Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16118 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16118 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 26348/2021 r.g. proposto da:
DETTO NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo (presso l’AVV_NOTAIO) in Roma, alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in San Biagio di Callalta (INDIRIZZO), alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia, presso lo studio di quest’ultimo in Roma, alla INDIRIZZO.
-controricorrente –
avverso la sentenza, n. cron. 1928/2021, della CORTE DI APPELLO DI VENEZIA, pubblicata il giorno 09/07/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
06/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto ritualmente notificato il 21 febbraio 2017, NOME COGNOME citò RAGIONE_SOCIALE innanzi alla Corte d’appello di Venezia, impugnando il lodo emesso in Treviso, il 21 novembre 2016, con il quale l’arbitro unico lo aveva condannato a pagare a detta società € 343.136,21, ‘ in dipendenza delle pattuizioni di cui al contratto preliminare stipulato tra le parti in data 27 agosto 2012 ‘, stabilendo la compensazione di detta somma con il controcredito di € 600.000,00 vantato dal primo nei confronti della seconda, oltre provvedimenti accessori (rilascio di fideiussione bancaria da parte del COGNOME, cui veniva subordinato il pagamento da parte di COGNOME; obbligo di rendicontazione dei crediti e di retrocessione delle sopravvenienze attive a carico del menzionato attore).
1.1. Costituitasi la convenuta, che contestò le avverse argomentazioni, l’adita corte di appello respinse l’impugnazione con sentenza del 22 giugno/9 luglio 2021, n. 1928.
1.2. Riferì quel giudice, innanzitutto, che: i ) a sostegno delle domande proposte dinanzi all’arbitro, RAGIONE_SOCIALE aveva esposto di avere stipulato, con NOME COGNOME, il 27 agosto 2012, un contratto in forza del quale quest’ultimo aveva promesso di vendere alla prima la totalità delle quote della RAGIONE_SOCIALE Il venditore, ‘ in aggiunta ad ogni altra garanzia dovuta per Legge o prevista in altre clausole di questo contratto ‘, aveva fornito ampie e specifiche garanzie in ordine alla consistenza patrimoniale della società appena menzionata: in particolare, quanto all’assenza di rapporti contenziosi, alla consistenza dei crediti commerciali, alla sussistenza delle rimanenze; erano stati previsti, poi, particolari meccanismi per contabilizzare eventuali passività sopravvenute, individuare ogni insussistenza o minus valenza di poste iscritte in attivo del bilancio, valutare ogni costo, perdita o danno
comunque sofferto dalla società, indicando le modalità di imputazione delle stesse ed era stata stabilita una particolare procedura da adottare ‘ ogni qualvolta si verifichi un evento o emerga una circostanza suscettibile di dar luogo a responsabilità del venditore ‘. Era stata sancita, altresì, la ultrattività del contratto che ‘ rimarrà in vigore anche successivamente all’esecuzione in conformità ai termini nel medesimo previsti, senza necessità per le parti di rinnovare l’assunzione di quelli tra gli obblig hi derivanti dallo stesso che non siano interamente adempiuti per effetto dell’esecuzione ‘; ii) successivamente, l’1 dicembre 2012, era intervenuta la stipula dell’atto di cessione di quote e, a causa del sopravvenuto disaccordo tra le parti (RAGIONE_SOCIALE aveva sostenuto essere intervenute sopravvenienze passive idonee a determinare una riduzione del prezzo come previsto nel contratto preliminare; NOME COGNOME aveva contestato la sussistenza dell’obbligazione prevista nel preliminare, sul presupposto della sua avvenuta sostituzione con il contratto definitivo), COGNOME, rivelatosi vana l’espletata mediazione stragiudiziale, aveva intrapreso il procedimento arbitrale; iii) l’impugnazione del lodo promossa dal COGNOME si era fondata sui seguenti motivi: 1) nullità, ai sensi dell’art. 829, comma 1, n. 1, cod. proc. civ., per essere stato pronunciato in carenza di potestas iudicandi essendo la convenzione di arbitrato invalida; 2) nullità, ex art. 829, comma 1, n. 9, cod. proc. civ., per non essere stato osservato, nel procedimento arbitrale, il principio del contraddittorio; 3) nullità, ex art. ai sensi dell’art. 829, comma 1, nn. 5, 11 e 12, cod. proc. civ., per non avere motivato l’arbitro l’affermazione relativa alla validità delle clausole di garanzia previste nel preliminare e per non avere motivato le conclusioni alle quali è pervenuto nel merito con riferimento alle asserite violazioni/inadempimenti ascrivibili al COGNOME.
1.2.1. Ritenne, poi, infondate tutte le descritte doglianze: i ) la prima, perché, « Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, la giurisprudenza è consolidata nell’affermare il principio di autonomia della clausola compromissoria, rispetto al contratto (preliminare) in cui essa sia inserita, ritenendo irrilevante la sua mancata riproduzione nel definitivo ». Rimarcò, inoltre, che « i contraenti avevano espressamente previsto,
all’Articolo X, punto 10.01, del preliminare, che ‘Questo contratto rimarrà in vigore anche successivamente all’esecuzione, in conformità ai termini nel medesimo previsti, senza necessità per le parti di rinnovare l’assunzione di quegli obblighi derivanti dallo stesso che non siano interamente adempiuti per effetto dell’Esecuzione’, scegliendo di mantenerne in vita l’efficacia, sicché il preliminare non può ritenersi superato dal definitivo »; ii ) la seconda, perché « È consolidato l’orientamento per cui il p rocedimento arbitrale è ispirato alla libertà delle forme, con la conseguenza che gli arbitri non sono tenuti all’osservanza delle norme del codice di procedura civile relative al giudizio ordinario di cognizione non espressamente richiamate all’atto del conferimento dell’incarico arbitrale, con il solo limite dell’osservanza delle norme di ordine pubblico, come il principio del contraddittorio. . Nel caso di specie, il principio del contraddittorio non può dirsi certo violato, in quanto le parti hanno f attivamente partecipato all’arbitrato, nominando i rispettivi legali, i consulenti di parte, presenziando alle udienze e depositando memorie e repliche. . Peraltro è altresì consolidato il principio per cui non ci si può dolere della violazione del principio del contraddittorio se la parte non prospetti la specifica lesione del diritto di difesa che ne avrebbe patito, quantomeno allegando, quale verosimile sviluppo del processo svoltosi nel rigoroso rispetto della norma che assume violata, l’insussistenza delle circostanze di fatto poste a base della decisione, potendosi vantare un diritto al rispetto delle regole del processo solo se, in dipendenza della loro violazione, ne derivi un concreto pregiudizio »; iii ) la terza, perché considerò insussistenti i vizi motivazionali ivi lamentati.
Per la cassazione di questa sentenza ha promosso ricorso NOME COGNOME, affidandosi a tre motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.. Ha resistito, con controricorso, corredato da analoga memoria, RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va rilevato, pregiudizialmente, che non assume rilievo qualsivoglia asserita violazione, da parte del ricorrente, pure lamentata da RAGIONE_SOCIALE, del Protocollo di intesa sottoscritto, in data 17 dicembre 2015, tra la Corte di
cassazione ed il RAGIONE_SOCIALE in merito alle regole redazionali degli atti del giudizio di Cassazione ( cfr . pag. 3 del controricorso).
1.1. Questa Corte, infatti, ha già sancito, affatto condivisibilmente, che il Protocollo d’intesa fra la Corte di cassazione ed il RAGIONE_SOCIALE non può radicare, di per sé, sanzioni processuali di nullità, improcedibilità o inammissibilità che non trovino anche idonee giustificazioni nelle regole del codice di rito ( cfr. Cass. n. 21831 del 2021; Cass. n. 11270 del 2024).
Ancor prima di procedere alla descrizione ed allo scrutinio dei formulati motivi di ricorso, poi, il Collegio intende ribadire ( cfr., amplius , Cass. n. 23485 del 2013, nonché, in senso sostanzialmente conforme, le più recenti Cass. n. 2985 del 2018; Cass. nn. 2137 e 15619 del 2022; Cass. n. 9434 del 2023 e Cass. n. 9429 del 2024) che quello di impugnazione per nullità del lodo arbitrale costituisce un giudizio a critica limitata, proponibile soltanto per determinati errores in procedendo specificamente previsti, nonché per inosservanza, da parte degli arbitri, delle regole di diritto nei limiti indicati dall’art. 829, comma 3, cod. proc. civ. (nel testo come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006); in esso trova applicazione la regola della specificità della formulazione dei motivi, in considerazione della natura rescindente di tale giudizio e del fatto che solo il rispetto di detta regola può consentire al giudice, ed alla parte convenuta, di verificare se le contestazioni formulate corrispondano esattamente ai casi di impugnabilità stabiliti dalla menzionata norma ( cfr. Cass. n. 27321 del 2020).
2.1. Inoltre, nel ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia deciso su detta impugnazione, dovendosi verificare se la sentenza medesima sia adeguatamente e correttamente motivata in relazione alle ragioni di impugnazione del lodo, il sindacato di legittimità va condotto esclusivamente attraverso il riscontro della conformità a legge e della congruità della motivazione della sentenza che ha deciso sull’impugnazione del lodo. Ciò comporta che la relativa denuncia, per ottemperare all’onere della specificazione delle ragioni dell’impugnazione, non può esaurirsi nel richiamo di principi di diritto, con invito al giudice dell’impugnazione di controllarne l’osservanza da parte degli arbitri e della corte di appello, né, tanto meno, in
una semplice richiesta di revisione delle valutazioni e dei convincimenti in diritto del giudice dell’impugnazione, ma esige, da un lato, un pertinente riferimento ai fatti ritenuti dagli arbitri, per rendere autosufficiente ed intellegibile la tesi secondo cui le conseguenze tratte da quei fatti violerebbero i principi medesimi ( cfr. Cass. n. 23670 del 2006; Cass. nn. 6028 e 10209 del 2007; Cass. n. 21035 del 2009; Cass. n. 23485 del 2013; Cass. n. 9429 del 2024); dall’altro, l’esposizione di argomentazion i intellegibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, con cui il ricorrente è chiamato a precisare in qual modo – se per contrasto con la norma indicata o con l’interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina – abbia avuto luogo la violazione nella quale si assume essere incorsa la pronuncia di merito ( cfr . Cass. n. 9429 del 2024; Cass. n. 23485 del 2013; Cass. n. 3383 del 2004; Cass. n. 12165 del 2000; Cass. n. 5633 del 1999).
Tanto premesso, i formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e/o falsa applicazione , ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 808, commi 1 e 2, c.p.c., nonché delle norme sul contratto preliminare e sui suoi rapporti tra lo stesso ed il contratto definitivo », criticandosi gli assunti con cui la corte territoriale aveva escluso che potesse ritenersi inesistente o inefficacia la clausola compromissoria contenuta nel contratto preliminare malgrado la sua mancata riproduzione in quello definitivo;
II) « Nullità della sentenza , ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione dell’obbligo di motivazione ex artt. 111, comma 6, Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c. », in relazione alla medesima questione posta dal precedente motivo;
III) « Violazione e falsa applicazione , ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 816 -bis c.p.c., laddove prescrive che gli arbitri ‘debbono in ogni caso attuare il principio del contraddittorio, concedendo alle parti ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa ‘», contestandosi alla corte distrettuale di non aver ravvisato la nullità del lodo impugnato escludendo
che, nel procedimento arbitrale, fosse stato violato il principio del contraddittorio sia con riferimento al suo atto introduttivo, sia con riguardo alla assegnazione di termini in contrasto con il disposto dell’art. 816 -bis cod. proc. civ. per il deposito di memorie, oltre che con riferimento alla mancata assegnazione alle parti per il deposito di scritti difensivi dopo la c.t.u., la cui relazione era stata trasmessa alle parti solo dopo la comunicazione del lodo.
La prima di tali doglianze è complessivamente inammissibile.
4.1. Lo è, innanzitutto, ex art. 360bis .1 cod. proc. civ., posto che la sentenza impugnata ha correttamente richiamato i principi in tema di autonomia della clausola compromissoria rispetto al contratto in cui essa sia inserita, ritenendo irrilevante la sua mancata riproduzione nel definitivo ( cfr. amplius , tra le più recenti, Cass. n. 1439 del 2020, alla cui motivazione, che il Collegio condivide, recando pure ampi richiami ad altri precedenti di legittimità, può qui farsi rinvio ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.), né offrendo le argomentazioni della odierna censura significativi elementi per discostarsene.
4.1.1. Invero, la clausola compromissoria in questione non può considerarsi un patto del contratto preliminare di cessione di quote societarie sottoscritto tra le parti il 27 agosto 2012, né un elemento dello stesso, configurandosi, invece, come un contratto autonomo, ad effetti processuali, anche se, insieme con il contratto preliminare, è stato (ma poteva anche non esserlo) contenuto in un medesimo documento ( cfr., ex multis , Cass. n. 22608 del 2011; Cass. n. 2529 del 2005; Cass., SU, n. 3989/1977). Tra i due contratti, data la loro autonoma funzione, non sussiste tecnicamente un rapporto di accessorietà, come peraltro espressamente riconosciuto dall’art. 808, comma 2, cod. proc. civ., (nel testo introdotto dalla legge n. 40 del 2006, qui applicabile ratione temporis), secondo cui la validità (e quindi anche l’efficacia) della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale essa si riferisce.
4.1.2. Di tali principi – costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte – il ricorrente non appare tener conto, là dove basa le sue critiche alla sentenza impugnata esclusivamente sui rapporti tra il preliminare
ed il definitivo di cessione e sulla mancata riproduzione nel contratto definitivo della clausola. Sono, questi, elementi che non possono condurre a conclusioni diverse da quelle raggiunte dalla sentenza impugnata: se di contratto autonomo, avente distinta funzione dal contratto preliminare, si tratta, non può essere decisiva, di per sé, la circostanza della sua mancata riproduzione nel contratto definitivo, del quale parimenti non costituisce un accessorio. Allo stesso modo, privo di rilevanza, ai fini della questione in esame, è il riferimento all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il contratto definitivo, una volta stipulato, costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti il contratto voluto, il cui contenuto può non coincidere esattamente con quello risultante dal preliminare: ciò vale per il rapporto sostanziale di cessione di quote, ossia per l’assetto definitivo che le parti abbiano dato ai propri interessi mediante il definitivo, non necessariamente per il distinto rapporto scaturente dal negozio compromissorio ( cfr . Cass. n. 22608 del 2011; Cass. n. 1439 del 2020). Diversamente, l’efficacia della clausola compromissoria verrebbe posta automaticamente nel nulla alla stipula definitivo, in pregiudizio della sua autonomia costantemente ravvisata da questa Corte, potendo le parti porla nel nulla solo mediante una manifestazione di volontà specificamente diretta a tale effetto.
4.1.3. Neppure potrebbe considerarsi decisiva la formulazione letterale della clausola compromissoria contenuta nel menzionato preliminare (nel punto in cui si riferiva a ‘ qualunque controversia tra le parti comunque derivante ed occasionata da questo Contratto …’), essendo tale dato testuale, isolatamente considerato, inidoneo a far venir meno l’autonomia della pattuizione.
4.2. Va osservato, poi, che la corte di merito, disattesa la prospettiva, indicatale dall’impugnante, di escludere in astratto la efficacia del negozio compromissorio per la sola circostanza della mancata riproduzione nel contratto definitivo, ha opinato pure che, tra le parti, era stata sancita la ultrattività del contratto preliminare -cfr. la clausola di cui all’art. X, punto 10.01, secondo cui ‘ rimarrà in vigore anche successivamente all’esecuzione in conformità ai termini nel medesimo previsti, senza necessità per le parti di
rinnovare l’assunzione di quelli tra gli obblighi derivanti dallo stesso che non siano interamente adempiuti per effetto dell’esecuzione ‘ -in tal modo dovendosi comunque ritenere come non superato il preliminare per effetto del definitivo.
4.2.1. Affermazione, quest’ultima, che tenuto conto di quanto si è già detto circa la irrilevanza del riferimento all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il contratto definitivo, una volta stipulato, costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni riguardanti il contratto voluto -è rimasta priva di adeguata censura da parte del COGNOME, atteso che le sue argomentazioni sul punto si rivelano, da un lato, carenti di autosufficienza, nella misura in cui contengono ripetuti richiami a clausol e del contratto preliminare (‘i punti 5.01.05, 5.01.09, 5.01.10, ed in generale tutte le disposizioni dell’art. V comportanti garanzie sulla consistenza patrimoniale della RAGIONE_SOCIALE le cui quote sono state oggetto di cessione’), asseritamente non ripr odotte in quello definitivo, senza trascrivere, tuttavia, il contenuto di quelle clausole, né del contratto definitivo; dall’altro, sostanzialmente volte ad ottenere un’inammissibile rivisitazione della conclusione della corte distrettuale circa la suddett a ultrattività del preliminare, chiaramente fondata da quest’ultima sull’interpretazione (il cui risultato appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito. Cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 2607 del 2024; Cass., SU, n. 2061 del 2021; Cass. n. 2465 del 2015; Cass. n. 10891 del 2016). della riportata clausola del preliminare.
4.3. Osserva, infine, il Collegio, quanto alla lamentata ( cfr . pag. 19 e ss. del ricorso) omessa pronuncia sugli altri profili di nullità del lodo (‘ ai sensi dell’art. 829, comma 1, nn. 1, 4, 5 e 12 , perché la clausola compromissoria non può ritenersi valida ed applicabile in relazione alle domande svolte da parte RAGIONE_SOCIALE, oltre che per il difetto di motivazione di cui all’art. 823 c .p.c. su alcuni punti decisivi, oltre che per non avere il lodo pronunciato sulla specifica domanda/eccezione formulata da parte COGNOME e relativa alle domande formulate da parte COGNOME e che non avrebbero potuto essere decise dall’arbitro così come decise ‘) che le concrete argomentazioni esposte dal ricorrente a supporto di questo profilo di doglianza (ancora una
volta incentrate, essenzialmente, sulla mancata riproposizione nel definitivo della clausola compromissoria contenuta nel preliminare), inducono a ritenere che, in realtà, la corte distrettuale le abbia implicitamente disattese laddove ha opinato che, tra le parti, era stata sancita la ultrattività del contratto preliminare in tal modo dovendosi comunque come non superato il preliminare per effetto del definitivo.
4.3.1. Va ricordato, in proposito, che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti, come in questo caso, il rigetto o la non esaminabilità pure in assenza di una specifica argomentazione ( cfr . Cass. nn. 4024 del 2024, 1863 del 2024 e Cass. n. 1798 del 2024; Cass. n. 2151 del 2021; Cass. n. 24953 del 2020). Il Giudice, invero, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. Ne consegue che: i ) il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto -non ricorre laddove, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto ( cfr . Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 12652 del 2020); ii ) la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre
che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività ( cfr . Cass. nn. 12857, 4024 e 1863 del 2024; Cass. n. 12131 del 2023; Cass. n. 24953 del 2020).
4.3.2. Pertanto, la inadeguata contestazione, da parte del COGNOME, per quanto si è già riferito, dell’affermazione della corte distrettuale circa la ultrattività del contratto preliminare dalla stessa ritenuta, rende superfluo dilungarsi ancora sul punto.
5. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
5.1. Giova rimarcare, invero, che, come ancora ribadito, in motivazione, da Cass. nn. 13621, 9807 e 6127 del 2024, l’attuale testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come modificato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e qui applicabile, ratione temporis, risultando impugnata una sentenza pubblicata il 9 luglio 2021, ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199 e 395 del 2021; Cass. n. 9017 del 2018) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr . Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato,
altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘.
5.2. Tanto premesso, appare di tutta evidenza che la motivazione (già riportata nel § 1.2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘) adottata dalla corte distrettuale per respingere, sul punto, l’impugnazione dell’odierne ricorrente, sia, oltre che giuridicamente corretta per tutto quanto si è detto respingendosi il primo motivo del suo ricorso, anche assolutamente in linea con il ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto da Cass., SU, n. 8053 del 2014.
Il terzo motivo di ricorso si rivela complessivamente inammissibile.
6.1. Invero, giova rimarcare che non risulta, nella procedura arbitrale di cui trattasi, che le parti abbiano previsto l’applicazione delle forme del giudizio ordinario, né che le stesse, titolari delle posizioni sostanziali e, insieme agli arbitri, del procedimento, rimanendo tuttavia le sole depositarie della capacità di prescrivere forme a condizione di validità del lodo, abbiano così voluto ed infine imposto anche agli arbitri un calendario scandito da preclusioni. Pertanto, la questione della violazione del contraddittorio deve essere esaminata non sotto il profilo della violazione, sul piano formale, di una prescrizione preordinata alla realizzazione di tale principio, ma nell’ambito di una ricerca volta all’accertamento di una effettiva lesione della possibilità di dedurre e di contraddire, onde verificare se l’atto abbia egualmente raggiunto lo scopo di instaurare un regolare contraddittorio e se, comunque, l’inosservanza non abbia causato pregiudizio alla parte ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass, n. 18600 del 2020; Cass. n. 131 del 2014; Cass. n. 2201 del 2007). Ne consegue che la nullità della sentenza e del procedimento debbono essere dichiarate solo ove, nell’impugnazione, alla denuncia del vizio idoneo a determinarle, segua l’indicazione dello specifico pregiudizio che esso abbia arrecato al diritto di difesa ( cfr. Cass. n. 18600 del 2020; Cass. n. 30652 del 2011; Cass. n. 4435 del 2008; Cass. n. 16630 del 2007). In tale prospettiva, questa Corte ha affermato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui nel giudizio arbitrale il principio del contraddittorio
deve dirsi osservato quando le parti hanno avuto la possibilità di esporre i rispettivi assunti, di conoscere le prove e le risultanze del processo ed hanno ottenuto il termine per presentare memorie e repliche e di conoscere in tempo utile le istanze e richieste avverse ( cfr . Cass. n. 18600 del 2020; Cass. n. 131 del 2014; Cass. n. 2201 del 2007).
6.2. Orbene, la corte lagunare ha ampiamente spiegato perché ha ritenuto infondata la censura, ivi formulata dal COGNOME, concernente -come si legge nella sentenza impugnata -« la violazione del principio del contraddittorio sia con riguardo all’atto introduttivo del giudizio, carente degli elementi costitutivi della domanda, integrata solo con atto successivo a distanza di vari mesi, sia in relazione ai termini concessi per il deposito di memorie autorizzate, sia per non avere concesso termine per osservazioni alla c.t.u. e termine per il deposito di scritti conclusivi » ( cfr . pag. 10-11).
6.3. Le argomentazioni della odierna censura appaiono sostanzialmente volte ad ottenere un riesame di quegli assunti, così dimenticando che: i) il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 13408, 10033 e 9014 del 2023; Cass. n. 31071 del 2022; Cass. nn. 28462 e 25343 del 2021; Cass. n. 16700 del 2020. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, « in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui
intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa »); ii ) il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429 e 10712 del 2024).
7 . In conclusione, dunque, l’odierno ricorso promosso da NOME COGNOME deve essere respinto, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso di NOME COGNOME e lo condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi
contro
ricorrente, liquidate in complessivi € 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del medesimo ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile