Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22325 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22325 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
LOCAZIONE DI IMMOBILE AD USO DIVERSO -CESSIONE DEL CONTRATTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12641/2022 R.G. proposto da
DRNOME COGNOME MEDICINA FISICA RAGIONE_SOCIALE
in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOMEcontroricorrente – avverso la sentenza n. 225/2022 della CORTE DI APPELLO DI PALERMO, depositata il giorno 18 marzo 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con contratto del 1° febbraio 1996, NOME COGNOME e NOME COGNOME concessero in locazione, ad uso diverso dall’abitazione, alla
società Centro medico di RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE.c. un immobile sito in Partanna, INDIRIZZO esteso su più piani.
Con contratto del 13 febbraio 2006, la conduttrice Centro medico di fisioterapia di COGNOME RAGIONE_SOCIALE cedette alla società DrRAGIONE_SOCIALE Leone Filippo RAGIONE_SOCIALE il ramo di azienda di servizi di fisioterapia esercitato nell’immobile o ggetto di locazione.
Operato (con atto del 17 aprile 2007) lo scioglimento della comunione sull’immobile tra i due comproprietari, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con contratto del 1° giugno 2007 la Centro medico di fisioterapia di RAGIONE_SOCIALE stipulò con NOME COGNOME nuovo contratto di locazione, avente ad oggetto la porzione di immobile (piano terraneo ed ammezzato) assegnato al COGNOME in sede di divisione.
Sul presupposto del subentro nel contratto di locazione per effetto della cessione del ramo di azienda, NOME COGNOME propose ricorso monitorio per la condanna della Dr. NOME Medicina fisica e riabilitativa RAGIONE_SOCIALE al pagamento dei canoni locativi per i periodi da novembre 2010 a dicembre 2011 e da dicembre 2012 a maggio 2017.
In accoglimento della domanda, il Tribunale di Sciacca emise decreto di ingiunzione al pagamento della complessiva somma di euro 74.744, oltre interessi e spese.
L’opposizione dispiegata dalla società ingiunta ai sensi dell’art. 645 cod. proc. civ. avverso detto decreto è stata rigettata in ambedue i gradi del giudizio di merito.
Avverso la decisione in epigrafe indicata, resa in sede di appello, la Dr. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, articolando otto motivi.
Resiste, con controricorso, NOME COGNOME Le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
r.g. n. 12641/2022 Cons. est. NOME COGNOME
Vanno innanzitutto rigettate le eccezioni di natura preliminare sollevate da parte controricorrente.
1.1. Con nota depositata nel termine ex art. 372 cod. proc. civ., corredata da documenti, NOME COGNOME ha rilevato come la società ricorrente sia stata posta in liquidazione il 10 aprile 2022, ovvero prima del conferimento della procura speciale per il presente giudizio di legittimità e della introduzione di quest’ultimo.
Ha invocato declaratoria di inammissibilità del ricorso sul rilievo che esso, notificato nel maggio 2022, fosse « omissivo della indicazione della messa in liquidazione, omissione che determina la carenza e/o mancanza di legitimatio ad processum della società ricorrente ».
L’argomentazione è destituita di fondamento.
Vagliando fattispecie pianamente sovrapponibili a quella in esame, questa Corte ha più volte affermato che il ricorso per cassazione proposto dal liquidatore di una società, già amministratore unico della stessa, il quale abbia erroneamente speso tale sua precedente qualità, deve ritenersi ammissibile, atteso che in tale peculiare caso la identità della persona fisica, già titolare dei poteri di amministrazione e quindi di quelli di liquidazione, impedisce qualsiasi cesura del continuum nei poteri di rappresentanza processuale della società, rendendo irrilevante la errata formale indicazione della qualità rivestita (così Cass. 30/09/2016, n. 19385; Cass. 13/12/2010, n. 25157).
Nella specie, come evincesi dalla visura camerale in atti, NOME COGNOME era amministratore della società ricorrente ed è stato nominato liquidatore volontario della stessa: non sussiste il denunciato vizio.
1.2. Pure da disattendere è la eccezione (sollevata in controricorso) di inammissibilità del ricorso per difetto di sottoscrizione: aprendo il file del ricorso (atto nativo digitale) allegato al fascicolo informatico risulta infatti la sottoscrizione digitale dello stesso da parte di NOME COGNOME difensore di parte ricorrente.
r.g. n. 12641/2022 Cons. est. NOME COGNOME
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2558 cod. civ. e dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
Ad avviso del ricorrente, « il giudice di merito ha affermato l’automatico subentro del cessionario nel contratto di locazione stipulato dal cedente solo sulla scorta dell’esistenza dei contratti di cessione di ramo di azienda e di locazione »: per contro, « l’esistenza del contratto di locazione e della cessione del ramo di azienda non determinano un automatico subentro del cessionario nel contratto di locazione in precedenza stipulato dal cedente ».
« L’art. 36 della legge n. 392 del 1978 consente, ma non impone, all’acquirente dell’azienda di subentrare nel contratto di locazione stipulato per l’esercizio di essa ; la successione nel contratto di locazione dell’immobile è soltanto eventuale e richiede, comunque, la conclusione di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione ».
Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1321 e 1372 del codice civile.
Parte ricorrente reputa erronea la sentenza impugnata per aver riconosciuto una continuità tra i due contratti di locazione « senza considerare che il primo contratto (quello stipulato nel 1996) è stato risolto (per mutuo dissenso) per effetto della stipula del secondo (quello del 2007), destinato a disciplinare il rapporto di locazione tra il RAGIONE_SOCIALE ed il Ciulla proprio senza considerare il soggetto che in precedenza era subentrato nella gestione del ramo di azienda ceduto ».
Secondo l’impugnante, detta continuità non è invece sussistente, dacché i due contratti prevedono canoni diversi, hanno ad oggetto parti diverse del medesimo edificio ( quello del 1996 l’intero immobile, quello del 2007 soltanto piano terraneo e ammezzato), differenti locatori.
Il terzo motivo prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 102 cod. proc. civ. e degli artt. 1322 e 1362 e seguenti cod. civ..
Individua la trasgressione della norma processuale nell’avere la sentenza impugnata pronunciato in pregiudizio di una parte non chiamata in causa: « l’affermazione del subentro della dr. NOME nel contratto di locazione stipulato dal Centro Medico dopo la cessione del ramo di azienda, produce un effetto pregiudizievole per la cedente del ramo di azienda, privata di un contratto di locazione senza essere stata chiamata in giudizio ».
Deduce, poi, che la gravata decisione « mortifica inesorabilmente la ragione pratica del secondo contratto di locazione, annullando l’autonomia negoziale » in quanto « nel momento in cui è stato stipulato il ‘nuovo’ contratto di locazione (2007), il RAGIONE_SOCIALE malgrado avesse già ceduto il ramo di azienda relativo all’attività di fisioterapia convenzionata con l’ASL di Trapani, aveva, evidentemente, interesse a mantenere la locazione con il signor COGNOME interesse mortificato dalla sentenza oggi impugnata ».
I motivi testé riassunti – congiuntamente scrutinabili per la evidente connessione delle questioni poste – sono inammissibili, per un’identica, comune ragione.
5.1. La cessione del contratto di locazione operata dal conduttore in occasione della cessione dell’azienda esercitata all’interno del bene immobile locato non ha bisogno del consenso del locatore, ma esige, per l’opponibilità a quest’ultimo, contraente ce duto, una comunicazione a lui diretta, nelle forme della lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o con modi diversi, purché idonei a consentire la conoscenza della modificazione soggettiva del rapporto. Pertanto, la conoscenza della cessione aliunde acquisita dal locatore di regola non rileva a meno che egli, avendo appreso della modificazione soggettiva, l’abbia accettata, secondo la disciplina comune dettata dall’art. 1407 cod. civ. (così Cass. 04/07/2018, n. 17545; Cass. 20/02/2014, n. 4067).
Con argomentazione conforme a detta regula iuris , la sentenza impugnata, dopo aver affermato il subentro della odierna ricorrente nel contratto di locazione in forza di clausole contrattuali disciplinanti la produzione differita degli effetti della cessione al momento di rilascio delle autorizzazioni dall’ASL, ha altresì punt ualizzato che « l’avvenuto consolidamento del rapporto in capo all’azienda cessionaria è comprovato dal pagamento del canone di locazione, per circa un anno, dal mese di gennaio al mese di novembre 2012, in epoca successiva al nuovo contratto e al rilascio dell’autorizzazione ed esercizio dell’attività all’interno dei predetti locali ».
Si tratta di motivazione -autonoma, concorrente, ex se idonea a sorreggere la decisione -con la quale la Corte territoriale ha ritenuto soddisfatto l’onere della comunicazione della cessione (e, quindi, la efficacia di questa nei confronti del locatore) attraverso la circostanza fattuale del pagamento del canone, protratto per un certo tempo.
Orbene, detta ratio decidendi non risulta attinta criticamente dalle doglianze in vaglio: sicché, per esse, non risulta osservato l’onere di specificità del motivo prescritto dall’art . 366, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., il quale, in conformità con la natura di rimedio a critica vincolata del ricorso per cassazione, impone che il motivo sia preciso, puntuale e pertinente a quanto statuito dall’impugnato provvedimento (Cass., Sez. U, 28/10/2020, n. 23745; Cass. 24/02/2020, n. 4905).
La motivazione che si è detta non censurata rende inammissibile anche la prospettazione di cui al secondo motivo.
5.2. Per completezza di esposizione, si rileva la insussistenza della pretermissione di litisconsorte necessario, oggetto del terzo motivo, che comunque sarebbe assorbito dalla sorte del primo.
In caso di cessione di azienda, infatti, tra il cedente e il cessionario divenuto successivo conduttore dell’immobile esiste un vincolo di responsabilità sussidiaria, contraddistinta dal mero beneficium ordinis .
La proposizione di azione giudiziale da parte del locatore nei confronti del cessionario per il soddisfacimento delle obbligazioni inerenti il suddetto contratto non richiede dunque la partecipazione al giudizio del cedente (contro il quale si può invece agire separatamente dopo aver formulato richiesta di adempimento al cessionario e dopo che si sia consumato l’inadempimento di quest’ultimo ).
Con il quarto motivo, per violazione dell’art. 2558 cod. civ., si deduce che nel prospetto allegato al contratto di cessione era stato richiamato « soltanto il debito derivante dal contratto di locazione stipulato con il dott. COGNOME e non quello con il dott. COGNOME », da ciò inferendo che « il subentro nel contratto di locazione era stato escluso dalle parti ».
6.1. Il motivo è inammissibile, per plurime ragioni.
A tacer della sua genericità, l’assunto si basa su un documento (il prospetto allegato all’atto di cessione): ma di esso, in spregio al requisito di contenuto forma prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ. a pena di inammissibilità, parte impugnante non assolve l’onere, a suo carico gravante, della c.d. localizzazione, cioè a dire non offre alcuna indicazione circa la loro collocazione nel fascicolo di ufficio e, soprattutto, circa la loro produzione o acquisizione nel giudizio di legittimità (cfr. Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950; Cass. Sez. U., 27/12/2019, n. 34469).
In secondo luogo, la censura si risolve, al fondo, nel sollecitare questa Corte al riesame dell’emergenza istruttoria documentale richiamata, onde pervenire ad una ricostruzione della quaestio facti in termini differenti da quella operata dal giudice di merito (il quale ha ritenuto, sulla base delle stesse prove, espressamente previsto dalle parti il subentro nella locazione): attività del tutto estranee, per natura e funzione, al giudizio di legittimità (Cass. 23/04/2024, n. 10927).
r.g. n. 12641/2022 Cons. est. NOME COGNOME
7. Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2558 cod. civ., dell’art. 36 della legge n. 392 del 1978 nonché dell’art. 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ., dell’art. 156 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ..
Ad avviso del ricorrente, la Corte d’appello ha errato nel ritenere che « il solo utilizzo dei locali a piano terra faccia sorgere l’obbligo di corrispondere il relativo canone, in forza dell’effetto successorio: tale affermazione costituisce una patente violazione dell’art. 2555 c od. civ. , che definisce l’azienda come ‘il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l ‘ esercizio dell ‘impresa’ ».
« Ritenere che l’affermato (ma in realtà inesistente) svolgimento dell’attività soltanto nei locali di ‘piano terra’ costituisca prova dell’esercizio dell’azienda da parte del cedente » importa violazione dell’art. 36 legge n. 392 del 1978 , il quale « presuppone che il cedente eserciti l’azienda nell’immobile oggetto di locazione e non in una minima parte di esso ».
« Con totale assenza di motivazione », dunque, « la Corte territoriale ha desunto la cessione del contratto di locazione dall’utilizzo di una (minima) parte dei locali che costituiscono oggetto del contratto di locazione stipulato nel 2007 ».
7.1. Il motivo è inammissibile.
Diversamente da quanto opinato nel motivo, l’impugnata decisione – pur con locuzioni di non cristallina chiarezza – ha causalmente ricondotto l’obbligo di corresponsione del canone locatizio all’avvenuta (ed efficace) successione nel contratto di locazione: e, al riguardo, ha unicamente accertato, sulla scorta del compendio istruttorio, che l’attività fisioterapica oggetto dell’azienda (unitaria mente intesa e non frazionabile) era esercitata (anche) nei locali oggetto di locazione.
Si versa, in parte qua , in un accertamento di fatto, tipicamente riservato al giudice di merito, non sindacabile in questa sede, se non
negli angusti confini delle anomalie motivazionali rilevanti ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ..
Per contro, la violazione dell’art. 132, secondo comma, n um. 4, cod. proc. civ., prospettata dal ricorrente risulta articolata sulla base di elementi tratti aliunde (in specie, sulle risultanze istruttorie) rispetto alla motivazione, sicché la sua deduzione non è conforme ai criteri sul punto elaborati dalla giurisprudenza di nomofilachia (basti qui il richiamo a Cass., Sez. U, 07/04/2014, nn. 8053-8054).
Con il sesto motivo, ascritto a violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., si sostiene che l’assunto del giudice di merito secondo cui al momento della cessione del ramo di azienda l’attività nei locali al piano terra fosse svolta dal centro medico « è frutto di evidente travisamento delle dichiarazioni resa dai testi escussi in primo grado ».
8.1. Il motivo è inammissibile.
Esso si risolve (e, ad un tempo, si esaurisce) nell’asserire l’ erroneo apprezzamento delle dichiarazioni testimoniali ad opera del giudice di merito, da leggere ed intendere, ad avviso del ricorrente, come non provviste dell’efficacia asseverativa invece attribuita.
La doglianza, allora, ben lungi dal concretare un travisamento di prova (per la enucleazione del relativo concetto in senso limitatissimo, cfr. Cass., Sez. U, 05/03/2024, n. 5792), riguarda il discrezionale apprezzamento spettante al giudice di merito in ordine alla valutazione delle prove, attività che include la individuazione delle fonti del convincimento, il giudizio di attendibilità e concludenza delle prove, la scelta, tra le complessive risultanze del processo, di quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti (sul tema, Cass., 23/11/2022 n. 34414; Cass. 04/03/2022, n. 7187; Cass. 19/07/2021, n. 20553; Cass. 29/12/2020, n. 29730; Cass. 17/01/2019, n. 1229).
Inconferente è poi la evocazione, quale disposizione trasgredita, dell’art. 115 cod. proc. civ., dacché essa abilita all’impugnazione di legittimità soltanto quanto si deduca -situazione del tutto estranea al caso in esame -che il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti o mai acquisite in giudizio oppure non introdotte dalle parti ma disposte di propria iniziativa fuori dai poteri istruttori officiosi riconosciutigli (tra le tantissime, v. Cass. 26/04/2022, n. 12971; Cass. 01/03/2022, n. 6774; Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867; Cass. 23/10/2018, n. 26769).
Il settimo motivo prospetta violazione dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dell’art. 1, quarto comma, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 nonché nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 del codice di rito.
Deduce l’impugnante di aver rilevato, con l’atto di appello, la nullità del contratto di locazione per difetto di contratto redatto in forma scritta e registrato, eccezione sulla quale la Corte territoriale avrebbe del tutto omesso di pronunciare.
9.1. Il motivo è inammissibile, per una duplice ragione.
Innanzitutto, perché si articola in una deduzione assai generica, mancando di specificare a quale dei due contratti di locazione oggetto di controversia sia relativo l’asserito vizio di nullità.
In secondo luogo, perché omette di riferire se la circostanza di fatto della mancata stipulazione per iscritto e della mancata registrazione fosse già stata allegata nel (cioè a dire costituisse oggetto thema decidendum del) giudizio di prime cure: dacché solo in tale eventualità l’effetto giuridico da ciò discendente (ovvero la nullità del contratto) poteva essere fatto valere nel giudizio d’appello.
L’ottavo motivo lamenta violazione dell’art. 132, secondo comma, cod. proc. civ., dell’art. 156 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. con difetto assoluto di motivazione.
In ordine al mancato utilizzo dei locali di proprietà del dott. COGNOME (piano terraneo ed ammezzato) per assenza di certificazione di agibilità, parte ricorrente imputa alla Corte di appello di aver « omesso di considerare che l’autorizzazione dell’ASL è intervenuta a seguito dell’indagine sulle apparecchiature dei locali in cui veniva svolta effettivamente l’attività dell’odierna ricorrente, giammai sull’immobile di proprietà del signor COGNOME, del qua le l’utilizzazione sarebbe stata limitata ai soli locali a piano terra ».
10.1. Il motivo è inammissibile.
Anch’esso, infatti, richiede alla Corte di legittimità un inammissibile nuovo apprezzamento del compendio istruttorio, finalizzato a pervenire ad un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, compito come detto -per definizione precluso a questo giudice.
Ed anch’esso rappresenta una inosservanza dell’art. 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ., sulla base di elementi tratti aliunde rispetto alla motivazione, pertanto inammissibile.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
Attes o l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione in favore di parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 8.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella
r.g. n. 12641/2022 Cons. est. NOME COGNOME
misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione