Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1449 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7073/2023 R.G. proposto da :
NOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in ROMA INDIRIZZO
Pec:
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME e domiciliata presso lo studio del medesimo
Pec:
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1449 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/01/2025
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 344/2022 depositata il 16/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
la società RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE convenne, davanti al Tribunale di Udine, la RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE, deducendo che le clausole di indicizzazione presenti nel contratto di leasing immobiliare stipulato tra le parti in data 30/5/2003 e regolarmente adempiuto, erano nulle sicché aveva diritto alla restituzione di somme indebitamente versate alla banca.
La banca convenuta, nel costituirsi in giudizio, contestò la pretesa avversaria e sollevò eccezione di prescrizione in relazione alle somme eventualmente ritenute indebite.
Il Tribunale adito, disposta una CTU, accolse parzialmente la domanda, rilevando la nullità per indeterminatezza delle clausole afferenti la doppia indicizzazione. Ritenne altresì che l’eccezione di prescrizione , in quanto genericamente formulata, non incideva sulla somma ritenuta indebitamente percetta e condannò la banca a restituire alla utilizzatrice l’importo di € 249.603,45 e le spese di lite.
La banca propose appello sulla base di sei motivi: 1) l’erronea dichiarazione di nullità della clausola di indicizzazione per indeterminatezza del tasso ai sensi dell’art. 117 TUB ; 2) l’erronea derivazione dalla nullità della predetta clausola della nullità della clausola di indicizzazione del cambio; 3) l’ erronea applicazione della sanzione di cui all’art. 117 comma 7 TUB; 4) l’ erronea applicazione dei tassi sostitutivi previsti dall’art. 117, comma 7 TUB come formulati alla data di emissione della sentenza e non ai tempi di sottoscrizione del contratto, 5) l ‘erroneo rigetto dell’eccezione di prescrizione, 6) l’ erronea regolazione delle spese.
La società RAGIONE_SOCIALE chiese il rigetto del gravame e propose appello incidentale condizionato, riproponendo tutte le eccezioni già sollevate in primo grado, compresa quella di prescrizione del diritto alla restituzione delle somme.
Con sentenza non definitiva la C orte d’ Appello di Trieste rigettò il primo e il terzo motivo di gravame, confermando pertanto la nullità della clausola di indicizzazione per indeterminatezza del tasso ex art. 117 TUB e la corretta applicazione della sanzione ex art. 117 co. 7 TUB, (con assorbimento del secondo); accolse, invece, il quarto ed il quinto motivo d’appello ritenendo cioè doversi applicare i tassi sostitutivi previsti alla data di sottoscrizione del contratto e non quelli previsti alla data della emissione della sentenza, con la conseguente rimeditazione sugli effetti dell’eventuale applicazione della prescrizione in relazione ai singoli importi indebitamente versati.
Disposto un supplemento di CTU, che rideterminò i tassi TUB, valutando anche gli effetti della prescrizione, la Corte, con sentenza definitiva ha, in parziale accoglimento dell’appello, condannato l’appellante a restituire all’appellata la somma di € 200.908,83, detratto l’importo già versato di € 107.369,76 , disponendo la parziale compensazione delle spese del grado.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
Resiste la RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
In vista della trattazione della causa in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis. 1 c.p.c., entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
con l’unico motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 c.c. e delle norme che disciplinano la qualificazione del contratto con riguardo alla clausola di indicizzazione contenuta alla lettera D del medesimo, nonché violazione e falsa applicazione dell’art.
117 TUB -la ricorrente lamenta la violazione dei criteri di interpretazione del contratto con riferimento ad una clausola del medesimo che però non viene riportata in ricorso, così da rendere incomprensibile il ragionamento prospettato.
Peraltro, dal tenore del motivo, si evince che le censure sono volte ad evocare, da parte di questa Corte, una nuova e più appagante interpretazione delle clausole contrattuali, che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, fuoriesce dal perimetro del sindacato di legittimità.
Alle suesposte considerazioni consegue, pertanto, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 7.400,00 (di cui € 200 ,00 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile