Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26157 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza N. 24027/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende come da procura allegata al ricorso, domicilio digitale EMAIL
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato in Roma, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME come da procura allegata alla memoria difensiva, domicilio digitale EMAIL
-resistente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE COGNOMERAGIONE_SOCIALE COGNOME e COGNOME
– intimati – avverso la sentenza non definitiva n. 653/2023 emessa dal Tribunale di Chieti, depositata in data 20.11.2023;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 4.6.2024 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
Rilevato che
la Fondazione Banco di Napoli (incorporante la Fondazione CarichietiAbruzzo e Molise), proprietaria del INDIRIZZO in Chieti, oggetto di importanti lavori di riqualificazione affidati in appalto alla RAGIONE_SOCIALE (quale mandataria e ca pogruppo dell’ATI con RAGIONE_SOCIALE), convenne in giudizio l’appaltatrice, nonché NOME e NOME COGNOME (quali eredi dell’arch. NOME COGNOME, già progettista e direttore dei lavori), l’arch. NOME COGNOMEsucceduto quale direttore dei lavori dop o il decesso del COGNOME), l’ing. NOME COGNOMEcollaudatore) e l’arch. NOME COGNOMEResponsabile unico del procedimento), per ottenerne la condanna, in solido, al pagamento di € 2.128.817,25, oltre IVA e accessori, per le accertate difformità contabili emerse nel corso dell’appalto ;
costituitisi i convenuti, ad eccezione del COGNOME rimasto contumace, con sentenza non definitiva del 20.11.2023 il Tribunale di Chieti, tra l’altro, rigettò l’eccezione di arbitrato sollevata da gli eredi COGNOME e dispose l a ‘ estromissione ‘ dal giudizio della RAGIONE_SOCIALE
(che, pure, aveva proposto domanda riconvenzionale, dichiarando di voler agire in regresso nei confronti degli altri convenuti, previo accertamento delle singole rispettive responsabilità);
Considerato che
avverso detta sentenza hanno proposto regolamento facoltativo di competenza NOME e NOME COGNOME in forza di un unico motivo, illustrato da memoria, cui resiste con memoria difensiva la Fondazione Banco di Napoli;
gli altri intimati non hanno svolto difese;
il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso;
con l’unico motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 819ter e 43 c.p.c., per aver il Tribunale rigettato la eccezione di incompetenza in virtù di clausola arbitrale prevista dall’art. 14 del Disciplinare d’incarico per l’affidamento del progetto di rilievo e riqualificazione di Palazzo de Mayo stipulato tra la Fondazione e l’arch. NOME COGNOME ; in particolare, si contesta l’assunto del Tribunale secondo cui sussisterebbe un litisconsorzio processuale e sostanziale e, per l’effetto, la impossibilità di scindere la controversia con conseguente inoperatività della clausola arbitrale presente nel contratto all’epoca stipulato dalla Fondazione attrice e l’arch. NOME COGNOME; ciò nonostante, per un verso, il venir meno dell’azion e di regresso esercitata dalla impresa convenuta ed estromessa dal giudizio con la sentenza gravata e , per altro verso, l’orientamento conforme della Corte di cassazione in materia secondo cui ‘ Nei casi di
concorrente inadempimento nei confronti del committente di un contratto di appalto dell’appaltatore e del progettista/direttore dei lavori per esecuzione delle opere non a regola d’arte e/o per omesso controllo trova applicazione, ai sensi dell’art. 2055 c.c., la fattispecie della responsabilità solidale in virtù della quale il danneggiato può richiedere il risarcimento dell’intero danno indifferentemente all’uno o all’altro ‘; senza, dunque, che possa ipotizzarsi alcun vincolo di inscindibilità delle rispettive posizioni dei coobbligati in solido ovvero una situazione di litisconsorzio necessario tra le stesse (cfr. ex multis , Cass. civ., nn. 9620/2023; 16323/2018; 14378/2023); da qui -concludono i ricorrenti – la pacifica operatività, nella specie, della clausola compromissoria, con conseguente incompetenza del Tribunale adìto;
Ritenuto che
il ricorso sia infondato;
il Tribunale di Chieti ha valutato la sussistenza di un litisconsorzio necessario processuale -tale da doversi escludere rilevanza alla clausola compromissoria invocata dai COGNOME – essenzialmente in forza di due argomenti, fondati sul criterio della ragione più liquida: 1) perché la società appaltatrice aveva agito in regresso nei confronti degli altri convenuti, chiedendo accertarsi le singole rispettive responsabilità; 2) perché le posizioni di tutti i convenuti erano comunque intrinsecamente collegate tra loro;
nel far ciò, il Tribunale teatino ha richiamato il principio da ultimo affermato da Cass. n. 34899/22, secondo cui ‘ In tema di obbligazioni
solidali, pur se di regola, ai sensi dell’art. 1306 c.c., la solidarietà passiva non determina una situazione di litisconsorzio necessario, nemmeno in sede di impugnazione, in quanto i rapporti giuridici restano distinti, anche se fra loro connessi, rimanendo perciò sempre possibile la scissione del rapporto processuale, quando le cause siano tra loro dipendenti, ovvero quando le distinte posizioni dei coobbligati presentino obiettiva interrelazione, viene a configurarsi una situazione di inscindibilità di cause e, quindi, di litisconsorzio processuale necessario. (Affermando tale principio, la S.C. ha ritenuto che nella fattispecie decisa tale situazione si fosse verificata in quanto uno dei condebitori convenuti aveva esercitato azione di regresso nei confronti dell’altro, sì che la decisione di rigetto della domanda risarcitoria pronunciata sull’appello proposto da uno solo dei due convenuti non poteva non estendersi all’altro, travolgendo l’intera decisione di primo grado) ‘ ;
ora, l’unico mezzo proposto dai COGNOME investe, in realtà, due distinti profili della sentenza impugnata;
i ricorrenti si dolgono, anzitutto, del fatto che il litisconsorzio necessario processuale è stato ritenuto in relazione alle domande riconvenzionali proposte da un soggetto (la RAGIONE_SOCIALE) che, con la stessa sentenza qui impugnata per regolamento, è stato ‘ estromesso ‘ dal giudizio: si sostiene (anche in memoria), che, nel momento in cui il Tribunale ha pronunciato, la ragione del ritenuto litisconsorzio necessario processuale più non esisteva, tanto più che l’estromissione è stata
disposta per l’ intervenuta decadenza ex art. 1669 c.c., quindi su questione preliminare di merito;
-sotto altro profilo, i ricorrenti lamentano l’erroneità della ulteriore ratio decidendi adottata dal Tribunale a sostegno del ritenuto litisconsorzio necessario processuale, ossia quella per cui ‘ le distinte posizioni dei coobbligati presentano obiettiva interrelazione, alla luce della loro concorrente partecipazione alla composita vicenda negoziale oggetto di causa’ ;
evidenziano al riguardo i ricorrenti che la concorrente partecipazione è proprio il presupposto della solidarietà passiva risarcitoria, sia essa contrattuale o extracontrattuale; pertanto, se può ritenersi configurabile ‘ una situazione di inscindibilità di cause e quindi di litisconsorzio processuale necessario, quando le stesse siano in rapporto di dipendenza ovvero quando le distinte posizioni dei coobbligati presentino obiettiva interrelazione , alla stregua della loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale, sicché la responsabilità dell’uno presupponga la responsabilità dell’altro ‘ (Cass., n. 15358/2006), nella specie tanto può escludersi perché a ciascun convenuto -e segnatamente all’arch. COGNOME -è stata attribuita dalla Fondazione attrice una specifica responsabilità risarcitoria, in relazione alla pretesa inadempienza di propri obblighi discendenti dal contratto e dalla legge, che è del tutto distinta da quella degli altri convenuti, donde la scindibilità delle cause; da qui, anche, la violazione dell’art. 819 -ter c.p.c., perché ‘ La competenza degli arbitri non è esclusa dalla pendenza della stessa causa davanti al giudice,
N. 24027/23 R.G.
né dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice ‘ ;
in conformità alle stesse valutazioni del P.G., ritiene la Corte come entrambi i profili agitati dai ricorrenti non colgano nel segno;
occorre infatti osservare che la valutazione circa la sussistenza del litisconsorzio processuale è logicamente preliminare rispetto a quella sulla decadenza dell’azione del committente nei confronti dell’appaltatore (causa che ha condotto alla ‘ estromissione ‘ di quest’ultimo -ossia, al rigetto della domanda nei suoi confronti -, attore in riconvenzionale in via di regresso), nonché all’accertamento delle singole responsabilità degli originari convenuti;
da ciò discende che del tutto correttamente il Tribunale ha affermato la sussistenza della propria competenza, in ragione dell’esercizio dell’azione di regresso da parte dell’appaltatore e dell’insorgenza del litisconsorzio necessario processuale come conseguenza della sua proposizione: al momento dell ‘avvio dell’azione originaria da parte della Fondazione, certamente il cumulo di domande da questa avanzate era riconducibile alla figura del litisconsorzio facoltativo, ma, in ragione della proposizione del l’azione di regresso da parte della RAGIONE_SOCIALE, il cumulo (come giustamente ritenuto dal Tribunale) divenne riconducibile alla figura del litisconsorzio necessario processuale;
del resto, è noto che la proposizione di domande riconvenzionali da parte del convenuto può, determinando un cumulo oggettivo, incidere sulla competenza, come appunto avvenuto nella specie;
N. 24027/23 R.G.
-d’altra parte come pure correttamente evidenziato dal P.G. -, la pretesa dei ricorrenti di dare rilievo alla sopravvenienza della decisione di merito di rigetto della domanda contro la RAGIONE_SOCIALE (formalmente adottata come sua ‘estromissione’ dal giudizio) è priva di fondamento, perché la competenza, ai sensi dell’art. 5 c.p.c., si determina con riferimento allo stato di fatto e, dunque, alla connessione esistente al momento di proposizione della domanda: contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, anche in memoria, ciò che rileva, onde verificare se litisconsorzio processuale sussista o meno, è la situazione esistente al momento della proposizione della domanda riconvenzionale di regresso, che come s’è visto incide sulla natura della connessione nel senso già indicato;
pertanto, il cumulo di cause determinatosi per effetto dell’iniziativa di RAGIONE_SOCIALE non era più separabile, a prescindere dalla stessa sua definitiva uscita di scena dal processo;
pertanto, il ricorso è rigettato;
le spese di lite di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti, nei rapporti con la resistente; nulla va disposto nei rapporti con gli intimati, che non hanno svolto difese;
in relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell ‘ applicabilità dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte rigetta il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale di Chieti; condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese di lite in favore della Fondazione Banco di Napoli, che liquida in € 3.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione,