Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5052 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5052 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 633/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRENTO n. 160/2020 depositata il 17/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME accomandatario, e NOME COGNOME accomandante, erano titolari delle quote della società RAGIONE_SOCIALE la quale aveva acquistato il 29.6.2007 un immobile da Finanziaria Nettuno s.p.a. usufruendo dell’agevolazione sull’imposta di registro, ridotta all’1% per i soggetti imprenditoriali svolgenti esclusivamente o prevalentemente attività di compravendita immobiliare.
Sia NOME COGNOME sia NOME COGNOME avevano ceduto il 27 febbraio 2008 tutte le quote della società RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME nuovo accomandatario, e NOME COGNOME: nel contratto di cessione si prevedeva, alla clausola 7, che i cedenti avrebbero tenuto indenni i cessionari ‘ da ogni ulteriore debito che a qualsiasi titolo dovesse sussistere in capo alla società per obbligazioni sociali sorte anteriormente ‘ alla cessione e da ogni onere fiscale relativo al periodo di imposta 2007.
Dopo la cessione delle quote l’Agenzia delle Entrate aveva contestato l’entità dell’imposta di registro versata per la compravendita immobiliare del 29.6.2007 ritenendo assenti i presupposti per ‘scontarla’ all’1% e ritenendo quindi di dover applicare l’aliquota ordinaria del 7%. Comunicata la situazione ai cedenti, RAGIONE_SOCIALE aveva sostenuto il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate, agito in sede tributaria in primo e in secondo grado, risultando soccombente in entrambi i giudizi. Sulla base della clausola 7 del contratto di cessione e dopo aver pagato il dovuto pari a complessivi € 58.639,56 i soci di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano richiesto ai cedenti NOME COGNOME e NOME COGNOME il rimborso di quanto versato.
Il decreto ingiuntivo ottenuto dai cessionari per la restituzione dell’importo versato all’Agenzia delle Entrate era stato opposto dai cedenti: il Tribunale di Trento aveva respinto l’opposizione.
NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano impugnato la sentenza di primo grado e la Corte d’Appello di Trento aveva accolto l’appello in base alle seguenti considerazioni: -effettivamente il giudicato formatosi in sede tributaria non era opponibile ai cedenti appellanti, che non avevano partecipato al relativo giudizio; -doveva essere accertato in via incidentale in questo giudizio se vi fossero stati o meno i presupposti per l’applicazione dell’imposta di registro agevolata all’epoca della compravendita oggetto di accertamento, e la risposta doveva essere positiva (a prescindere dalla testimonianza COGNOME, valorizzata dagli appellanti ma di reale valenza neutra).
Propongono ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME affidandolo a due motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME lamentano la violazione dell’art.1362 c.c., rilevante ex art.360 co 1 n.3 c.p.c., in relazione alla clausola 7 del contratto di cessione in data 27.2.2008, che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di merito, non richiederebbe l’accertamento della fondatezza effettiva del debito adempiuto dai cessionari: se il Giudice d’appello avesse interpretato la clausola con la corretta applicazione dei canoni ermeneutici enucleabili dall’art.1362 e s. c.c. avrebbe dovuto constatare che la sola oggettiva sussistenza di un onere fiscale riferibile all’anno 2007 giustificasse la sua attivazione.
Sarebbe quindi decisivo l’error iuris commesso dalla Corte d’Appello di Trento, che avrebbe totalmente frainteso la portata e il funzionamento della clausola richiamata.
8.1. Questo motivo di ricorso è fondato.
La clausola 7 del contratto di cessione delle quote societarie di RAGIONE_SOCIALE prevede quanto segue: ‘ Le parti venditrici dichiarano e garantiscono che i dati contabili meglio indicati nella premessa sono veritieri e tuttora esistenti e si obbligano a tenere indenni le parti acquirenti da ogni ulteriore debito che a qualsiasi titolo dovesse sussistere in capo alla società per obbligazioni sociali sorte anteriormente alla data odierna anche se la parte acquirente ne venga a conoscenza successivamente; così come ogni adempimento ed onere fiscale e contabile relativo al periodo di
imposta 2007 e l’ICI per mesi di gennaio e febbraio 2008 rimangono ad esclusivo carico delle parti venditrici che si impegnano a rimborsarli alle parti acquirenti a semplice richiesta. In deroga a quanto previsto dall’art.2269 c.c., le parti espressamente convengono che i soci entranti non rispondano per le obbligazioni sociali anteriori all’acquisto della qualità di soci ‘.
Dal contesto della motivazione posta dalla Corte d’Appello di Trento a fondamento della decisione di rigetto della domanda di manleva esercitata da NOME COGNOME e NOME COGNOME l’obbligo assunto con la clausola 7, come sopra riportata, dai cedenti ‘ di farsi carico dei debiti derivanti da obbligazioni sociali sorte anteriormente al trasferimento delle quote, anche se conosciuti successivamente ‘ (cfr. la sentenza, a pag.7), sarebbe subordinato all’accertamento dell’esistenza effettiva della ragione di credito pregressa fatta valere dal terzo -in questo caso l’Agenzia delle Entrate -nei confronti di RAGIONE_SOCIALE a prescindere dall’adempimento spontaneo o necessitato della società -e quindi anche ove il pagamento del credito fatto valere dal terzo sia stato effettuato, eventualmente sulla base di un titolo-.
8.2. E’ incontestabile che l’interpretazione del contratto è un tipico accertamento devoluto al giudice del merito, perché la ricostruzione della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito. In linea generale, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto anche a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata -cfr. Cass. n.9461/2021-; ove non sia però possibile nemmeno rinvenire il criterio ermeneutico che ha indirizzato l’attività di interpretazione, ciò già integra la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., perchè ‘… il giudice viene meno al dovere
d’interpretazione secondo i canoni legali, ove fornisca un’esegesi svincolata da regole conoscibili, nel senso di verificabili attraverso il vaglio probatorio, e non giustificata dal contenuto letterale dello strumento negoziale ‘ -così Cass. n.30686/2019-.
8.3. Se si esamina l’attività interpretativa svolta dalla Corte di merito in relazione alla clausola contrattuale in discussione alla luce delle considerazioni che precedono, emerge che non è dato comprendere come essa sia giunta ad interpretare la stessa nel senso di limitare l’obbligo di manleva dei cedenti non alle obbligazioni sorte anteriormente alla cessione, anche se non risultanti dai libri contabili e/o frutto di accertamenti successivi, ma alle sole pretese creditorie di terzi anteriori alla cessione di quote risultate effettivamente esistenti, perché non contestate dai cedenti o accertate in modo a loro opponibile -nel caso di specie, non ricorrendo né l’una né l’altra situazione, si è infatti proceduto ad un accertamento incidentale intervenuto tra le parti contraenti, non opponibile ovviamente al terzo creditore, che non avrebbe potuto nemmeno essere coinvolto nel giudizio-.
8.4. Una tale interpretazione non appare consequenziale al tenore letterale della clausola 7 del contratto del 27.2.2008 che, anzi, si inquadra nel contesto delineante la responsabilità dei soci verso i terzi nella società in accomandita semplice attraverso gli art.2313, 2315, 2318 e 2269 c.c. ed esclude -nei rapporti interni tra cedenti e cessionaril’operatività dell’art.2269 c.c., non è coerente con l’articolazione dell’obbligo di manleva, che presuppone semplicemente l’esistenza di un debito societario anteriore effettivamente adempiuto dalla società, e confonde altresì piani diversi, perché sovrappone all’esistenza di un debito pregresso concretamente pagato nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE la questione, ben diversa -e sulla cui introduzione in giudizio vi è sicura contestazione ad opera dei ricorrenti, alla luce del contenuto del secondo motivo di ricorso sul quale si dirà oltre-, della gestione dell’eventuale contenzioso in relazione alla pretesa creditoria del terzo -nel caso di specie, la gestione della lite tributaria da parte dei ricorrenti, eventualmente preceduta dall’informazione della sua pendenza poiché i cedenti avrebbero potuto partecipare al giudizio tributario in quanto titolari di interesse (gli ex soci illimitatamente responsabili rispondono dei debiti sociali sorti quando rivestivano la
qualità di soci), non risulta siano mai stati oggetto di contestazione ad opera dei cedenti nei gradi di merito-
Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano la nullità della sentenza, rilevante ex art.360 co 1 n.4 c.p.c., per intervenuta violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato enucleabile dall’art.112 c.p.c.
La Corte di merito ha affermato che i cessionari, i quali non avrebbero valorizzato nel giudizio tributario gli elementi utili ad escludere la fondatezza della pretesa erariale invece emersi nel presente giudizio, non avrebbero ‘imprudentemente’ proposto ricorso per cassazione avverso la decisione d’appello della commissione tributaria. Così motivando il Giudice d’appello non avrebbe considerato che in nessun punto dell’atto introduttivo del processo di appello NOME COGNOME e NOME COGNOME avrebbero posto a fondamento della richiesta di rigetto della domanda di manleva azionata ingiuntivamente il comportamento imprudente o negligente dei cessionari tenuto nell’ambito del giudizio tributario. La decisione ricorsa si fonderebbe pertanto su una ratio mai introdotta, né in fatto né in diritto, nelle fasi di merito del presente giudizio.
9.1. Questo motivo di ricorso rimane assorbito, perché la valutazione delle questioni che pone richiede la corretta identificazione del contenuto della clausola 7 del contratto del 27.2.2008 e del contenuto delle domande coltivate dalle parti in relazione ad esso.
In conclusione, deve essere accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo.
Il principio di diritti al quale il Giudice del rinvio dovrà attenersi è il seguente: nell’interpretazione delle clausole contrattuali, devono essere resi conoscibili e giustificati attraverso il contenuto letterale dello strumento negoziale i criteri seguiti in applicazione dei canoni legali, in modo da permetterne la verifica.
Il Giudice del rinvio provvederà altresì alla liquidazione delle spese processuali anche della presente fase di cassazione.
PQM
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Trento, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della seconda sezione