Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5198 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5198 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
R.G.N. 15487/20
C.C. 18/02/2025
Vendita -Preliminare -Esecuzione specifica -Risoluzione per inadempimento -Clausola compromissoria sul ricorso (iscritto al N.R.G. 15487/2020) proposto da:
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende, unitamente agli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) nonché COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), quest’ultimi quali eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura a margine del controricorso;
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 3775/2019, pubblicata il 24 settembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 febbraio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 27 gennaio 2014, COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Venezia, COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quest’ultimi quali eredi di COGNOME NOME, al fine di sentire pronunciare l’esecuzione in forma specifica o, in via subordinata, la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di vendita concluso tra le parti il 15 gennaio 2006, avente ad oggetto un appartamento, tre garage e un magazzino siti in Venezia-Favaro, località INDIRIZZO, INDIRIZZO, di cui l’attore, quale promissario acquirente, aveva già corrisposto l’intero prezzo pattuito di euro 305.000,00, complesso immobiliare rivelatosi gravato da ipoteca giudiziale, benché i promittenti alienanti avessero dichiarato la sua libertà da pesi o vincoli.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché separatamente COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME i quali preliminarmente sollevavano eccezione di compromesso, in relazione alla clausola arbitrale contenuta nel contratto preliminare, e -nel merito -chiedevano il rigetto delle
domande avversarie, precisando che, a seguito di conforme richiesta dell’attore, avevano già restituito il prezzo e trattenuto la sola caparra confirmatoria, senza che il Lodi, prima della notifica dell’atto di citazione, avesse mai manifestato la volontà di stipulare il contratto definitivo.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 2418/2015, depositata il 10 luglio 2015, dichiarava l’incompetenza del giudice ordinario, essendo stata la controversia deferita alla decisione di un collegio arbitrale, e condannava l’attore alla rifusione delle spese di lite sia nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME sia nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
2. -Con atto di citazione notificato il 10 febbraio 2016, Lodi Giulio proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) l’omessa valutazione della prevalenza, rispetto al richiamato ‘criterio suppletivo’, della nullità del patto compromissorio per impossibilità dell’attuazione del criterio di nomina del terzo arbitro, alla stregua dell’intervenuta soppressione del Giudice conciliatore di Venezia, cui tale nomina era rimessa, e senza che potesse essere applicato analogicamente, in funzione sovversiva della volontà delle parti, il criterio di rimessione della nomina al Presidente del Tribunale, tanto più che, tenuto conto del comportamento successivo delle parti, emergeva che le promittenti venditrici avessero rinunciato alla clausola compromissoria, non dando corso all’arbitrato; 2) l’interpretazione della clausola arbitrale in termini difformi dal senso letterale delle parole utilizzate, secondo la loro connessione, dovendo essa essere letta in chiave restrittiva; 3) la mancata
liquidazione delle spese in termini unitari in favore dei convenuti, poiché i due difensori di tali parti, oltre ad appartenere allo stesso studio legale, avevano svolto difese identiche, come identiche erano state le relative questioni poste, sussistendo, dunque, un’evidente comunanza di interessi.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché separatamente COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali instavano per il rigetto dell’impugnazione e per la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che, essendo possibile rivolgersi al Presidente del Tribunale per la nomina del terzo arbitro allorché nulla le parti avessero previsto in ipotesi di disaccordo, a maggior ragione tale principio doveva valere laddove, come nel caso di specie, le parti avessero regolato l’ipotesi, prevedendo la nomina del terzo arbitro da parte di un organo imparziale, quale il Giudice conciliatore; b ) che, infatti, in tal modo, le parti avevano dimostrato di volere che la controversia fosse comunque decisa da un collegio arbitrale, anche ove non si fosse giunti a nominare, di comune accordo, il terzo arbitro; c ) che la circostanza che l’ufficio del Giudice conciliatore fosse stato soppresso (tra l’altro circa dieci anni prima della stipula del contratto preliminare) non era decisiva; d ) che il fatto stesso che le parti avessero indicato non una persona specifica, ma un ufficio impersonale, dimostrava che alle parti non interessava che la
nomina provenisse da un determinato soggetto, ma solo che una nomina fosse effettuata da un organo terzo imparziale, per di più giudiziario; e ) che sussistevano, quindi, le condizioni per l’applicazione del meccanismo di nomina suppletiva di cui all’art. 810 c.p.c., in conformità alla volontà espressa dalle parti, come si poteva desumere dal tenore letterale della clausola compromissoria, senza che dal comportamento concludente degli appellati potesse ricavarsi l’intenzione di rinunciare alla clausola compromissoria, non avendo questi mai intrapreso alcuna controversia giudiziaria verso il Lodi e avendo prontamente invocato la competenza arbitrale non appena il Lodi li aveva citati in giudizio; f ) che, pur essendovi -per numerosi aspetti -comunanza di interessi, le posizioni delle due sorelle COGNOME, da una parte, e degli eredi di COGNOME NOME, dall’altra, non erano sovrapponibili, come in qualche modo aveva dato atto lo stesso appellante, sicché era giustificata la loro difesa separata.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, COGNOME NOME.
Hanno resistito, con controricorso, gli intimati COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
-Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 809 e 810 c.p.c. e dei criteri interpretativi di cui agli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c., con riferimento alla
clausola compromissoria sub 9) del preliminare di compravendita, con la conseguente nullità della clausola compromissoria e l’ error in iudicando commesso, per avere la Corte di merito ritenuto che -benché la clausola prevedesse, in caso di disaccordo per la nomina dell’arbitro terzo, che le parti avrebbero potuto rivolgersi per la sua nomina al Giudice conciliatore del Comune di Venezia -operasse il meccanismo suppletivo di cui all’art. 810 c.p.c. (esteso dalla giurisprudenza di legittimità alla diversa ipotesi in cui la facoltà di nomina del terzo arbitro fosse stata attribuita convenzionalmente alle parti e queste non vi avessero provveduto), con la correlata possibilità che a tale nomina provvedesse il Presidente del Tribunale.
Obietta l’istante che, in tal modo, la Corte distrettuale non avrebbe dato corretta prevalenza al criterio di nomina degli arbitri, secondo la volontà delle parti come contrattualmente determinata, mentre l’inapplicabilità del menzionato criterio suppletivo avrebbe dovuto comportare la nullità del patto compromissorio per impossibile attuazione del criterio di nomina del terzo arbitro ex art. 809 c.p.c., con la conseguente competenza del giudice ordinario.
Sostiene, ancora, il ricorrente che la sopravvenuta soppressione dell’ufficio del Giudice conciliatore non avrebbe potuto dare corso ad un’ulteriore attività interpretativa, volta ad introdurre o sostituire la volontà pattizia, in violazione del criterio ermeneutico letterale e del criterio esegetico sussidiario, secondo cui la conservazione del contratto non avrebbe potuto essere comunque autorizzata attraverso un’interpretazione sostitutiva della volontà delle parti, tenuto conto altresì del comportamento
successivo delle parti stesse, che non avevano dato corso all’arbitrato dopo le diffide inviate.
1.1. -Il motivo è infondato.
Ora, la clausola compromissoria di cui all’art. 9 del preliminare di vendita prevedeva che, una volta nominati i rispettivi arbitri a cura delle parti, i tecnici così nominati si accordassero per la designazione del terzo arbitro e, in mancanza, che alla nomina di tale terzo arbitro provvedesse il Giudice conciliatore del Comune di Venezia, su impulso di una qualsiasi delle parti (il testo negoziale era testualmente il seguente: ‘Eventuali controversie che dovessero insorgere in dipendenza del presente atto saranno affidate al giudizio di un collegio arbitrale formato da tre tecnici, di cui i primi due nominati dalle parti -uno da ciascuna parte -e il terzo nominato dai precedenti; in caso di disaccordo per la nomina del terzo, una qualsiasi delle parti potrà rivolgersi, per la sua nomina, al giudice conciliatore del Comune di Venezia’).
Senonché correttamente il Tribunale, prima, e la Corte d’appello, poi, hanno ritenuto che la clausola dovesse essere interpretata nel senso che, nel caso di disaccordo tra i tecnici nominati da ciascuna parte sulla nomina del terzo arbitro, la facoltà di nomina fosse attribuita al Presidente del Tribunale, su impulso di ciascuna parte, in applicazione analogica dell’art. 810, secondo comma, c.p.c.
Infatti, in tema di arbitrato, il meccanismo di nomina suppletiva da parte del Presidente del Tribunale, previsto nell’art. 810 c.p.c., sia nella formulazione ante-vigente che in quella in vigore dal 2 marzo 2006, si applica anche quando la convenzione
arbitrale preveda la costituzione di un collegio formato da tre arbitri e le parti non raggiungano l’ accordo sulla nomina del terzo arbitro dopo aver provveduto alla designazione unilaterale degli altri due. Ne consegue la legittimità della designazione giudiziale disposta su richiesta di una delle parti quando si determini tale evenienza (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17152 del 22/07/2009).
A fortiori si è reputato che tale fattispecie operasse analogicamente anche nell’ipotesi in cui la nomina del terzo arbitro non fosse stata demandata all’accordo delle parti in via esclusiva, ma fosse stata rimessa, nell’ipotesi di mancato accordo, alla nomina di un organo terzo e imparziale, qual è il conciliatore, ufficio già soppresso al momento in cui la clausola era stata contemplata (con la legge n. 374/1991).
Tale previsione non è indicativa in sé della nullità della clausola, ma piuttosto è significativa della volontà delle parti di rimettere ad un organo giudiziario imparziale la scelta del terzo arbitro, ove i tecnici nominati da ciascuna parte come arbitri non avessero raggiunto l’accordo sulla individuazione di tale terzo arbitro.
Sicché trova applicazione il principio a mente del quale la clausola compromissoria che preveda la nomina del terzo arbitro mediante ‘accordo delle parti’ (o, come nella specie, dei tecnici delle parti), non è affetta da nullità, ai sensi dell’art. 809 c.p.c., per mancata determinazione delle modalità di nomina di tale arbitro, tenuto conto che la nomina stessa non risulta di impossibile attuazione pratica, perché, in difetto di accordo, trova applicazione analogica l’art. 810 c.p.c., con conseguente possibilità per le parti di chiedere che essa venga effettuata dal
Presidente del Tribunale (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5489 del 21/10/1982; Sez. 1, Sentenza n. 348 del 03/02/1976).
L’eventuale disaccordo delle parti sulla scelta dell’arbitro, infatti, costituisce un fatto successivo al perfezionamento della clausola, laddove i requisiti di validità di un atto negoziale debbono sussistere al momento del completamento della fattispecie ed eventuali fatti successivi a tale momento possono incidere sull’efficacia o sulla funzionalità dell’atto, non anche sulla sua validità.
Né costituiva una ragione ostativa dirimente -come innanzi evidenziato -il richiamo al potere suppletivo di un organo giudiziario terzo, già soppresso al momento della stipulazione del contratto contenente la clausola compromissoria, in quanto da tale previsione emergeva comunque la manifestazione di volontà delle parti di dare luogo alla decisione arbitrale anche allorché le parti (o i tecnici da esse nominati) non avessero raggiunto l’accordo sulla nomina del terzo arbitro, demandandone la delibazione ad un organo giudiziario terzo omologo (quale appunto il Presidente del Tribunale).
Sarebbe, per converso, contraria alla volontà delle parti la lettura offerta dal ricorrente, secondo cui, a fronte della manifestazione dell’intento delle parti di salvaguardare la rimessione della causa ad arbitri anche ove non fosse stato raggiunto un accordo tra i tecnici nominati dalle parti sulla nomina del terzo arbitro, il fatto che fosse stato indicato come organo terzo deputato alla nomina suppletiva un ufficio giudiziario già soppresso al momento della stipula del preliminare avrebbe dovuto indurre a reputare la clausola nulla (anziché
rimettere tale facoltà all’organo giudiziario omologo, appunto nel rispetto della volontà delle parti di dare comunque corso alla decisione arbitrale rimettendo la nomina del terzo arbitro ad un organo imparziale, di provenienza giudiziaria).
2. -Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 92 e 97 c.p.c. nonché dei criteri regolamentari di liquidazione delle spese fissati dal d.m. Giustizia n. 55/2014, emanato in attuazione dell’art. 13 della legge n. 247/2018 ( recte n. 247/2012), con error in iudicando , per avere la Corte territoriale escluso che si potesse procedere ad una liquidazione unitaria delle spese in favore dei due gruppi di convenuti, benché i difensori di tali parti, oltre ad appartenere allo stesso studio legale, avessero svolto difese identiche, con identiche questioni poste, sicché sarebbe sussistita una comunanza di interessi.
Osserva l’istante che detti convenuti avrebbero assunto una posizione processuale identica, a fronte di identici petita e causae petendi , sicché sarebbe stata giustificata la liquidazione di una sola parcella.
2.1. -Il motivo è infondato.
E ciò perché la sentenza impugnata ha dato conto, con argomentazioni congrue e logiche, delle ragioni per le quali le posizioni processuali assunte da COGNOME NOME e COGNOME NOME, da una parte, e COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi dell’altra promittente alienante COGNOME NOME, dall’altra, non fossero conformi.
Tanto da escludere che potesse trovare applicazione il principio sull’unicità del compenso, atto ad evitare una duplicazione di detto compenso a fronte di un’attività solo formalmente reiterata, ma sostanzialmente unitaria.
Segnatamente, il giudice del gravame ha fatto riferimento al fatto che la difesa nel merito degli eredi di COGNOME NOME non fosse sovrapponibile alla difesa articolata dalle altre promittenti venditrici -peraltro assunta con un diverso legale (sul presupposto necessario della difesa con lo stesso avvocato, affinché possa applicarsi un unico compenso: Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1650 del 19/01/2022; Sez. 6-1, Ordinanza n. 25803 del 30/10/2017; Sez. 3, Sentenza n. 17215 del 27/08/2015; salvo il caso dei più eredi di una parte processuale deceduta che si costituiscano e facciano valere la medesima posizione processuale, ognuno nominando un diverso difensore: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8688 del 28/03/2023; Sez. 2, Sentenza n. 17393 del 13/07/2017) -, come adombrato dallo stesso appellante.
Ed invero a pag. 7 della comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME si è fatto specificamente riferimento alla circostanza propria di tali parti circa l’avvenuta conoscenza della stipula del preliminare sottoscritto dalla loro congiunta COGNOME NOME solo all’esito della notifica della citazione introduttiva del processo, così come della circostanza che il Lodi si fosse pentito della sua scelta, chiedendo alle promittenti alienanti di restituirgli il prezzo già versato, cui seguiva la decisione di queste ultime di restituire il prezzo stabilito per la compravendita, trattenendo solo la
caparra, come da copia dei bonifici del 21 marzo 2007 dell’importo di euro 142.002,00 ciascuno.
La verifica dell’eterogeneità delle posizioni delle parti conferma che le due difese non avevano ad oggetto le medesime questioni di fatto e di diritto.
-In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 18 febbraio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME