez. 1, 4/08/2017, n. 19613); tanto in ragione della «elasticità» costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, «non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese» in favore della parte vittorios a’ (così , Cass., sez. 6 – 3, 26/07/2021, n. 21400, che richiama Corte cost., sent. 21 maggio 2014, n. 157).
Ciò non toglie, tuttavia, che resta ‹‹ censurabile in sede di legittimità la coerenza e la razionalità (non della scelta di compensare
le spese, ma) della motivazione con cui il giudice di merito abbia sorretto la compensazione ›› , risultando suscettibile di cassazione la ‹‹ motivazione palesemente illogica, inconsistente o manifestamente erronea ›› (così, in motivazione, Cass., sez. 6-3, 03/07/2019, n. 17816).
7.3. Essendo stato il presente giudizio instaurato, in primo grado, in data 15 dicembre 2016, trova applicazione ratione temporis il testo dell’art. 92 cod. proc. civ. come modificato dall’art. 13, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché ‘integrato’ in forza della sentenza ‘additiva’ della Corte costituzionale 19 aprile 2018, n. 77.
La compensazione delle spese -oltre che per soccombenza reciproca -è, dunque, prevista ‘nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti’, ovvero in presenza (grazie, appunto, all’intervento della Corte delle leggi) di ‘analoghe’ gravi ed eccezionali ragioni. S econdo quanto già affermato da questa Corte, tali ‘altre’ gravi ed eccezionali ragioni sono da ravvisare ‘nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni’ (cioè, quelle trattate in giudizio) ‘di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92, comma 2, cod. proc. civ.’ (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 18/02/2019, n. 4696; in senso conforme Cass., sez. 6 – 5, 18/02/2020, n. 3977).
Nel caso de quo, l a Corte d’appello, disponendo la compensazione delle spese di lite ‹‹ poiché la giurisprudenza di legittimità non si era ancora pronunciata sulle questioni affrontate nel presente giudizio e perché emergevano indirizzi contrastanti nella giurisprudenza di merito ››, ha fatto buon governo dell’invocato art. 92 cod. proc. civ.
8. In conclusione, vanno rigettati il ricorso principale ed il ricorso
incidentale.
Venendo all’ esame del ricorso iscritto al n. 20853/2024 R.G., con il primo motivo è dedotta ‹‹Nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 1264 c.c. e 58 t.u.b. ›› , p er avere la sentenza d’appello ritenuto sussistente la legittimazione di RAGIONE_SOCIALE
9.1. Con il secondo motivo si prospetta ‹‹violazione dell’art. 2901 c.c. in connessione con l’art. 2909 c.c. e l’art. 124 disp. att. c.p.c. ›› , per avere la Corte d’appello dichiarato che la sentenza n. 1297 del 13 giugno 2023 non era ancora passata in giudicato, senza che fosse stata fornita dalla controparte la prova della pendenza del ricorso dinanzi a questa Corte di cassazione.
9 .2. Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 2901 c od. civ., per avere la Corte d’appello implicitamente sostenuto la impossibilità di accertare incidentalmente l’inesistenza del credito invocato dall’attrice in revocatoria, in quanto asseritamente vincolata alla permanente pendenza della lite al riguardo, omettendo in tal modo anche solo di ponderare il fondamento della statuizione di cui alla sentenza n. 1297 del 2023.
9.3. Preliminarmente deve darsi atto della sopravvenienza, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza d’appello di Venezia n. 1297/2023, conseguente al rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale proposti rispettivamente da RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME del venir meno della condizione legittimante l’esercizio della proposta azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ., id est la sussistenza di un credito, posto che la titolarità d’un diritto di credito, anche eventuale, costituisce condizione dell’azione revocatoria sotto il profilo della legitimatio ad causam dell’attore (Cass., sez. U, n. 9440/2004).
La rilevata circostanza determina, altresì, il venir meno dell’interesse all’azione revocatoria, più non sussistendo l’esigenza del
mantenimento della disponibilità del bene posto ad oggetto dell’atto revocando a garanzia del credito (Cass., sez. 3, 30/06/2020, n 12975).
Dovendo entrambe le condizioni -legitimatio ad causam ed interesse ad agire dell’attore -permanere sino al momento della decisione definitiva, il loro sopravvenuto difetto dev’essere rilevato anche in sede di legittimità e non può che comportare il rigetto nel merito della domanda, ciò cui questa Corte può provvedere ex art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., non essendo all’uopo necessarie ulteriori indagini in fatto, indipendentemente dall’originaria fondatezza o meno della domanda stessa (v., in tal senso, con riferimento al caso analogo della sopravvenuta estinzione del credito per il quale si agisce in revocatoria, Cass., sez. 2, 04/11/2004, n. 21100; Cass., sez. U, 17/12/2008, n. 29421, punto 5 della motivazione; Cass., sez. 2, 20/12/2024, n. 33704).
Tanto esime il Collegio dallo scrutinio dei motivi del ricorso proposto da NOME COGNOME.
10. Va, infine, respinta la richiesta, formulata da NOME COGNOME in memoria illustrativa, di cancellazione delle trascrizioni della domanda ex art. 2901 cod. civ., effettuate da Banca MPS s.p.a. nei suoi confronti e nei confronti delle donatarie NOME e NOME COGNOME.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la cancellazione ex art. art. 2688 cod. civ. della trascrizione della domanda effettuata ai sensi degli artt. 2652 e 2653 cod. civ. deve essere ordinata dal giudice del merito, anche d’ufficio, con la pronunzia di rigetto della domanda medesima (Cass., sez. 2, n. 1859/1991; Cass., sez. 2, 20/09/2000, n. 12444), potendo essere disposta nel giudizio di legittimità, «per assicurare l’economia dei giudizi: e interpretare le norme processuali in conformità con l’art. 111 Cost. – nel senso di garantire la ragionevole durata del processo», solo in caso di estinzione per rinunzia o inattività delle parti e purché sussista una concorde richiesta delle parti, anche
posteriore al giudizio di legittimità (Cass. 5587/2007, 13715/2013, 18741/2016, 2896/2016, 14753/18; Cass., n. 27298/2022), dovendo diversamente le parti rivolgersi al giudice di merito (Cass. 20269/2017). Tali presupposti non ricorrono nel caso in esame, in cui l’istanza non è stata presentata concordemente da entrambe le parti.
Le spese di entrambi i giudizi riuniti devono essere integralmente compensate tra le parti, stante la complessità del primo.
P.Q.M.
La Corte, dato atto della riunione al ricorso n.r.g. 18797 del 2023 di quello n. 20853 del 2024, provvedendo sui ricorsi riuniti, rigetta, quanto al primo, il ricorso principale proposto da RAGIONE_SOCIALE ed il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME e, dato atto che in ragione di esso si forma giudicato sull’inesistenza del credito legittimante all’esercizio dell’azione revocatoria oggetto del secondo, cassa la sentenza impugnata con il secondo ricorso. Decidendo nel merito, rigetta l’azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ.
Compensa integralmente tra le parti le spese di entrambi i giudizi. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione