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Clausola compromissoria: valida anche con organo nullo

Un acquirente ha contestato la validità di una clausola compromissoria contenuta in un contratto preliminare, poiché indicava un organo per la nomina dell’arbitro (il Giudice Conciliatore) soppresso da anni. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la clausola compromissoria resta valida. La volontà delle parti di devolvere la controversia ad arbitri prevale e, in questi casi, si applica per analogia il meccanismo suppletivo che affida la nomina al Presidente del Tribunale, salvaguardando l’efficacia del patto arbitrale.

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Clausola Compromissoria: Valida Anche se Indica un Organo Soppresso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un’interessante questione sulla validità di una clausola compromissoria che designava, per la nomina del terzo arbitro, un organo giudiziario non più esistente al momento della stipula del contratto. La decisione riafferma il principio di conservazione del contratto e la prevalenza della volontà delle parti di ricorrere all’arbitrato, anche di fronte a imperfezioni formali della clausola stessa. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce da un contratto preliminare di vendita immobiliare del 2006. Il promissario acquirente, dopo aver versato l’intero prezzo pattuito di 305.000,00 euro, scopriva che l’immobile era gravato da un’ipoteca giudiziale, contrariamente a quanto dichiarato dai venditori. Di conseguenza, nel 2014, citava in giudizio i venditori davanti al Tribunale di Venezia, chiedendo l’esecuzione del contratto o, in alternativa, la sua risoluzione per inadempimento.

I venditori, tuttavia, si difendevano eccependo l’incompetenza del giudice ordinario in virtù di una clausola compromissoria presente nel contratto. Tale clausola prevedeva che, in caso di disaccordo sulla nomina del terzo arbitro, la designazione sarebbe spettata al “Giudice conciliatore del Comune di Venezia”. Il problema? L’ufficio del Giudice conciliatore era stato soppresso nel 1991, ben prima della firma del contratto.

Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello avevano dato ragione ai venditori, ritenendo la controversia di competenza arbitrale. L’acquirente, insoddisfatto, ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Questione sulla Validità della Clausola Compromissoria

Il punto centrale del ricorso era la presunta nullità della clausola compromissoria. Secondo il ricorrente, l’impossibilità di attuare il meccanismo di nomina previsto (a causa della soppressione dell’organo designato) avrebbe dovuto rendere invalida l’intera clausola, con la conseguente ri-attribuzione della competenza al giudice ordinario.

La difesa sosteneva che non fosse possibile applicare per analogia il meccanismo suppletivo previsto dall’art. 810 del codice di procedura civile, che affida la nomina al Presidente del Tribunale. Questo perché, a suo dire, la scelta specifica di un organo (seppur non più esistente) manifestava una volontà precisa delle parti che non poteva essere sostituita da un’interpretazione del giudice.

L’Altro Motivo di Ricorso: La Liquidazione delle Spese Legali

In via subordinata, il ricorrente lamentava anche la decisione dei giudici di merito di liquidare separatamente le spese legali a favore dei due gruppi di convenuti (le due sorelle venditrici da un lato e gli eredi della terza venditrice dall’altro), nonostante le loro difese fossero, a suo avviso, sostanzialmente identiche.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la validità della clausola compromissoria.

Il ragionamento dei giudici si fonda su un’interpretazione che mira a preservare la volontà delle parti e l’efficacia del contratto. Secondo la Corte, indicare il Giudice Conciliatore, pur essendo un ufficio soppresso, non era un gesto privo di significato. Al contrario, dimostrava la chiara intenzione delle parti di:
1. Risolvere le controversie tramite arbitrato.
2. Affidare la nomina del terzo arbitro, in caso di disaccordo, a un organo terzo, imparziale e di natura giudiziaria.

L’errore nell’indicare un ufficio non più esistente non è stato ritenuto sufficiente a vanificare questa volontà fondamentale. La Corte ha stabilito che la vera intenzione non era quella di rivolgersi specificamente al Giudice Conciliatore, ma a un’entità con le sue caratteristiche di terzietà e imparzialità. Pertanto, è corretto applicare in via analogica il meccanismo previsto dall’art. 810 c.p.c., che affida tale compito al Presidente del Tribunale, quale organo giudiziario omologo in grado di soddisfare l’esigenza di garanzia manifestata dalle parti.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha ritenuto legittima la liquidazione separata delle spese legali, evidenziando che le posizioni processuali dei due gruppi di convenuti non erano perfettamente sovrapponibili, giustificando così difese distinte.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante chiarimento: una clausola compromissoria non perde la sua validità solo perché il meccanismo di nomina dell’arbitro indica un organo soppresso o non più esistente. Ciò che conta è l’intenzione delle parti di deferire la lite ad arbitri. In base al principio di conservazione del contratto, il giudice deve cercare di dare attuazione a questa volontà, utilizzando gli strumenti suppletivi offerti dall’ordinamento, come la nomina da parte del Presidente del Tribunale. La decisione sottolinea la solidità del patto arbitrale nel nostro sistema giuridico, proteggendolo da vizi formali che non ne intaccano la sostanza.

Una clausola compromissoria che indica un organo soppresso per la nomina dell’arbitro è nulla?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la clausola resta valida. La volontà delle parti di ricorrere all’arbitrato prevale e l’indicazione di un organo soppresso viene interpretata come la volontà di rivolgersi a un’autorità terza e imparziale. Si applica quindi, per analogia, il meccanismo suppletivo di nomina da parte del Presidente del Tribunale (art. 810 c.p.c.).

Come si interpreta la volontà delle parti quando una clausola contrattuale non è più materialmente attuabile come scritta?
Si deve privilegiare un’interpretazione che conservi l’efficacia del contratto (principio di conservazione). Il giudice deve ricercare la comune intenzione delle parti, andando oltre il mero senso letterale delle parole. Nel caso specifico, l’intenzione era quella di avere una nomina imparziale da un organo giudiziario, non necessariamente da quello specifico, ormai soppresso.

Quando è giustificata una liquidazione separata delle spese legali per più parti convenute?
È giustificata quando le posizioni processuali delle parti, sebbene accomunate da un interesse simile, non sono perfettamente sovrapponibili o identiche. Se esistono sfumature o aspetti difensivi distinti, anche minimi, che giustificano difese separate, il giudice può procedere a una liquidazione non unitaria delle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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