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Clausola di salvaguardia: valida contro l’usura?

Una società immobiliare e il suo garante si sono opposti a un decreto ingiuntivo per canoni di leasing non pagati, sostenendo la nullità del contratto per l’assenza dell’Indicatore Sintetico di Costo (ISC) e per l’applicazione di tassi usurari. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l’omissione dell’ISC non invalida il contratto. In particolare, ha ribadito la piena validità della clausola di salvaguardia, considerandola uno strumento efficace che obbliga contrattualmente la finanziaria a rispettare i limiti del tasso soglia, prevenendo così l’usura.

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Clausola di Salvaguardia: la Cassazione Conferma la sua Efficacia Contro l’Usura

In un recente pronunciamento, la Corte di Cassazione ha affrontato temi cruciali per il diritto bancario e dei contratti di finanziamento, come il leasing. Al centro della discussione vi era la validità della clausola di salvaguardia come strumento per prevenire l’applicazione di interessi usurari e la rilevanza dell’Indicatore Sintetico di Costo (ISC) ai fini della validità del contratto. La decisione offre importanti chiarimenti, rafforzando la stabilità dei rapporti contrattuali e definendo con precisione gli obblighi delle parti.

Il caso: un contratto di leasing immobiliare in discussione

La vicenda trae origine da un contratto di leasing su un immobile da costruire, garantito da un fideiussore. A seguito del mancato pagamento di alcuni canoni, la società di leasing otteneva un decreto ingiuntivo. La società utilizzatrice e il suo garante proponevano opposizione, lamentando due principali vizi contrattuali: la nullità del contratto per la mancata indicazione dell’ISC e il superamento del tasso soglia antiusura, sia per gli interessi corrispettivi che per quelli di mora.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano l’opposizione, sostenendo che l’assenza dell’ISC non costituisse causa di nullità e che un eventuale, seppur minimo, superamento del tasso di mora fosse neutralizzato dalla presenza nel contratto di una specifica clausola di salvaguardia.

I motivi del ricorso in Cassazione

I soccombenti hanno portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, articolando il ricorso in diversi motivi, tra cui:

1. Violazione dell’art. 117 del Testo Unico Bancario (TUB): Sostenevano che l’omessa menzione dell’ISC dovesse essere sanzionata con la nullità del contratto.
2. Vizio di motivazione: Contestavano il calcolo dei canoni di prelocazione ai fini della determinazione del superamento del tasso soglia.
3. Violazione delle norme sull’usura: Criticavano le argomentazioni dei giudici di merito relative a un sistema di arrotondamento che avrebbe escluso il superamento della soglia.
4. Inefficacia della clausola di salvaguardia: Ritenevano che la clausola non fosse sufficiente a rendere legittimo un tasso di mora inizialmente pattuito al di sopra della soglia.

L’analisi della Corte: la validità della clausola di salvaguardia

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo una disamina puntuale di ogni motivo e consolidando importanti principi di diritto.

In primo luogo, ha ribadito un orientamento ormai consolidato: l’Indicatore Sintetico di Costo (ISC o TAEG) ha una funzione puramente informativa. Esso rappresenta un indicatore del costo complessivo del finanziamento ma non rientra nel novero di “tassi, prezzi ed altre condizioni” la cui mancata indicazione scritta è sanzionata con la nullità dalla legge. Pertanto, la sua assenza non rende nullo il contratto.

Le censure relative al calcolo dei canoni e all’arrotondamento sono state giudicate inammissibili per genericità e perché non incidevano sulla ratio decidendi della sentenza impugnata. I ricorrenti, infatti, non avevano dimostrato come un calcolo diverso avrebbe concretamente modificato l’esito della valutazione sul superamento del tasso soglia.

Il ruolo cruciale della clausola di salvaguardia

Il punto centrale della pronuncia riguarda il quarto motivo. La Corte ha confermato la piena validità ed efficacia della clausola di salvaguardia. Secondo i giudici, l’inserimento di tale clausola trasforma il divieto legale di pattuire interessi usurari in una specifica obbligazione contrattuale a carico dell’istituto finanziatore. La banca, attraverso questa pattuizione, si impegna a non applicare mai, per tutta la durata del rapporto, interessi superiori alla massima soglia consentita dalla legge.

Questa interpretazione ha una conseguenza processuale di grande rilievo: in caso di contestazione, l’onere della prova si inverte. Non è più il cliente a dover dimostrare l’usura, ma spetta alla banca provare di aver adempiuto al suo impegno contrattuale, mantenendo i tassi entro i limiti legali. I ricorrenti, nel caso di specie, non avevano neppure riportato il testo della clausola, rendendo impossibile una valutazione diversa.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’esigenza di equilibrio e certezza del diritto. La decisione distingue nettamente tra gli elementi essenziali del contratto, la cui assenza comporta nullità, e gli indicatori informativi, come l’ISC, la cui omissione non ha un effetto così radicale. Il principio di diritto cardine è che la clausola di salvaguardia non è un mero artificio per aggirare la normativa antiusura, ma un valido strumento contrattuale che rafforza la tutela del cliente, impegnando formalmente la banca al rispetto della legalità. In questo modo, la tutela del debitore viene garantita non attraverso la sanzione della nullità, che potrebbe avere effetti dirompenti, ma attraverso un’obbligazione contrattuale azionabile che pone la banca in una posizione di responsabilità diretta.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio a favore della stabilità dei contratti di finanziamento. Le imprese e i consumatori devono sapere che, sebbene l’ISC sia un utile strumento di trasparenza, la sua assenza non è di per sé sufficiente a invalidare un intero contratto. Al contempo, la pronuncia conferma che la clausola di salvaguardia è un meccanismo efficace e legittimo. Per le banche e le società di leasing, ciò significa che l’adozione di tali clausole è una prassi corretta per gestire la fluttuazione dei tassi e mettersi al riparo da contestazioni di usura, a patto di essere poi in grado di dimostrare, in caso di contenzioso, di aver sempre rispettato l’impegno assunto.

La mancanza dell’Indicatore Sintetico di Costo (ISC) in un contratto di leasing ne causa la nullità?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’ISC è un indicatore del costo complessivo e non rientra tra i “tassi, prezzi ed altre condizioni” la cui mancata indicazione scritta comporta la nullità del contratto ai sensi dell’art. 117 del Testo Unico Bancario.

Una “clausola di salvaguardia” è efficace per evitare che un contratto sia considerato usurario?
Sì, la Corte ha confermato che l’inserimento di una tale clausola è legittimo. Essa trasforma il divieto legale di usura in un’obbligazione contrattuale a carico della banca, impegnandola a non applicare mai interessi superiori al tasso soglia consentito dalla legge.

A chi spetta l’onere della prova in caso di contestazione su una clausola di salvaguardia?
In presenza di una clausola di salvaguardia, l’onere della prova grava sulla banca (o sull’ente finanziatore). Sarà quest’ultima a dover dimostrare di aver regolarmente adempiuto all’impegno assunto, mantenendo gli interessi entro i limiti di legge per tutta la durata del rapporto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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