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Clausola compromissoria consumatore: nulla se vessatoria

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5936/2024, ha stabilito un principio fondamentale a tutela dei consumatori. Una clausola compromissoria consumatore, se ritenuta vessatoria, può essere dichiarata nulla dal giudice anche in sede di impugnazione del lodo arbitrale, pure se il consumatore non aveva sollevato l’eccezione durante il procedimento arbitrale. La Corte ha affermato la prevalenza del diritto dell’Unione Europea sulla normativa procedurale nazionale, sottolineando che la tutela del consumatore è una questione di ordine pubblico e il giudice ha il dovere di rilevare d’ufficio la natura abusiva di tali clausole.

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Clausola Compromissoria Consumatore: La Cassazione Conferma la Tutela Anche Dopo il Lodo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 5936/2024) ha rafforzato in modo significativo la protezione dei consumatori nei contenziosi con i professionisti. Il principio affermato è chiaro: la nullità di una clausola compromissoria consumatore per vessatorietà può essere fatta valere anche dopo la conclusione dell’arbitrato, superando le preclusioni procedurali nazionali. Questa decisione si allinea pienamente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ribadendo che la tutela del consumatore è una questione di ordine pubblico.

I Fatti del Caso: La Ristrutturazione e la Clausola Nascosta

Una cliente aveva stipulato nel 2008 un contratto d’appalto con un’impresa edile per la ristrutturazione del proprio immobile. Il contratto conteneva una clausola compromissoria, che deferiva ogni potenziale controversia a un collegio arbitrale. Sorta una disputa sul pagamento dei lavori, l’impresa avviava un procedimento arbitrale che si concludeva con un lodo del 2014, il quale condannava la cliente al pagamento di una somma residua.

La consumatrice impugnava il lodo arbitrale davanti alla Corte d’Appello, sostenendo per la prima volta in quella sede la nullità della clausola compromissoria. A suo dire, la clausola era vessatoria ai sensi del Codice del Consumo, in quanto non era stata oggetto di specifica trattativa individuale e creava un significativo squilibrio a suo danno. La Corte d’Appello, tuttavia, respingeva l’impugnazione, ritenendo che l’eccezione di nullità dovesse essere sollevata durante il giudizio arbitrale e che, non avendolo fatto, la cliente fosse decaduta dalla possibilità di contestarla.

La Decisione della Cassazione: la Tutela del Consumatore Prevale

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione di merito. Accogliendo il ricorso della cliente, ha cassato la sentenza della Corte d’Appello e ha rinviato la causa ad un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame.

Il fulcro della decisione risiede nell’affermazione della supremazia del diritto dell’Unione Europea, e in particolare della Direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive, rispetto alle norme procedurali interne che potrebbero limitarne l’efficacia. La Cassazione ha stabilito che la protezione del consumatore è un principio di ordine pubblico che impone al giudice nazionale di valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale, anche se il consumatore non lo ha eccepito tempestivamente.

Le Motivazioni: Perché la clausola compromissoria consumatore può essere sempre contestata

La Corte Suprema ha basato il suo ragionamento su una solida linea interpretativa tracciata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Le norme a tutela dei consumatori, in quanto espressione di un interesse pubblico fondamentale, non possono essere derogate da preclusioni o decadenze processuali nazionali.

Il ragionamento della Corte si articola su questi punti chiave:
1. Natura di Ordine Pubblico: La normativa europea a tutela dei consumatori è considerata di ordine pubblico. Ciò significa che la sua applicazione è inderogabile e deve essere garantita dal giudice nazionale in ogni stato e grado del procedimento.
2. Dovere di Rilievo d’Ufficio: Il giudice nazionale ha il dovere, non la mera facoltà, di esaminare d’ufficio la potenziale vessatorietà di una clausola in un contratto con un consumatore. Questo dovere sussiste non appena il giudice dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per tale valutazione.
3. Disapplicazione della Norma Interna: Una norma processuale interna, come quella che prevede la decadenza dal diritto di eccepire l’invalidità della convenzione di arbitrato se non sollevata davanti agli arbitri (art. 817 e 829 c.p.c.), deve essere disapplicata se impedisce o rende eccessivamente difficile la tutela dei diritti garantiti dall’UE al consumatore. Consentire che una preclusione processuale convalidi una clausola abusiva svuoterebbe di significato la protezione voluta dal legislatore europeo.

In sostanza, la Cassazione ha chiarito che il lodo arbitrale emesso sulla base di una clausola compromissoria consumatore potenzialmente nulla non può sanare il vizio originario. La nullità della clausola, derivante dalla sua natura vessatoria, si trasmette al lodo stesso, rendendolo annullabile in sede di impugnazione giudiziale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Consumatori e Professionisti

Questa ordinanza ha conseguenze pratiche di grande rilievo:
* Per i Consumatori: Aumenta il livello di protezione. Un consumatore che si accorge solo in un secondo momento della presenza di una clausola arbitrale abusiva nel proprio contratto non perde il diritto di contestarla. Può sollevare la questione anche impugnando il lodo arbitrale davanti al giudice ordinario.
* Per i Professionisti e le Imprese: È un monito a redigere contratti più equi e trasparenti. L’inserimento di clausole compromissorie standardizzate, senza una reale e dimostrabile trattativa individuale con il consumatore, espone a un elevato rischio di nullità. Il professionista che invoca la validità della clausola ha l’onere di provare che essa è stata oggetto di una trattativa seria, individuale ed effettiva.

In definitiva, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’equilibrio contrattuale tra professionista e consumatore è un valore che l’ordinamento, sia nazionale che europeo, intende proteggere con forza, anche a costo di superare le rigide barriere delle preclusioni processuali.

Un consumatore può contestare la validità di una clausola arbitrale per la prima volta dopo che è già stato emesso il lodo arbitrale?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la natura vessatoria di una clausola compromissoria in un contratto con un consumatore può essere rilevata dal giudice in sede di impugnazione del lodo, anche se il consumatore non ha sollevato l’eccezione durante il procedimento arbitrale.

Perché le norme procedurali italiane sulla decadenza non si applicano in questo caso?
Perché la normativa dell’Unione Europea a tutela dei consumatori è considerata di ordine pubblico e prevale sulle norme procedurali nazionali che ne ostacolerebbero l’applicazione. Il giudice nazionale ha il dovere di disapplicare la norma interna che impedisce di valutare la nullità di una clausola abusiva, per garantire l’effettività della tutela europea.

Il giudice deve attendere che sia il consumatore a lamentarsi della clausola vessatoria?
No. La Corte ha ribadito che il giudice nazionale ha il potere e il dovere di valutare d’ufficio (cioè di propria iniziativa) il carattere abusivo di una clausola contrattuale, non appena dispone degli elementi di fatto e di diritto per farlo, per porre rimedio allo squilibrio tra consumatore e professionista.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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