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Clausola compromissoria: quando è nulla nei contratti

Un gruppo di multiproprietari contesta la gestione del proprio residence, ma si scontra con una clausola del regolamento che impone l’arbitrato. La Corte di Cassazione interviene stabilendo che tale clausola compromissoria è nulla perché vessatoria. Inserita dal costruttore-professionista nel contratto con l’acquirente-consumatore senza una specifica trattativa, la clausola limita ingiustamente l’accesso alla giustizia ordinaria. La competenza a decidere la controversia, pertanto, spetta al Tribunale e non a un collegio arbitrale.

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Clausola Compromissoria: Quando è Nulla nei Contratti di Multiproprietà

L’acquisto di una multiproprietà spesso implica l’accettazione di un regolamento complesso. Ma cosa succede se questo regolamento contiene una clausola compromissoria che obbliga a risolvere le liti tramite arbitrato, escludendo i tribunali ordinari? Con l’Ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha chiarito che, se tale clausola è imposta a un consumatore senza una reale trattativa, è da considerarsi vessatoria e, di conseguenza, nulla. Questo principio riafferma la centralità della tutela del consumatore nel nostro ordinamento.

I Fatti del Caso: La Controversia sulla Gestione della Multiproprietà

La vicenda ha origine dall’azione legale intrapresa da un’associazione di multiproprietari e da alcuni proprietari individuali contro la Comunione che gestiva il complesso immobiliare. Gli attori lamentavano una gestione amministrativa scorretta, contestando l’approvazione dei bilanci e denunciando varie inadempienze, tra cui la mancata convocazione di assemblee e l’eccessiva remunerazione dei professionisti.

Un punto cruciale della loro azione era la richiesta di dichiarare la nullità della clausola n. 11 del regolamento della Comunione. Tale clausola prevedeva la devoluzione di ogni controversia relativa all’applicazione e interpretazione del regolamento a un collegio arbitrale, sottraendo di fatto la competenza al giudice ordinario.

La Decisione di Primo Grado: Prevale la Clausola Compromissoria

Il Tribunale di Tempio Pausania, investito della causa, aveva accolto l’eccezione della Comunione convenuta. Il giudice di primo grado aveva ritenuto la clausola compromissoria pienamente valida ed efficace, considerandola istitutiva di un arbitrato rituale. Di conseguenza, aveva dichiarato la domanda dei multiproprietari improponibile, affermando che la sede naturale per la risoluzione della controversia fosse il collegio arbitrale indicato nel regolamento e non il tribunale.

L’Analisi della Cassazione e la Nullità della Clausola Compromissoria

Contro questa decisione, i multiproprietari hanno proposto ricorso per regolamento di competenza direttamente in Cassazione. La Suprema Corte ha ribaltato completamente la prospettiva, concentrandosi sulla natura del rapporto originario tra le parti.

Il regolamento contenente la clausola contestata era stato predisposto unilateralmente dalla società costruttrice, ossia un “professionista” secondo la definizione del Codice del Consumo. I singoli multiproprietari, invece, rivestivano la qualifica di “consumatori”. La Corte ha stabilito che la validità della clausola doveva essere valutata non nel rapporto tra i multiproprietari e la Comunione, ma nel contesto del contratto di compravendita originario tra il costruttore-venditore e l’acquirente-consumatore.

Secondo l’articolo 33 del Codice del Consumo, le clausole che stabiliscono come foro competente per le controversie una località diversa da quella di residenza o domicilio del consumatore si presumono vessatorie fino a prova contraria. La clausola compromissoria, derogando alla giurisdizione ordinaria, produce un effetto analogo, limitando l’accesso del consumatore alla giustizia.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha specificato che la tutela offerta dal Codice del Consumo è più intensa di quella prevista dall’art. 1341 del Codice Civile. Non è sufficiente che la clausola sia richiamata e accettata in un atto notarile; per superare la presunzione di vessatorietà, il professionista deve dimostrare che la clausola è stata oggetto di una trattativa individuale, seria ed effettiva con il consumatore. Nel caso di specie, non è emersa alcuna prova di tale trattativa. Il regolamento era stato predisposto unilateralmente e semplicemente accettato dagli acquirenti al momento della stipula.

La clausola, imponendo una deroga alla competenza del giudice ordinario, creava un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi a carico dei consumatori, limitando di fatto il loro diritto alla tutela giurisdizionale. Pertanto, la Corte l’ha dichiarata nulla.

Conclusioni: La Tutela del Consumatore e la Giurisdizione Ordinaria

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullato la sentenza del Tribunale e dichiarato la competenza del giudice ordinario a decidere la controversia. La sentenza riafferma un principio fondamentale: la protezione del consumatore prevale sulla formale accettazione di clausole predisposte unilateralmente dal professionista. Una clausola compromissoria contenuta in un regolamento di multiproprietà, se non specificamente negoziata, è da considerarsi nulla per vessatorietà. Questa decisione rappresenta una vittoria importante per i diritti dei consumatori, garantendo loro il pieno accesso alla giustizia ordinaria per la tutela dei propri interessi.

Una clausola compromissoria in un regolamento di multiproprietà è sempre valida?
No, non è sempre valida. Se il regolamento è stato predisposto da un professionista (es. il costruttore) e la clausola è stata imposta all’acquirente-consumatore senza una specifica e individuale trattativa, essa si presume vessatoria e quindi è nulla, secondo quanto stabilito dal Codice del Consumo.

Perché la Corte di Cassazione ha considerato la clausola nulla in questo caso?
La Corte ha ritenuto la clausola nulla perché violava le norme a tutela del consumatore. La clausola, predisposta unilateralmente dal venditore-professionista, creava un significativo squilibrio a danno degli acquirenti-consumatori, limitando il loro diritto di adire il giudice ordinario senza che fosse stata provata una reale negoziazione su questo punto.

Qual è la differenza tra la tutela del Codice Civile (art. 1341) e quella del Codice del Consumo riguardo a queste clausole?
La tutela del Codice del Consumo è più sostanziale. Mentre l’art. 1341 c.c. richiede una specifica approvazione per iscritto (doppia firma), il Codice del Consumo richiede la prova di una vera e propria trattativa individuale per vincere la presunzione di vessatorietà. La sola accettazione formale, anche in un atto notarile, non è sufficiente a rendere valida una clausola vessatoria in un contratto con un consumatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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