Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14416 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14416 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28935/2021 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME (EMAIL) e NOME COGNOME (EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), società RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE costituita secondo il diritto olandese, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME (EMAIL) e NOME COGNOME (EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 374/2021 della CORTE D’APPELLO DI BRESCIA, depositata il 12/04/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/4/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
ritenuto che,
con sentenza resa in data 12/04/2021, la Corte d’appello di Brescia, tra le restanti statuizioni, per quel che ancora rileva in questa sede, ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha pronunciato la risoluzione del contratto di locazione ad uso diverso da quello di abitazione concluso tra la RAGIONE_SOCIALE (in qualità di RAGIONE_SOCIALE) e NOME COGNOME (quale conduttore), in considerazioni del sopravvenuto rilievo di vizi che avevano determinato una modificazione dell’immobile locato tale da impedirne l’utilizzazione in conformità agli accordi contrattuali;
con la stessa sentenza, la corte territoriale ha riAVV_NOTAIOo l’importo posto dal primo giudice ad oggetto della condanna pronunciata a carico della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in favore del conduttore;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come, sulla base delle indagini tecniche conAVV_NOTAIOe nel corso del giudizio, fosse emersa l’effettiva natura sopravvenuta dei vizi denunciati dal conduttore e l’obiettiva inidoneità (sopravvenuta) del bene locato alla realizzazione degli scopi che le parti avevano inteso realizzare attraverso la conclusione del contratto di locazione;
ciò posto, il giudice d’appello ha riAVV_NOTAIOo l’importo determinato dal primo giudice in favore del conduttore, poiché le parti avevano espressamente convenuto l’esclusione preventiva di ogni risarcimento del danno in caso di sopravvenuta impossibilità di utilizzazione dell’immobile locato, con il conseguente accertamento del diritto dell’COGNOME al solo conseguimento dell’indennità di avviamento e
della restituzione degli importi indebitamente corrisposti a titolo di canoni;
avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di otto motivi d’impugnazione;
la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.A. resiste con controricorso;
considerato che,
con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1460, 1579, 1580 e 1581 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare come il locatore fosse consapevole del carattere viziato dell’immobile concesso in locazione ben prima della sua stipulazione, con il conseguente diritto del conduttore ad ottenere, con la risoluzione del contratto, anche il risarcimento dei danni, senza che a tale diritto possa ostare la rinuncia contrattuale all’azione risarcitoria preventivamente manifestata dal conduttore (con la clausola n. 17 del contratto);
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come la corte territoriale abbia espressamente evidenziato l’acquisita dimostrazione che ‘l’immobile al momento della sottoscrizione del contratto nell’ottobre 2015 era in buono stato di conservazione, manutenzione e abitabilità (v. clausola 5.1 del contratto )’, benché fosse successivamente risultato ‘ documentalmente che successivamente la situazione si è aggravata sino all’accertamento operato dal CTU di cui alla relazione 25/3/19, determinando quindi quell’inidoneità che ha giustificato la mancata apertura nel 2017’ (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata);
ferma tale premessa, la censura in esame, nella misura in cui muove dal presupposto che il locatore fosse consapevole del carattere
viziato dell’immobile prima della stipulazione del contratto di locazione, lungi dal prospettare un effettivo vizio di violazione o falsa applicazione di legge, si sostanzia in una vera e propria proposta reinterpretativa dei fatti di causa e delle prove, segnatamente con riguardo alla rilettura delle circostanze relative al carattere viziato dell’immobile prima della stipulazione della locazione e della consapevolezza, da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di tali vizi;
si tratta di una proposta reinterpretativa con evidenza avanzata sulla base di un ‘ impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente interpretato i contenuti della clausola n. 17 con il quale il conduttore avrebbe rinunciato all’azione risarcitoria in caso di sopravvenuta inidoneità dell’immobile, in violazione dei canoni di interpretazione negoziale espressamente richiamati in ricorso, senza considerare la preventiva conoscenza, da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dei vizi relativi all’immobile locato esistenti all’epoca della stipulazione del contratto e, conseguentemente, estranei alla previsione di cui alla clausola di rinuncia in esame;
il motivo è, nel suo complesso, infondato;
osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’interpretazione degli atti negoziali debba ritenersi indefettibilmente riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità unicamente nei limiti consentiti dal testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c., ovvero nei casi di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c.;
in tale ultimo caso, peraltro, la violazione denunciata chiede d’essere necessariamente deAVV_NOTAIOa con la specifica indicazione, nel ricorso per cassazione, del modo in cui il ragionamento del giudice di merito si sia discostato dai suddetti canoni, traducendosi altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volontà delle parti, in una mera proposta reinterpretativa in dissenso rispetto all’interpretazione censurata; operazione, come tale, inammissibile in sede di legittimità (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 17427 del 18/11/2003, Rv. 568253);
nel caso di specie, l’odiern o ricorrente si è limitato ad affermare, in modo inammissibilmente apodittico, il preteso tradimento, da parte dei giudici di merito, della comune intenzione delle parti (ai sensi dell’art. 1362 c.c.), nonché la scorrettezza dell’interpretazione complessiva attribuita ai termini dell’atto negoziale ( ex art. 1363 c.c.), oltre alla violazione dei canoni interpretativi della buona fede (art. 1366 c.c.), orientando l’argomentazione critica rivolta nei confronti dell’interpretazione della corte territoriale, non già attraverso la prospettazione di un’obiettiva e inaccettabile contrarietà, a quello comune, del senso attribuito ai testi e ai comportamenti negoziali interpretati, o della macroscopica irrazionalità o intima contraddittorietà dell’interpretazione complessiva dell’atto (così come della rilevabilità ictu oculi di un’interpretazione contraria a buona fede del contratto), bensì attraverso l’indicazione degli aspetti della ritenuta non condivisibilità della lettura interpretativa criticata, rispetto a quella ritenuta preferibile, in tal modo travalicando i limiti propri del vizio della violazione di legge ( ex art. 360, n. 3, c.p.c.) attraverso la sollecitazione della corte di legittimità alla rinnovazione di una non consentita valutazione di merito;
sul punto, è appena il caso di rilevare come la corte territoriale abbia proceduto alla lettura e all’interpretazione delle dichiarazioni
negoziali in esame nel pieno rispetto dei canoni di ermeneutica fissati dal legislatore, non ricorrendo ad alcuna attribuzione di significati estranei al comune contenuto semantico delle parole, né spingendosi a una ricostruzione del significato complessivo dell’atto negoziale in termini di palese irrazionalità o intima contraddittorietà (sulla base di un’ipotetica lettura macroscopicamente contraria ai canoni della buona fede o della convenienza oggettiva), per tale via giungendo alla ricognizione di un contenuto negoziale sufficientemente congruo, rispetto al testo interpretato, e del tutto scevro da residue incertezze;
del tutto inammissibile, sotto altro aspetto, deve ritenersi la censura in esame nella parte in cui torna a prospettare la circostanza relativa alla consapevolezza, da parte della RAGIONE_SOCIALE, del carattere viziato dell’immobile prima della conclusione del contratto, trattandosi, ancora una volta, di una proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa e delle prove in un senso difforme da quello fatto proprio dal giudice d’appello ;
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 1579 c.c., nonché degli artt. 1579 e 1229 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale illegittimamente omesso di pronunciarsi sul motivo di appello riguardante la denunciata nullità o inefficacia della clausola di rinuncia dell’azione risarcitoria, non già (solo) ex art. 1229 c.c. (come RAGIONE_SOCIALEmente rilevato dal giudice d’appello), bensì anche ai sensi dell’art. 1579 c.c., avendo la RAGIONE_SOCIALE taciuto in malafede i vizi che rendevano inutilizzabile e inagibile l’immobile già prima della conclusione del contratto (ponendosi peraltro, in tal modo, anche in contrasto con il dettato dell’art. 1229 c.c.);
con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la corte territoriale
illegittimamente omesso di pronunciarsi sull’eccezione sollevata dal conduttore in relazione all’inapplicabilità della clausola n. 17 con riguardo alla vicenda oggetto dell’odierno esame, tenuto conto del comportamento doloso, e comunque complessivamente inadempiente della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, tale da destituire di alcuna rilevanza la ridetta clausola di rinuncia al risarcimento dei danni da parte del conduttore;
entrambi i motivi -congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione -sono infondati;
osserva il Collegio come la corte territoriale non abbia affatto omesso di pronunciarsi sulla questione concernente la nullità o l’inefficacia della clausola n. 17 del contratto, sotto tutti i diversi profili evidenziati dall’odierno ricorrente, né sull’eccezione sollevata dal conduttore in relazione all’inapplicabilità di tale clausola in ragione del carattere doloso e comunque inadempiente del comportamento della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, avendo piuttosto espressamente escluso la nullità di tale clausola, tanto in relazione all’art. 1229 c.c., quanto in relazione al differente aspetto concernente la nullità del contratto per violazione dell’ordine pubblico, avendo escluso, in fatto, tanto la preesistenza dei vizi alla conclusione del contratto, quanto la consapevolezza, da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di tali vizi (cfr. pagg. 12-13 della sentenza impugnata), con la conseguente infondatezza dell’affermazione, su cui risulta basato il quarto motivo, dell’inapplicabilità della clausola n. 17 in ragione di tali premesse in fatto;
in forza della motivazione che precede, deve ribadirsi l’evidente assoluta mancanza di fondamento delle doglianze in esame;
con il quinto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1229 e 1579 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. (in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale illegittimamente omesso di rilevare il diritto del conduttore al conseguimento del rimborso di tutte le spese sostenute in relazione al contratto di locazione in esame, tenuto conto dell’inapplicabilità nella specie della clausola n. 17 del contratto di locazione in quanto inefficace o nulla per contrasto con gli artt. 1229 e 1579 c.c.;
con il sesto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1229 e 1579 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale illegittimamente omesso di rilevare il diritto del conduttore al conseguimento del risarcimento dei danni concernente il mancato guadagno per l’interruzione dell’attività commerciale a seguito della rilevata inagibilità dell’immobile locato, tenuto conto dell’inapplicabilità nella specie della clausola n. 17 del contratto di locazione in quanto inefficace o nulla per contrasto con gli artt. 1229 e 1579 c.c., e per avere in ogni caso erroneamente ritenuta priva di supporto probatorio l’effettiva sussistenza dei danni rivendicati per tale voce, in contrasto con il contenuto della documentazione proAVV_NOTAIOa e con il principio che consente, in ogni caso, di procedere alla determinazione dei danni in via equitativa;
con il settimo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1229 e 1579 c.c. e degli artt. 112 e 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale illegittimamente omesso di rilevare il diritto del conduttore al conseguimento del risarcimento del danno relativo alle spese per la polizza assicurativa e per gli incrementi aziendali in ragione di un preteso difetto di prova, tenuto conto dell’inapplicabilità nella specie della clausola n. 17 del contratto di locazione, in quanto inefficace o nulla per contrasto con gli artt. 1229 e 1579 c.c., e comunque in
contrasto con il contenuto della documentazione proAVV_NOTAIOa e con il principio che consente la liquidazione equitativa dei danni;
tutti e tre i motivi -congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione -sono complessivamente infondati;
osserva preliminarmente il Collegio come, attraverso la proposizione dei motivi in esame, il ricorrente -lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate -si sia limitato ad allegare un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo , della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione, neppure coinvolgendo, la prospettazione critica del ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente lo stesso nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo ;
nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe dei motivi d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ ubi consistam delle censure sollevate dall’odierno ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti, segnatamente in relazione al l’inapplicabilità della clausola n. 17 del contratto di locazione in esame per contrasto con gli artt. 1229 e 1579 c.c.;
si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
ciò posto, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 n. 5 c.p.c. ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;
del tutto priva di fondamento, per altro verso, deve ritenersi l’evocazione della violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulle istanze avanzate dall’odierno ricorrente, avendo la corte territoriale espressamente deAVV_NOTAIOo l’infondatezza di tutte le pretese del conduttore in forza dell’applicazione della più volte deAVV_NOTAIOa clausola n. 17 del contratto di locazione;
devono ritenersi, infine, inammissibili le censure avanzate dal ricorrente con riguardo al difetto di prova dei danni dallo stesso asseritamente subiti, attesa, da un lato, l’irrilevanza della questione (una volta esclusa in via di principio la risarcibilità dei danni ai sensi della clausola n. 17 del contratto) e, dall’altro, l’inammissibilità di una censura volta a prospettare, in sede di legittimità, una rilettura dei fatti di causa e delle prove in un senso diverso da quello fatto proprio dal giudice di merito;
con l’ottavo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi e per assenza totale di motivazione (in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale illegittimamente respinto il motivo di appello incidentale sollevato dal conduttore con riguardo alla nullità del contratto di locazione ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c. attesa l’impossibilità e l’illiceità dell’oggetto del contratto (in considerazione del pericolo per la salute e l’integrità delle persone connesso all’uso dell’immobile locato), dovendo, da un lato, escludersi la novità di tale eccezione (erroneamente rilevata dal giudice d’appello) e dovendo, dall’altro, rilevarsi la preesistenza dei gravi vizi dell’immobile locato rispetto alla conclusione del contratto di locazione; circostanza, quest’ultima, totalmente trascurata dal giudice d’appello nella motivazione del provvedimento impugnato;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come la corte territoriale abbia argomentato in modo esplicito le ragioni volte ad escludere l’impossibilità o l’illiceità dell’oggetto del contratto di locazione in esame, avendo rilevato, in fatto, la piena idoneità dell’immobile alla realizzazione degli scopi che i contraenti si erano proposti di raggiungere attraverso la conclusione del contratto (salva la degenerazione del bene locato nel corso del rapporto) (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata), con la conseguenza che, attraverso la censura in esame, il ricorrente, lungi dal prospettare l’erronea ricognizione, da parte del giudice di merito, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate, risulta essersi limitato a prospettare una differente ricognizione della fattispecie concreta mediata da una (asseritamente) erronea lettura dei fatti di causa e delle prove, sulla base di un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
sotto un diverso profilo, il giudice d’appello non ha affatto omesso di considerare la circostanza della preesistenza dei vizi dell’immobile locato alla stipulazione del contratto di locazione, avendo piuttosto affermato il contrario, e cioè che tali vizi dell’immobile non fossero affatto preesistenti alla stipulazione del contratto ma sopravvenuti nel corso del rapporto; da qui la conclusione secondo cui la presente censura, lungi dal prospettare il ricorso di un’omissione rilevante ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., in altro non consista se non nella prospettazione di una rilettura nel merito dei fatti di causa e delle prove, ancora una volta sulla base di una impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 8.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge;
ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione